Intelligenza artificiale. Che modo di pensare?

di Rodolfo Marchisio

L’IA sta creando un nuovo modo di pensare: si chiama “sistema 0”. Ma…

“L’Intelligenza Artificiale sta creando un nuovo modo di pensare: è un processo di pensiero esterno alla nostra mente, battezzato “sistema 0”, che in futuro affiancherà e potenzierà le nostre abilità cognitive. Si tratterà di una vera e propria estensione della mente umana da utilizzare con criterio, nel rispetto della nostra indipendenza”. Rivista “Nature Human Behaviour” dell’Università Cattolica di Milano.

Finora si parlava di due modelli di pensiero umano proposti dal Premio Nobel Daniel Kahneman:

  1. il sistema 1 (il pensiero veloce e intuitivo) e
  2. il sistema 2 (il pensiero lento e analitico).

“Proponiamo, quindi, che i sistemi di IA basati sui dati costituiscano un sistema psicologico distinto che abbiamo chiamato sistema 0 e lo posizioniamo accanto al sistema 1 e al sistema 2”.

Si tratta quindi di un nuovo e diverso modo di pensare; secondo gli autori il “sistema 0” non potrà mai sostituirsi alla nostra capacità di pensiero critico. L’obiettivo sarà quello di aiutarla.
Sin qui niente di troppo nuovo. L’IA può fare, e soprattutto potrà fare, molte cose utili, ma a certe condizioni; talora è usata in modo dannoso. Siamo inoltre ancora in moltissimi campi a livello di sperimentazioni e dibattiti.

“Il “sistema 0” emerge dall’interazione tra utenti e IA, creando un’interfaccia dinamica e personalizzata tra esseri umani e informazioni”. Che è la strada già battuta da Google.
“Il termine sistema 0 è stato scelto deliberatamente per enfatizzare il suo ruolo fondamentale e pervasivo nella cognizione moderna. A differenza del sistema 1 e del sistema 2 (che operano all’interno della mente individuale), il sistema 0 forma uno strato artificiale (non biologico) di intelligenza distribuita, che interagisce e potenzia sia i processi di pensiero intuitivo sia quelli analitici”, sottolinea Riva. Tuttavia, a differenza del pensiero intuitivo o analitico, il “sistema 0” non attribuisce un significato intrinseco alle informazioni che elabora. In altre parole, l’IA può eseguire calcoli, previsioni e generare risposte senza realmente “comprendere” il contenuto dei dati con cui lavora.

Gli esseri umani, quindi, rimangono essenziali per interpretare e dare significato ai risultati prodotti dall’IA. È come avere un assistente che raccoglie, filtra e organizza informazioni in modo efficiente, ma che richiede comunque il nostro intervento per prendere decisioni informate.
“Questo supporto cognitivo fornisce input preziosi e tuttavia il controllo finale deve sempre rimanere nelle mani dell’uomo.” Anche se esistono ricerche per riprodurre attraverso la IA le persone. [1]

Perdiamo qualcosa?

Secondo Riva “una delle preoccupazioni più urgenti è la potenziale erosione delle nostre capacità di pensiero critico e ragionamento. Se ci fidiamo ciecamente dei risultati del “sistema 0”, senza metterli in discussione, rischiamo di perdere la nostra capacità di pensare in modo indipendente e formare i nostri giudizi in modo bilanciato”.

Una delle poche divergenze che io ho avuto con mio figlio, adulto ed esperto nel campo della programmazione, sempre dipendente dal navigatore satellitare – mentre io organizzo prima il percorso, lo studio e caso mai solo se mi perdo chiedo aiuto allo smartphone – è legata al fatto che io, agendo così, mi costruisco, man mano, le mappe mentali dei luoghi che frequento. Lui no, delega e talora dimentica. Lo stesso vale per la successione cronologica degli avvenimenti (le “linee del tempo” delle brave maestre), per l’orientamento temporale. E per molte altre mappe mentali che stiamo rinunciando, per comodità e per pigrizia, a costruirci, che però ci rendevano più autonomi. Ci sono le app!

Riva: “Così come il passaggio dalle mappe stradali cartacee a GoogleMap ha ridotto la nostra capacità di orientamento spaziale, lo stesso potrebbe accadere con la nostra capacità decisionale”. Gli uomini e le donne di domani, dunque, rischiano di soffrire di dipendenza dall’IA (NdA ma anche dalle app dello smartphone) nel risolvere i problemi, di veder ridotte curiosità e creatività, di essere colpiti da pigrizia mentale.” Questo sta già accadendo e viene prima della IA con la gente per strada, a casa, al bar incollata alle sue troppe e talora inutili app ed alle sue troppe e non sempre utili comunicazioni (social, SMS, Whats App, telefono come dipendenze).
Abbiamo già cercato di sottolineare come il web in generale (e con più forza la IA) stiano modificando il nostro modo di informarci, comunicare, pensare, sentire dal punto di vista emotivo e sociale; e quindi ci stiano modificando, rendendo meno autonomo e critico, il nostro modo di agire, scegliere, esprimerci come cittadini.

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La forte rinuncia al voto e l’egocentrismo dominante a livello individuale, ma anche a livello politico, sono spie di questi cambiamenti forti che stanno modificando la nostra società ed il mondo; non solo dovuti al web, ma da esso fortemente influenzati.Come il crescente controllo della IA sulle decisioni (non sulla elaborazione di dati, ma sul livello più alto delle decisioni) in campo militare.

Farsi curare dalla IA

O sulla criticità del fornire dati medici personali a questi sistemi (e a chi li controlla e vende).
Come riportato dal sito di notizie TechCruch, stanno aumentando anche le persone che si rivolgono a chatbot per porre domande sulla loro salute e per capire come curarsi, non solo cercando informazioni parziali, ma anche caricando dati sanitari privati.
Chiunque può trovare immagini di questo tipo online. Compresi futuri datori di lavoro e agenzie governative. Anche il “famoso” o “famigerato” proprietario di X, Elon Musk, ha incoraggiato gli utenti del social a caricare le loro radiografie su Grok, una chatbot di intelligenza artificiale. L’obiettivo è che il modello migliori nel tempo, arrivando a interpretare dati medici con precisione maggiore. Il punto però è che sapere chi ha l’accesso ai dati forniti in pasto a Gork (NdA e che uso ne vogliono fare) non è facile. Nell’informativa privacy è infatti dichiarato che X condivide alcune informazioni personali degli utenti con un numero imprecisato di aziende collegate. Stile Musk.
Stiamo prendendo la strada del farci curare dalla IA o meglio dai padroni della IA e non dagli esperti umani (Nichols). Parallelamente allo smantellamento del servizio sanitario pubblico ed all’invito a rivolgersi al privato (anche digitale).[2]

L’etica ai tempi di Musk

E ricaschiamo nella etica. Non solo nella IA etica tout court, ma nella riflessione sulle regole e sui controlli (chi controlla chi?) delle evoluzioni tecnologiche forti, anche se immature.
Il punto è sempre chi ha il controllo, che controllo abbiamo noi, quali alternative ci sono, quale mentalità, passiva e illusoria, sta prevalendo e perché. E quale ruolo il capitalismo “digitale” ha in questi processi di modica, sfruttamento, violazione dei diritti dei cittadini: schiavi del clic.

“Il sistema 0 introduce importanti sfide etiche: fino a che punto possiamo mantenere una vera autonomia, se le informazioni che plasmano le nostre convinzioni e intenzioni sono e saranno sempre più curate dai sistemi di IA? Come possono gli individui essere ritenuti responsabili delle decisioni basate su informazioni condizionate dall’IA?”

FN cambiamenti e decisioni

“Il vantaggio del sistema 0 – sottolinea Riva – riguarda la capacità di vedere scenari non immediatamente visibili all’interno di grandi quantità di dati. Possono aumentare significativamente le nostre capacità di predizione”. Anche se non sempre in modo qualitativo.

Conclusioni ovvie

“Servono persone in grado di valutare l’affidabilità, la trasparenza e i potenziali bias dei sistemi di IA che compongono il “sistema 0”. Bisogna stabilire linee guida per l’uso responsabile ed etico dell’IA nei processi decisionali, promuovere l’alfabetizzazione digitale e le competenze di pensiero critico per aiutare gli individui a orientarsi negli ambienti informativi mediati dall’IA, oltre che incoraggiare la ricerca interdisciplinare sugli effetti cognitivi, psicologici e sociali dell’integrazione umani-IA e favorire un dialogo pubblico sulle implicazioni etiche della cognizione potenziata dall’IA.”
E, non ultimo, dicono gli specialisti, si devono valutare con attenzione i potenziali effetti sull’autonomia umana e sui nostri processi decisionali.

La scuola ha un ruolo?

Certo! Uno dei tanti; ma non nell’usare solo; nel far riflettere su cosa c’è dietro, su come funzionano questi meccanismi politici e sociali, nell’insegnare a non seguire acriticamente le mode.
Non nel costruire inutili e costose cattedrali nel deserto (le tante aule avveniristiche PNRR in scuole che crollano).
In breve nel formare i cittadini digitali e la loro cultura. Legge Ed. civica 92/19 filone 3.

  1. Secondo Park, riuscire a creare repliche fedeli degli esseri umani potrebbe fornire strumenti utili ai decisori politici per testare in modo più realistico l’impatto delle loro proposte sulla popolazione. Ma, ovviamente, ci sono scenari più inquietanti, legati per esempio a uno sfruttamento commerciale della cosa: poter simulare le reazioni delle persone a un particolare prodotto o a una particolare campagna di marketing potrebbe rappresentare una miniera d’oro per i venditori. Al momento (fortunatamente) non sarà possibile: gli sperimentatori hanno sottoscritto un contratto con i partecipanti allo studio che vincola l’uso dei loro dati a “scopi strettamente accademici. In futuro, chissà.
  2. Uno studio Nationals Institutes of Healt rivela come un algoritmo della IA sia bravo a diagnosticare una malattia, ma non sia in grado di spiegare i criteri della sua scelta. Manacorda



Perché è inutile iniettare la IA nella scuola

di Rodolfo Marchisio

Come succede da decenni, per tutti i fenomeni di moda e spinti dal marketing nel campo delle tecnologie (spesso non più o non ancora vendibili sul mercato), si vuole introdurre la IA nella scuola a livello di aggiornamento e promessa innovazione nel campo linguistico, della valutazione, della individualizzazione dell’insegnamento; il ministro di turno avvia iniezioni o sperimentazioni della tecnologia non più/ancora vendibile sul mercato. Per fortuna questa volta timidamente, non come la invasione delle LIM, delle piattaforme, cui ci siamo assuefatti in modo passivo ed anche per responsabilità del Ministero (ad es dalla DaD in poi). Intanto fioriscono e gareggiano corsi che ti spiegano a cosa potrebbero servirti, quali problemi potrebbero risolvere. Nella stabile confusione tra innovazione tecnologica e nuove idee e nuovi investimenti per risolvere i problemi. Nessuno vuol restare indietro, nessuno sa come risolvere i problemi. Ma la tecnologia non è come l’acqua santa: non basta immergervi la scuola per risolvere tutte le sue criticità.

La (o le IA), soprattutto i prodotti e servizi di intelligenza artificiale basta su machine learning, sono a mio avviso:

  • Tecnologia immatura
    1. Tecnologia multiforme ed immatura, che non ha ancora dato esiti convincenti, in particolare nella scuola.
    2. Ancora in fase di sperimentazione – Penge – (beta test: si parla di 10 anni per avere prodotti e servizi diversi e più affidabili, ma probabilmente meno controllabili) in generale e soprattutto nel campo didattico.
    3. In fase di ripensamento visti i risultati contradditori e soprattutto gli alti investimenti che richiede (cosa ne dice Valditara con la sua “cultura del lavoro ed della imprenditoria” che è al centro della Ed. civica?).
    4. L’AI è un fallimento industriale. Non esistono ad oggi applicazioni industriali/aziendali significative dell’AI generativa. Se ne sono accorti i mercati dove la “bolla” speculativa su IA è scoppiata, ha perso soldi ed è in fase di ripensamento.
       La moda ed il marketing prematuro sulla IAG hanno generato aspettative superiori alle reali attività e produzioni del settore e sull’onda anche i mercati avevano investito troppo, Marchisio; “le enormi spese nel campo della IA non sono state fino ad adesso giustificate, viste le applicazioni limitate di questa tecnologia” (analisti JPMorgan). I mercati se ne sono accorti: Nvidia (terza società al mondo per valore) continua a perdere soldi. OPen AI potrebbe perdere 5 miliardi quest’anno: mantenere i suoi prodotti costa troppo (chatGPT costa 700 mila dollari al giorno e non rende altrettanto). La bolla speculativa sta per scoppiare secondo gli esperti.
    5. Quando anche noi ci accorgeremo che si tratta di una bolla gonfiata da moda e marketing superiore ai prodotti ed usi reali?
  • Non è intelligenza nel senso classico, della razionalità.
    1. Basata su un funzionamento statistico e quindi probabilistico non può sostituire un medico o un docente, caso mai affiancarlo fornendo dati non sicuri. Ne vale la pena, per ora anche in casi delicati e difficili, di allievi con difficoltà? Cosa può aggiungere alla valutazione su cui non mancano strumenti e idee, ma capacità di decidere in modo evoluto, voglia di impegnarsi e coerenza; vedi valutazione nella primaria in cui assistiamo ad un incoerente gioco dell’oca (valutazione quantitativa nella primaria da un lato ed obiettivi di lavoro per competenze nelle linee guida Ed Civica 2024) da parte dello stesso ministro.
    2. Ma che c’è dentro l’AI? Niente. Pardon, volevo dire niente di “intelligente”, c’è solo statistica. Sofisticatissima statistica, meravigliose architetture informatiche, trasformatori magici che operano in labirinti di reti neurali. Ma nessun pensiero. Formiconi.
    3. L’AI generativa è generativa ma banale, non creativa! Partendo da un testo ricevuto (input) indovinano (scelgono a caso fra un insieme di parole più probabili) la prossima parola. E così via. Si avvicinano per tentativi, ma non creano niente di definitivo e certo.
    4. Non sappiamo (e non possiamo spiegare agli allievi come funziona) perché sappiamo poco di quello che succede “dentro”. Qui stiamo parlando di servizi che non sono controllabili da chi li usa, e in qualche misura nemmeno da chi li produce. Penge.
    5. Non possiamo controllarla e anche chi la propone ha un controllo per ora limitato destinato a scemare, più il funzionamento diventa complesso (qualcuno ipotizza troppo intelligente). I produttori sono preoccupati di come fare a controllarla (fra 10 anni?) quando sarà, dicono, “più intelligente di noi”. Soluzione proposta: mettere sistemi di IA più vecchi a controllare quelli più evoluti. Vi sembra ragionevole?
    6. Tutto questo incide sui nostri diritti di cittadini di controllare e conoscere, di formarci opinioni in modo libero. Cfr Ed Civica legge 92/19 e linee guida 2024, filone Cittadinanza digitale.
  • Non è sicura
    1. L’AI non può essere utilizzata in applicazioni critiche, dove l’errore non è concesso. Ad esempio nella diagnostica medica ma anche nelle decisioni ed azioni formative in “situazioni difficili.” Tanto meno in campo finanziario o bellico.
    2. L’AI dice bugie …ogni tanto le scappano ma lo fa cercando di non farsi scoprire: circa il 3-5% delle risposte sono “allucinazioni”. L’unica strada sarebbe quindi (dopo avere insegnato a valutare e validare le informazioni che quel prototipo di IA che è Google sforna in pochi secondi; ma quanti insegnanti lo hanno fatto?) allenare il senso critico e la consapevolezza degli studenti su questi “difettucci”. Ma siamo prigionieri della pigrizia e superficialità di voler usare e non chiederci come funziona, che conseguenze ha su noi come persone e sui nostri diritti di cittadini. Anche perché nutrita da lavoratori sottopagati che immettono tutto ciò che c’è in rete che nella maggioranza dei casi non è selezionato né educativo. Come fare la macedonia con la frutta marcia.
  • Non è sostenibile
    1. Riferimento alla Ed Civica filone 2. La IA è antieconomica (si spende di più di quanto si guadagna, cfr.” cultura del lavoro e della imprenditoria” LG 24 filone 2)
    2. Sempre filone 2 l’AI è insostenibile. Nelle previsioni di tutti i maggior attori del settore si parla di centrali nucleari dedicate alla produzione dell’energia richiesta dai prossimi modelli di linguaggio. Consuma troppo e inquina.
  • Non sarà gratuita per sempre
    1. I prodotti attuali sono diffusi gratuitamente perché noi tutti ne facciamo un gigantesco beta-test in attesa di costruire l’ennesimo monopolio. Penge.
  • Per quanto riguarda la scuola:
    1. rimanderei a questa riflessione più articolata
    2. ricorderei che compito della scuola è quello di formare senso critico, capacità di autonomia e comprensione, non quello di insegnare ad usare e basta.
    3. Ricorderei che le sperimentazioni fatte sinora in USA (vedi articolo) ed in Italia si basano su lavoro precario, non pagato e volontario dei docenti. Siamo noi che stiamo fornendo i contenuti e le esperienze alla IA scolastica, che non avremo i soldi, come scuole, di comprare quando il prodotto sarà più presentabile.

Tosolini su Tecnica della scuola giustamente si interroga in merito alla “sperimentazione” in partenza in Italia su due fronti:
a) Come è stato scelto il prodotto da sperimentare in Italia (perché quello: caratteristiche tecniche e pedagogiche);
b) quale metodo garantisce la validità di questo che, per campione e caratteristiche, è più una “esperienza controllata” che una sperimentazione?

Poi interroga Gemini di Google (sempre loro) su cosa sarà Gemini per teenager e cosa potrà servire nella scuola. Le risposte non sono incoraggianti: niente che un insegnante tipo non possa fare (alla fine il teorema di Pitagora). Allora cosa serve? Come aiutante-tutor? Con quali allievi verrà sperimentato? Rimangono due dubbi:
1- che serva a sostituire insegnanti, specie insegnanti di sostegno o impegnati su allievi che necessitano di un aiuto, risparmiando risorse umane per spendere in risorse tecniche.
2- Che sia una comoda scappatoia per quei docenti che cercano di scaricare i casi più difficili. Preoccupante.

Ma insomma, si può sapere perché l’unica domanda dovrebbe essere “come utilizzare in fretta l’intelligenza artificiale nella scuola primaria (in maniera critica bla bla”) e non, prima di tutto, “perché diavolo dovremmo utilizzarla?” e poi, semmai, “quale?” Penge.




Servizio completo

 di Marco Guastavigna

Ci siamo, ecco qualche esempio concreto di intelligenza artificiale generativa al servizio di dirigenti e docenti.

Avete presente la circolare del superiore ministero su smartphone e registro elettronico? Bene, l’abbiamo fatta digerire all’IAG e…

… subito un vero e proprio gioiello: il riassunto audio del documento, realizzato da NotebookLM. La burocrazia diventa podcast!

Ma abbiamo pronti anche altri esempi di uso virtuoso degli assistenti virtuali…

Sintesi della Circolare N. 5274_11.07.2024

  1. NotebookLM di Google

La circolare del Ministero dell’Istruzione italiana n. 5274 del 11 luglio 2024 affronta l’uso degli smartphone e del registro elettronico nelle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado per l’anno scolastico 2024-2025.

Divieto di Utilizzo degli Smartphone in Classe: La circolare vieta l’uso degli smartphone in classe per gli studenti dalla scuola dell’infanzia fino alla secondaria di primo grado. Questa decisione si basa su studi internazionali, come il Rapporto UNESCO e il Rapporto OCSE PISA, che evidenziano l’impatto negativo degli smartphone sull’apprendimento, la concentrazione e lo sviluppo cognitivo degli studenti. Vengono citati anche rischi di isolamento sociale e la necessità di promuovere l’autonomia degli studenti.

Eccezioni: L’utilizzo degli smartphone in classe è consentito solo in casi specifici, come previsto dal Piano Educativo Individualizzato (PEI) per studenti con disabilità o dal Piano Didattico Personalizzato (PDP) per studenti con disturbi specifici dell’apprendimento, o in presenza di “documentate e oggettive condizioni personali”.

Didattica Digitale: La circolare non vieta la didattica digitale, ma incoraggia l’uso di altri dispositivi come PC e tablet sotto la supervisione dei docenti.

Registro Elettronico e Diari/Agende Personali: Per promuovere l’autonomia e la responsabilità degli studenti, la circolare raccomanda di affiancare all’uso del registro elettronico la notazione giornaliera dei compiti su diari o agende personali. Questo per evitare la dipendenza dalla tecnologia e incoraggiare una gestione autonoma degli impegni scolastici.

Sanzioni: La circolare prevede l’aggiornamento dei regolamenti scolastici e del patto di corresponsabilità educativa per includere specifiche sanzioni disciplinari per gli studenti della scuola secondaria di primo grado che violano il divieto di utilizzo dello smartphone in classe.

In sintesi, la circolare promuove un approccio equilibrato all’uso della tecnologia nell’istruzione, limitando l’uso degli smartphone in classe per favorire la concentrazione, l’apprendimento e lo sviluppo cognitivo degli studenti.

a.1  – Livellatore di MagicSchool.AI, intervento per adattare la sintesi al 1° grado di istruzione USA

Regole per Usare gli Smartphone a Scuola

Il Ministero dell’Istruzione italiano ha scritto una lettera importante. Questa lettera dice cosa fare con gli smartphone nelle scuole per l’anno 2024-2025.

Divieto di Usare Smartphone in Classe: Non si possono usare gli smartphone in classe. Questo vale per tutti, dalla scuola dell’infanzia fino alla scuola secondaria. Gli esperti dicono che gli smartphone possono distrarre e rendere difficile l’apprendimento.

Eccezioni: Gli smartphone possono essere usati solo in alcune situazioni, come per studenti con bisogni speciali.

Didattica Digitale: Si possono usare computer e tablet a scuola, ma solo con l’aiuto degli insegnanti.

Registro Elettronico e Diari: Gli studenti devono scrivere i compiti nei loro diari o agende, oltre a usare il registro elettronico. Questo aiuta a essere più responsabili e non dipendere solo dalla tecnologia.

Sanzioni: Le scuole devono avere regole chiare e punizioni per chi non segue le regole sugli smartphone.

In breve, questa lettera aiuta a usare la tecnologia in modo giusto a scuola, per aiutare gli studenti a concentrarsi e imparare meglio.

a.2 – Livellatore di MagicSchool.AI, intervento per adattare la sintesi al 7° grado di istruzione USA

Sintesi della Circolare N. 5274_11.07.2024

La circolare del Ministero dell’Istruzione italiana n. 5274 del 11 luglio 2024 tratta dell’uso degli smartphone e del registro elettronico nelle scuole, dalle scuole dell’infanzia fino alle scuole secondarie di primo grado, per l’anno scolastico 2024-2025.

Divieto di Utilizzo degli Smartphone in Classe: La circolare stabilisce che gli studenti non possono usare gli smartphone in classe. Questa decisione si basa su studi internazionali, come il Rapporto UNESCO e il Rapporto OCSE PISA, che mostrano che gli smartphone possono avere effetti negativi sull’apprendimento, sulla concentrazione e sullo sviluppo cognitivo degli studenti. Vengono anche menzionati rischi di isolamento sociale e l’importanza di sviluppare l’autonomia degli studenti.

Eccezioni: Gli smartphone possono essere utilizzati in classe solo in situazioni particolari, come previsto dal Piano Educativo Individualizzato (PEI) per gli studenti con disabilità o dal Piano Didattico Personalizzato (PDP) per quelli con difficoltà di apprendimento, o in presenza di “condizioni personali documentate e oggettive.”

Didattica Digitale: La circolare non vieta l’uso della didattica digitale. Anzi, incoraggia l’uso di altri dispositivi come PC e tablet, sempre sotto la supervisione degli insegnanti.

Registro Elettronico e Diari/Agende Personali: Per aiutare gli studenti a diventare più autonomi e responsabili, la circolare suggerisce di usare il registro elettronico insieme a diari o agende personali per segnare i compiti. Questo serve a prevenire la dipendenza dalla tecnologia e a incoraggiare una gestione autonoma degli impegni scolastici.

Sanzioni: La circolare prevede che i regolamenti scolastici vengano aggiornati per includere sanzioni disciplinari per gli studenti della scuola secondaria di primo grado che non rispettano il divieto di usare lo smartphone in classe.

In sintesi, la circolare promuove un uso equilibrato della tecnologia nell’istruzione, limitando l’uso degli smartphone in classe per migliorare la concentrazione, l’apprendimento e lo sviluppo cognitivo degli studenti.

  1. Sintesi di UPDF

Disposizioni in merito all’uso degli smartphone e del registro elettronico nel primo ciclo di istruzione — A.S.2024 -2025

Utilizzo degli smartphone

Correlazione tra uso degli smatphone e rendimento scolastico

– Importanti studi internazionali dimostrano che l’uso del cellulare in classe ha un effetto negativo sugli apprendimenti degli alunni, come riportato nel Rapporto UNESCO “Global education monitoring report, 2023.”.

– Il Rapporto OCSE PISA 2022 evidenzia che la presenza di smartphone distrae gli studenti, specialmente in matematica, comportando una diminuzione dell’attenzione e del rendimento scolastico.

Effetti negativi dell’uso eccessivo dei telefoni cellulari

– L’uso continuo dei cellulari dalla prima infanzia compromette lo sviluppo cognitivo, causando perdita di concentrazione, memoria e abilità critiche.

– Si riscontra un aumento di minori affetti dalla sindrome dell’Hikikomori in Italia, evidenziando l’isolamento sociale dei giovani.

Divieto di utilizzo in classe

– È dispoto il divieto di usare gli smartphone in classe dagli alunni della scuola d’infanzia fino alla secondaria di primo grado, eccetto in caso di Piani individualizzati per studenti con disabilità o altre necessità documentate.

– Altri dispositivi digitali come pc e tablet possono essere utilizzati sotto supervisione dei docenti, mantenendo un equilibrio nell’uso delle nuove tecnologie.

Aggiornamento dei regolamenti scolastici

– Le istituzioni scolastiche devono aggiornare i propri regolamenti, prevedendo specifiche sanzioni disciplinari per chi viola il divieto di utilizzo degli smartphone in classe.

Utilizzo del registro elettronico

Assegnazione dei compiti attraverso il registro elettronico

– Si è affermata la pratica di assegnare i compiti esclusivamente attraverso il registro elettronico, portando gli studenti a consultare regolarmente tali registri attraverso vari dispositivi tecnologici.

– Questo processo spesso coinvolge i genitori, titolari delle password per l’accesso al registro.

Sviluppo della responsabilità degli alunni

– Si raccomanda di accompagnare l’uso del registro elettronico con l’annotazione giornaliera dei compiti su diari o agende personali, per sviluppare la responsabilità nella gestione degli impegni scolastici.

– Tale approccio consente agli alunni di acquisire autonomia, riducendo la necessità di utilizzare il registro elettronico per tenere traccia dei compiti.

B.1 – Livellatore di MagicSchool.AI, intervento per adattare la sintesi al 1° grado di istruzione USA

Uso degli Smartphone a Scuola

Smartphone in Classe
Usare gli smartphone a scuola non è una buona idea. Gli studi dicono che quando gli studenti usano il cellulare in classe, non imparano bene. Questo è stato detto in un rapporto importante dell’UNESCO.

Distrazione
Gli smartphone possono distrarre gli studenti, specialmente quando studiano matematica. Se sono distratti, non possono concentrarsi e non fanno bene a scuola.

Problemi con l’uso dei Telefoni
Usare i telefoni troppo spesso può essere un problema. I bambini che usano i cellulari da piccoli possono avere difficoltà a concentrarsi e a ricordare le cose. In Italia, ci sono più ragazzi che si sentono soli perché passano tanto tempo con il cellulare.

Divieto di Usare Smartphone
Non si possono usare gli smartphone in classe dagli alunni piccoli fino alla scuola media. Solo i bambini con bisogni speciali possono usarli. Gli alunni possono usare computer e tablet se gli insegnanti stanno a guardare.

Regole Scolastiche
Le scuole devono avere regole chiare. Chi usa il cellulare in classe può ricevere delle punizioni.

Compiti con il Registro Elettronico
I compiti vengono dati attraverso un registro elettronico. Gli studenti devono controllare il registro con i loro dispositivi. Anche i genitori possono vedere il registro.

Responsabilità
È importante che gli studenti scrivano i loro compiti su un diario. Questo li aiuta a ricordare e a essere più responsabili. Così, non devono sempre usare il registro elettronico per sapere cosa fare.

B.2 – Livellatore di MagicSchool.AI, intervento per adattare la sintesi al 7° grado di istruzione USA

Uso degli Smartphone e Registro Elettronico nella Scuola

Utilizzo degli smartphone

Effetti sull’apprendimento

  • Studi internazionali mostrano che usare il cellulare in classe può influenzare negativamente il rendimento scolastico degli studenti. Questo è riportato nel Rapporto UNESCO “Global education monitoring report, 2023.”
  • Il Rapporto OCSE PISA 2022 evidenzia che la presenza degli smartphone distrae gli studenti, specialmente durante le lezioni di matematica, portando a una diminuzione dell’attenzione e delle prestazioni.

Conseguenze dell’uso eccessivo

  • L’uso costante dei cellulari fin dalla prima infanzia può danneggiare lo sviluppo del cervello, causando problemi di concentrazione, memoria e capacità di pensiero critico.
  • In Italia, si nota un aumento di giovani affetti dalla sindrome di Hikikomori, che evidenzia un crescente isolamento sociale tra i ragazzi.

Divieto di utilizzo in classe

  • È stabilito un divieto di utilizzare smartphone in classe per gli studenti dalla scuola dell’infanzia fino alla scuola secondaria di primo grado, eccetto per piani individualizzati per studenti con disabilità o altre necessità documentate.
  • Altri dispositivi digitali, come computer e tablet, possono essere usati sotto la supervisione degli insegnanti, per garantire un uso equilibrato della tecnologia.

Aggiornamento delle regole scolastiche

  • Le scuole devono aggiornare i loro regolamenti, introducendo sanzioni disciplinari specifiche per chi non rispetta il divieto di uso degli smartphone in aula.

Utilizzo del registro elettronico

Assegnazione dei compiti

  • È diventata comune la pratica di assegnare i compiti solo attraverso il registro elettronico, il che porta gli studenti a controllare regolarmente questo registro usando diversi dispositivi tecnologici.
  • Questo processo coinvolge spesso anche i genitori, che hanno le password per accedere al registro.

Sviluppo della responsabilità

  • Si consiglia di accompagnare l’uso del registro elettronico con la scrittura quotidiana dei compiti su diari o agende personali, per aiutare gli studenti a sviluppare la responsabilità nella gestione dei loro impegni scolastici.
  • Questo metodo consente agli studenti di diventare più autonomi, riducendo la necessità di usare il registro elettronico per tenere traccia dei compiti.

Chiudiamo con una rappresentazione grafica realizzata da UPDF, su cui purtroppo bisogna agire con lo zoom del programma di navigazione:




L’Intelligenza artificiale secondo Valditara

Composizione geometrica di Gabriella Romano

di Mario Maviglia
(già docente a contratto di Metodi e Strumenti per la Sperimentazione Educativa, Università Cattolica di Brescia)

Il Ministro dell’Istruzione e del Merito Valditara ha annunciato nei giorni scorsi l’avvio di una sperimentazione della durata di due anni che coinvolgerà quindici classi di quattro regioni italiane (Lombardia, Toscana, Lazio e Calabria) e che avrà come focus l’affiancamento di un assistente virtuale (IA) alle attività di insegnamento.
La sperimentazione prevedere l’utilizzo di un software installato su Google Workspace, inizialmente operante sulle cosiddette materie STEM (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica) e sulle lingue straniere. Per quel che è dato sapere, sembra che le classi coinvolte siano state selezionate dagli Uffici Scolastici Regionali di competenza e si è in attesa del parere dei dirigenti scolastici e dei docenti.

Il progetto mira a personalizzare la didattica e a migliorare il livello di istruzione di ogni studente. L’assistente virtuale, con la supervisione dei docenti, rivestirà un’importanza significativa nel differenziare i percorsi di apprendimento di ogni allievo, proponendo le esperienze più adatte e adeguate ai ritmi di apprendimento e alle caratteristiche di ognuno.

Il Ministro Valditara ha affermato che questa sperimentazione si ispira, tra le altre cose, al pensiero di Benjamin Bloom, l’autore della famosa tassonomia degli obiettivi educativi e del mastery learning.
In effetti, tra i vari strumenti a disposizione del docente per favorire l’apprendimento per la padronanza, Bloom aveva indicato anche il tutor, anche se si riferiva a un supporto individuale costante mirato all’istruzione individualizzata.

Ma qui vogliamo puntare l’attenzione sul concetto stesso di “sperimentazione” utilizzato dal Ministro per definire questo progetto. Come si sa, tecnicamente, la sperimentazione consiste nell’introduzione, in un determinato contesto, di variazioni controllate di un fattore (variabile dipendente) per studiare gli effetti su un altro fattore (variabile indipendente), neutralizzando gli effetti secondari di altri fattori. La variabile dipendente rappresenta quindi l’oggetto sul quale si rilevano e si misurano sperimentalmente gli effetti delle variazioni provocate dalla variabile indipendente.
Pertanto i cambiamenti di questa variabile dipendono dalle manipolazioni che sperimentalmente vengono operate sulla variabile indipendente. Detto in altre parole, la variabile indipendente è la variabile che viene manipolata o controllata dal ricercatore, mentre la variabile dipendente è quella che subisce gli effetti dei cambiamenti effettuati sulla variabile indipendente[1].
Sotto questo profilo una vera sperimentazione è possibile solo in una situazione fortemente controllata (es. in un laboratorio) in cui si possono effettivamente studiare le relazioni tra le due variabili principali e annullare l’effetto delle altre.
In campo scolastico la realizzazione di una sperimentazione è estremamente difficile proprio perché non è possibile avere un controllo adeguato delle variabili, e per altre ragioni che vedremo.
Peraltro l’avvio e la gestione di una sperimentazione richiede un apparato concettuale e organizzativo decisamente impegnativo, e una procedura realizzativa rigorosa e continuamente tenuta sotto controllo, oltre che risorse professionali e strumentali (anche finanziarie) adeguate.

Questi sono i motivi per cui nella cultura scolastica sono pressoché ignoti i cosiddetti disegni sperimentali[2], su cu si basa la ricerca educativa controllata in senso sperimentale. Ecco perché qualche autore afferma che in campo scolastico sia preferibile parlare di esperienze controllate, più che di sperimentazione, ossia di un sapere che “riflette, organizza in modi peculiari, funge da selettore si azioni e intenti formativi”[3].

Da quel che si è fin qui detto e da quel che si sa della proposta lanciata dal Ministro appare improbabile che essa possa essere qualificata “sperimentale”, a meno che non si voglia mettere in discussione il paradigma sperimentale finora accettato dalla comunità scientifica.

Ma vi sono altri motivi che rendono, sul piano sperimentale, molto debole la proposta.
Il Ministro parla del coinvolgimento totale di 15 classi su tutto il territorio nazionale, scelte tra quattro diverse regioni, come detto sopra. Nell’a.s. 2023/2024 hanno funzionato (dati ufficiali MIM) complessivamente 76.656 classi di scuola secondaria di primo grado e 124.871 di scuola secondaria di secondo grado; se – come sembra di capire – il progetto riguarda le classi seconde di scuola secondaria di primo grado e le classi prime e quarte delle scuole secondarie di secondo grado (sempre tenendo conto di 15 classi come campione nazionale), approssimando il totale nazionale delle classi seconde della secondaria di primo grado e il totale nazionale delle classi prime e quarte della secondaria di secondo grado, abbiamo un campione che dai numeri forniti dal Ministero è così quantificato: classi prime di secondaria di primo grado 0,05% rispetto alla popolazione; classi prime e quarte di secondaria di secondo grado 0,03% rispetto alla popolazione.
Da un punto di vista tecnico il problema più delicato in questo caso è quello della rappresentatività del campione rispetto alla popolazione considerata. Detto in altre parole, e sempre in senso tecnico, il numero di scuole prescelte (campione) “dovrebbe rappresentare adeguatamente la popolazione [di riferimento], nel senso che l’informazione ottenuta esaminando [il campione] dovrebbe possedere lo stesso grado di accuratezza di quella che avremmo ottenuto esaminando l’intera popolazione”[4].
Altrimenti, se la dimensione del campione non è adeguata, osserva Bailey, “il ricercatore ha un campione, ma un campione di che cosa?”[5]
Il progetto “sperimentale” del Ministro Valditara presenta proprio questa pecca, o meglio non è dato sapere quanto le 15 classi siano rappresentative delle classi italiane e se il principio di rappresentatività non viene soddisfatto viene meno anche la possibilità di generalizzare i risultati, ossia di estenderli a tutta la popolazione di riferimento.

I medesimi problemi riguardano la scelta del gruppo di controllo, ossia il gruppo che presenta le medesime caratteristiche del gruppo sperimentale ma che non viene sottoposto a sperimentazione e che funziona da termine di confronto rispetto al gruppo sperimentale: con quale criterio viene individuato? Da quanto detto dal Ministro non è dato sapere; anzi, non se ne fa alcun cenno. Viene solo detto che se dopo i due anni di sperimentazione, dal confronto dei risultati delle 15 classi “sperimentali” con quelli delle altre classi (genericamente intese), misurati sulla base degli esiti Invalsi, questi risultati dovessero risultare positivi, l’utilizzo dell’IA verrà esteso a tutte le classi a partire dal 2026.
Ma chi garantisce che i risultati positivi siano da ascrivere all’assistente virtuale e non ad altri fattori non tenuti sotto controllo dalla procedura sperimentale ma che possono esplicare effetti più significativi rispetto all’IA? Ad esempio, la non rappresentatività del campione (e del correlativo gruppo di controllo) può portare a scegliere unità di analisi[6] (i singoli individui del campione) che per le loro condizioni di partenza e le loro caratteristiche potrebbero ottenere risultati comunque sovra o sottodimensionati con la conseguente impossibilità di fare alcuna generalizzazione.

Non è un caso che nel campo della letteratura scientifica si affermi esplicitamente che “non è facile condurre bene una ricerca sperimentale”[7]. Dubbi, questi, che non sembrano sfiorare il Ministro.

Si possono, conclusivamente, fare due considerazioni:

  1. sconcerta la disinvoltura con cui vengono utilizzati termini (come sperimentazione) che nel campo della ricerca educativa, e non solo, rimandano a protocolli e procedure rigorosi e fortemente controllati;
  2. è facile immaginare che l’impostazione così smaccatamente ideologica più che tecnico-scientifica di questa “sperimentazione” porterà sicuramente – da qui a due anni – a risultati inconfutabilmente positivi e tali da giustificare l’introduzione generalizzata dell’IA in tutte le classi. Ma se questo è l’obiettivo finale (e non può che essere questo data l’assenza di ogni traccia di disegno sperimentale) tanto vale introdurre da subito l’IA nelle classi in quanto scelta politica (come di fatto sembra essere), senza nascondersi dietro improbabili paraventi “sperimentali”. E senza scomodare Benjamin Bloom, il cui rigore metodologico viene incautamente accostato a un progetto che – allo stato dei fatti e per quel che si sa – appare tanto rigoroso quanto i ragionamenti deliranti e sconclusionati di Lars Hertervig, il protagonista del romanzo di Jon Fosse, Melancholia, Premio Nobel per la Letteratura 2023.

[1] R. Viganò, Pedagogia e sperimentazione. Metodi e strumenti per la ricerca educativa, Vita e Pensiero, Milano, 2002
[2] L. Calonghi, I disegni sperimentali nella ricerca scolastica, in E. Becchi, B. Vertecchi (a cura di), Manuale critico della sperimentazione e della ricerca educativa, Franco Angeli Editore, Milano, 1988
[3] E. Becchi, Disegni sperimentali e esperienze controllate, in M. Maviglia (a cura di), La sperimentazione nella scuola dell’infanzia, Edizioni Junior, Bergamo, 1995, p 13; E. Becchi, Sperimentare nella scuola, La Nuova Italia, Firenze, 1997.
[4] K.D. Bailey, Metodi della ricerca sociale, Il Mulino, Bologna, 1985, p. 7
[5] Ibidem
[6] Ibidem
[7] E. Gattico, S. Mantovani (a cura di), La ricerca sul campo in educazione. I metodi quantitativi, Bruno Mondadori Editore, Milano, 1998, p. 64




Il luogo qualunque: non ci sfugge nulla

di Marco Guastavigna

Questa volta presentiamo – e con grande orgoglio –  un video di vera e propria denuncia, frutto della nostra costante attenzione alla realtà quotidiana e alle sue dinamiche.

Cinefuffa mette infatti il dito sulla piaga del dilagare delle iniziative sull’intelligenza artificiale, ma – soprattutto – testimonia la debolezza culturale dei dispositivi generativi mediante le associazioni visive scelte dall’applicativo utilizzato in rapporto alle indicazioni testuali fornite dall’essere umano e tradotte poi in audio e sottotitoli.




Il luogo qualunque: divieto di smartphone

di Marco Guastavigna

Un’altra occasione di discussione persa?

È nata prima la sfera pubblica o è nata prima la fuffa retorica?
Non sappiamo rispondere con certezza alla domanda, ma siamo sicuri che non immaginavamo un esordio così pressante.
Le esternazioni di alcuni addetti ai lavori e le sottoscrizioni di alcuni addetti alla spettacolarizzazione polarizzata a proposito di età minima per l’accesso a smartphone e social ci costringono infatti a una terza puntata de “il luogo qualunque”.

Questa volta raccogliamo in un unico filmato 4 punti di vista e forniamo agli utenti del lavoro non solo il prodotto visivo realizzato dall’AI (una combinazione tra dispositivi diversi, Video GPT by Veed), ma anche le imbeccate di orientamento dell’accrocco.
Il risultato artificiale è – come prevedevamo – la fiera delle banalità e delle argomentazioni scontate, specchio perfettamente riflettente la qualità del dibattito nella quotidianità organica.




Il luogo qualunque: personalizzare la didattica

Noi de “Il luogo qualunque”, siamo sempre sul pezzo.
Avuta notizia degli impegni del superiore ministero sulla personalizzazione della didattica mediante Artificial Intelligence, non abbiamo avuto esitazioni.
Siamo andati alle fonti, gli accrocchi del supremo sapere.

Ed ecco addirittura due prodotti di cui siamo orgogliosi:

  • Uno spot, come è nel nostro DNA;

  • Un documentario, da cui non potevamo davvero esimerci, vista l’importanza dell’argomento, che ha la caratteristica – tra varie altre – di essere linguisticamente stocastico, a testimoniare l’universalità dei principi su cui è costruito.

In entrambi i casi l’audio è il frutto della stesura di un testo da parte di un dispositivo di IA e della sua conversione automatizzata.
Precisiamo anche che non vi è alcuna volontà polemica nell’aver scelto un formato più adatto alla visione rapida su smartphone; è piuttosto un nostro vezzo giovanilistico.

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