Non avere fretta

di Marco Guastavigna

Tra i molti limiti di chi anela di occupare lo spazio culturale (ed economico) dell’introduzione dell’intelligenza artificiale nei tre gradi di istruzione, vi è la grottesca indicazione di puntare sulla didattica conversazionale e sul prompt engineering. Con l’idea di fondo che imparare a dare le giuste imbeccate è un modo per mantenere il controllo e per far evolvere le proprie capacità di ragionamento.

Il fatto è che molti dispositivi si vanno a collocare ben oltre questo approccio. Oggi diamo uno sguardo a NotebookLM di Google, il cui compito è assistere nella presa di appunti e nella riflessione su testi, propri e altrui, compresi quelli presenti su internet. L’ambiente di lavoro comprende:

  • fonti, chiamate “origini”, riportate integralmente, ma anche oggetto di riepilogo automatico e “taggate” in funzione degli argomenti principali;
  • chat per conversare sui contenuti;
  • spazio per raccogliere le annotazioni.

In quest’ultimo è possibile raccogliere qualsiasi formulazione sia giudicata utile, ma soprattutto 5 articolazioni “standard”, compilabili in forma automatizzata:

Note automatizzabili

A titolo di esempio, riportiamo quanto prodotto a proposito di fonti che il lettore interessato può eventualmente scaricare, contenenti consigli su come scrivere per farsi capire. Si tratta di materiale estemporaneo, a cui il lavoro con NotebookLM ha cercato di dare un minimo di strutturazione di insieme.

Tavola dei contenuti – Scrittura efficace per la comprensione pubblica

Questo indice analizza quattro estratti di testi che trattano la scrittura efficace di testi informativi e argomentativi, focalizzandosi sulla chiarezza e sulla comprensibilità per un pubblico generico.

Estratto 1: “Come scrivere per gli studenti”

  • Sezione 1: Destinatario e obiettivi Definisce il pubblico di riferimento come studenti, non insegnanti.
  • Stabilisce due obiettivi principali: spiegare i concetti in modo esaustivo e rendere lo studio sostenibile e significativo.
  • Sezione 2: Struttura e organizzazione Propone una struttura modulare e ricorrente, facilmente riconoscibile.
  • Suggerisce un approccio “esposizione – analisi – attività didattiche” con complessità crescente.
  • Sezione 3: Linguaggio e stile Enfatizza la chiarezza, la precisione e la semplicità del linguaggio.
  • Raccomanda l’uso di titoli descrittivi, paragrafi strutturati e frasi brevi.
  • Sezione 4: Elementi visivi e formattazione Promuove l’uso di diagrammi, tabelle e punti elenco per una facile identificazione dei concetti.
  • Suggerisce l’uso di immagini con didascalie esplicative.

Estratto 2: “Come scrivere”

  • Sezione 1: Introduzione e pubblico Ribadisce l’importanza di rivolgersi a un pubblico generico, non a esperti.
  • Sottolinea la necessità di materiale chiaro e conciso per facilitare la comprensione immediata.
  • Sezione 2: Obiettivi specifici Si concentra sulla spiegazione di questioni specifiche (es. referendum).
  • Evidenzia l’importanza di spiegare chiaramente le domande e le conseguenze positive delle risposte.
  • Sezione 3: Struttura e linguaggio Promuove una struttura semplice e ricorrente, come l’approccio “frase topica – dettagli”.
  • Raccomanda l’uso di vocabolario preciso, paragrafi strutturati, frasi brevi e formattazione chiara.
  • Sezione 4: Elementi visivi e sintassi Suggerisce l’uso di diagrammi, tabelle, punti elenco e immagini con didascalie.
  • Fornisce indicazioni specifiche per una sintassi lineare e comprensibile.

Estratto 3: “Come scrivere di letteratura – e non solo – per gli studenti”

  • Sezione 1: Destinatario e obiettivi (identica all’Estratto 1 )Definisce il pubblico di riferimento come studenti, non insegnanti.
  • Stabilisce due obiettivi principali: spiegare i concetti in modo esaustivo e rendere lo studio sostenibile e significativo.
  • Sezione 2: Struttura e organizzazione (identica all’Estratto 1) Propone una struttura modulare e ricorrente, facilmente riconoscibile.
  • Suggerisce un approccio “esposizione – analisi – attività didattiche” con complessità crescente.
  • Sezione 3: Linguaggio e stile (identica all’Estratto 1 )Enfatizza la chiarezza, la precisione e la semplicità del linguaggio.
  • Raccomanda l’uso di titoli descrittivi, paragrafi strutturati e frasi brevi.
  • Sezione 4: Elementi visivi e formattazione (identica all’Estratto 1) Promuove l’uso di diagrammi, tabelle e punti elenco per una facile identificazione dei concetti.
  • Suggerisce l’uso di immagini con didascalie esplicative.

Estratto 4: “Come scrivere di politica per farsi capire”

  • Sezione 1: Introduzione e pubblico (identica all’Estratto 2) Ribadisce l’importanza di rivolgersi a un pubblico generico, non a esperti.
  • Sottolinea la necessità di materiale chiaro e conciso per facilitare la comprensione immediata.
  • Sezione 2: Obiettivi specifici (identica all’Estratto 2) Si concentra sulla spiegazione di questioni specifiche (es. referendum).
  • Evidenzia l’importanza di spiegare chiaramente le domande e le conseguenze positive delle risposte.
  • Sezione 3: Struttura e linguaggio (identica all’Estratto 2) Promuove una struttura semplice e ricorrente, come l’approccio “frase topica – dettagli”.
  • Raccomanda l’uso di vocabolario preciso, paragrafi strutturati, frasi brevi e formattazione chiara.
  • Sezione 4: Elementi visivi e sintassi (identica all’Estratto 2) Suggerisce l’uso di diagrammi, tabelle, punti elenco e immagini con didascalie.
  • Fornisce indicazioni specifiche per una sintassi lineare e comprensibile.

Domande Frequenti sulla Scrittura Chiara e Accessibile

Queste FAQ si basano sulle linee guida estratte da vari articoli su come scrivere in modo chiaro e comprensibile a un pubblico ampio, in particolare studenti o cittadini.

  1. A chi mi rivolgo quando scrivo un testo informativo o argomentativo?

Il tuo pubblico è costituito da persone che hanno bisogno di comprendere un argomento o una questione, non da esperti che già lo conoscono. Scrivi pensando a un lettore che si avvicina per la prima volta a questi concetti. Il tuo obiettivo è rendergli le informazioni accessibili e comprensibili, senza bisogno di eccessive spiegazioni aggiuntive.

  1. Quali sono gli obiettivi principali da tenere a mente durante la scrittura?

I tuoi obiettivi sono due:

  • Spiegare i concetti in modo completo ed esaustivo: il testo deve fornire tutte le informazioni necessarie per la comprensione, senza lasciare spazio a dubbi o ambiguità.
  • Rendere lo studio (o la lettura) sostenibile e significativo: il testo deve essere scorrevole, interessante e facile da assimilare, in modo da favorire un apprendimento profondo e non meccanico.
  1. Come posso strutturare il mio testo per renderlo più chiaro?

Utilizza una struttura snella e ricorrente, facilmente riconoscibile. Ad esempio, puoi iniziare con una frase topica che introduce l’argomento del paragrafo, seguita da dettagli e spiegazioni. Utilizza titoli e sottotitoli chiari e denotativi per suddividere il testo in sezioni e facilitare la navigazione.

  1. Quali accorgimenti linguistici posso adottare per rendere il mio testo più accessibile?
  • Lessico: utilizza un linguaggio preciso e specifico, ma evita termini tecnici o gergali che il tuo pubblico potrebbe non conoscere. Se devi utilizzare un vocabolario specifico, spiegalo chiaramente al primo utilizzo.
  • Sintassi: prediligi frasi brevi e lineari, con un ordine soggetto-verbo-complementi. Evita la forma passiva, la doppia negazione e le subordinate implicite. Utilizza connettivi forti ed espliciti per collegare le frasi e rendere chiaro il flusso logico del discorso.
  • Formattazione: utilizza grassetti, elenchi puntati, tabelle e diagrammi per evidenziare i concetti chiave, organizzare le informazioni e facilitare la lettura.
  • Immagini: le immagini possono essere un valido strumento per veicolare informazioni in modo immediato. Assicurati che le didascalie siano chiare ed esplicative del contenuto dell’immagine e del suo legame con il testo.
  1. Cosa devo evitare quando scrivo per un pubblico non esperto?
  • Metafore, perifrasi e riferimenti complessi: utilizza un linguaggio diretto e immediato, evitando figure retoriche che potrebbero confondere il lettore.
  • Informazioni superflue o ridondanti: limita il testo all’essenziale, evitando ripetizioni inutili o divagazioni che non aggiungono informazioni rilevanti.
  • Dare per scontate conoscenze pregresse: spiega sempre i concetti di base e il contesto culturale necessari per la comprensione del testo.
  • Esempi troppo complessi o difficili da comprendere: utilizza esempi concreti e pertinenti all’esperienza del tuo pubblico.
  • Forme impersonali, parentesi e incisi: mantieni un tono diretto e coinvolgente, evitando forme impersonali o costrutti grammaticali complessi.
  1. Qual è l’importanza dei titoli e dei sottotitoli?

I titoli e i sottotitoli sono fondamentali per guidare il lettore all’interno del testo. Devono essere chiari, concisi e indicare in modo esplicito l’argomento trattato nella sezione corrispondente.

  1. Qual è il ruolo delle immagini in un testo informativo?

Le immagini possono aiutare a spiegare concetti complessi in modo più immediato e a mantenere alto l’interesse del lettore. Scegli immagini significative e di alta qualità, accompagnandole sempre da didascalie esplicative.

  1. In sintesi, qual è il principio guida per scrivere in modo chiaro e accessibile?

Mettiti nei panni del tuo lettore! Scrivi un testo che tu stesso troveresti chiaro, interessante e facile da comprendere. Un testo ben scritto è un testo che riesce a comunicare efficacemente il suo messaggio a un pubblico ampio.

Breve analisi di linee guida per una scrittura efficace

Questi testi, pur variando leggermente nel contesto specifico (scrittura per studenti, scrittura politica), convergono su una serie di punti chiave per una comunicazione chiara ed efficace:

Pubblico e obiettivi:

  • Centralità del lettore: Il testo deve essere pensato per il suo destinatario finale (studenti, cittadini), non per esperti o intermediari. La chiarezza e la comprensibilità sono prioritarie. “Be clear that the text is addressed to children, not to teachers, whose task is didactic mediation” (“Come scrivere per gli studenti”).
  • Obiettivo di comprensione: Lo scopo principale è trasmettere informazioni e concetti in modo completo e facilmente accessibile, evitando tecnicismi superflui o digressioni complesse. “Explain the concepts comprehensively; interpretation should be reserved for the original texts” (“Come scrivere per gli studenti”).

Struttura e chiarezza:

  • Struttura lineare e modulare: Organizzazione chiara e ricorrente, con sezioni facilmente identificabili e un ordine logico che favorisca la comprensione. “The exhibition should be organized according to lean structures that recur in the individual segments that have the same function, easily recognizable” (“Come scrivere per gli studenti”).
  • Linguaggio diretto e preciso: Utilizzo di un linguaggio semplice e immediato, evitando metafore complesse, perifrasi o termini tecnici non essenziali. “The specific vocabulary must be precise and highlighted […] but the expository/explanatory language as a whole must be direct and immediate” (“Come scrivere per gli studenti”).
  • Sintassi lineare ed esplicita: Frasi brevi e concise, con uso preferenziale della forma attiva e di connettivi chiari per evidenziare i legami logici. “The syntax must be as linear as possible but at the same time make explicit all the logical connections with a use of ‘strong’ connectives” (“Come scrivere per gli studenti”).
  • Aiuti visivi: Utilizzo di diagrammi, tabelle, elenchi puntati e immagini per rendere le informazioni più immediate e facilmente comprensibili. “Diagrams, tables, bullet points, and all textual modalities suitable for scanning and easy identification of concepts […] must be used” (“Come scrivere per gli studenti”).

Elementi da evitare:

  • Passivo e doppie negazioni: Privilegiare la forma attiva e evitare costruzioni sintattiche complesse che possono rendere il testo di difficile comprensione. “The formulations must be in the ‘positive’ form: avoid the passive form, double negatives […] and all other forms of complication of an exposition that must be linear” (“Come scrivere per gli studenti”).
  • Informazione implicita: Esplicitare sempre le informazioni necessarie alla comprensione, senza dare per scontato che il lettore possieda conoscenze pregresse sull’argomento. “Explain on every occasion the cultural knowledge necessary for understanding; do not resort to implicit assumptions” (“Come scrivere per gli studenti”).

In sintesi:

Questi testi sottolineano l’importanza di una scrittura chiara, concisa e orientata al lettore, che metta al centro la comprensibilità e l’efficacia comunicativa. L’obiettivo è trasmettere informazioni e concetti in modo diretto e accessibile, utilizzando una struttura lineare, un linguaggio preciso e aiuti visivi per facilitare l’apprendimento.

Guida allo stile di scrittura chiaro e accessibile

Questa guida analizza i principi chiave per scrivere testi informativi e argomentativi chiari, concisi ed efficaci, rivolti a un pubblico generico.

Obiettivi principali:

  1. Chiarezza del pubblico: il testo deve essere indirizzato a un pubblico generale, non a esperti. L’obiettivo è rendere il contenuto comprensibile a chiunque, indipendentemente dalle conoscenze pregresse.
  2. Comprensibilità: il testo deve essere facilmente comprensibile, evitando termini tecnici, gergali o di difficile interpretazione.
  3. Efficacia comunicativa: il testo deve essere strutturato in modo logico e lineare, con un linguaggio diretto e immediato, per facilitare la comprensione del messaggio.

Struttura e organizzazione del testo:

  1. Struttura modulare: il testo deve essere suddiviso in sezioni e paragrafi brevi, con una struttura chiara e ricorrente, per facilitarne la lettura e la comprensione.
  2. Titoli esplicativi: i titoli devono essere chiari, concisi ed esplicativi del contenuto della sezione o del paragrafo, guidando il lettore nell’esplorazione del testo.
  3. Paragrafi brevi e focalizzati: ogni paragrafo dovrebbe concentrarsi su un unico concetto chiave, espresso nella frase iniziale (frase topica).
  4. Connettivi logici: utilizzare connettivi logici forti (perché, quindi, inoltre, tuttavia) per rendere esplicite le connessioni tra le frasi e i paragrafi.
  5. Sintassi lineare: preferire frasi brevi e lineari, evitando subordinate implicite e costruzioni complesse.
  6. Forma attiva: utilizzare la forma attiva del verbo, evitando la forma passiva.
  7. Verbi finiti: utilizzare verbi di modo finito, evitando forme impersonali.
  8. Evitare elementi di distrazione: evitare l’uso di parentesi, incisi, note a piè di pagina e altri elementi che possono distrarre il lettore dal flusso principale del testo.
  9. Spiegare i concetti chiave: spiegare in modo chiaro e conciso tutti i concetti chiave, evitando di dare per scontate conoscenze pregresse da parte del lettore.

Elementi di supporto alla comprensione:

  1. Evidenziazione tipografica: utilizzare grassetto, corsivo ed elenchi puntati o numerati per evidenziare i concetti chiave, le parole chiave e i punti principali del testo.
  2. Immagini e grafici: utilizzare immagini, grafici e tabelle per illustrare i concetti complessi e rendere il testo più accattivante.
  3. Didascalie esplicative: fornire didascalie chiare ed esaustive per immagini, grafici e tabelle, spiegando il loro contenuto e la loro rilevanza rispetto al testo.

Quiz

Istruzioni: rispondere alle seguenti domande in 2-3 frasi.

  1. Qual è l’importanza di considerare il pubblico di riferimento nella scrittura di un testo informativo o argomentativo?
  2. Descrivere la struttura ideale di un paragrafo secondo le indicazioni della guida.
  3. Perché è importante utilizzare i connettivi logici nella scrittura di un testo? Fornire alcuni esempi di connettivi logici “forti”.
  4. Spiegare la differenza tra la forma attiva e la forma passiva del verbo e indicare quale delle due è preferibile in questo stile di scrittura.
  5. Quali sono i vantaggi dell’utilizzo di elenchi puntati o numerati in un testo informativo o argomentativo?
  6. Perché è importante evitare l’uso di parentesi, incisi e note a piè di pagina in questo stile di scrittura?
  7. Come si possono utilizzare le immagini e i grafici per migliorare la comprensibilità di un testo?
  8. Qual è l’importanza delle didascalie per immagini, grafici e tabelle?
  9. Cosa significa “spiegare i concetti chiave” in un testo informativo o argomentativo?
  10. Riassumere i tre obiettivi principali di questo stile di scrittura.

Chiave di risposta del Quiz

  1. Considerare il pubblico di riferimento è fondamentale per adattare il linguaggio, il tono e la complessità del testo alle sue capacità di comprensione. Un testo destinato a un pubblico generico dovrà utilizzare un linguaggio semplice e chiaro, evitando termini tecnici o specialistici.
  2. Un paragrafo ideale inizia con una frase topica che introduce il concetto chiave. Seguono poi frasi di supporto che sviluppano e approfondiscono il concetto, fornendo esempi, evidenze o spiegazioni.
  3. I connettivi logici sono importanti perché rendono esplicite le relazioni logiche tra le frasi e i paragrafi, migliorando la coesione e la coerenza del testo. Esempi di connettivi logici “forti” sono: perché, quindi, inoltre, tuttavia, invece, infatti, in conclusione.
  4. La forma attiva del verbo (es. “Marco mangia la mela”) mette in evidenza il soggetto che compie l’azione, mentre la forma passiva (es. “La mela è mangiata da Marco”) mette in evidenza l’oggetto che subisce l’azione. In questo stile di scrittura è preferibile la forma attiva perché è più diretta, concisa e facile da comprendere.
  5. Gli elenchi puntati o numerati aiutano a organizzare le informazioni in modo chiaro e schematico, facilitando la lettura e la memorizzazione.
  6. Parentesi, incisi e note a piè di pagina interrompono il flusso del discorso principale, distraendo il lettore e rendendo il testo più frammentato e difficile da seguire.
  7. Immagini e grafici possono essere utilizzati per illustrare concetti complessi, semplificando la loro comprensione e rendendo il testo più accattivante e meno pesante.
  8. Le didascalie sono importanti perché forniscono un contesto alle immagini, ai grafici e alle tabelle, spiegando il loro contenuto e la loro rilevanza rispetto al testo.
  9. Spiegare i concetti chiave significa definirli in modo chiaro e conciso, evitando di dare per scontate conoscenze pregresse da parte del lettore. Se necessario, fornire esempi o analogie per facilitare la comprensione.
  10. I tre obiettivi principali di questo stile di scrittura sono: chiarezza del pubblico, comprensibilità ed efficacia comunicativa.

Domande per Saggio

  1. Analizzare l’importanza della scelta del lessico nella scrittura di testi informativi e argomentativi rivolti a un pubblico generico.
  2. Discutere i vantaggi e gli svantaggi dell’utilizzo di uno stile di scrittura “semplificato” nella comunicazione scientifica e accademica.
  3. In che modo l’uso di elementi visivi (immagini, grafici, tabelle) può contribuire a rendere più efficace la comunicazione di informazioni complesse?
  4. Esplorare le sfide e le opportunità dell’utilizzo di un linguaggio chiaro e accessibile nella stesura di testi politici o di propaganda.
  5. Riflettere sull’importanza della chiarezza e della semplicità nella scrittura in generale, al di là dei contesti specifici analizzati nella guida.

Glossario

    • Frase topica: frase che esprime l’argomento principale di un paragrafo.
    • Connettivi logici: parole o frasi che collegano logicamente le frasi e i paragrafi, come “perché”, “quindi”, “inoltre”, “tuttavia”.
    • Forma attiva: forma verbale in cui il soggetto compie l’azione (es. “Marco mangia la mela”).
    • Forma passiva: forma verbale in cui il soggetto subisce l’azione (es. “La mela è mangiata da Marco”).
    • Elenchi puntati o numerati: elenchi di elementi o informazioni organizzati in modo schematico.
    • Didascalia: testo che accompagna un’immagine, un grafico o una tabella, spiegandone il contenuto.
  • Concetti chiave: idee o informazioni fondamentali per la comprensione di un testo.

Sempre a titolo di esempio, riportiamo una chat, interamente gestita dal dispositivo, che suggerisce le domande e fornisce le risposte.

Prompt: Descrivere almeno tre caratteristiche che, secondo l’autore, dovrebbe avere un testo indirizzato agli studenti.

Risposta: Un testo destinato agli studenti dovrebbe avere le seguenti caratteristiche:

  • Chiarezza ed essenzialità: Il testo deve essere chiaro e diretto, evitando informazioni superflue o ridondanti. L’obiettivo è trasmettere i concetti essenziali in modo accessibile agli studenti, senza banalizzare il contenuto.
  • Struttura lineare e organizzata: Il testo dovrebbe essere strutturato in modo logico e lineare, con paragrafi brevi e concisi, frasi brevi e l’uso di connettori forti per esplicitare i legami logici tra le frasi. Titoli chiari e descrittivi, un uso coerente di grassetto e corsivo per evidenziare i concetti chiave e una struttura gerarchica chiara dei paragrafi faciliteranno la comprensione e la memorizzazione.
  • Aiuti visivi e linguaggio semplice: È consigliabile utilizzare elementi visivi come diagrammi, tabelle e immagini con didascalie chiare per facilitare la comprensione. Il linguaggio dovrebbe essere semplice e diretto, evitando termini tecnici complessi o metafore.

Prompt: Quale forma verbale dovrebbe essere preferita e perché?

Risposta: La forma verbale che dovrebbe essere preferita è quella finita. Si dovrebbero evitare le forme verbali implicite subordinate. Questo perché l’obiettivo è quello di scrivere in modo chiaro e lineare, in modo che il testo sia facile da capire per tutti. Si dovrebbe usare una sintassi lineare e rendere esplicite tutte le connessioni logiche. La forma soggetto-verbo-complementi è preferibile, perché riflette la “grammatica delle storie semplici”, con uno sviluppo cronologico lineare.

Ovviamente, l’indicazione di metodo non è certo di abbandonarsi fiduciosi all’automatizzazione, ma quella di prendere le distanze da chi sembra aver tenuto conto solo delle prime versioni di ChatGPT e su questo aver costruito addirittura ipotesi di curriculum.

 




È IA? È IA! Ah, là, là…

di Marco Guastavigna

Mi capita sotto gli occhi una proposta di legge di iniziativa dei Deputati Cavo, Bicchielli, Cesa, Romano, Semenzato, Tirelli che mi ha costretto a riflettere.
Il tema, infatti, è quanto mai attuale: la riconoscibilità dei prodotti frutto di sistemi di intelligenza artificiale.

Le formulazioni adottate nella relazione di accompagnamento ingenerano però disperazione – siamo di fronte ai soggetti detentori (si fa per dire) del potere legislativo – per la loro imprecisione: sembrano attingere tutte al peggior senso comune, quello di chi per più di un anno si è accontentato di leggere e/o ascoltare i titoli sensazionalistici dei mass media.

Immagine realizzata con Microsoft Copilot Pro

 

 

 

 

 

 

 

A voler essere precisi, infatti, stiamo parlando di intelligenza artificiale generativa: è questa, infatti, la matrice operativa dei dispositivi in grado di produrre o modificare i contenuti di cui il testo di legge lamenta la non immediata identificabilità. E questo tipo di AI non simula “i processi dell’intelligenza umana”, ma gli esiti.
Ad essere plausibili devono essere i testi, le immagini e quant’altro, non gli sviluppi interni della macchina statistico-predittiva: interessano infatti come risultato, come testimonianza di una prestazione computazionale efficiente.

L’obiettivo individuato e denunciato come “ultimo” – creare [sic! un po’ di misticismo accresce l’allarme, NDR] computer in grado di pensare e agire come esseri umani – testimonia forse appassionata fruizione di romanzi e film di fantascienza, non certo attenzione all’effettivo andamento della realtà che si dovrebbe pretendere da chi ha responsabilità politiche e rappresenta la Nazione.

Il dispositivo normativo prevede una sanzione amministrativa pecuniaria, “da 30.000 euro a 600.000 euro, ovvero fino all’uno per cento del fatturato annuo, quando il valore di tale percentuale è superiore a 600.000 euro del fatturato realizzato nell’ultimo esercizio chiuso anteriormente alla notifica della contestazione”

  • per i “soggetti responsabili della pubblicazione e della diffusione dei contenuti prodotti mediante sistemi di intelligenza artificiale” che non abbiano fornito “all’inizio e alla fine del contenuto, un’etichetta e un avviso visibili e facilmente comprensibili agli utenti;
  • per i “fornitori dei contenuti editoriali creati tramite l’utilizzo di software di intelligenza artificiale” che non abbiano redatto, “altresì, la documentazione relativa al prodotto prima che lo stesso sia immesso sul mercato”, da consegnarsi, se richiesta, all’autorità nazionale competente, l’AGCOM.

Ad essere davvero intellettualmente onesti, va riconosciuto che immaginare di risolvere un problema etico e deontologico con ammende e con spirito punitivo è assolutamente coerente con il riferimento diretto alla mercificazione dei “contenuti”. Essi sono concepiti infatti come oggetto di compravendita e l’eventuale mancata dichiarazione di autorialità artificiale si traduce in una loro indebita valorizzazione in termini monetari.
La difesa della cultura come patrimonio collettivo, come bene comune, non c’entra nulla.

Del resto, questo aspetto della questione è molto complesso. Nessuna elaborazione culturale – nemmeno la più “creativa” – è priva di rapporti, correlazioni, confronti e così via con altre precedenti e contemporanee. Tanto è vero che vi sono degli strumenti appositi per rendere espliciti e trasparenti questi intrecci: note, citazioni, bibliografie, link. Non è un caso che accanto al classico copyright, che protegge soprattutto i diritti economici degli editori, si siano collocate le Creative Commons Licenses, tutte vincolanti all’indicazione dell’autorialità. Questo obbligo tutela infatti nelle due direzioni, perché la riconoscibilità di chi ha realizzato l’opera culturale garantisce anche i suoi utenti, in termini di attendibilità e di qualità.

Torniamo ora ai dispositivi di intelligenza artificiale generativa: la gran parte si presenta come “assistente”, dichiara la propria fallibilità, invita a fare verifiche sui risultati. Molti degli ambienti text2image, in più, rilasciano le immagini marcando il nome del file in modo da renderne chiara la provenienza.
Vediamo quindi di capire meglio in cosa consiste un eventuale uso truffaldino. Allo stato attuale delle autentiche – ovvero, non di quelle mitizzate ma inesistenti – capacità operative degli assistenti di AI generativa, deve verificarsi da parte umana, mediante omissione, un’auto-attribuzione non solo del prompt (lo stimolo iniziale, senza il quale tendenzialmente non succede nulla) – e della conversazione con il dispositivo (il che è del tutto legittimo da ogni punto di vista, tanto che c’è chi sostiene che il prompt engineering è una competenza della modernità), ma anche dell’esito finale (testo, immagine, video e così via). E questo è un modo di agire intenzionale, frutto di una scelta ben precisa, totalmente ascrivibile, appunto, agli esseri umani.
Ne consegue che ipotizzare che la possibile mancanza di riconoscibilità sia un problema emergente al punto di rendere necessaria una politica repressiva significa estendere a tutte le classi di età la volontà di “copiare” che molti individuano come bussola etica adolescenziale. Siamo sicuri che sia così?

Per approfondire

  1. Aliprandi, L’autore artificiale. Creatività e proprietà intellettuale nell’era dell’AI, Ledizioni, Milano 2023  
  2. Chimienti, Diritto d’autore 4.0. L’intelligenza artificiale crea?, Pacini Editore, Pisa 2020

 

 




Come fronteggiare le insidie della I.A.

di Cinzia Mion

Progettazione a ritroso e comprensione profonda

Nel panorama delle offerte che si incontrano, nelle pubblicazioni specialistiche, di esempi di progettazione di competenze, spicca per originalità la cosiddetta “progettazione a ritroso”.

Quando ho scoperto Wiggins e i suoi testi a dire il vero sono rimasta molto affascinata. Mi sono detta: ”Ecco l’uovo di Colombo”.
Finalmente gli insegnanti finiranno di sperare che le competenze possano scaturire come per magia alla fine del percorso tradizionale delle conoscenze come da programma. Si tratta in parole povere di rendersi conto che le “competenze” non possono scaturire dalla programmazione lineare delle conoscenze e dall’applicazione pedissequa del libro di testo.
Bisogna progettarle prima.

Ora invece posso affermare che questo tipo di progettazione, che pone il suo focus sulla competenza “profonda e duratura”, è l’unica che è in grado, ovviamente fino ad oggi, di poter essere considerata adatta a fronteggiare le insidie della Intelligenza Artificiale.
Con il mio contributo non intendo demonizzare tale dispositivo e tanto meno analizzarlo perché non ne ho le competenze.

Dal punto di vista di persona di scuola intendo però evitare che possa inaridire o minimamente compromettere la facoltà più fulgida che appartiene al genere umano, che dovrebbe connotarci sempre anche se negli ultimi tempi è venuto un po’ meno: il pensiero autonomo e riflessivo.
La competenza individuata come importante da far raggiungere agli alunni dovrà essere focalizzata all’inizio del percorso, dovranno poi essere identificate le conoscenze e i “saperi” ineludibili (fatti, concetti e principi), le abilità indispensabili (processi, strategie e metodi).
Inoltre andranno pianificate esperienze di apprendimento da far vivere direttamente in applicazione dell’aspetto teorico, per rendere attuabile il raggiungimento della competenza in questione. Bisogna però sottolineare che le pubblicazioni di Wiggins fanno riferimento alla “teoria” e alla “pratica” di un percorso didattico per la “comprensione profonda e significativa”.

Strada facendo si chiarirà anche il termine “duratura”, vale a dire inserita nella memoria semantica e non solo episodica, quindi in grado di illuminare di “senso” i contenuti in essa depositati. Un senso che va oltre l’occasionalità ma invece in grado di mettere in connessione altri contenuti successivi anche se apparentemente “sconnessi”.

LE DOMANDE ESSENZIALI

Il docente perciò dovrà farsi delle domande molto pregnanti, acquisendo la mentalità del progettista. Insegnare a partire dalle domande significa chiedere retoricamente “se le conoscenze sono fatte di risposte, allora quali erano le domande che hanno dato vita ai libri di testo o che hanno causato le risposte dell’insegnante e le risposte dei contenuti di queste discipline”?
Oppure le rielaborazioni dell’IA?
Questo tipo di domande è molto diverso da quello che normalmente il docente fa per controllare le conoscenze fattuali, per guidare gli allievi verso le risposte esatte. Dovrà infatti chiedersi innanzitutto: cosa è meritevole e degno di essere compreso in profondità? Si capisce immediatamente che il docente che decide di sperimentare questa interessante progettazione accetta di avere un buon rapporto con la fatica di pensare e con la riflessività che ne consegue. Fa parte di questa intensa riflessività la ricerca all’interno dei vari contenuti di “una grande idea” che dovrà avere un interesse durevole anche oltre l’ambito scolastico.

Se mi chiedessero a bruciapelo quale profilo finale vorrei che la scuola italiana si prefigurasse alla fine del corso di studi dalla scuola dell’infanzia fino all’uscita dalla scuola secondaria, direi subito: vorrei dei ragazzi riflessivi e dei cittadini formati all’etica pubblica. Naturalmente non significa “ignoranti” nelle conoscenze fondamentali delle discipline ma che queste siano state strumentali alla formazione delle caratteristiche suddette.

Vi sembra poco? Ragazzi, e ragazze, naturalmente, in grado di pensare con la propria testa, vale a dire curiosi e “problematizzanti” e desiderosi di autointerrogarsi sulle questioni più vitali del mondo, del futuro, della loro vita e della vita degli altri.
Che hanno sviluppato una intelligenza vivace, fertile, connettiva. Vale a dire ragazzi e ragazze che hanno appreso il valore profondo e duraturo delle idee portanti dei saperi e che inoltre hanno appreso e praticano coerentemente i valori del “cosiddetto Bene Comune”, caposaldo dell’educazione alla cittadinanza, evitando i trabocchetti dati dal famigerato “familismo amorale” che, da moltissimo tempo, contraddistingue il popolo italiano, legittimando i “tornacontismi” e gli incredibili livelli di corruzione e ipocrisia, scambiandoli con “furbizia”, considerata un valore al posto dell’intelligenza.

In altre parole che sono in grado non solo di affrontare con buoni risultati il “problem solving”, su cui può essere di valido aiuto anche l’I.A., ma soprattutto in grado di autointerrogarsi sui dilemmi, le questioni, le difficoltà della realtà, in altre parole l’attitudine al “problem posing”.

COMPRENSIONE PROFONDA E DUREVOLE

Quando Wiggins parla di grande idea il suo riferimento è ad una idea “perno”, essenziale per interpretare la realtà ed essenziale anche per costruire i famosi “compiti di realtà”, funzionali a cogliere quanto la competenza auspicata e realizzata si è incarnata nel repertorio delle acquisizioni degli allievi.
Una volta individuata l’idea perno, risposta desunta da una serie di domande essenziali di “senso”, si procede con il percorso. Una domanda di senso potrebbe essere: quanto questa idea perno può coinvolgere l’alunno dentro al nucleo centrale della competenza e quanto questa idea può essere determinante per fare chiarezza e sciogliere gli equivoci?
Vediamo ora cosa si intende per comprensione profonda. Significa che se una conoscenza o un’abilità non diventa lettura e comprensione della realtà, difficilmente si trasforma in significativa o flessibile o in comprensione profonda. Al contrario è molto probabile che rimanga astratta, disincarnata, scolastica.

I SEI ASPETTI DELLA COMPRENSIONE

Il primo aspetto è “la spiegazione”. L’allievo deve essere in grado di presentare resoconti di fenomeni, fatti e dati. Si tratta di dimostrare di essere in grado di rispondere alle famose cinque domande, tipiche fra l’altro del giornalismo: chi, cosa, dove e quando. Si richiede pertanto non solo la risposta esatta ma la spiegazione, si sollecita il collegamento di fatti specifici e la capacità di sostenere tali collegamenti e le loro conclusioni.

Il secondo aspetto è “l’interpretazione”. Si tratta di affrontare l’argomento attraverso esempi, aneddoti, narrazioni, ecc che possono costituire contenuti di testi, poesie, filmati, ecc. L’allievo deve saper rispondere a domande del tipo: quello che hai letto o scritto cosa significa? Cosa spiega dell’esperienza umana? In che modo ha a che fare con te?(es. i flussi migratori cosa ti rivelano del genere umano?)

Il terzo aspetto è “l’applicazione”. Questa dimensione verifica la possibilità di affrontare i famosi compiti autentici, che , proprio per essere autentici, non devono essere scollegati completamente dalla realtà dell’allievo e dalle sue esperienze, tanto da apparire stravaganti e bizzarri, come qualche volta capita di incontrare. Senz’altro il livello dell’applicazione richiede di usare le conoscenze in nuove situazioni e in vari contesti. Bisognerebbe che l’allievo potesse rispondere alla domanda : In quali modi le persone applicano questa comprensione nel mondo fuori dalla scuola? Come dovrei modificare il mio modo di pensare e il mio agire per rispondere alle esigenze di questa particolare situazione?

Il quarto aspetto è “la prospettiva”. Avere prospettiva prevede la competenza del decentramento e della “lungimiranza” e la capacità di rispondere alla domanda: questo argomento da quale punto di vista è stato affrontato? Capire il punto di vista significa possedere lo spirito critico per riuscire a smascherare assunzioni e conclusioni che non sono state sottoposte a controllo. Le Indicazioni per il curricolo, che hanno sostituito i programmi, chiedono più volte la competenza di essere in grado di cambiare punto di vista, anzi considerano questo obiettivo, in questa società multiculturale e multireligiosa, fondamentale e peculiare dei tempi.
Chissà se l’I.A. è in grado di indurre la flessibilità che richiede il “decentramento del punto di vista” come competenza personale consolidata, non come soluzione ad un quesito del momento. Faccio riferimento alla competenza interculturale e all’assunzione del paradigma della complessità come vera e propria forma mentis.

Il quinto aspetto è “l’empatia”. Questa dimensione viene definita come la capacità di entrare nei sentimenti e nella visione del mondo di un’altra persona. Significa saper mettersi nei panni degli altri, si tratta di sviluppare le intelligenze personali di cui parla Gardner, quella “intrapersonale” ma soprattutto quella “interpersonale”. Oltre che a sviluppare questo importante tipo di intelligenza si tratta anche di correggere la deriva sociale dell’indifferenza o “noncuranza”. L’aspetto più degno di nota dal punto di vista cognitivo è che il mutar d’animo può essere l’inizio del cambiamento di opinione e del superamento di eventuali pregiudizi.
Dubito molto che l’I.A. possa incidere sul “sentire” cosa prova l’altro, avvertirne la portata emotiva, le vibrazioni che ciò comporta. Può essere che io abbia una visione parziale e distorta di questo tipo di intelligenza perché nel mio immaginario la assimilo ad una “macchina pensante” ma non “senziente”!

Il sesto aspetto è “l’autoconoscenza”. Si tratta di riuscire alla fine a cogliere il nostro modo di conoscere, lo stile apprenditivo, quali sono i nostri schemi di pensiero, i nostri meccanismi di difesa che possono compromettere la nostra comprensione. Gli allievi dovrebbero essere in grado di risponder alla domanda “ quali sono i limiti della mia comprensione? Cosa tendo a comprendere erroneamente a causa dei miei pregiudizi, abitudini e stili mentali? “
Ovviamente questo aspetto deve riguardare prima di tutto i docenti sia per quanto attiene la loro “comprensione profonda“ delle conoscenze più significative; dei nuclei fondanti delle discipline che hanno il compito di insegnare, ovviamente dopo averli padroneggiati; del modo più accessibile e chiaro di tradurre tali concetti sostanziali e validati, in una didattica abbordabile e facilitante la comprensione da parte degli allievi. Speriamo così di solleticare la curiosità professionale di molti docenti, stimolati in questo modo all’ “autointerrogazione”: una delle strategie più sane per la Scuola ma anche per la Vita.

E alla fine si tratta di interrogarsi su come utilizzare l’Intelligenza Artificiale, di quali vantaggi può offrire ma soprattutto di quali conseguenze anche negative possono scaturirne e di come poterle minimizzare. Di come, per esempio, riprogettare il proprio lavoro come ho provato a fare io con il presente contributo

 




Chat-tanooga Choo Choo 4.0

di Marco Guastavigna

Se non fosse una tragedia professionale e culturale, sarebbe divertente.

Da una parte l’accademia giunge alla geniale conclusione che con un dispositivo che simula un dialogo si può praticare nientepopodimeno che la didattica conversazionale.

Dall’altra, sinergicamente, una rete di scuole definisce criteri e parametri per un’introduzione dell’intelligenza artificiale nell’istruzione primaria e secondaria, producendo un documento molto limitato nell’approccio, discutibile nel contenuto e sciatto nella forma. Immediati però complimenti e adesioni, in genere avendo letto solo il titolo e l’annuncio “social”.

In parallelo, i teorici dei massimi sistemi continuano a discutere in termini generali ed estremamente astratti di etica e AI, IA e apprendimento, lavoro e AI, IA e informazione e così via. Il tutto proiettato sul lungo termine, in modo da non dover fare i conti con il presente, dalla disumanizzante robotizzazione dei lavoratori della logistica globale, alla dicotomia tra sud globale, addetto all’addestramento e alla verifica dei dispositivi di intelligenza artificiale mediante prestazioni taskificate e retribuite in modo vergognoso, e nord globale, destinatario dei – forse presunti, certamente discriminanti – vantaggi delle tecnologie emergenti.

Niente di particolarmente nuovo, perché il potere culturale istituzionalizzato reagisce da tempo all’innovazione con un protocollo epistemologico consolidato: occupazioni degli spazi di dibattito e generazione (sic!) di filiere formative. Corredato di mutui riconoscimenti: dagli inviti ai rispettivi convegni alle citazioni incrociate. Puro tecno-feudalesimo.

Questo modo di procedere, per altro, si è sempre rivelato efficace soltanto per definire incarichi, ottenere investimenti, incrementare retribuzioni, millantare propagazioni e così via.

E questa volta è particolarmente grottesco e asfittico: si susseguono infatti novità e annunci e sono presenti sul mercato ambienti decisamente differenti dai capostipiti e dai primi derivati.

ChatGPT – nella versione free – consente ora di collegare all’utente i documenti da questo collocati su Google Drive o su OneDrive di Microsoft. Soprattutto, è disponibile una serie di chatbot così rubricati: “Scopri e crea versioni personalizzate di ChatGPT che riuniscano istruzioni, conoscenze aggiuntive e qualsiasi combinazione di competenze”. Il dispositivo si spoglia della sua (vaga) funzione generalista e assume sempre di più la forma e la struttura di un insieme articolato di assistenti ad attività definite.

Sempre ChatGPT ha appena lanciato la propria versione Edu, descritta – almeno nelle intenzioni – come “Strumento assistito dall’intelligenza artificiale per la creazione di percorsi di apprendimento personalizzati nell’educazione speciale”.

Ricordando che il browser Opera incorpora funzioni di assistenza artificiale nel proprio modulo Aria e aspettando i prossimi colpi di mercato di Google (che ha per altro già annunciato l’integrazione di Gemini nel workspace) e le evoluzioni di Microsoft Copilot, propongo ancora due questioni che mi sembrano importanti.

Alla prima abbiamo già accennato citando MagicSchool: ci sono varie piattaforme – oltre a quella appena citata, per esempio, Poe e Maestra Genia – che propongono un’articolazione (e quindi una sorta di scomposizione) della professionalità docente in una serie di moduli di assistenza operativa, spesso dotati di istruzioni e guide all’uso passo-passo, con un rinforzo delle scelte fatte e la proposta di possibilità di sviluppo della conversazione e dell’attività. Varrebbe la pena – credo – di analizzare e discutere il tutto più da vicino. In momenti di formazione e auto-formazione dialogica degli insegnanti: dovremmo infatti avere la capacità di comprendere quanto siamo ancora lontani da saper prefigurare e progettare un impiego davvero sensato dell’intelligenza artificiale da parte degli studenti, che non sia una verniciata di modernità!

La seconda questione è relativa alle licenze d’uso: molti di questi dispositivi offrono versioni o periodi limitati di utilizzo enza chiedere denaro agli utenti. Gli stessi, però, per un impiego completo e/o duraturo esigono poi il pagamento di un abbonamento o simili. Soprattutto nel caso di scelte collegiali relative all’introduzione intensiva ed estesa dei dispositivi di assistenza artificiale ad attività cognitive, non si può certo immaginare che questi costi ricadano sui singoli docenti.

È bene, insomma, che le scuole comincino a rendersi conto anche del fatto che l’impiego dei dispositivi di IA non solo va valutato con attenzione, ma è tutt’altro che gratuito: oltre all’impatto ambientale, va messo a bilancio, infatti, l’investimento di somme destinate a diventare importanti qualora si dovessero attivare centinaia di utenze.




Perché le IA vengono proposte alle scuole?

Premessa

In teoria dalla dispersione scolastica alle prove Invalsi sono sempre di più e sempre più efficaci, gli strumenti di AI al servizio di docenti e studenti. Ma c’è bisogno di più cultura sul tema ed impegno pubblico.” Sostiene Chiara Panciroli.

R: Sulla mancanza di cultura siamo d’accordo.

La IA non può essere integrata nell’istruzione senza un grande impegno pubblico e le necessarie garanzie e normative da parte dei governi. Azoulay. Unesco. R: Vero.

Per fare cosa?
Il modo più chiacchierato è l’uso di Chat GPT e simili (da parte degli allievi) per “barare” nelle esercitazioni o nei compiti in classe. Poi?

Le varie forme di IA possono aiutare la didattica come si vorrebbe? A quale prezzo?

L’intelligenza artificiale generativa può automatizzare l’elaborazione delle informazioni e la presentazione dei risultati finali attraverso tutte le principali rappresentazioni simboliche del pensiero umano. Consente di consegnare i risultati finali fornendo prodotti di conoscenza semi-lavorati. Liberando gli esseri umani da attività appartenenti a livelli di pensiero di ordine inferiore. Panciroli

R
: quali sono le attività “inferiori” a scuola? Compilare registri e atti? Nelle attuali condizioni di bassa motivazione e ristrettezza dei tempi, non sarebbe utile anche concentrarsi e confrontarsi per valutare un alunno in base non solo a dati, ma a osservazioni, relazioni, episodi, informazioni? Liberare tempo per parlarsi in queste condizioni strutturali e di risorse? Ma per fare questo occorre passare dalle IA?

questa nuova generazione di strumenti d’intelligenza artificiale potrebbe avere profonde implicazioni nella nostra comprensione d’intelligenza umana e apprendimento.

  R: O meglio potrebbe intanto essere un’occasione per riflettere su come funzionano intelligenza umana e apprendimento, e se esiste l’IA e come funzionano le sue varie applicazioni prima di comprarle o di farcele imporre.
Conoscere per capire

Uno dei temi più importanti è quello della cosiddetta explainability, ossia la comprensione e la spiegazione di cos’è e come funziona un’intelligenza artificiale”. Prima addirittura di ipotizzare per cosa usarli, bisogna anzitutto conoscere questi strumenti. Capire come funzionano, quali sono le loro potenzialità e (soprattutto) quali sono i loro limiti.

…è indispensabile comprendere come funzionano i prompt da dare al sistema: con input pessimi si hanno output pessimi, e gli strumenti perdono di utilità”. Panciroli.

Si ipotizzano utilità di sistema (scuola) e utilità didattiche.
Tra le prime abbandono scolastico (“predittivo”?) e la valutazione.
Come? Le presenze a lezione, i tempi di consegna dei compiti e altri parametri, prevedono quando è più probabile che uno studente possa abbandonare gli studi: l’idea è che in questo modo si possa intervenire per tempo, per esempio con un riorientamento rapido o offrendo un piano didattico personalizzato ed evitare l’abbandono.

  R: Questa modalità ha fondamenti pedagogici parziali (di parte) e poco fondati. Ma intanto

a- la logica predittiva può sbagliare e violare diritti (è già stata vietata a livello di polizia dall’IA Act UE)
b- Con che risorse e modalità si approntano soluzioni (i docenti lamentano di non avere spazi di confronto, progettazione e valutazione, fagocitati e silenziati dalla compilazione di un foglio elettronico con arrotondamenti deformanti)?
c- È vero che la individualizzazione del tutoraggio è difficile e costosa, ma il rischio è di non adattare lo strumento al bambino, ma il bambino al modello di chat bot disponibile centrato sulla “logica” – o meglio su una impostazione “statistico-induttiva[1] (Guastavigna) basata sui dati antecedenti, validi o no e quindi sulla raccolta ed il trattamento statistico di dati;  nella incapacità di gestire tutti gli altri aspetti emotivi e relazionali dell’apprendimento.
È una scelta pedagogica
che sta a monte di quello che le applicazioni denominate di IA possono fare, bypassando quelle che chiamano concezioni psicologiche dell’apprendimento individuale e puntando sulla ottimizzazione delle performance cognitive e di abilità. Che sono una parte del problema, ma non il contesto di soluzione.
– d) Allora meglio più risorse per la individualizzazione e l’inclusione, il confronto sul metodo
o meglio più chat bot (uno per allievo)?


Un secondo campo è quello legato al sistema di valutazione delle scuole, l’Invalsi: l’intelligenza artificiale può fare da supporto a questo sistema, per esempio leggendo e comparando in modo integrato tutti i dati raccolti e individuando criticità, punti di forza, lacune. ibidem

R: Sappiamo che la lettura, validità e utilizzo (ora anche individuale non più solo di sistema) dei dati INVALSI è un campo minato. E dopo avere ottimizzato i dati cosa facciamo (quali modelli) e con che risorse? Per quali obiettivi, prima di sistema ora anche individuali, anche se anonimi; con personale formato, rimotivato, pagato? Che è il vero problema.

Utilità didattiche. Valutazione

Questi strumenti consentono di superare la cosiddetta valutazione sommativa (quella tradizionale, ricavata da test, interrogazioni e simili) e passare a una valutazione formativa. Che dia ai docenti feedback ricorsivi con cui comprendere meglio le lacune degli studenti e mettere in campo tempestivamente delle attività di supporto
 
R: La IA ha trovato il modo di superare la valutazione sommativa? In realtà offre solo dati apparentemente più organizzati ai docenti. Il problema sono le risorse (ore docenti e soldi) per intervenire, le scelte politiche e poi metodologiche e l’atteggiamento dei docenti.

Come? Con quali parametri?
“Esaminando la struttura delle frasi scritte dagli studenti, gli errori ricorrenti, il tempo di consegna dei compiti e fornire così al docente un punteggio continuo, semplificando tra l’altro la correzione”

R: L’uovo di Colombo; la valutazione su cui discutiamo da decenni è tutta qui?

Le mappe

Ci sono infine i mediatori visivi che semplificano con mappe (?) le lezioni per i più in difficoltà.
Esistono ancora delle resistenze da parte del sistema educativo rispetto all’adozione di questi strumenti, in parte dovute al fatto che “per definizione la scuola è un luogo conservatore e contrapposto all’innovazione”, e in parte dovute alle paure relative alla privacy. Un tema certamente delicato e importante, ma che secondo l’esperta non va ingigantito: “Quello della privacy” conclude “è (almeno in parte) un falso problema” (?) sostiene Chiara Panciroli .

R: L’impressione è che si cerchi di vendere le applicazioni di IA (in questo caso “povera” e fondata su un modello di apprendimento parziale e discutibile) per risolvere problemi storici della scuola, “razionalizzando” con un metodo induttivo la raccolta dei dati e proponendo tutoraggi automatici individualizzati perché è quello che le IA sanno fare a mala pena ora.
a- È un lavoro integrativo, ma non la soluzione
b- ma a pagamento e tutto da testare ancora, anche perché ogni ragazzo, contesto, paese è diverso dagli altri e non basta ridurre disagio ed abbandono decontestualizzato ad una unica categoria algoritmica.
c- Bypassando la complessità, la diversità, l’intreccio apprendimento/socializzazione/ relazione emotività e clima di classe e scuola.

Non sapendo affrontare la complessità, si standardizzano gli allievi.

Infatti.

“In generale i chat bot, che qualcuno ha definito “motori di plagio” attingono a vaste riserve di informazioni che molto probabilmente sono inquinate dalla disinformazione passata o da materiale parziale e discriminatorio, e forse potrebbero diventare ancora più numerose, così come i contenuti automatizzati inondano il web.”  Singer nel rapporto del NYT.
I sostenitori pensano che i chat bot in classe potrebbero “democratizzare” l’idea del tutoraggio personalizzando automaticamente le risposte agli studenti, consentendo loro di lavorare sulle lezioni al proprio ritmo. I critici avvertono che i robot, addestrati su vasti database di testi, possono fabbricare una disinformazione apparentemente plausibile, rendendoli una scommessa rischiosa per le scuole Ben Williamson [2]

Approfondiamo.

Negli USA si sta cominciando a sperimentare in una scuola quello che in Italia stanno già propagandando ampiamente (al buio). Perché gli attuali esempi di intelligenza artificiale sono intrisi di un tipo di politica che applica soluzioni tecniche e di mercato a tutti i problemi sociali.

  • Nella esperienza dei test Khan migo (dietro cui c’è Bill Gates)gli educatori sembrano prendere parte a un “esperimento sociale”in cui i sistemi codificati di istruzione – pedagogia, curriculum e valutazione – vengono tutti riconfigurati dall’intelligenza artificiale, richiedendo sforzi laboriosi da parte degli educatori per adattare le loro pratiche professionali”. Carlo Perrotta

   R: Siamo disponibili a questi sforzi, a testare ed arricchire gratuitamente la IA a vantaggio degli oligopoli che ce la propongono? Ne abbiamo il tempo e ne vale la pena?

Anche perché l’IA’ può esercitare anche effetti degenerativi sull’apprendimento stesso.
“Più prosaicamente, è probabile che l’intelligenza artificiale riproduca gli aspetti peggiori dell’istruzione scolastica: il saggio standardizzato è già fortemente vincolato dalle esigenze dei regimi di valutazione, e i modelli linguistici tendono a riprodurlo nel formato e nel contenuto.”

La seconda questione è ciò che Perrotta ha descritto in termini di “divisione dell’apprendimento” – citando Shoshana Zuboff – che denota una distinzione tra organizzazioni di intelligenza artificiale con “infrastruttura materiale e capacità intellettuali esperte” per apprendere dai dati e mettere a punto modelli e processi, e gli sforzi non retribuiti degli utenti quotidiani le cui interazioni con i sistemi rifluiscono nel loro sviluppo continuo. Burrell e Fourcade hanno distinto tra “l’élite del coding”, una nuova classe professionale di competenze tecniche, e una forza lavoro recentemente emarginata o non retribuita, il “cybertariat”, da cui estrarre manodopera.” Nel caso Khan migo, gli ingegneri e i dirigenti della Khan Academy sono una nuova élite di sviluppo dell’intelligenza artificiale nel campo dell’istruzione, che sfrutta il lavoro degli insegnanti e degli studenti in classe per “ottimizzare” il loro prodotto.

R: In altre parole I big della IA stanno sfruttando il lavoro di manovalanza dei docenti per mettere a punto un prodotto che dall’anno prossimo sarà a pagamento per le scuole (60 $ a studente)
R: A parte lo sfruttamento del lavoro gratuito dei docenti, con che soldi le scuole, caso mai interessate, potranno pagare questi prodotti? Chi controlla e valida l’esperimento?

Il problema, per i big di IA, è che il tutoraggio individuale è “troppo costoso da sostenere su larga scala per la maggior parte delle società”. “Ma ostacoli finanziari suggeriscono che è improbabile che i chatbot in classe potenziati dall’intelligenza artificiale democratizzino il tutoraggio in tempi brevi.”

 R: Allora si fanno lavorare i docenti per ottimizzare il prodotto e poi rivenderglielo fidelizzando le scuole (come successo con Zoom ed altri prodotti proprietari cui ci siamo assuefatti in tempi di Covid ed in mancanza di iniziative ministeriali) e senza nemmeno puntare ad un tutoraggio individuale democratico.

  • Il dirigente della scuola che sta sperimentando in USA e che ci mette classi e manodopera docente ha affermato: “Il costo a lungo termine dell’intelligenza artificiale è per noi motivo di preoccupazione”.
  • Se le IA richiedono lavoro aggiuntivo non retribuito da parte degli insegnanti e ne estraggono valore, l’intelligenza artificiale e altre tecnologie predittive possono anche, come sostiene Sun-ha Hong, sottrarre potere discrezionale ai professionisti, rimodellando o addirittura diminuendo il loro processo decisionale e la portata del giudizio professionale. Nel caso sperimentale di Khan migo, anche il potere discrezionale dell’insegnante è almeno parzialmente sfruttato, ridotto o quanto meno complicato dalla presenza di un tutorbot.[3]
  • R: Infine, l’intelligenza artificiale nell’istruzione potrebbe influenzare la capacità delle scuole di sostenere altre spese strutturali e di risorse per problemi prioritari.
  • “Potenziali effetti degenerativi.Oltre agli effetti degenerativi che può esercitare sulle condizioni professionali degli insegnanti, sui contenuti didattici e sulla sostenibilità finanziaria delle scuole, l’IA ha anche effetti ambientali degenerativi (Inquinamento NdA) e impatti sulle condizioni di lavoro dei lavoratorinascosti”  che aiutano a formare modelli generativi.”

“La rassegnazione all’intelligenza artificiale come caratteristica inevitabile del futuro dell’istruzione è pericolosa, poiché rischia di bloccare gli istituti di istruzione, il personale e gli studenti in sistemi tecnici che potrebbero esacerbare anziché migliorare i problemi sociali esistenti, come il superlavoro degli insegnanti e il degrado delle opportunità di apprendimento e il sottofinanziamento della scuola”. Dan McQuillan.

[1] https://www.treccani.it/vocabolario/induttivo/
[2] Le citazioni se non attribuite si riferiscono al saggio di Ben Williamson tradotto per Roars.
vedi anche blog autore
https://codeactsineducation.wordpress.com/ .

 

 

[3] https://journals.sagepub.com/doi/10.1177/20539517231171053




Resistere alla maturità artificiale è possibile. Forse

di Marco Guastavigna

Manca poco ad una scadenza che formalmente non esiste più dal 1997, se non nell’immaginario bigotto e paternalista di una visione conservatrice del rapporto tra adultità e adolescenza – si chiama Esame di Stato.
Già immagino serpeggiare il terrore: come impedire agli studenti di rivolgersi ai chatbot e di avere le soluzioni delle prove confezionate in pochi minuti? Divieti, sequestri, pedinamenti, esclusioni e altre soluzioni poliziesche sono probabilmente le più in tono con i tempi.

Si potrebbe però vivere il tutto più serenamente. Ovvero, produrre tracce di lavoro “resistenti all’IA”. MagicSchool fornisce un modulo operativo apposito: basta inserire la consegna originale e il grado di istruzione di riferimento e si ottengono almeno due idee per realizzare assegnazioni di compiti significativi e – appunto – resistenti all’IA, con tanto di spiegazione delle scelte operate dal dispositivo.

Un esempio per capire meglio.

Esame di Stato, 2023 – Prova di italiano
TIPOLOGIA C – RIFLESSIONE CRITICA DI CARATTERE ESPOSITIVO-ARGOMENTATIVO SU TEMATICHE DI ATTUALITÀ

PROPOSTA C1
LETTERA APERTA AL MINISTRO BIANCHI SUGLI ESAMI DI MATURITÀ
(https://www.edscuola.eu/wordpress/?p=150602)

«Gentile Ministro Bianchi,
a quanto abbiamo letto, Lei sarebbe orientato a riproporre un esame di maturità senza gli scritti come lo scorso anno, quando molti degli stessi studenti, interpellati dai giornali, l’hanno giudicato più o meno una burletta. Nonostante i problemi causati dalla pandemia, per far svolgere gli scritti in sicurezza a fine anno molte aule sono libere per ospitare piccoli gruppi di candidati. E che l’esame debba essere una verifica seria e impegnativa è nell’interesse di tutti. In quello dei ragazzi – per cui deve costituire anche una porta di ingresso nell’età adulta – perché li spinge a esercitarsi e a studiare, anche affrontando quel tanto di ansia che conferma l’importanza di questo passaggio. Solo così potranno uscirne con soddisfazione. È nell’interesse della collettività, alla quale è doveroso garantire che alla promozione corrisponda una reale preparazione. Infine la scuola, che delle promozioni si assume la responsabilità, riacquisterebbe un po’ di quella credibilità che ha perso proprio scegliendo la via dell’indulgenza a compenso della sua frequente inadeguatezza nel formare culturalmente e umanamente le nuove generazioni. Non si tratta quindi solo della reintroduzione delle prove scritte, per molte ragioni indispensabile (insieme alla garanzia che non si copi e non si faccia copiare, come accade massicciamente ogni anno); ma di trasmettere agli studenti il messaggio di serietà e di autorevolezza che in fondo si aspettano da parte degli adulti.»

Nella Lettera aperta indirizzata nel dicembre 2021 al Professor Patrizio Bianchi, allora Ministro dell’Istruzione, i firmatari, illustri esponenti del mondo accademico e culturale italiano, hanno espresso una serie di riflessioni relative all’esame conclusivo del secondo ciclo di istruzione.  Esponi il tuo punto di vista e confrontati in maniera critica con le tesi espresse nel testo. Puoi articolare il tuo elaborato in paragrafi opportunamente titolati e presentarlo con un titolo complessivo che ne esprima sinteticamente il contenuto.

Modifica per Rendere Quest’Assistente meno suscettibile alle AI (Idea 1):
Descrizione del Compito Aggiornata:

Scrivi una lettera aperta al Ministro Bianchi esprimendo il tuo pensiero sulle modalità di valutazione degli esami di maturità. Confronta le opinioni presenti nel testo fornito con il tuo punto di vista critico, strutturando il tuo elaborato in paragrafi con titoli appropriati e presentandolo con un titolo sintetico che rappresenti il contenuto.

Spiegazione:
In questa modifica, la richiesta è stata riformulata per richiedere agli studenti di elaborare un testo argomentativo personale che confronti le opinioni espresse nel testo iniziale con le proprie idee. Questo richiede un pensiero critico e un’analisi approfondita che va oltre la semplice ripetizione delle informazioni fornite nel testo originale.

Modifica per Rendere Quest’Assistente meno suscettibile alle AI (Idea 2):
Descrizione del Compito Aggiornata:

Immagina di essere uno dei firmatari della lettera al Ministro Bianchi sull’esame di maturità. Scrivi un articolo che esponga il tuo punto di vista in modo chiaro e convincente, utilizzando argomentazioni originali e personali. Struttura il tuo elaborato in paragrafi chiaramente definiti e aggiungi un titolo che riassuma il contenuto.

Spiegazione:
Questa modifica richiede agli studenti di mettersi nei panni dei firmatari della lettera e di scrivere un articolo di opinione basato sul proprio punto di vista. Questo esercizio incentiva la creatività e l’elaborazione di argomentazioni uniche, rendendo più complesso per le AI generare automaticamente una risposta coerente e originale.

I lettori più volonterosi potranno sbizzarrirsi con altre trasformazioni, relative ad altre prove scritte.




IA e scuola. Intelligenza, apprendimento, relazione, linguaggio, valutazione

di Rodolfo Marchisio

Mentre continua il marketing e l’offerta di corsi, libri, incontri sull’uso della IA nella scuola, per fortuna più alle superiori, ma sta arrivando, perché è la moda dell’anno, lasciano perplesse le modalità di questa iniezione di tecnologia, teoricamente avanzata, ma sempre in corso di approfondimento e discussione tra gli esperti; anche presunti. Dite un nome di uno che si occupi o si sia occupato della scuola e verificate se non ha già detto la sua.
Negli USA la sperimentazione nelle scuole pone diversi interrogativi simili a quelli del nostro PNRR.

Uso contro cultura.

Il problema di partenza è la modalità con cui viene proposta alla scuola. Come ogni tecnologia, insegnando (a docenti ed allievi) ad usare. Cosa fa e come si usa. Non cosa ci sta dietro, quali conseguenze può avere su di noi e sui nostri allievi, come stiamo cambiando nella relazione con le tecnologie.  Domande che ci dovremmo porre per capire.
Questo per un difetto congenito nel rapporto tecnologia/scuola e per una mancanza di chiarezza da parte delle Istituzioni. Sembra che nella vita dei nostri allievi sarà più importante saper usare che capire un po’ di più le tecnologie che già usano e che useranno sempre più. E che li stanno cambiando.

Competenza digitale. Una delle competenze chiave per l’apprendimento permanente

La competenza digitale implica l’uso sicuro, critico e responsabile delle tecnologie digitali e il loro impiego nell’apprendimento, nel lavoro e nella partecipazione alla società̀. Comprende l’alfabetizzazione all’informazione e ai dati, la comunicazione e la collaborazione, l’alfabetizzazione ai media, la creazione di contenuti digitali (compresa la programmazione), la sicurezza (compreso il benessere digitale e le competenze relative alla sicurezza informatica), le questioni relative alla proprietà̀ intellettuale, la risoluzione di problemi e il pensiero critico.” [1]
 
“L’intelligenza artificiale generativa può rappresentare un’enorme opportunità per lo sviluppo umano, ma può anche causare danni e pregiudizi – afferma Audrey Azoulay dell’Unesco – Non può essere integrata nell’istruzione senza l’impegno pubblico e le necessarie garanzie e normative da parte dei governi”. “I programmi di intelligenza artificiale generativa sono esplosi con ChatGpt che ha dimostrato la capacità di generare saggi, poesie e conversazioni con input e suggerimenti anche brevi. Molti però si sono posti fin da subito dubbi molto radicali”.
In una nuova guida per i governi l’organismo educativo delle Nazioni Unite avverte che “le autorità pubbliche non sono pronte ad affrontare le questioni etiche legate all’introduzione di programmi di IA nelle aule”. ANSA
Diciamo che sia l’IA che la sua utilità ed i suoi rapporti, specie con l’apprendimento e la formazione, sono complessi.

E i docenti?

Aggiunge l’esperta: “Anche se il 90% delle scuole ha attivato percorsi di formazione ai docenti per l’utilizzo degli strumenti digitali, nella gran parte delle scuole almeno la metà dei docenti non si sente a proprio agio nell’utilizzo delle nuove tecnologie. È un segnale di come oggi la formazione del personale scolastico sia poco efficace.”

 I A e I. Umana

Abbiamo già ricordato che esistono più di 50 definizioni di intelligenza umana e sviluppi diversi di Intelligenze Artificiali.
“Sebbene gli agenti di IA siano in grado di ragionare su problemi molto complessi, non pensano nel modo in cui lo fa l’uomo[2]. L’intelligenza artificiale può avere impatti sia positivi che negativi sulla società. Le tecnologie di IA stanno cambiando il modo in cui noi lavoriamo, viaggiamo, comunichiamo e ci prendiamo cura gli uni degli altri. Tuttavia, dobbiamo essere consapevoli dei danni che possono potenzialmente verificarsi. Per esempio, i pregiudizi nei dati utilizzati per addestrare un sistema di IA potrebbero portare alcune persone ad essere trattate in modo peggiore rispetto ad altre. Perciò, è importante discutere degli impatti che l’IA sta generando nella nostra società e sviluppare criteri per il design etico e per la diffusione dei sistemi basati sull’IA.” AI4K12.org[3]

Per fare cosa

Un difetto della scuola italiana, voluto dai ministri che l’hanno “governata”, è quello di attribuire proprietà taumaturgiche alle tecnologie, per non analizzare ed affrontare i problemi che la scuola evidenzia (dalla disoccupazione – Buona scuola – alla IA). Dalla dispersione scolastica alle prove Invalsi: sono sempre di più, gli strumenti di AI al servizio di docenti e studenti. Ma c’è bisogno di più cultura sul tema, dice Chiara Panciroli. Prima di usarli, prima addirittura di ipotizzare per cosa usarli, bisogna anzitutto conoscere questi strumenti. Capire come funzionano, quali sono le loro potenzialità e (soprattutto) quali sono i loro limiti. Ma anche evitare di considerarli una scatola nera che processa chissà come un input e restituisce un certo output.

Quali tipi di relazioni

  • La relazione che si instaura con forme di IA è non solo di tipo razionale è anche emotiva.
  • L’intelligenza non è di un tipo solo (Gardner) e non è solo di tipo logico deduttivo (Penge).
  • È fortemente intrecciata con l’ambiente, la sfera emotiva, le relazioni (Penge, Goleman)
  • L’insieme di relazioni e di ambienti in cui viviamo è più complessa di come viene presentata. Non è solo un algoritmo, è un cambiamento nella nostra vita che dovremmo capire meglio.
  • Occorre riflettere sul rapporto Intelligenza – apprendimento, perché sinora gli strumenti di IA cercano di imitare l’intelligenza umana soprattutto dal punto di vista logico-deduttivo e non sono (ancora?) in grado di riprodurre la complessità delle dinamiche di apprendimento o rischiano di renderlo algoritmico, impoverendolo. Possono leggere Gardner e Goleman ma non sono in grado di funzionare con gli allievi in modo conseguente.
    Come alcuni di noi.
  • Allora più spesso vengono proposte per colmare lacune cognitive, anche attraverso materiali didattici, oppure per valutare, ma dubito che capirebbero la complessità del dibattito sulla valutazione formativa e sulle conseguenze della scelta tra i due tipi di valutazione. Con buona pace del Ministro Valditara.
  • Quasi tutti gli esperti pongono attenzione a problemi come la privacy, la sicurezza e soprattutto il controllo. Chi è in grado a scuola di controllare e correggere eventuali errori di un programma di IA quando gli oligopoli che la producono si stanno preoccupando loro di come faranno a controllarla quando sarà più intelligente di noi?
    Problemi di scelte ed “etici”? Problemi di formazione, cultura e cittadinanza.

Quali relazioni. Un esempio. Perché siamo gentili con ChatGPT?[4]

Quali sono le conseguenze della costante interazione con le intelligenze artificiali sul nostro modo di comunicare? Si inizia a fare luce sulla cortesia verso le chatbot e non solo.

“Ciao ChatGPT, per favore potresti fare una cosa per me?”. “Ogni volta che mi interfaccio con il Large language model di OpenAI per sbrigare qualche faccenda di lavoro… mi viene istintivamente, senza pensarci, da essere gentile con lui (nella mia mente, ChatGPT è di genere maschile)”. Wired, Signorelli.
Secondo un sondaggio informale su X circa il 70% delle persone trova almeno “abbastanza difficile” essere maleducati con ChatGPT, mentre solo il 16% lo trova “abbastanza facile” (il restante 14% non lo utilizza). Ibidem.

 Spiegazione ironico-emotiva
“Visto che un giorno diventeranno coscienti e si trasformeranno nei nostri padroni, spero che le intelligenze artificiali si ricorderanno di chi è stato gentile con loro.

Spiegazione tecnica
Ci sono parecchi studi che confermano come trattare bene ChatGPT e i suoi simili – dirgli di “fare pure con calma” o addirittura di “pensare bene” prima di dare una risposta – permetta di ottenere risultati migliori (la spiegazione di questo strano fenomeno, che potete trovare qui, è purtroppo esclusivamente tecnica).

Il giornalista tecnologico David Futrelle sul suo blog, riportando anche il parere della ricercatrice Jenna Burrell, sottolinea che “è molto più salutare pensare a essi come a degli strumenti che come a persone”. Notiamo anche che spesso tendiamo ad “umanizzare” tecnologie quando sono diverse da noi (chi dà un nome all’auto o al robottino che spazza e parla loro), ma forse lo saremo meno quando saranno umanoidi. Timore della competizione? Wired.
“Come già sta avvenendo in parecchi altri campi, l’impressione è insomma che non siamo noi che stiamo insegnando alle intelligenze artificiali a parlare o scrivere come esseri umani. Sono loro che stanno addestrando noi a comunicare come delle macchine.” Signorelli, Wired.

Conclusione

Non siamo andati fuori tema. Vogliamo dire che la relazione che instauriamo con le tecnologie che ci servono ci modificano anche, sono molto varie e riguardano la sfera razionale e cognitiva, ma anche quella dei rapporti, delle emozioni, del linguaggio e delle scelte come cittadini.
Questo dovrebbe indagare la ricerca ed a questo dovrebbe formare la scuola. Prima di tutto.

[1] (Council Recommendation on Key Competences for Life-long Learning – Raccomandazione del Consiglio sulle competenze chiave per l’apprendimento permanente, 22 maggio 2018)
[2] Cosa sulla quale gli esperti non hanno le idee chiare e posizioni coerenti
[3] https://ai4k12.org/
[4] https://www.wired.it/article/chatgpt-chatbot-buone-maniere/