Archivi categoria: PEDAGOGIA

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Celebrare non basta: don Milani e una storia da scrivere

di Dario Missaglia

Il centenario dedicato a don Lorenzo Milani si è ufficialmente concluso.
Se abbia prevalso la dimensione celebrativa o quella dell’approfondimento e della riflessione , è compito cui potrà dedicarsi la ricerca critica con tutto il tempo necessario. Proteo per parte sua, sovente insieme alla Cgil e alla Flcgil, ha promosso incontri e dibattiti di grande interesse e prodotto materiali sui quali è aperto il dibattito[1]  e la diffusione anche in ambito universitario[2] .

Un evento tuttavia, ci richiama alla sostanza storica e politica della vicenda umana di don Milani, al quale, come è noto, fu riservato dalla Chiesa un trattamento assai lontano da quanto la nostra Costituzione garantisce a tutti i cittadini. Un dramma i cui contorni non sono ancora del tutto chiari .

Questo interrogativo è posto, con passione e partecipazione da  Paolo Landi, ex “alunno” della scuola di Barbiana, autore di saggi e riflessioni sulla esperienza vissuta a Barbiana,[3]
In occasione del Convegno Pastorale su don Milani organizzato dalla Curia fiorentina e dal Comitato per il Centenario ( Convegno Pastorale su don Milani a Firenze nei giorni 24-25 novembre 2023) , Paolo Landi torna  a denunciare una grave omissione nella ricostruzione della relazione drammatica tra don Milani e la Curia fiorentina.

Rivolge perciò un appello a tutti i responsabili presenti al convegno (tra i quali il cardinale Betori di Firenze e  Rosy Bindi, presidente del Comitato nazionale per il Centenario). Da nessuno di loro, ad oggi, è giunta una risposta, una precisazione. Continua a leggere

La mia generazione – professionale – ha perso…

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di Marco Guastavigna

La mia generazione – professionale – ha perso…
… ma si ostina a non volerlo capire.

Cosa voglio dire?

Mi riferisco, ad esempio, all’idea della conoscenza e dell’istruzione come cooperazione. Per la mia generazione era un valore, ancora prima che un principio, e aveva una vocazione trasformativa, della realtà e dei rapporti in cui si operava, prima ancora che dell’agire didattico.
Apprendimento su base mutualistica, zona di sviluppo prossimale, lavori di gruppo erano tentativi militanti di costruzione di “un mondo” diverso, alternativo, perfino conflittuale.
Poi ci si è illusi che concepire la cooperazione come metodo, asettico e quindi generalizzabile “a prescindere” dal posizionamento rispetto al modello socio-economico, fosse una scelta evolutiva, progressiva, inclusiva, estensiva della democraticità dell’insegnamento e dell’apprendimento.

E, in un attimo, siamo scivolati in approcci la cui matrice si colloca all’opposto delle intenzioni iniziali, perché si pone come obiettivo trasversale il potenziamento dell’efficienza individuale e – al più – del team di appartenenza: gamificazione (ottimo allenamento per il lavoro taskificato in singole prestazioni e controllato dagli algoritmi), debate (discussione competiva), pitch elevator (verso l’autoimprenditorialità), escape room (non per caso apprezzata anche dai marines).

Questa accettazione poco consapevole (anzi, assai spesso negata!), di un lessico, di un campo concettuale e di una visione del mondo opposti a quelli della nostra gioventù, condita di ciò che Harari chiama la visione ingenua dell’informazione, ha avuto esiti che – a volerli cogliere – sono davvero devastanti.
Da una parte continue ricadute nella nostalgia professionale, con patetiche, rituali, celebrazioni dei fasti di un pensiero passato e autodemolitosi che ci si vuole illudere possa essere invece ancora egemone.
Dall’altra uno scontro violento e fratricida con i retro-attivisti, ovvero coloro che si illudono di portare la bandiera dell’equità e della scuola della Costituzione con l’asta giusta, senza accorgersi che il loro vessillo, invece, sventola con quello del conservatorismo e del rifiuto di ogni messa in discussione dell’assetto della scuola, accusata anzi di aver perso le sue caratteristiche imprescindibili: serietà, severità e selezione.

Occhio ai bruchi da farfalla

di Monica Barisone

L’estate è spesso mite consigliera di buoni propositi, in termini di cura della salute, di riduzione dei ritmi stressanti, di maggiore manifestazione di affetti e opinioni, o migliore gestione di emozioni e atteggiamenti. Si potrebbero definire sogni della durata di lucciole e farfalle. Eppure, potrebbe valer la pena, per una volta, mantenere vivi i ricordi estivi per affrontare questo autunno particolarmente buio.

Se si provasse, cioè, a riprendere il cammino lavorativo ricordando i successi ottenuti nei mesi precedenti, forse riusciremmo a guardare bambini e ragazzi come bruchi da farfalla e i problemi di ogni giorno come forieri di nuove soluzioni.

Se ci provo e torno indietro col pensiero, ricordo di aver concluso il periodo lavorativo con la soddisfazione delle promozioni di alcuni ragazzi disincagliati con enorme fatica, ricordo la brezza giugnola protrattasi quasi per magia fino a luglio, le piccole ma grandi conquiste dei pazienti sopravvissuti nonostante la calura, la speranza di dedicare un po’ di tempo alla scrittura, ricordo la scoperta di un germoglio di sequoia americana, ormai inaspettato, dopo mesi e mesi dalla semina.

Il tempo regala sorprese e sorrisi da non dimenticare. Certo ci vuol pazienza, aveva sottolineato il giardiniere, quando gli avevo chiesto quale terra usare per quei preziosi semi, ricevuti in dono e arrivati a me da così lontano. Pazienza, tenacia, speranza e a volte anche una leggera allerta, per scoprire i germogli in momenti e spazi insospettabili, sotto piccoli cespugli di trifogli quasi in fiore! Ci vuole tempo come la gravidanza per una nascita o il grano sotto la neve (A. Marcoli). L’esercizio della pazienza è da riscoprire, è una delle cose che vale veramente la pena di imparare. Continua a leggere

L’Intelligenza artificiale secondo Valditara

Composizione geometrica di Gabriella Romano

di Mario Maviglia
(già docente a contratto di Metodi e Strumenti per la Sperimentazione Educativa, Università Cattolica di Brescia)

Il Ministro dell’Istruzione e del Merito Valditara ha annunciato nei giorni scorsi l’avvio di una sperimentazione della durata di due anni che coinvolgerà quindici classi di quattro regioni italiane (Lombardia, Toscana, Lazio e Calabria) e che avrà come focus l’affiancamento di un assistente virtuale (IA) alle attività di insegnamento.
La sperimentazione prevedere l’utilizzo di un software installato su Google Workspace, inizialmente operante sulle cosiddette materie STEM (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica) e sulle lingue straniere. Per quel che è dato sapere, sembra che le classi coinvolte siano state selezionate dagli Uffici Scolastici Regionali di competenza e si è in attesa del parere dei dirigenti scolastici e dei docenti.

Il progetto mira a personalizzare la didattica e a migliorare il livello di istruzione di ogni studente. L’assistente virtuale, con la supervisione dei docenti, rivestirà un’importanza significativa nel differenziare i percorsi di apprendimento di ogni allievo, proponendo le esperienze più adatte e adeguate ai ritmi di apprendimento e alle caratteristiche di ognuno. Continua a leggere

Il Censis indaga sui compiti a casa

Composizione geometrica di Gabriella Romano

di Maurizio Parodi

Molto opportunamente, il CENSIS ha inviato ai dirigenti scolastici un questionario che ha lo scopo di acquisire elementi di valutazione sugli effetti dei “compiti a casa”.
L’indagine muove da una drammatica constatazione:

Le prove invalsi 2004 ribadiscono il quadro di una scuola delle disuguaglianze (territoriali, per genere, ecc.)”, evidenziando come i compiti a casa possano esserne una concausa: “i compiti a casa possono essere particolarmente gravosi per gli studenti svantaggiati. Potrebbero non avere un posto tranquillo dove studiare a casa o tanto tempo per fare i compiti a causa delle responsabilità familiari e lavorative; i loro genitori potrebbero non essere in grado di guidare, motivare e sostenere i propri figli mentre fanno i compiti a causa di obblighi lavorativi, mancanza di risorse e altri fattori, I compiti a casa potrebbero quindi avere la conseguenza involontaria di ampliare il divario prestazionale tra studenti provenienti da contesti socioeconomici diversi.
Dalle indagini internazionali inoltre emerge che a un numero più elevato di ore dedicate allo studio a casa non è associato un rendimento migliore: non si fa riferimento in questo ai “troppi” compiti a casa, ma al fatto che gli studenti in difficoltà e che, magari, non sono aiutati dai genitori, impiegano un numero di ore eccessivo per fare i compiti loro assegnati. Fattore che può causare stress e frustrazione.

Già la premessa risulta oltremodo significativa per più ragioni.

Primo spunto

Si ipotizza che i compiti a casa siano particolarmente gravosi per gli “studenti svantaggiati” e che possano “ampliare il divario prestazionale tra studenti provenienti da contesti socioeconomici diversi”. Continua a leggere

Contenti così, perché sbagliando si impara

di Monica Barisone

STARE NELLA RELAZIONE PER IMPARARE E PER INSEGNARE

Qualcosa ci turba, ogni mattina, al risveglio.
Si tratta forse di unansietta[1] infingarda, di una piccola peste iperattiva che si diverte a prefigurare solo scenari negativi che affollano tutti insieme la nostra mente e affannano il nostro cuore?
Da dove sia arrivata e come si sia accumulata in noi è, più o meno, chiaro a tutti: scenari apocalittici da un lato e ricerca della perfezione prestazionale, assoluta, dall’altro; fattori, entrambi, estremamente ansiogeni.

Possiamo partire dal fatto che da diversi anni, ormai, si susseguano eventi rilevanti dal punto di vista delle ricadute negative sulla nostra immagine reale e virtuale di finanza, occupazione, salute, clima, vita civile, vita sociale e scolastica; e che da questa rappresentazione della vita derivi quasi linearmente una percezione di precarietà costante e catastrofe imminente. Vissuti di tal fatta, protratti a lungo nel tempo, non possono che attivare reazioni e meccanismi difensivi di egual portata.

Ricordo d’aver seguito un corso di aggiornamento[2] in cui si indicavano, tra gli effetti collaterali delle pandemie e delle catastrofi di origine naturale o umana, gli atteggiamenti e i comportamenti complottisti. Recenti ricerche (Bowes et all., 2023) evidenziano infatti, come, l’adesione alle teorie complottiste, sembri motivata soprattutto dalla necessità di esercitare controllo e dare significato agli eventi confusi o poco compresi. Queste teorie fornirebbero, in altre parole, una spiegazione alternativa capace di offrire sicurezza e senso di controllo rispetto all’ambiente. Continua a leggere

Pensieri intorno ad uno smartphone cacciato di scuola

di Giovanni Fioravanti

Come volavo con la mente fuori dall’aula, oltre la finestra! Là, fuori, c’era la vita, quella vita che lì, dentro alla scuola, restava sospesa tra le mura della classe. Una vita che brulica, che vive. A scuola si va per imparare la vita, ma la vita resta sempre fuori, la vita che si impara a scuola non è quella viva, ma quella già morta da molto tempo.

A scuola bisogna astrarre la mente dalla vita, concentrarsi sulla sua rappresentazione senza alcuna distrazione, se no non si impara. Eppure è strano perché prima di mettere piede a scuola quello che ci siamo imparati ce l’ha insegnato lei direttamente, la vita, semmai senza tanti riguardi, ma da lei abbiamo appreso quello che siamo.
Si sa, alla scuola quello che siamo non gli va bene, la scuola deve formare, raddrizzare le storture, educare, condurci fuori da noi stessi assimilando il verbo docente, il verbo passivo delle parole ascoltate o lette per essere imparate, mandate a memoria, ritornate alle orecchie dell’insegnante così come sono state confezionate per la nostra mente, per la nostra età, che non siano indigeste e storte, che non vadano di traverso, ma ritte e perfette.

Perché la scuola è per carattere riservata, non ha mai amato confondersi con il succedersi degli avvenimenti di fuori, perché il sapere a scuola ha una sua aristocrazia, tramandata di generazione in generazione e più è tramandata più il sapere è nobilitato. Non esistono i quarti di sapere, qui la nobiltà è del casato a cui il sapere appartiene, ognuno con le sue arme, sono discipline, sono materie d’antiche discendenze, già dai Trivi e dai Quadrivi. Continua a leggere