di Mario Maviglia Nel recente Manifesto per la nuova Scuola (sottoscritto da noti intellettuali quali, tra gli altri, Chiara Frugoni, Carlo Ginzburg, Vito Mancuso, Dacia Maraini, Massimo Recalcati, Salvatore Settis, Gustavo Zagrebelsky), tra gli otto punti elencati per rilanciare il ruolo della scuola compare anche la centralità dell’ora di lezione a cui viene dedicata una particolare enfasi. Vi si legge infatti: “Dopo vent’anni di devastanti riforme, occorrerebbero interventi precisi e profondi, per rilanciare la funzione della scuola, e cioè, prima di tutto, restituire centralità all’ora di lezione disciplinare, un’ora squalificata e messa ai margini da una serie di attività che ne snaturano la funzione e la rendono un’attività residuale”. Sarebbe facile fare dell’ironia sottolineando che i promotori del Manifesto hanno dimenticato di aggiungere che per restituire centralità all’ora di lezione “disciplinare” è indispensabile disporre di una cattedra posta sopra una pedana, come avveniva qualche decennio fa, perché in questa modo viene esaltata ancor più la sacralità della lezione, ancorché in un contesto laico. Ci si potrebbe spingere oltre dicendo che in quest’idea sacrale di lezione si intravede lo Spirito che diventa atto, ossia un agire dello Spirito, per usare termini cari a Gentile. Continua a leggere
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Dare di più a chi ha di meno
di Raimondo Giunta I lunghi mesi della pandemia hanno accentuato le disuguaglianze nella società e di conseguenza anche nella scuola, dove già erano forti per la diversità di non pochi fattori contestuali, per le diverse condizioni di ogni singola scuola, non derivanti soltanto da carenze materiali e strumentali, per la diversità delle condizioni familiari di ogni singolo alunno. L’impegno straordinario delle scuole, non adeguatamente apprezzato come sarebbe stato giusto, ha impedito che ci si trovasse oggi di fronte ad un vero disastro educativo; ci si trova, comunque, davanti a seri problemi, perché solo in parte si sono potuti arginare i danni provocati dalla chiusura delle scuole. Con le antiche fratture e con quelle nuove, però, col miglioramento della situazione epidemiologica bisogna fare i conti; tra quest’ultime e che bisogna curare si colloca la lacerazione dei rapporti sociali tra gli stessi studenti, tra gli studenti e la scuola, messi in crisi dai necessari provvedimenti per tutelare la loro salute e quella del personale della scuola. In quest’opera necessaria di ricomposizione di ogni singola comunità scolastica non si può dimenticare che diverso è stato il peso che ha dovuto sostenere ogni alunno o per mancanza di strumenti e di spazio o per la presenza in famiglia di morti e di malati o per familiari allontanati dal lavoro o impediti nelle proprie attività. Continua a leggere
Comunità educante o Sistema nazionale di istruzione?
di Giovanni Fioravanti La consideravo archiviata, appartenere ad altri tempi, una sorta di attrezzo arrugginito del secolo scorso, riposto in soffitta tra la polvere delle cose da abbandonare all’usura del tempo. Poi l’espressione in questi lunghi mesi stravolti dalla pandemia ha iniziato a salire di tono, a ridondare nel lessico ministeriale e in quello scolastico: la “comunità educante”. Incuriosito sono tornato a leggere la lettera che il 27 marzo 2020 la ministra Azzolina ha indirizzato alla comunità scolastica nella quale l’espressione “comunità educante” ricorre ben due volte. Non c‘è documento ministeriale dall’inizio della pandemia in cui compaiano espressioni come società della conoscenza, apprendimento permanente, come se le nostre istituzioni scolastiche fossero calate in un altro mondo, quello ancora del secolo scorso insieme alla loro scarsa familiarità con le nuove tecnologie. Continua a leggere
Istruzioneducazione
di Simonetta Fasoli No, non è un refuso quello che si legge nel mio titolo. È un modo per richiamare il nesso inscindibile che caratterizza, o dovrebbe caratterizzare, il nostro sistema scolastico. Dove comincia l’una e dove finisce l’altra? A mio avviso, si tratta di una questione mal posta e insomma indecidibile. Un fatto è certo: se si perde di vista questo tratto, si va incontro a derive che hanno radici antiche e che purtroppo sembrano allungare le proprie ombre sul presente e sulle sue prospettive. Detto altrimenti: una visione unilaterale della scuola ridotta alla sua funzione di istruzione o, alternativamente, circoscritta al suo compito educativo produce effetti perversi. La storia ce lo insegna, fino alla più stretta attualità. Nel primo caso, ecco fiorire prese di posizione, documenti che solennemente sollecitano al ritorno alla scuola delle “conoscenze”, all’ora di “lezione” come stella polare di un sistema smarrito. Come non avvertire in questi richiami il sentore allettante quanto insidioso della nostalgia? Bisogna dire con disarmante linearità che il futuro ha radici antiche, certo!, ma non sta mai dietro alle spalle. E ricordare, semmai ce ne fosse bisogno, che quella scuola reca l’impronta elitaria (userei il termine “classista”, con buona pace di chi lo ritiene obsoleto) di un sistema pensato per la riproduzione sociale, non per l’emancipazione. Continua a leggere
Il calcolo vivente
di Giancarlo Cavinato Si parla oggi di somministrare ‘compiti di realtà’ (=simulazioni) per costruire competenze. Tutto bene se non si tratta di artifici non emersi da reali interessi della classe. Freinet, per superare un apprendimento meccanico – quello che Guido Petter definiva ‘l’aritmetica del droghiere’ il ‘far di conto’, il meccanismo delle operazioni), proponeva la tecnica del calcolo vivente. Esperienze reali, che mettono in gioco le strutture logiche del pensiero. ‘La fecondità del calcolo vivente non sta solo nella sua vitalità, nel fatto che il fanciullo non sente il problema come materia estranea ma come qualcosa che gli nasce dentro, ma dal fatto che dal problema immediato nasce spesso (nasce specialmente quando gli stimoli del maestro lo mettano in evidenza) un problema più generale, più formale.’[1] https://youtu.be/DtoBHXVHCkY Continua a leggere
Le tante ragioni della dispersione scolastica
di Raimondo Giunta Nei giorni che precedevano l’inizio delle lezioni, finché sono stato in servizio, impegnavo il collegio dei docenti e i gruppi di coordinamento a discutere sui risultati dell’anno precedente e in modo particolare su quelli che fanno parlare di dispersione scolastica. Il proposito era quello di vedere come e se era possibile contenerla. Trasmettevo ai miei docenti la preoccupazione e l’amarezza di vedere tanti giovani perdersi e perdere le occasioni per istruirsi, per andare avanti, per impossessarsi degli strumenti che sono indispensabili per diventare cittadini e lavoratori all’altezza dei tempi. La definizione degli insuccessi scolastici come dispersione non mi è mai piaciuta e non mi piace ancora. Sembra quasi che si tratti di un fenomeno naturale, che si verifichi a prescindere dalle decisioni degli uomini, dalle scelte fatte dagli uomini. Una volta con più precisione si parlava di selezione, ma il termine era ed è sovraccarico di molteplici significati contrastanti e pro bono pacis non lo si usa più, tranne negli articoli di quegli intellettuali che nei quotidiani la reclamano ad alta voce per dare prestigio alla scuola e al sapere e anche per darsi un alto contegno… Che la dispersione scolastica (ci atteniamo alla vulgata ministerial-pedagogica..) continui a verificarsi nonostante le lotte che le sono state dichiarate è un fatto grave sul quale è giusto soffermarsi a ragionare. Senza dimenticare che nel fenomeno della dispersione oltre agli abbandoni bisogna includere ripetenze e scarso livello di conoscenze e competenze. Continua a leggere
Ma il piano estate c'entra poco con il sistema formativo allargato
di Enrico Bottero Il Piano scuola per l’estate 2021 è un documento interessante perché prende finalmente atto che, dopo più di un anno di confinamento i nostri ragazzi non hanno solo (e tanto) bisogno di un tradizionale recupero didattico (soprattutto se realizzato con i soliti metodi trasmissivi) ma di luoghi di relazione di esperienze di vita sociale. Il Piano, seguendo la normativa precedente propone “patti di comunità” tra scuola, Enti Locali, enti pubblici e privati (e assegna fondi cospicui). Assisteremo alla riedizione del sistema formativo integrato (o allargato, secondo la dizione di De Bartolomeis in “Fare scuola fuori della scuola, Aracne, 2018, …) quello che abbiamo vissuto tra gli anni 70 e 80? C’è da dubitarne. Tra allora e oggi abbiamo assistito a un’importante modifica strutturale del nostro sistema. Con il principio di sussidiarietà (formulato per la prima volta da Papa Leone XIII nel 1891 contro lo Stato laico e liberale) è stata attribuita di fatto funzione pubblica ad enti privati. Nello stesso tempo con le leggi degli anni 90 negli Enti Locali è stata introdotta una logica aziendale di tipo privatistico. Come già notava allora De Bartolomeis “l’allargamento conquista scarso spazio senza il contributo decisivo dell’Ente Locale”. Oggi purtroppo, in nome dell’efficienza (sic!), la logica privatistica ha invaso lo spazio sociale, anche le Istituzioni. In queste condizioni, come osserva Christian Raimo in un recente articolo pubblicato su Internazionale, è logico porsi la domanda: accordi tra scuola e terzo settore (un terzo settore falcidiato dalla crisi e affamato di contratti) saranno in grado di costruire progetti pedagogicamente fondati e motivati da un reale interesse collettivo? Chi farà la regia di tutto questo ora che Stato ed Enti Locali hanno ormai quasi del tutto dismesso i loro servizi diretti (quasi spariti gli insegnanti comunali di allora, servizi educativi assegnati a cooperative e privati, ecc.) in nome della sussidiarietà? Bastano la buona volontà e i soldi se non ci sono le condizioni strutturali? Spero di sì, naturalmente, ma un’analisi spassionata non permettere di essere molto ottimisti.]]>
Sorridere, voce del verbo insegnare
di Mario Maviglia e Laura Bertocchi Sorridere per vivere meglio (M.Maviglia) Nel 1972 Patch Adams, un anomalo e anticonformista medico statunitense, fonda in Virgina il Gesundheit! Institute (Salute, in tedesco). La ricetta di Adams è apparentemente semplice: la salute si fonda sulla felicità ed è possibile intraprendere un percorso di cura e terapia se vi è un approccio con l’altro basato sull’umorismo, la vicinanza emotiva. All’ingresso dell’ospedale da lui fondato ha fatto mettere una frase famosa: “Per noi guarire non è solo prescrivere medicine e terapie ma lavorare insieme condividendo tutto in uno spirito di gioia e cooperazione. La salute si basa sulla felicità – dall’abbracciarsi e fare il pagliaccio al trovare la gioia nella famiglia e negli amici, la soddisfazione nel lavoro e l’estasi nella natura delle arti”.[1] L’intuizione di Patch Adams non è la trovata di un medico bizzarro o alternativo; in realtà vi sono prove scientifiche che evidenziano il valore terapeutico del riso. È noto infatti che il riso fa aumentare la secrezione di sostanze come l’adrenalina e la noradrenalina e le endorfine che provocano diminuzione del dolore e della tensione. Ma vi sono altri effetti collegati al riso: “Muscolatura: quando si ride parte la muscolatura … si rilassa e innesca una ginnastica addominale che migliora le funzioni del fegato e dell’intestino (ridere equivale a un buon jogging fatto rimanendo fermi). Solo col riso muoviamo alcuni muscoli del corpo e soprattutto del viso. Quando il cervello invia il messaggio “ridi”, ben quindici muscoli del viso vengono attivati dal segnale … La risata si riflette dall’espressione facciale ai muscoli del torace e dell’addome (le spalle e il torace si sollevano aritmicamente) sino agli sfinteri. Non a caso dopo una risata a crepapelle si sentono i muscoli della pancia doloranti, come pure le costole. Continua a leggere
Giancarlo Cerini: decine di testimonianze, la nostra raccolta
La morte di Giancarlo Cerini ha lasciato attoniti non solo chi lo aveva conosciuto personalmente o chi aveva collaborato direttamente con lui, ma l’intero mondo della scuola. Non si contano i post e i commenti che in queste ore sono stati pubblicati nei social. In questo documento, curato da Daniele Scarampi, abbiamo raccolto le testimonianze che siamo riusciti a raccogliere in rete. Chiunque voglia aggiungere la propria può inviarla a info@gessetticolorati.it Segnaliamo anche tre testimonianze di Marco Campione, Paolo Fasce e Mauro Piras pubblicate nel sito del Gruppo Condorcet Riportiamo qui il ricordo dei suoi colleghi ispettori dell’Emilia Romagna Claudio Bergianti, Gabriele Boselli, Anna Bravi, Chiara Brescianini, Paolo Davoli, Raffaele Iosa, Agostina Melucci, Maurizia Migliori, Anna Morrone, Francesco Orlando. Un grande uomo di scuola: Giancarlo Cerini Avvertiamo il bisogno, in questo giorno della nostra esistenza che induce a riflettere sulla grandezza e la fragilità della condizione umana, di ricordare pensando al magistero di Giancarlo Cerini il senso della funzione ispettiva. Il modo in cui il nostro collega ha sentito e interpretato tale funzione rimanda al significato più profondo del termine, ossia un guardare che sa vedere, un essere-per-altro e per-gli-altri. Ciò ha costituito un in-segnamento, un insegnamento vissuto nella piena consapevolezza e testimonianza dell’essenza dell’educare e dell’educare a scuola, come luogo di sviluppo delle potenzialità di ogni soggetto -soprattutto di chi fa più fatica- e di emancipazione sociale per un’autentica scuola “di tutti e di ciascuno”. Con Giancarlo la funzione ispettiva viene ulteriormente ad assumere i nobili tratti dell’impegno pedagogico, civile e politico. Possiamo ben testimoniarlo, noi che per anni abbiamo avuto la fortuna di averlo come collega e in seguito Coordinatore del corpo ispettivo dell’Emilia-Romagna. Vorremmo che persone siffatte potessero continuare per sempre nella loro missione. Non sarà interrotta la lettura dei Suoi lavori. Permarrà certo il ricordo delle parole appassionate, dei significativi interventi, delle numerose iniziative, della saggezza e della passione di questo grande uomo di scuola. Ognuno di noi ha un tempo assegnato; conta come riusciamo a viverlo e come sentiamo la nostra appartenenza alla comunità umana. La morte fisica ci ricorda che non duriamo sempre, ma pure che i nostri pensieri e il nostro agire non terminano con la scomparsa dal visibile. Morire non significa fuoriuscire dall’essere. Coloro che -come Giancarlo o Annamaria Benini- hanno avuto qualcosa da dire ne partecipano prima e dopo la loro vita materiale. Ricorderemo la Sua lezione nel ripensare la funzione del corpo ispettivo cui Giancarlo ha contribuito con numerosi scritti e con la testimonianza di professione e di vita.]]>
Patti territoriali per la formazione: dalle parole ai fatti
di Raffaele Iosa e Massimo Nutini Un commento pedagogico e alcune indicazioni operative sull’ampliamento dell’offerta formativa possibile, per la prossima estate, con i 150 milioni di euro previsti dal “Decreto legge Sostegni” Dunque, dal Decreto Sostegni del governo Draghi arrivano 150 milioni direttamente alle scuole come primo segno di carattere squisitamente sociale ed educativo per i nostri bambini e ragazzi che da febbraio 2020 ad oggi hanno patito gli effetti sconvolgenti della pandemia da Covid nell’esperienza scolastica, nella vita sociale, nella dimensione esistenziale di crescita. Tali risorse si aggiungono ad una cifra di circa 175 milioni destinabile alla stessa finalità nell’ambito del Programma operativo nazionale PON “Per la Scuola” 2014-2020.