Archivi categoria: PEDAGOGIA

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Caro Ministro, l’orientamento educativo è altra cosa

di Simonetta Fasoli

Quasi sul finire dell’anno, il ministero dell’Istruzione e del Merito ha emanato un provvedimento che adotta Linee guida concernenti l’orientamento, il D.M. 328 del 22/12/2022.
Si tratta di un testo che si presenta con l’ambizione di assumere un’ottica di sistema, e non solo perché investe i diversi segmenti del sistema di istruzione secondaria di primo e secondo grado, ma anche perché mira ad inserirli in un’unica cornice istituzionale, pur nelle distinzioni dei rispettivi ordinamenti. Il filo conduttore è nell’idea di orientamento che attraversa l’intero percorso delineato, quasi a farne una chiave di volta.
Se questa è, come sembra, l’operazione, è il caso di fare qualche riflessione di approfondimento.
Il testo, in più di un passaggio, parla di “orientamento educativo”: ebbene, partiamo da questa espressione, per sottrarla al rischio di usarla come una formula che da sé basti a dare senso (vorrei dire, “dignità pedagogica”) alle indicazioni date.
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L come Laboratorio

di Giancarlo Cavinato

Cosa caratterizza un laboratorio seguendo la pedagogia Freinet?
Intanto un laboratorio è, per sua definizione, un’attività pratica finalizzata a una produzione e che coinvolge diversi soggetti in un determinato contesto appositamente predisposto e si avvale di materiali, strumenti, tecniche e organizzazione. Il laboratorio è, scriveva Levi[1], una mente collettiva in funzione.

La classe cooperativa fin dai tempi di Freinet è una classe laboratorio. Ma con l’istituzione del tempo pieno, con attività che coinvolgono più classi in  modalità di classi aperte, con la presenza di una pluralità di insegnanti, è l’intera organizzazione scolastica che può essere progettata e realizzata come un insieme di laboratori che affrontano i diversi ambiti dell’esperienza e delle realizzazioni umane: gli aspetti artistici, corporei, materici, scientifici, tecnologici, espressivi e creativi.

Gli alunni possono in tale ‘sistema’ fare esperienza di ciascuno di tali ambiti, capirne la rispondenza a bisogni umani,  ed essere in grado di sviluppare propensioni, affinità e preferenze per qualcuno di tali ambiti così da orientarsi nelle possibili scelte quando dovranno decidere il loro percorso grazie anche alle esperienze che avranno avuto occasione di fare.

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Tra scuola e società il dialogo è necessario, anzi indispensabile

di Raimondo Giunta

La scuola vive dei suoi rapporti con la società; si alimenta delle sue esigenze, si muove sulla spinta dei suoi problemi. Scuola e società reciprocamente si richiamano; si dovrebbero aiutare, ma più spesso negli ultimi tempi confliggono. Va da sé che per cogliere frutti buoni, però, è necessaria la loro stretta, solidale collaborazione, nella distinzione dei compiti e dei ruoli e nel rispetto delle funzioni professionali, culturali ed educative che in autonomia la scuola deve svolgere. Se la scuola non entra in sintonia con i problemi della società e con i temi culturali del proprio tempo, prima o poi perde la propria ragione d’essere.
La riflessione su questo nodo cruciale dell’istruzione deve essere permanente e costituirsi come principio di orientamento nell’azione quotidiana a scuola, per evitare il rischio che si avviti e si impoverisca nella sua solitaria autoreferenzialità. La scuola non può tenere né porte, né finestre chiuse. Operazione assurda e inefficace; ci penserebbero gli alunni e le famiglie eventualmente a portare dentro la scuola il mondo che sta fuori. Il problema è come la scuola debba pensare e vivere le questioni che agitano la società e questo non è di pacifica e concorde soluzione. C’è un modo proprio della scuola per svolgere questo compito e solo rispettandone stile e natura si possono avere risultati utili.
Nella costruzione del rapporto scuola-società ci sono scelte che attengono alle responsabilità generali dello Stato e scelte che sono nelle mani delle singole scuole, dotate degli strumenti che loro può dare l’autonomia.
Tutto, nel piccolo e nel grande, si sviluppa intorno al rapporto tra domanda sociale d’istruzione e capacità del sistema scolastico di soddisfarla. La composizione della domanda sociale di istruzione muta secondo i tempi, la forza sociale dei soggetti che la formulano, la natura dei bisogni collettivi che in un dato momento si pensa che possano e debbano essere soddisfatti.
Che la scuola anche quando lo voglia non riesca a tenere il passo con le esigenze della società è fatto naturale che non dovrebbe sorprendere. Le risposte del sistema di istruzione arriverebbero sempre con un po’ di ritardo… anche se fosse in grado di programmare e di applicare le innovazioni.

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Comunità dis-educante

di Cinzia Mion

Appare sulla stampa locale in questi giorni una notizia che mi ha sconvolto.
Si tratta di una ragazzina di 12 anni bullizzata in una scuola media di Treviso dalle compagne di classe e pure dai compagni, uno in particolare: il suo compagno di banco.
Il tutto per il suo aspetto fisico: troppo grassa secondo i simpatici “bulli” e secondo i canoni delle anoressiche ragazzine alla moda. Le minacce ingiuriose arrivavano perfino a suggerirle il suicidio.
Sappiamo tutti quali siano le dinamiche del bullismo e i diversi attori (tra cui quelli che sanno e tacciono: colpevoli come gli attori dei comportamenti vigliacchi!) e sappiamo pure quali siano le “paturnie “ oggi delle preadolescenti in crescita, in riferimento all’aspetto del corpo che si sta trasformando. Non intendo parlare di questo e nemmeno di ciò che sta circolando nel web rispetto a certe pratiche criminali e sadiche di istigazione al suicidio che dovrebbero essere stroncate da chi controlla (o dovrebbe controllare) ciò che circola appunto in Internet e che è a disposizione, senza filtri opportuni, anche ai soggetti più fragili.

Intendo parlare della “comunità educante”, di cui molti si riempiono la bocca, senza rendersi conto che questa comunità da molto tempo è diventata, come sottolinea Vertecchi, DIS-EDUCANTE.

Si tratta delle cosiddette “derive sociali” che da almeno dieci anni stanno rendendo preoccupanti le relazioni sociali e lentamente ci stanno contaminando tutti senza limiti o argini. Finché qualche comportamento fuori dalle righe interviene, sperando che questa comunità ormai dis-educante si svegli dal torpore e cerchi dei rimedi.
Non so se questo avverrà, lo spero.

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Ancora dalla parte delle bambine

disegno di Matilde Gallo, anni 10

di Cinzia Mion

“Ancora dalla parte delle bambine” è un libro di Loredana Lipperini,  con prefazione di Elena Gianini Belotti.
Il significato del titolo del libro della Lipperini palesa che purtroppo tutto è ancora drammaticamente vero!
La scoperta che la Lipperini mette in luce provocandoci un risveglio brusco  consiste nel prendere atto che, lungi dal coltivare il progetto della propria autorealizzazione, molte bambine/ragazzine/adolescenti attuali hanno come modelli  le famose fatine Winx, le altrettanto famose bambole(si fa per dire ) Bratz e i filmati Sex and the city!

Di conseguenza che cosa sognano di essere le “nuove”bambine?”
“Le loro bambole sono sexy  e rispecchiano o (inducono) i loro sogni: diventare madri, ballerine, estetiste, mogli di calciatori…”recita il quarto di copertina.

Da un’intervista fatta ad un’aspirante miss Italia il libro citato riporta l’affermazione che il  desiderio più vivo  “è quello di sposare un miliardario…”
Che l’obiettivo sia il successo,  il quale servirà a portare ad un ottimo matrimonio, fa capire che niente è cambiato!  Soltanto  il mezzo per riuscirvi appare uno solo: l’avvenenza fisica.
Anche la laurea servirà a costituire “la pedagogia del sapere femminile come ornamento”

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Dalla parte delle bambine, un libro che ha sconvolto il mio modo di pensare e di essere

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di Maurizio Parodi

“Le radici della nostra individualità ci sfuggono; altri le hanno coltivate per noi, a nostra insaputa”

Dalla parte delle bambine è il libro che più di ogni altro ha sconvolto il mio modo di pensare e di essere.
Prima di incontrare, giovanissimo, Elena Gianini Belotti, credevo in una complementarità dei sessi, perciò dei ruoli anche sociali, di matrice cattolica, invero profondamente discriminante, giacché basata su stereotipi psicologici dei quali, a torto, si rivendicava la natura deterministicamente biologica.
Equivoco, ancora oggi alimentato da ideologie e da politiche subdole giacché in apparenza benevole, paternalistiche, ma nel profondo regressive e violente, dissolto dalla scoperta di come le differenze tra maschio e femmina siano per molta parte frutto di condizionamenti culturali che l’individuo subisce ancor prima di nascere e nel corso del suo sviluppo.
Forse una banalità per molti uomini e per molte donne che vivano in “occidente” ai giorni nostri, o forse no, visto che persino nei paesi formalmente più civili l'”uguaglianza” dei diritti, pur enfaticamente proclamata, è di fatto impedita dalla perdurante diseguaglianza delle reali opportunità, come dimostra, ancor prima della presenza femminile (ineguale) ai vertici delle stesse istituzioni politiche, la semplice distribuzione (ineguale) dell’impegno domestico, dai lavori di casa alla cura dei famigliari (laddove si può ben dire che il privato è politico).
Un rivelazione sconvolgente, appunto, per un giovane maschio degli anni settanta che ha segnato non solo la visione del mondo, l’impegno politico, bensì le relazioni tra pari, con le amiche e le compagne, anche di vita, così come i comportamenti quotidiani, le azioni solo apparentemente più prosaiche.
Una consapevolezza, attiva, vissuta anche sul piano professionale, in ambito pedagogico e didattico, sapendo che non si tratta di «formare le bambine a immagine e somiglianza dei maschi, ma di restituire a ogni individuo che nasce la possibilità di svilupparsi nel modo che gli è più congeniale, indipendentemente dal sesso cui appartiene».
Grazie Elena: che la terra ti sia leggera!

Elena Gianini Belotti: la sua vicenda intellettuale, il suo lascito

di Simonetta Fasoli

La recente scomparsa di Elena Gianini Belotti, dopo una lunga e intensa vita, ha comprensibilmente riacceso l’interesse per la sua opera e i frutti che ha disseminato: come dimostrano i tanti commenti che si sono subito avvicendati anche sui social. Emerge, nel ripercorrerne i passaggi, un ritratto ricco di sfaccettature e di “digressioni” che conservano comunque una profonda unità e coerenza di ispirazione. A cominciare dalla sua prolungata esperienza nel Centro Nascita Montessori, che diresse dal 1960 al 1980. Lo possiamo considerare un inizio significativo di cui, in qualche modo, recano tracce le diverse sue opere, che hanno spaziato dalla saggistica, alla narrativa, alla ricerca storica condotta con originalità di approccio.
E’ noto il suo esordio presso il pubblico più vasto, con il saggio Dalla parte delle bambine. L’influenza dei condizionamenti sociali nella formazione del ruolo femminile nei primi anni di vita (1973). Un notevole successo editoriale, che evidentemente intercettava e portava a una sistematizzazione tematiche e problemi di quegli Anni Settanta che sarebbero stati segnati da un fervore intellettuale diffuso, anche nel campo dell’educazione e della riflessione di genere. Come indica con mirabile sintesi il sottotitolo del libro, si trattava di “sbanalizzare l’ovvio” dei modelli (femminili ma anche maschili) cui era ispirata l’educazione tradizionale, mostrandone la matrice culturale e mettendo in discussione ogni concezione “naturalistica”. Questo sullo sfondo di una riflessione sulla funzione decisiva dei primi anni di vita, che aveva certamente illustri precedenti ma che, nel caso di Gianini, si innesta sulla preziosa esperienza del Centro Nascita, a sottrarre alle sue posizioni qualsiasi rischio di ricostruzione puramente accademica. Con ciò si spiega, anche, l’impatto duraturo che il testo ha avuto sulle diverse generazioni di insegnanti, educatori/educatrici, genitori.
Seguono opere che ancora oggi possono stupire per acutezza di analisi e per attualità di prospettive, come (per citarne alcune) Prima le donne i i bambini e Non di sola madre, che è posteriore di dieci anni alla prima e più conosciuta opera. In tutte emerge e viene variamente articolata la sua appassionata e documentata ricerca sui modi e le categorie di interpretazione volti a de-costruire ogni “mistica” sul femminile e la maternità, giustamente individuata come veicolo di un potere patriarcale mai rassegnato alla propria progressiva irrilevanza: un potere di cui, si badi bene, sono vittime anche i maschi, tanto più in quanto lo esercitano secondo un determinismo culturale che non lascia margini a esperienze e a processi di individuazione.

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