Archivi categoria: PEDAGOGIA

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Individualizzazione e personalizzazione, parliamone ancora

di Simonetta Fasoli

Sembra incredibile che il discorso sulla scuola debba ritornare ciclicamente sui medesimi argomenti, in un sortilegio temporale da cui è difficile emanciparsi. Ma tant’è. Succede che un ministro pro-tempore rilanci in grande spolvero il tema della personalizzazione, addirittura facendone il fulcro di provvedimenti che riguardano le politiche professionali e retributive del personale. Così è stato presentato ai sindacati, in sede di informativa, lo schema di decreto sugli aspetti e i criteri attuativi riguardanti le nuove funzioni (“funzioni”, si badi bene, non ancora “figure”…) del docente tutor e del cosiddetto “orientatore”. In questo contesto si inserisce l’affermazione del ministro Valditara, secondo cui “nella legge di Bilancio abbiamo ottenuto lo stanziamento di ulteriori 150 milioni di euro, che sono stati utilizzati per valorizzare il personale della scuola, per favorire una grande riforma che oggi abbiamo lanciato: quella della personalizzazione dell’insegnamento, che prevede l’introduzione del tutor nelle scuole e l’introduzione dell’orientatore, per dare ai nostri ragazzi prospettive di un percorso professionale e formativo che sia realizzante”.
Al solito, si nota una certa enfasi, che caratterizza del resto le comunicazioni dell’Esecutivo su tutta la linea. “Una grande riforma”? Mah…né propriamente riforma (chi ricorda i “Piani di studio personalizzati” dell’era Bertagna?) né tantomeno grande. Sarebbe raccomandabile una certa dose di prudenza in certe affermazioni. Continua a leggere

La scuola dei desideri è andata all’incontrario

di Raimondo Giunta

Della scuola si parla per dire come dovrebbe essere e quello che dovrebbe fare, dimenticando spesso di dire come veramente è e che cosa ragionevolmente si può realizzare, considerate tutte le sue vere condizioni. Forse è la natura stessa della scuola a favorire questo modo di impostare i discorsi, a spingersi costantemente, ingenuamente o maldestramente nel futuro e a sottovalutare il peso della realtà.  La scuola per statuto non può che lanciare lo sguardo oltre l’ostacolo, lavora in funzione di chi deve pensare al proprio avvenire ed è naturalmente proiettato verso il domani. La scuola ha coltivato sempre l’ambizione di potere dire di se stessa che cosa possa e debba essere; purtroppo oggi, più di ieri, la scuola non sarà come vorrebbe essere, ma come la vogliono gli altri, come la vuole la sua amministrazione. Sono evidenti le intenzioni di farne un’istituzione che replichi le scelte e i comportamenti del mondo economico- aziendale, elevato con animo subalterno a modello da imitare; è palese la volontà di piegarla alle esigenze di una società che pratica largamente la competizione, la discriminazione e la selezione sociale, la gerarchizzazione dei rapporti umani e sociali e che irride ogni forma di sapere che non abbia i crismi dell’immediata utilità.

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Semi di fiori per farfalle

STARE NELLA RELAZIONE PER IMPARARE E PER INSEGNARE

di Monica Barisone

Mi è sempre piaciuto lavorare con altre persone e da chi ho incontrato ho imparato tantissimo: fare scelte controcorrente e tuffarsi in avventure coraggiose, non temere i furti di ingegno e non invadere spazi altrui, ma anche accogliere la stima e la fiducia per costruire opportunità. Proprio per la gratitudine che sento per questi e altri apprendimenti, che sono stati vitali nella professione, vorrei provare qui a rilanciare il tema della collaborazione tra colleghi e professionisti e spargere semi per fiori che richiamano farfalle. Esiste davvero questo tipo di semi e il risultato è stupefacente. Li regalai la primavera scorsa ad una delle docenti più accogliente e integrante che abbia mai incontrato, e chissà, una delle prossime volte vi racconterò anche cosa stiamo combinando insieme!

Intanto vi vorrei segnalare come nei contesti scolastici e sanitari stia avvertendo folate di demotivazione, disinvestimento emotivo, ansia gestionale, cinismo, finanche disperazione. Dopo anni silenti, descritti soprattutto attraverso termini come flessibilità, liquidità, mobbing, molestie sul lavoro, precarietà, nei contesti lavorativi oggi ricompare il termine burn out.
I giovani non sanno neppure di cosa si tratti ma noi ce lo ricordiamo bene! Una forma di esaurimento o surriscaldamento, legato ad una condizione di stress lavorativo protratto e intenso, che determina un logorio psicofisico ed emotivo associato anche a demotivazione, trascuratezza degli affetti e delle relazioni sociali, difficoltà di concentrazione, irritabilità, senso di colpa, mancanza di iniziativa, assenteismo. A livello fisico può manifestarsi invece con emicrania, sintomi respiratori, insonnia, inappetenza, disturbi intestinali, senso di debolezza.

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L’insegnante è come un regista, gli alunni sono gli attori

di Raimondo Giunta

Non c’è deduzione tra finalità educative e procedure didattiche ,ma ci sono tentativi e percorsi di avvicinamento.
I principi si possono incarnare in pratiche differenti, adattabili a contesti diversi e a diversi alunni, a diversi contenuti dell’apprendimento.
Questo non significa che si è liberi da qualsiasi vincolo di coerenza ,ma che bisogna con discernimento orientarsi verso quei modelli didattici ritenuti più adeguati alle situazioni date, sapendo in partenza che a-priori non ci sono metodi universalmente buoni e sempre efficaci.

Il problema non è quale pratica adottare, ma quali apprendimenti si devono conseguire e misurare su questi la pertinenza dei mezzi e delle procedure usati, tenendo presente che una pratica non può essere separata dalle intenzioni che l’animano e dal modo in cui viene messa in atto.

Ogni apprendimento impegna l’attività intellettuale di colui che apprende e ne porta il segno; ogni conoscenza è legata al contesto sociale e culturale in cui scaturisce e nei luoghi di formazione il protagonismo dei discenti e le pratiche sociali di cui è quotidianamente partecipe non possono essere trascurate. Continua a leggere

Figli rubati

STARE NELLA RELAZIONE PER IMPARARE E PER INSEGNARE

di Monica Barisone 

Lavorando nelle scuole, mi è successo frequentemente di raccogliere i vissuti di impotenza di insegnanti ed operatori sociali rispetto alla tendenza di molti genitori a sottrarsi al proprio ruolo educativo, ludico ed affettivo. Ho avuto anche occasione, purtroppo, di confrontarmi con situazioni di ridotte o quasi assenti competenze genitoriali. Intendo quelle funzioni che secondo la metanalisi di Visentini (2006) sono otto: protettiva, affettiva, regolativa genitoriale, normativa, predittiva, significante, rappresentativa e comunicativa, triadica. Oggi le si può valutare in modo obiettivo (con test psicologici, colloqui clinici, osservazioni comportamentali, raccolta di informazioni) su mandato dell’autorità giudiziaria (M. Nicastro, G.B. Camerini) e i risultati sono a volte molto netti, possiamo dire dolorosi. Questo è sicuramente un problema di estrema complessità epistemologica e di altrettanto complessa risoluzione.

In questa sede però vorrei dar luce a situazioni diverse, meno evidenti, potremmo dire opposte, ma altrettanto significative per la ricaduta sui bambini e i ragazzi.

Uno degli apprendimenti più importanti fatti in questi anni di lavoro negli Sportelli d’Ascolto, riguarda l’importanza del ruolo delle famiglie all’interno del percorso di counseling, come pure nelle prese in carico degli adolescenti (Lancini 2020). Inizialmente si riteneva che lo spazio d’ascolto dovesse essere riservato soprattutto ai docenti ed ai ragazzi ma gradualmente ci si è accorti che qualcosa non stava funzionando…senza la collaborazione dei genitori veniva a mancare la continuità nel progetto educativo pensato per i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze. Continua a leggere

E’ difficile farcela, forse impossibile… La scuola e la “fatica” di Sisifo

disegno di Matilde Gallo, anni 10

di Domenico Sarracino

La scuola è preposta da sempre alla preparazione alla vita delle nuove generazioni. Non era cosa da poco ieri e, in una situazione così liquida ed articolata come quella attuale, non lo è oggi. Bisogna ribadire un assunto determinante: la scuola non è un opificio in cui il processo produttivo, se bene organizzato, dà sempre risultati standardizzati, previsti e prevedibili. Anche in una scuola che fosse priva di carenze e perfettamente organizzata i risultati sarebbero sempre aperti ed esposti al rischio ed all’insuccesso, perchè essa ha a che fare con la vita che cambia, con il nuovo che si presenta, con ciò che freme e fermenta nella società…

Fare scuola è tentare e ritentare, cercare e sperimentare; è sempre una navigazione in mare aperto, in cui la rotta va continuamente controllata.

Fare scuola (quando non si cede al vivacchiare) è un mestiere difficile in partenza. Meriterebbe da parte di tutti ben altra attenzione e considerazione. Invece accade che da sempre ed in particolare negli ultimi tempi di essa si parli tanto, ma poco si fa soprattutto da parte di chi ha le più alte responsabilità; e la scuola resta quello che è; ora tirata di qua ora di là, sempre più fa pensare alla punizione di Sisifo, costretto da Zeus a fare tanta fatica per trascinare in su un masso destinato irrimediabilmente a ricadere in basso. E quel poco che fanno quelli che reggono il sistema-scuola è più per apparire che per esserci sul serio, è estemporaneità ed improvvisazione, fuoco d’artificio volto a dare fumo negli occhi e a far finta di fare, senza un disegno strategico, senza continuità, mezzi adeguati, coerenza; senza un disegno strategico che parta dallo stato reale delle cose.
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I sentimenti alle diverse età hanno la stessa dignità. Quando i genitori si separano

STARE NELLA RELAZIONE PER IMPARARE E PER INSEGNARE

di Monica Barisone

È sempre sorpresa quando qualcuno ci confida sentimenti! A volte si può provare persino rabbia quando non si condivide la scelta del nostro confidente. E sì, perché non è facile ricordare che l’amore, provato a qualsiasi età, meriti rispetto; non è facile soprattutto quando ad essere coinvolti sono i nostri figli, o studenti o amici o addirittura genitori. Quest’ultimo caso forse è quello più tormentoso e tormentato.
Le rotture dei rapporti sentimentali nella coppia genitoriale provocano sì il disagio della mancanza, ma anche il disagio di eventuali nuove presenze.
Anni fa incontrai un’amica esterrefatta perché i figli, più che adolescenti, non riuscivano ad ‘accettare’ il compagno che aveva finalmente accolto nella sua esistenza dopo molti anni di solitudine.
Questo dopo un’esistenza da sempre dedita unicamente ai figli ed al lavoro. E a seguire negli anni mi vennero descritti molti altri casi di rifiuto viscerale per compagni scelti dopo separazioni e divorzi. A cosa si potevano ricondurre queste posizioni così radicali? Un accesso di egoismo? Eccessiva centratura su di sé? Mancata elaborazione del lutto? Disorientamento? Sicuramente era presente una grande fatica, forse nel riconoscere o ipotizzare nel genitore la presenza di sentimenti definiti, degni di cura e rispetto.

Non so, si potrebbero annoverare tra le manifestazioni di una educazione sentimentale, o forse meglio, alla affettività, oggi un po’carente a causa della rapidità e virtualità dei rapporti sociali. Unitamente all’educazione alla sessualità, l’educazione emotiva e sentimentale consente di accrescere le abilità affettive e favorire buone relazioni interpersonali. Lì per lì potrebbe sembrare una priorità educativa e formativa, in realtà nelle scuole se ne tratta poco e frettolosamente ed esistono pochi progetti culturali che se ne prendano cura.

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