Archivi categoria: PEDAGOGIA

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La pantera identitaria

di Giovanni Fioravanti

Quando si incita ad affermare la propria identità, in sostanza si invita a sventolarla in faccia agli altri e questo certo non si può dire che sia un gesto di amicizia.

Pensare oggi di porre a coronamento del curricolo del primo ciclo di istruzione l’acquisizione della propria identità nazionale, come sembra nelle intenzioni dell’attuale ministro dell’Istruzione e del Merito, ispirato dal pensiero della coppia Galli della Loggia, Loredana Perla, rischia di mettere in serio pericolo l’impellente necessità di formare le nuove generazioni a viversi come cittadini di un mondo in cui difendere la convivenza comune e il proprio comune ambiente di vita. Significa non aver appreso la lezione della storia che è apprendimento della “grammatica della civiltà”, la propria e quella degli altri, per non ricadere nelle barbarie del passato.

Non ci sono distinguo che tengano, pretestuose denunce sull’ignoranza della storia e della geografia del proprio paese da parte di studenti e studentesse formati agli apprendimenti e alle competenze prescritte dalle attuali Indicazioni curricolari nazionali per le scuole del primo e del secondo ciclo di istruzione. Se tali carenze ci sono, le cause vanno ricercate altrove, non tanto perché non sia chiaro a cosa debba servire la scuola pubblica, ma, se mai, perché non è chiaro cosa e come la scuola pubblica debba essere.

Agitare l’identità come elemento di compattazione di un popolo nel terzo millennio del mondo dovrebbe rendere avvertiti dei pericoli che oggi comporta, rispetto ai vantaggi che si presume possano derivare. Continua a leggere

L’empatia perduta

di Cinzia Mion

I recenti fatti di cronaca ci portano a fare delle considerazioni desolanti e insieme molto dolorose, indotte da moti di orrore e direi quasi di ripugnanza. La soggiacente formazione pedagogica però mi porta a cercare di piegare tali emozioni all’interno di una riflessione tesa alla ricerca di un riscatto o almeno ad una svolta educativa correttiva. Non posso darmi per vinta. Non posso…
Tra le derive sociali più preoccupanti da tempo noi persone di scuola segnaliamo l’INDIFFERENZA intesa come NON-CURANZA che sta crescendo in modo preoccupante.
Il filosofo lituano di origine ebraica Levinàs trent’anni fa affermava che il “volto dell’altro mi interpella”, volto dell’uomo sofferente e morente, e dove “l’interpellare” aveva un significato profondo e quasi viscerale di richiamarci alla nostra umanità…
Beh oggi il volto dell’altro non solo non ci interpella più con questo significato ma stiamo purtroppo spesso verificando che invece di sollevarci pietà, lascia via libera non alla semplice indifferenza ma addirittura al “sadismo”, alla “crudeltà”, e addirittura alla “perversione”.
Da troppo tempo stiamo assistendo al fenomeno delle baby gang, formate da preadolescenti carichi di rabbia, ma ora ciò che è successo a Pescara da parte di due sedicenni, nei confronti di un altro sedicenne, ha superato di gran lunga i limiti. Non possiamo tutti noi adulti non auto-interrogarci: famiglia e scuola. Continua a leggere

Spiragli di luce. Qualcosa sulle paure dei ragazzi di oggi

di Monica Barisone 

STARE NELLA RELAZIONE PER IMPARARE E PER INSEGNARE

Non è facile far parlare i ragazzi delle loro paure, non lo fanno spontaneamente, ma a ben guardarli, a volte si coglie come una sorta di pallore, di smarrimento e allora, la fantasia che, sottotraccia, ci sia un lieve senso di paura diffusa, si coagula nella mia mente. Se provo a chiedere, formulando una domanda diretta sull’attuale periodo storico, allora decidono di aprire il vaso di Pandora, ed ecco che l’indicibile comincia a scorrere fuori come una lava incandescente e, attorno, rischia di rimanere solo la cenere.

C’è chi mi racconta di sentirsi messo in difficoltà dal boom mediatico rispetto ad alcuni eventi di cronaca, di vergognarsi di essere uomo. Chi denuncia quanto il contesto mondiale sia ansiogeno, disarmante, e muova soprattutto sentimenti di impotenza. Chi sostiene che sia meglio prendere un cane per difendersi che pensare di generare un figlio in un mondo senza speranza. C’è chi non si fa domande per la paura di rintracciare le risposte. I temi più ricorrenti sono il cambiamento climatico, i conflitti, la violenza agita e parlata.

Ho visto recentemente un video su un social che cerca di raccontare a fumetti quello che ci sta succedendo, violenza, finzione e correzione dell’immagine estetica di sé e del potenziale partner, diffusione di immagini private e lesione della privacy che possono portare al suicidio. Tutti assistono col cellulare in mano, riprendono o fotografano e cadono in un tombino che non vedono. Solo un ragazzino osserva ad occhio nudo e piange.
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Come fronteggiare le insidie della I.A.

di Cinzia Mion

Progettazione a ritroso e comprensione profonda

Nel panorama delle offerte che si incontrano, nelle pubblicazioni specialistiche, di esempi di progettazione di competenze, spicca per originalità la cosiddetta “progettazione a ritroso”.

Quando ho scoperto Wiggins e i suoi testi a dire il vero sono rimasta molto affascinata. Mi sono detta: ”Ecco l’uovo di Colombo”.
Finalmente gli insegnanti finiranno di sperare che le competenze possano scaturire come per magia alla fine del percorso tradizionale delle conoscenze come da programma. Si tratta in parole povere di rendersi conto che le “competenze” non possono scaturire dalla programmazione lineare delle conoscenze e dall’applicazione pedissequa del libro di testo.
Bisogna progettarle prima.

Ora invece posso affermare che questo tipo di progettazione, che pone il suo focus sulla competenza “profonda e duratura”, è l’unica che è in grado, ovviamente fino ad oggi, di poter essere considerata adatta a fronteggiare le insidie della Intelligenza Artificiale.
Con il mio contributo non intendo demonizzare tale dispositivo e tanto meno analizzarlo perché non ne ho le competenze. Continua a leggere

Ci sono saperi e saperi

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Composizione geometrica di Gabriella Romano

di Raimondo Giunta

Ci sono saperi che valgono in sè e sono quelli che danno un orientamento per dare un senso alla propria vita e ci sono saperi che valgono per orientarsi nel mondo del lavoro; l’approccio per competenze come spesso definito, proposto e incentivato questa distinzione tiene a non farla, tant’è che dappertutto si è visto ridurre il peso delle discipline umanistiche e delle stesse discipline teoretiche della scienza.
Che esistano saperi inerti è una favola da Confindustria; che l’inerzia sia congenita a determinate discipline è un’altra fatta propria dagli apostoli delle competenze.
Ogni sapere è vivido e fruttuoso se viene problematizzato; se si fa comprendere che si è costituito come risposta ai problemi che l’uomo ha dovuto affrontare nella sua storia.
E per la storia è opportuno ricordare che nei tecnici e nei professionali si è sempre considerato il rapporto col mondo del lavoro come proprio principio costitutivo.
Contrariamente a quel che viene detto la scuola che non si lascia trascinare nel dogmatismo dell’approccio per competenze è un scuola che dà strumenti di libertà; la scuola che predica la spendibiltà dei saperi predispone all’accettazione servile, all’adeguamento puro e semplice ai dati del mercato del lavoro.
Un matematico che aveva insegnato negli Stati Uniti e in Italia disse che dal punto di vista della produttività intellettuale è meglio insegnare geometria parlando di segmenti piuttosto che di bastoncini; non c’è nulla di più produttivo di un insegnamento teorico serio, rigoroso e profondo.
Un personaggio come M.Crahay, a cui si deve la realizzazione in Belgio di uno dei primi se non del primo curriculum per competenze in Europa dice della competenza che non ha fondamento e che è simile alla caverna di Alì Babà; non posso tralasciare, infine, B.Rey che delle competenze cosiddette trasversali ha mostrato tutta la loro debolezza, se non proprio l’insostenibilità.
P.S. Le competenze senza conoscenze sono vuote; si è competenti perchè si sa e si sa ciò che viene appreso in materie umanistiche, scientifiche e professionali.

Lo spoil system dei curricoli

di Pietro Calascibetta

Non c’è di peggio che distruggere ciò che si vorrebbe valorizzare imponendo delle scelte di parte invece di prendere atto della realtà.
E’ il caso del curricolo di storia che il ministro Valditara vorrebbe rivedere per salvare la scuola valorizzando l’identità italiana.
Mentre le vacche italiane sono minacciate da quelle francesi e gli artigiani italiani da quelli olandesi, non si capisce da chi sia minacciata la storia nazionale.
Il ministro non si è accorto che nonostante i proclami reiterati per anni e le leggi che alcune forze politiche sono riuscite ad introdurre, l’Italia è un Paese ormai multietnico e lo sarà ancor di più anche solo con le quote legali di ingressi decise dal governo.
La realtà in cui vivono i nostri studenti italiani e i nostri docenti italiani nelle aule non solo delle grandi città è una realtà multietnica.
Mentre i dinosauri vivono nei libri, nei film e nei fumetti, i compagni ucraini, siriani, filippini, cinesi, somali, palestinesi, ecc. sono accanto a loro tutti i giorni e con loro condividono non solo l’aula, ma le emozioni, i ricordi, la cultura.
Ciascun docente è consapevole che se vuole che l’apprendimento sia efficace deve creare un gruppo classe coeso e una cultura del gruppo e non delle fazioni contrapposte.
Maschi e femmine, italiani e stranieri, con e senza bisogni speciali.
Il problema quindi non è valorizzare “l’identità italiana” con un lavaggio del cervello agli stranieri e contemporaneamente iniettare una siringa di italianità agli studenti italiani che magari hanno il nonno emigrato in Argentina, ma semmai capire come fare a valorizzare l’italianità come cultura tra le culture in una realtà già multietnica. Continua a leggere

Revisione delle Indicazioni nazionali. Il partito dei programmi

di Nicola Puttilli

Sul wikidizionario alla voce partito si legge: “raggruppamento politico di cittadini che professano idee comuni per la gestione dello stato e delle amministrazioni pubbliche”. Il ministro Valditara esibisce orgogliosamente sul bavero della giacca il distintivo della Lega, lo stesso partito che nell’Italia centrale presenta capolista alle elezioni europee il generale Vannacci, quello che vuole le classi separate per i disabili, considera anormali gli omosessuali e da ultimo anche le persone con i capelli rossi. Il ministro si è limitato a dichiarare che “nessuno ha fatto più della Lega per l’integrazione dei disabili” (ipse dixit) ma non ha ritenuto di dissociarsi apertamente da simili deliranti affermazioni, né risulta abbia manifestato difficoltà o imbarazzo nel farsi rappresentare in Europa da tale personaggio. Del resto lo dice anche il dizionario pop “cittadini che professano idee comuni”.

All’ombra di questo ameno paesaggio culturale il ministro in questione annuncia la nomina di una commissione incaricata di formulare proposte per la revisione delle Indicazioni nazionali e  delle Linee guida per tutti i cicli scolastici.
Sembra che sia quasi un dovere d’ufficio per ogni buon ministro dell’istruzione tentare, dopo qualche mese dal proprio insediamento, di lasciare un segno indelebile del proprio passaggio a viale Trastevere e riformare i programmi scolastici è una di quelle imprese che può assicurare un passaggio nella storia. Possono ben aspettare i controsoffitti che crollano, gli stipendi degli insegnanti e gli abbandoni precoci, la revisione dei programmi viene prima. Per fortuna ben pochi ci riescono. Continua a leggere