Il Meritevole e la nera inconsistenza (a proposito dei fatti di Firenze)

di Mario Maviglia

Cari lettrici e lettori, seguite questa vicenda e decidete alla fine se ridere o piangere o se fare una sonora pernacchia alla Totò.

Degli studenti di un liceo scientifico di Firenze vengono aggrediti davanti al loro da un gruppo di giovani estremisti di destra. Unanime condanna e manifestazione antifascista in città. La dirigente scolastica invia una garbata lettera agli studenti in cui ricorda, tra le altre cose, che “il fascismo in Italia non è nato con le grandi adunate da migliaia di persone. È nato ai bordi di un marciapiede qualunque, con la vittima di un pestaggio per motivi politici che è stata lasciata a se stessa da passanti indifferenti”.

Adesso facciamo un piccolo test tra i nostri lettori. Immaginate di essere il Ministro del Merito; sulla base delle vicende molto schematicamente narrate e della lettera della dirigente (che vi consigliamo di leggere) cosa potreste fare?

  1. Esprimere pubblicamente la vostra solidarietà agli studenti selvaggiamente aggrediti da estremisti di estrema destra.
  2. Esprimere solidarietà alla dirigente scolastica per l’aggressione subita dai suoi studenti.
  3. Non esprimere alcunché.

Se avete risposto a) avete sbagliato; se avete risposto b) pure; se invece avete risposto c) anche. Infatti, sapete cosa ha fatto il nostro Ministro del Merito? Beh, un qualcosa che va oltre il pensiero laterale di Edward De Bono; un pensiero che potremmo definire sottosopra, o se preferite una sorta di “insalata cognitiva”, con una forte prevalenza di nero. Diciamo pure un pensiero nero, come le camicie nere del Ventennio (ma questa è mera coincidenza…).

In effetti il nostro meritevole Ministro del Merito giudica la lettera della dirigente “del tutto impropria” e afferma di essere “dispiaciuto” per averla “dovuta leggere”, ed anche perché è “stata letta agli studenti”. (Quante preoccupazioni per un Ministro che come un amorevole padre si preoccupa del benessere del suo gregge…). Quello che scrive la dirigente, inoltre, “non rappresenta la realtà dei fatti”, dice il Ministro, che però nel contempo – come un amorevole padre – avverte che non intende intervenire nei confronti della preside (purtroppo il Duce non fece lo stesso nei confronti della Margherita Sarfatti…). Però va ristabilita la verità, perdio! E infatti, il Meritevole scandisce che  “sono lettere ridicole. Vanno prese per quello che sono, un atto di propaganda”. E su questo ha ragione: solo viale Trastevere può fare propaganda. Quindi, aggiunge, “inviterei la preside a riflettere più attentamente sulla storia e sul presente”. E ha anche sottolineato che: “Non compete a una preside nelle sue funzioni di lanciare messaggi di questo tipo”. In conclusione “Sono iniziative strumentali che esprimono una politicizzazione che auspico che non abbia più posto nelle scuole”, ma si sappia che “Se l’atteggiamento dovesse persistere vedremo se sarà necessario prendere misure”.

Gentili lettrici e cari lettori, voi vi siete crogiolati nell’idea che un Ministro del Merito dovesse lavorare per risolvere i problemi della scuola: edifici fatiscenti, stipendi da fame, dispersione scolastica fuori controllo, risultati di apprendimento scadenti in molte zone del Paese ecc. Sarò schietto con voi: avete una mentalità gretta, utilitaristica e senza prospettive. I problemi della scuola italiana non sono questi! No! E se lo sono, cosa c’entra il nostro Meritevole? Mica si può pretendere che lui li possa affrontare, questi problemi, anche perché bisogna prima capirli… Il Nostro ha ben altri pensieri per la testa: l’approccio ontologico all’umiliazione, le mappe catastali per dotare ogni docente di uno “studiolo” a scuola e adesso la reprimenda contro una dirigente che ha avuto l’impudenza (imperdonabile!) di nominare il fascismo. Ma il fascismo in Italia non esiste! E questa verità verrà imposta anche con l’olio di ricino, se occorre, perdinci! Esistono i fascisti, semmai. E le aggressioni contro studenti inermi. (Però una domanda va fatta a questi benedetti studenti fiorentini del liceo scientifico: ma perché vi siete trovati nella traiettoria di calci e pugni di alcuni esagitati fascisti… pardon, di alcuni esagitati soggetti che esprimono la loro maschia vitalità alla stregua dei patrioti camerati del Ventennio).

Il Nostro probabilmente farebbe parte volentieri, di questi patrioti camerati, ma i suoi modi di fare, caritatevoli e paternalistici, sono lontani da quella ideologia manesca e virile. Lui preferisce la contemplazione inane, l’otium filosofico, l’osservazione dei problemi (della scuola) con distacco alessitimico. Solo la pugna mediatica lo esalta: è lì che esprime il meglio di se stesso; è lì che la sua grigia creatività trova la sua più alta forma di vuota espressione. Come un kalashnikov affetto da parossismo patologico, ogni giorno il Nostro ci regala perle di acume profondità, ricca di nera e densa inconsistenza.

Il nulla esiste.

 

 

 

 




Non tutti gli storici possono incontrare gli studenti: forse sta tornando il Minculpop

di Mario Maviglia

Prendete una Regione, la Calabria, e considerate le condizioni in cui si trova sotto il profilo del sistema scolastico:

  • il 12,7% degli studenti italiani non arriva al diploma di scuola superiore, perché abbandona precocemente gli studi, ma in Calabria questa percentuale è del 16,6%, ben lontana dall’obiettivo del 9% entro il 2030 stabilito dalla UE.
  • Il 9,7% degli studenti italiani con un diploma di scuola superiore nel 2022 presentava una condizione di dispersione “implicita”, cioè non aveva acquisito le competenze minime necessarie (secondo i parametri INVALSI) per entrare nel mondo del lavoro o dell’Università. In Calabria più del 60% degli studenti non raggiunge il livello base delle competenze in italiano, mentre quelle in matematica non sono raggiunte dal 70% degli studenti calabresi.
  • Il numero dei NEET nel nostro Paese, ossia i 15-29enni che sono fuori da ogni percorso di lavoro, istruzione o formazione, raggiunge il 23,1%, ma in Calabria i 15-29enni NEET superano i coetanei che lavorano (3 giovani NEET ogni 2 giovani occupati).

  • Il 95% degli edifici scolastici calabresi è privo della certificazione di agibilità statica(contro il 58% della media nazionale).
  • Le mense scolastiche sono presenti in Italia nel 75,3% degli edifici scolastici, ma solo nel 56% al Sud.

Davanti a questi dati, probabilmente vi aspettereste che la classe politica che oggi gestisce il Ministero del Merito si desse un piano di lavoro pluriennale per tentare di risolvere queste criticità dedicandovi stanziamenti adeguati, elaborazioni culturali, idee progettuali. E invece sentite di cosa si preoccupa la Sottosegretaria al Merito, Paola Frassinetti: di contestare la partecipazione dello storico Eric Gobetti ad un incontro con gli studenti di un istituto superiore calabrese dedicato alle foibe. Da quanto riportato dalla stampa, l’attenta e meritevole Sottosegretaria ha dichiarato quanto segue: “Trovo gravissimo che martedì 21 febbraio, in Calabria, a Soverato, sia stato organizzato un incontro con Eric Gobetti, noto scrittore negazionista e autore del libro ‘E allora le Foibe?’, proprio sul tema delle foibe, con gli studenti del quinto anno dell’istituto Calabretta di Soverato. Questo convegno, evidentemente, non tiene conto delle parole di condanna contro il negazionismo e giustificazionismo pronunciate venerdì scorso, 10 febbraio, dal Presidente Mattarella, né delle indicazioni del ministero dell’Istruzione e del Merito e tantomeno della volontà della Camera dei Deputati che, da pochi giorni, in Commissione Cultura, ha approvato una mozione affinché a parlare di questi fatti nelle scuole debbano andare solo gli appartenenti alle associazioni di Esuli”.

Un paio di appunti vogliamo fare alla Sottosegretaria del Merito:

  • Da un punto di vista meramente storico non risulta che Eric Gobetti sia mai stato negazionista rispetto alle foibe. Semmai sta cercando di portare avanti un filone di ricerca che tende a collocare le foibe nel più generale contesto politico-geografico-nazionale dell’epoca, e questo proprio in ossequio a quel “bisogno di nuove indagini e la ricerca di nuove fonti non tanto per riscrivere la storia ma equilibrarla tra esigenze di verità e uso strumentale” richiamato dalle Linee Guida per la didattica della Frontiera Adriatica” del MI.
  • Nelle citate Linee Guida non trova riscontro quanto dice la Sottosegretaria del Merito ossia che “di questi fatti nelle scuole debbano andare solo gli appartenenti alle associazioni di Esuli.” Esiste un copyright per parlare di foibe? Quindi gli storici di professione non ne possono parlare? Non risulta. Anche perché questa decisione avrebbe un vago sentore di Minculpop istituito dal Regime fascista per controllare la stampa e la libertà di pensiero e ricerca (ispirandosi ad analogo organismo creato da Göbbels nella Germania nazista).

Ci aspettiamo che la vigile Sottosegretaria sui vari punti elencati sopra (ma la lista è molto più lunga) si dia da fare con quella solerzia che ha dimostrato in questo frangente e che offra, insieme a tutto il management politico-amministrativo del Ministero del Merito, una sagace prospettiva di soluzione delle questioni aperte.

La scuola calabrese ha tanti problemi; Eric Gobetti non è uno di questi.

 

 

 

 




Candidato bocciato, candidato fortunato: la farsa del concorso per dirigenti scolastici

di Mario Maviglia

 Avviso ai lettori: il presente articolo non è rivolto contro i candidati che hanno proposto ricorso avverso l’esito sfavorevole al concorso per dirigente scolastico 2017, ma contro quei politici di una parte dell’attuale maggioranza che hanno proposto di sanare ope legis la situazione dei candidati bocciati al concorso dopo che la giustizia amministrativa aveva cassato i loro ricorsi.

 

Questa volta ce l’hanno fatta! Finalmente verrà risolto uno dei problemi che assillava il nostro sistema scolastico e che si stava trascinando da tempo tra mille polemiche, creando non poco sconcerto non solo tra gli addetti ai lavori ma anche nell’opinione pubblica più attenta. L’edilizia scolastica? Ma no! Quando mai! La dispersione scolastica? Ma no! A chi mai può interessare la dispersione scolastica tra i politici (ammesso che abbiano cognizione di cosa si tratti…)? Le retribuzioni dei docenti? Su quello i politici stanno lavorando alacremente prevedendo di equipararli alla media UE entro il 2090 (sì certo, probabilmente gli attuali docenti saranno tutti “passati a miglior vita”, ammesso che sia veramente migliore: nessuno finora è tornato indietro per raccontarlo, a parte il Sommo Poeta…). Ne fruiranno i nipoti dei nipoti; bisogna pensare al futuro.

Stiamo parlando dell’emendamento, accolto dalla maggioranza, che prevede una procedura “concorsuale” ad hoc riservata ai candidati bocciati nel concorso ordinario per dirigente scolastico e che hanno in corso un contenzioso aperto. Possiamo cogliere la portata storica di questa decisione e il sotteso pathos riportando le parole del deputato della Lega, Rossano Sasso, come riferito dalla stampa: “Era il 2019 quando conobbi per la prima volta gli aspiranti dirigenti scolastici che furono penalizzati ingiustamente al famigerato concorso del 2017, quello cui partecipò l’ex Ministro Azzolina per intenderci. Un concorso con mille ombre, inchieste penali e avvisi di garanzia, omissioni, imbrogli e interessi. Ho conosciuto personalmente donne e uomini capaci e preparati che oltre ad insegnare al mattino nelle nostre scuole, al pomeriggio per mesi e mesi hanno studiato per vincere questo concorso”.

Da queste parole traspare tutto l’afflato altruistico e solidaristico dell’on. deputato che si è battuto strenuamente per sanare una situazione che si era caratterizzata per imbrogli e altre mille ombre, anche con coloriture penali. L’on. deputato (altruistico e solidaristico) forse dimentica che a sanare questi problemi, in una democrazia liberale che ha nella separazione dei poteri uno dei suoi cardini, ci pensa la Magistratura (che infatti finora ha respinto i vari ricorsi). Dato interessante: la sanatoria non “sana” quei candidati che pur essendo stati inseriti nella graduatoria generale di merito (avendo colpevolmente superato tutte le prove del concorso) hanno dovuto rinunciare alla sede assegnata loro per ragioni di famiglia o per il particolare disagio della sede stessa. Evidentemente questi candidati (colpevoli di aver vinto il concorso, non dimentichiamolo) non sono abbastanza “meritevoli”, oppure non sono stati abbastanza “furbi” da farsi bocciare in una delle prove, dimenticando che nella nostra Italia del meritoci sarà sempre, lo sapete / Un musico fallito, un pio, un teorete, un Bertoncelli [un Sasso] o un prete a sparare cazzate” (e a fare sanatorie) (lib. adatt. da L’avvelenata, F. Guccini).

Ma non vorremmo dare l’impressione che si tratti di una sanatoria tout court. No! Anzi, riprendendo le parole dell’on. Sasso (altruistico e solidaristico), “Le persone bocciate ingiustamente potranno ripetere il concorso, rifare le prove per poi accedere ad un corso intensivo di formazione. Nessuna sanatoria dunque e selezione che sarà dura, ma un giusto risarcimento dopo anni di ingiustizie.” Visto? Qui si fanno le cose seriamente! Il merito, prima di tutto! E che cosa prevede la nuova procedura concorsuale “sanata”? Sarà una selezione “dura” (per usare le parole dell’on. altruistico e solidaristico. State seduti e ben appoggiati allo schienale perché una selezione così dura non l’avete mai vista: chi non ha superato la prova scritta dovrà rifarla in questi termini: prova scritta basata su sistemi informatizzati, a risposta chiusa, da superare con un punteggio pari almeno a 6/10; chi non ha superato la prova orale dovrà rifarla superandola con un punteggio pari almeno a 6/10. Chi supera la rispettiva prova viene ammesso ad un corso riservato di formazione della durata di 150 ore, autofinanziato dagli stessi corsisti (regalie sì, ma fino ad un certo punto…).

Con questo emendamento si delinea finalmente il senso della denominazione “merito” attribuito al Ministero dell’Istruzione all’inizio di questa legislatura: è il merito del ricorso, presumibilmente il merito degli amici degli amici, il merito per sanatoria. Data questa forte pregnanza del significato del merito in salsa italica proponiamo che venga avviata la procedura per il riconoscimento del copyright e che si vigili affinché nelle sedi internazionali (UE, OCSE, ONU, IEA ecc.) ogni volta che viene utilizzato questo termine ci sia il simbolo ©.it. Gli onorevoli firmatari dell’emendamento potrebbero essere nominati probiviri e controllori del rispetto di questo meritevole atto. Alle frontiere andrebbero messe idonee gigantografie  con la dicitura, in tutte le lingue conosciute: “Benvenuti nell’Italia del merito!”




Calendari e Ministri cheerleader…

di Mario Maviglia

Immaginate un sistema scolastico che ha un bel po’ di problemi da risolvere: una dispersione scolastica tra le più alte d’Europa, un livello di NEET (Not in Education, Employment or Training) decisamente oltre ogni ragionevole soglia, una media degli stipendi dei docenti significativamente sotto la media UE, un’alta percentuale di edifici scolastici non a norma sia sul piano della sicurezza che dell’accessibilità, un analfabetismo di ritorno preoccupante, e altri dati non proprio entusiasmanti.
Cosa vi aspettereste da un Ministro dell’Istruzione davanti a una situazione di questo tipo? (Considerando che l’attuale Ministro ha una prospettiva di governo almeno quinquennale, se non addirittura decennale, tenendo conto dello stato comatoso dell’attuale opposizione politica).
Probabilmente (e ragionevolmente) vi aspettereste che il Sig. Ministro del Merito indicasse un piano pluriennale per risolvere questi e gli altri problemi sul tappeto, individuando le tappe intermedie da raggiungere, la azioni da mettere in atto, le risorse da impiegare  e i soggetti da mobilitare. Insomma, dato 100 come risultato finale, ci si aspetterebbe che il Ministro del Merito definisse delle trappe intermedie per avvicinarsi il più possibile a quel traguardo finale (probabilmente mai raggiungibile nella sua totalità).

Ma questo vostro modo di pensare nasconde una visione romantica e astratta della realtà, che non tiene conto degli aspetti psicodinamici che contraddistinguono la vita dell’istituzione e, nella fattispecie, dello stesso Ministro. E infatti, cosa fa il nostro Ministro del Merito? Si dedica a produrre un calendario commemorativo dei Ministri dell’Istruzione (della Destra Storica, e solo della Destra) dalla nascita del Ministero fino al 1923. Naturalmente è da salutare con grande rispetto ed entusiasmo un’operazione di tal fatta, anche se – del tutto marginalmente e en passant – si potrebbe far notare che non si comprende perché dedicare questa hit parade (presumibilmente realizzata con fondi pubblici, e dunque con i soldi di tutti i contribuenti) solo a Ministri della Destra. Forse perché i Ministri della Sinistra non sono abbastanza “meritevoli”, o forse perché i Ministri della Destra Storica sono più vicini ideologicamente all’attuale Ministro del Merito. O per altre imperscrutabili psicoragioni a noi ignote. Eppure, credevamo che il Sig. Ministro fosse al servizio di tutto il Paese, e non di una parte politica, soprattutto quando usa fondi pubblici.

Qualche anno fa veniva attribuita all’on. Andreotti la frase: “A pensare male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina”; nel caso del Ministro del Merito vien da pensare che questo suo attivismo nel lanciare pensieri e prese di posizioni di carattere sociologico o pedagogico, sull’umiliazione, sugli stipendi differenziati, sui lavori socialmente utili per gli studenti, e adesso sul calendario dedicato ai Ministri della Destra Storica, voglia nascondere la grande difficoltà o incapacità nell’affrontare i problemi enunciati in apertura.
Fa sempre comodo trovare un motivo o un nemico esterno per giustificare l’incapacità a trovare soluzioni adeguate alle varie questioni (in un altro campo, può tornare comodo perfino un manipolo di anarchici pur di non affrontare i problemi seri della giustizia in Italia). Peraltro, questo barcamenarsi tra problemi tutto sommato alquanto futili, procura al Ministro del Merito un altro invidiabile vantaggio, quello di parlare comunque di lui, sviando l’attenzione dai problemi del suo mandato (“There is only one thing in the world worse than being talked about, and that is not being talked about”, Oscar Wilde. “C’è una sola cosa al mondo peggiore del far parlare di sé ed è il non far parlare di sé”).

Dopo i Ministri cheerleader (della Destra Storica, ça va sans dire) sarebbe interessante sapere come il Ministro del Merito intenda affrontare i problemi enunciati in apertura, ammesso che per il Ministro (del Merito) costituiscano dei problemi; infatti potremmo anche suppore che il contrasto alla dispersione scolastica non costituisca una questione meritevole di attenzione per l’attuale dicastero, in quanto la scuola non può far altro che registrare le naturali differenze che esistono tra le persone, per nascita, censo, disposizioni naturali et similia. Ecco, questo sarebbe un bel programma di lavoro per la scuola del futuro, con la benedizione e l’autorevolezza dei Ministri della Destra Storica, of course.




Signor Ministro, Lei lavora troppo… e male

di Mario Maviglia

Su queste stesse colonne, qualche settimana fa, abbiamo stigmatizzato il grande attivismo del Ministro del Merito Valditara (Signor Ministro, Lei lavora troppo!). Ora il Ministro ha superato se stesso con un altro audace e impavido intervento.
Ma andiamo con ordine. Qualche giorno fa, la Rete degli Studenti di Milano ha manifestato contro l’Inail che ha negato il risarcimento alla famiglia di Giuliano de Seta, morto durante un progetto di alternanza scuola-lavoro nel mese di settembre 2022. Gli studenti della stessa Rete in un comunicato apparso sui social hanno affermato che “le tre morti che si verificano ogni giorno sul lavoro, oltre ai tre studenti morti in stage, non sono morti bianche, bensì posseggono dei mandanti ben precisi: da Confindustria a Mario Draghi, dall’Inail a Valditara, tasselli che compongono il mosaico di un sistema ora più che mai schiavo del profitto e del tutto disinteressato al capitale umano utilizzato per generarlo.”

Questo comunicato non è piaciuto al Ministro del Merito che ha affermato: “Ho dato mandato ai miei avvocati di querelare i responsabili di queste dichiarazioni infamanti e gravemente diffamatorie. Con gli autori di questi comunicati non voglio aver nulla a che fare.”

Per quel che ne sappiamo è la prima volta che un Ministro denuncia degli studenti (presumibilmente minorenni). Avrà avuto le sue buone ragioni. Da capo di un Ministero dedicato all’istruzione e all’educazione forse poteva esperire altre vie per far comprendere ai facinorosi la gravità di quanto dichiarato.
Ad esempio, poteva convocarli in viale Trastevere 76/A Roma ed avere con loro un franco confronto; oppure poteva spiegare pubblicamente ai ragazzi cosa ha fatto e costa sta facendo il Ministero (e le altre Istituzioni) per evitare che succedano ancora altri tragici incidenti come quelli denunciati; oppure poteva preannunciare una iniziativa legislativa per modificare le norme Inail in tema di risarcimento per morte sul luogo di lavoro o a seguito di esercitazione al lavoro; oppure poteva far rimuovere dai social il comunicato contestato e far chiedere scusa ai ragazzi per le indebite accuse.
Insomma, da una prospettiva educativa, il Ministro del Merito avrebbe potuto cogliere questa occasione per trasformarla in un momento di riflessione non solo sull’inappropriatezza del linguaggio utilizzato dagli studenti, ma anche e soprattutto sulla “inappropriatezza” della morte di un giovane studente avvenuta durante le attività di alternanza scuola-lavoro (ora PCTO, ma questa nuova sigla non è bastata a salvare la vita dello studente), evitando di cadere nella trappola del paradigma attacco-difesa (attraverso l’attacco).

Il Ministro del Merito ha preferito seguire la via della “umiliazione” e della punizione, convinto, evidentemente, che la giustizia penale sia sulla sua lunghezza d’onda. Ma forse il miglior antidoto per non essere infangati nella propria onorabilità è quello di misurare le parole e di compiere atti adeguati. Ne è convinto anche il prof. Francesco De Bartolomeis, il decano dei pedagogisti italiani, 104 anni, che in una intervista apparsa sul quotidiano Domani nello scorso novembre così si esprime nei confronti del Ministro del Merito: “Mi sembra assolutamente inadeguato, farebbe bene a stare zitto, dice delle autentiche sciocchezze. Valditara non ha nessuna idea di che cos’è un sistema formativo, di come va gestito, migliorato, quali sono i suoi problemi. Le sue sono dichiarazioni sparse senza costrutto. È una disgrazia, una delle tante disgrazie di questo governo. Lei si sentirebbe di umiliare una persona e poi dire che l’ha migliorata? È una frase molto significativa per la sua mancanza di senso. Umiltà, modestia, buona disposizione verso gli altri, rispetto, ma non l’umiliazione. Questo è un altro piano, ma non so se si può parlare di piano per Valditara”.

Un’ultima annotazione: non risulta che il Ministro del Merito abbia denunciato le 13 persone che sulla scalinata dell’Istituto Paritario San Giuseppe De Merode di Roma, a due passi da Piazza di Spagna, nello scorso dicembre hanno fatto il saluto romano facendosi immortalare sui social. È vero che si trattava di ex alunni dell’Istituto, ma il gesto è stato compiuto sulla scalinata dello stesso, in spregio alle norme costituzionali e ordinarie contro l’apologia di fascismo. Certo, in questo caso  non è stato infangato il nome del Ministro, ma quello della nostra Repubblica democratica e antifascista. E questo è ancor più grave. Fatto sta che alcun atto di “umiliazione” è stato promosso dal Ministro del Merito; “forse era stanco, forse troppo occupato…” (F. De Andrè).




Un ministro meritologo. E molto altro

Stefaneldi Aristarco Ammazzacaffè

Il sogno di una vita.

“E l’Italia giocava alle carte e parlava di calcio nei bar e … rideva e cantava” (Gaber).
E Valditara studiava. Studiava soprattutto i primi passi, e anche i secondi, per dare concretezza alla scuola del Merito. Sembra addirittura che meditasse, già di prima di diventare ministro, di proporre all’Università Europea ‘Legionari di Cristo’ – di cui, come è noto, è promotore e preside – di istituire la facoltà di Meritologia.
E pensava.

Quest’idea quindi lo agitava da sempre. Infatti è da almeno tre legislature tre, da quando cioè è parlamentare, che desiderava diventare Ministro dell’Istruzione, soprattutto perché – udite! udite! –  voleva modificarne la denominazione.
Non gli piaceva quella adottata. Era monca e povera – diceva -. Sostanzialmente egli  mirava a integrarla con una parola che per lui era soprattutto un valore e una ragione di vita: MERITO. Tutto maiuscolo. E così passare alla Storia (ci teneva veramente tanto).

Col nuovo governo, che finalmente corona il suo sogno di diventare ministro, si presenta la grande l’occasione.
Ma non sapeva come centrare tale obiettivo. E questo gli creava depressione. Addirittura incubi notturni. Del tipo: sognare di essere davanti ad una commissione, formata tutta da gente di sinistra – povero! – dai volti accigliati e anche brutti (tra l’altro)  che lo interrogava in modo truce sulle competenze di ministro; e lui, in preda al terrore non riuscire ad aprire bocca. E sudava e stralunava.
Questo, almeno a dar retta ai suoi racconti. (Alcuni che ne sanno insinuano invece che non apriva bocca perché era a digiuno delle cose più elementari sul mondo della scuola. Sarà vero, non sarà vero? Nel dubbio, personalmente mi astengo).

Comunque alla fine ce l’ha fatta. Gli è arrivata l’idea giusta: – Rivolgiti a Giorgia – si disse – e vedrai che ne esci –
E così ha affrontato la Presidente Giorgia – come sempre la chiama lui (solo Salvini, che ancora gli rode, la chiama, col sorriso che gli si confà, “Giorgina”; e ogni volta lei lo squadra severa, che il sorriso gli si congela in smorfia).
“Vorrei, Presidente Giorgia – le dice – arricchire e meglio articolare la denominazione del mio ministero, per dargli la dignità e la considerazione che merita; e vorrei farlo aggiungendo, a Ministero dell’Istruzione, ‘e del Merito’. 

‘Giusto, giusto. È la bandierina che mancava. Mettiamocela”. Non aggiunge altro e riprende il suo lavoro. (Aveva evidentemente altro per la testa o già conosceva il personaggio. Ma chi lo può dire).  Lui capisce, saluta ed esce, comunque contento.
Era fatta! Raggiunto l’obiettivo anche sulla denominazione, inizia la sua missione concedendo interviste sull’argomento ai giornali, alle radio, ai telegiornali e alle trasmissioni di intrattenimento di Rai 1,2,3, de La Sette, della Nove e fors’anche della Dieci, se c’è; e ovviamente anche di Mediaset, di Sky, ecc., ecc.. Ha tentato anche con BBC, ma non ce l’ha fatta, per un soffio – dice lui.

Al di qua e al di là del merito. La questione della scuola seria: cosa è, cosa non è.

Però, quando questa storia del merito non tirava più come notizia, ha cominciato con altri argomenti più freschi e momentaneamente più attraenti; a partire dalla questione dei cellulari, fino a quella apparentemente un po’ più seria della scuola seria (cos’è / cosa non è, il dilemma). Questione, questa, che ha avuto degli sviluppi eclatanti nell’intervista a Sky TG24, poco prima di Natale, che ci ha fatto capire finalmente il cuore della missione che gli sta a cuore, ben tradotta nella frase che riassume il suo obiettivo pedagogico: “Riportare la serietà nelle classi”.
E, siccome lui è persona che sa quel che dice, ha voluto chiarirlo nella seconda intervista rilasciata al quotidiano Libero, dove reclama, senza giri di parole: “Io voglio una scuola seria con docente che spiega e lo si ascolta”. 0h! – conclude.

Al riguardo, profonde, come il pozzo di S. Patrizio, le sue parole, riferite specificamente all’uso del cellulare in classe. Sul quale soprattutto ha argomentato molto convinto, nella sua prima o forse seconda Lettera alle famiglie, che

  1. si usa quando si può e non si usa quando non si può;
  2. gli adulti della scuola devono vigilare ed eventualmente punire chi fa di testa sua, perchè la scuola è una cosa seria e non c’è scuola se non è seria (affermazione che ha – a ben vedere – una sua profonda interna coerenza e perciò è stata molto applaudita in giro, dicunt);
  3. la circolare ministeriale del 2007 sulla questione diceva già quello che andava detto, ‘ma io ne ho voluto fare una tutta mia, per far capire che l’aria è cambiata; e anche il vento ha cambiato giro“. Chi deve capire capisca;
  4. sono anche sue (di lui medesimo), le preoccupazioni, al riguardo, dei genitori e dei docenti; perciò anch’egli ha voluto occuparsene e preoccuparsene personalmente per far capire a tutti che ora c’è anche lui che se ne occupa e preoccupa. È bene che si sappia.

Sul valore della  punizione. Ovvero: quando l’ego degli studenti si sgonfia.

Riguardo allo specifico punto delle punizioni – per lui strumento obbligato di una scuola seria – le riflessioni e considerazioni in cui offre il meglio di sé sono quelle che ne approfondiscono opportunamente il senso e il valore, a ben vedere decisamente catartico (Piace richiamare qui che gli è capitato spesso di riproporlo in giro, riscuotendo, si dice, tacita ammirazione).
Tra l’altro, alcune di queste sono decisamente esemplari, soprattutto per l’assoluta capacità di saltare di palo in fresca con invidiabile non chalance; tanto da chiedersi, tra chi lo ascoltava: – Ma quanto avranno cercato per trovare un ministro così? Boh!
E casi come questi si arrivava addirittura all’imbarazzo, perchè non si sa  se essere più ammirati per le cose che dice o per le cose che non dice e si presume voglia dire (in situazioni del genere, comunque, io, nel dubbio, mi astengo).

Però una cosa non va sottaciuta. È il piglio dell’uomo che sa decidere. Di cui ha dato particolare dimostrazione nella trasmissione televisiva “Porta a porta”, di fine anno; durante la quale afferma testuale, a proposito dei fenomeni di bullismo: «Non possiamo rimanere inerti. …”.
Non saprei comunque a questo punto chi citare dei grandi pedagogisti dell’ultimo secolo a cui lui si è creativamente ispirato. Non me ne viene nessuno.

Ma il suo scavo sull’argomento bullismo e strategie ha avuto suggestivi sviluppi soprattutto nella sua Audizione di fine anno alle commissioni riunite Cultura di Senato e Camera.
Dove il ministro, puntando giustamente a fare bella figura – era la sua prima udizione – dopo aver parlato del bullismo come espressione dello sviluppo mal governato dell’ego  su cui evidentemente ha fatto degli studi la sera prima – ha lanciato il suo monito esplicito: “… il ragazzo deve concepire che il suo ego ha dei limiti; deve rendersi conto che è inserito in una dinamica sociale più ampia. Non può essere lasciato solo col suo ego ipertrofico». Una uscita che è una mazzata. E siccome è il tipo che non lascia le cose a metà, conclude con la parola d’ordine – quasi un’epigrafe -: “(Gli studenti) “devono imparare ad accettare la sanzione”.

Applausi finali ma anche qualche parlamentare che bisbiglia: – Ma noi che c’entriamo?
Comunque, nell’insieme non si può dire che la sua figura non l’abbia fatta.
A questo punto, la domanda finale: Cosa si può chiedere di più su un ministro di questa portata? Niente.
Lui è fatto proprio così. Che Dio comunque gliene renda merito.




Non è una cittadinanza per vecchi

di Marco Guastavigna         

Acquisito e divorato. Sto parlando di Invecchiare al tempo della rete, di Massimo Mantellini. Il tema affrontato ha per me – e probabilmente per qualche lettrice/lettore di questa rubrica – una forte risonanza biografica, nonostante non sia mai tra le priorità del dibattito politico culturale. Che cosa significa diventare sempre più anziani oggi, di fronte alla conclamata pervasività dei dispositivi digitali nella quotidianità e nella strutturazione complessiva dell’esistenza, a partire da molte procedure amministrative o dalle applicazioni in campo bancario e finanziario?

Mantellini è molto netto: definisce le tecnologie all’opera come “anticicliche”, ovvero pensate e realizzate per una sorta di eterna giovinezza, in conflitto con le esigenze di lentezza e di latenza cognitiva dei “vecchi”. Un accumulo per “sommazione” di funzionalità sempre nuove e di conseguenza confusive e frustranti.

Protagonista dei processi di adattamento/respingimento è perciò la tragica figura del vecchiogiovane, che “si troverà, quasi senza accorgersene, dentro un ambiente nel quale la dominante culturale sarà unica e senza alternative. Il flusso ininterrotto delle cose che ascolterà e di quelle che vorrà condividere, gli argomenti, i temi sociali e politici, i film e le serie tv, i libri e gli articoli letti, saranno gli stessi per lui e per tutti. (…) Vorremo essere come gli altri, desidereremo soprattutto essere innovativi e giovani, perché solo il giovane è la faccia presentabile dell’innovazione la quale, nel momento in cui si rivolge ad altre età, perde la sua componente fondamentale di freschezza e rottura degli schemi. (…) Il vecchiogiovane vive l’eccitazione della scoperta di un mondo nuovo e il contemporaneo timore di essere riconosciuto. (…) Nel vecchiogiovane la cultura e l’esperienza pregressa, quella di cui è padrone, conterà meno di quanto lui avrebbe sperato: molto piú utile sarà sapersi adattare, annusare l’aria, in qualche misura sapersi mimetizzare. (…)
Che si tratti di un device digitale con il quale prova ad impratichirsi o di una discussione sull’ultima stagione della serie tv appena uscita, il rischio per lui sarà sempre quello di essere smascherato o, talvolta, il desiderio prepotente di esserlo.
La rivendicazione plateale di come si è, della propria anzianità, sarà poi abiurata e rapidamente ricacciata indietro, perché nella grande maggioranza dei casi essere vecchiogiovane è l’unica maniera possibile per dimostrarsi vivi ed attivi dentro la crudeltà delle reti digitali”.

Nel futuro, però, la percentuale di anziani sarà talmente elevata che – se non altro per razionalità di mercato e di consumo – non sarà possibile mantenere il medesimo paradosso e quindi Mantellini ipotizza tre possibili sviluppi.
Secondo una prima ipotesi, i vecchi saranno i “nuovi ribelli” che esigeranno “una società rallentata in nome della biologia”.
Oppure prevarranno i “vecchi bionici”, definitivamente convertiti ad una “fede cieca nella tecnologia”, di cui raccoglieranno, con subalternità e marginalità definitive, eventuali briciole funzionali.
Ultimo possibile epigono, “la pietra immobile digitale”, consapevolmente renitente a ogni forma di partecipazione.

Apparentemente contrapposto all’immaginario collettivo prevalente del campo dei dispositivi digitali, l’approccio di questo libro – pur conservando il pregio di guardare al problema dal punto di vista dei protagonisti, gli anziani, e non da quello di chi mette in atto paternalistiche operazioni di formazione a loro rivolte per “colmare il divario generazionale” – è invece, a mio parere, dello stesso tipo. Da una parte, infatti, ha una visione della vecchiaia come menomazione individuale e dall’altra ritiene lo scenario tecnologico fondato su velocità, competizione, tecno-abilismo, adattamento l’unico possibile.

Non è così. La vecchiaia può e deve invece essere concepita come condizione collettiva portatrice dei medesimi diritti di quelle precedenti, con particolare attenzione alla cura delle persone e delle relazioni tra di esse. In questa prospettiva, un uso consapevole e rilassato dei dispositivi digitali può significare davvero molto, in termini di mantenimento nel tempo ed estensione quantitativa e qualitativa delle capacità comunicative e culturali dei singoli e dei gruppi di prossimità e di affinità. Basta pensare alla rete come spazio pubblico, occasione di accesso a risorse di intrattenimento, chiarimento, approfondimento, confronto. O alle applicazioni per gli incontri a distanza come strumento per i rapporti interpersonali e il confronto.

È necessario però che noi vecchi abbiamo la volontà e la forza di essere protagonisti “totali”, non pubblico che assiste e – quando va bene! – scopre qualche servizio utile.
Ovvero che discutiamo e organizziamo in prima persona, attraverso le associazioni di promozione sociale e altre forme di aggregazione, percorsi di formazione e laboratori davvero emancipanti e sostenibili, perché costruiti sulla base di esigenze e disponibilità esplicitamente riconosciute dalla nostra “terza età”.