La scuola che vorrei

di Raimondo Giunta L’erba voglio non cresce e non è mai cresciuta da nessuna parte e tantomeno a scuola. La scuola che volevo, però, mi ha aiutato nei tanti anni di servizio a superare le difficoltà del momento e a rendere migliore quella che abitavo. La scuola è oggi in rotta di collisione con la vita quotidiana delle famiglie e dei giovani; gli orari, il calendario, la struttura fisica degli istituti sono espressione di un ordinamento, compatibile con altri ritmi di vita, con altre regole sociali, con altre tendenze dei rapporti umani. L’attuale struttura della scuola è lo specchio della società come era qualche decennio fa. Alla radice del disagio scolastico, che può debordare in degrado, si trova questa crescente contraddizione tra quotidianità e scuola, bisogni riconosciuti della società e organizzazione scolastica. La scuola italiana ancora oggi in moltissimi casi è fisicamente preordinata alla sola attività didattica delle lezioni. In molte scuole non si può fare nemmeno l’educazione fisica per mancanza di palestre; non si fa decentemente ricreazione per mancanza di cortili; sono entrati i laboratori, ma non ancora la didattica laboratoriale.  Se funzionasse bene, ma non è così, essa sarebbe funzionale solo ai compiti di istruzione, alla formazione intellettuale, ma oggi tutto questo, per quanto importante possa essere, non basta. I giovani in questo particolare momento della società hanno bisogno di qualcosa di più. Hanno bisogno di cura della persona, dell’attenzione a tutti gli aspetti non intellettuali della loro formazione(sensibilità/affettività/valori). Continua a leggere

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Valditara, dimettiti. Te lo dico da genitore!

disegno di Matilde Gallo, anni 10[/caption] di Franco Giorgio presidente Disleporedia Non sono un insegnante e non lavoro nella scuola. Sono semplicemente un genitore che si è impegnato in questi anni nel sociale in particolare come presidente di una associazione di volontariato il cui obiettivo è quello di supportare le famiglie e in particolare i ragazzi con difficoltà di apprendimento. Trovo inaccettabili e da respingere al mittente le dichiarazioni del neo ministro dell’Istruzione e del “Merito” “…quel ragazzo soltanto lavorando per la collettività, per la comunità scolastica, umiliandosi anche, l’umiliazione che è un fattore fondamentale nella crescita e nella costruzione della personalità, di fronte ai suoi compagni è lui lì che si prende la responsabilità dei propri atti e fa lavori per la collettività. Da lì nasce il riscatto, da lì nasce la maturazione, da lì nasce la responsabilizzazione”. – Giuseppe Valditara, Ministro dell’Istruzione e del Merito A proposito del carattere terapeutico dell’umiliazione, richiamato dal ministro Valditara che, a stretto giro di posta si è scusato poi per le sue affermazioni, vi è da osservare che se fosse veramente reale e avesse una certa consistenza, tanto da essere preso in considerazione dal dicastero dell’istruzione e del famigerato “merito“, ci troveremmo davanti ad una vera e propria rivoluzione dei principi educativi. Continua a leggere

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Educare umiliando. L’audace e rivoluzionaria teoria pedagogica di Giuseppe Valditara, Primo Ministro MIeM

di Aristarco Ammazzacaffè È da un paio di giorni che il Neoministro Valditara non esterna. E questo preoccupa. C’entra il Covid? O l’influenza stagionale? O piuttosto la Presidente Giorgia, preoccupata per le reazioni, a dir poco scomposte, contro il Neo, prodotte dalle sue uscite ultime e penultime (e fermiamoci lì)? O c’entrano i poteri occulti? Soros, pescando a caso, antiputiniano com’è, c’entra o no? Sta di fatto che il neoministro non esterna più e questo mette ansia ansiogena e pone interrogativi densi e intensi, a pensarci bene. La domandona: – Perché non si è apprezzato il gesto audacemente educativo del Nostro che fa retromarcia e chiede addirittura scusa per un termine usato forse impropriamente? Il fatto è noto. Durante un evento a Milano di alcuni giorni fa, a proposito di ragazzi violenti, che purtroppo non mancano nei nostri istituti, il Ministro afferma che quello che la scuola deve fare è umiliarli, costringendoli, non – si badi bene – con pugni nello stomaco o frustate sulla schiena nuda, ma solo obbligandoli a fare dei lavori socialmente utili. Interrogativo: – Anche presenti i propri compagni, o altro personale che passa per i corridoi? – Perchè no? Se con queste esperienze soprattutto – argomenta il Neo – il ragazzo riconosce questa esperienza come passaggio denso di significato formativo e culturale? Continua a leggere

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Il Ministro dell’Umiliazione Nazionale

di Giovanni Fioravanti In un celebre Fioretto riportato dai libri di lettura della mia infanzia, san Francesco spiega a frate Leone cosa sia la “perfetta letizia” alla quale la laica e pagana resilienza neppure assomiglia. La perfetta letizia è il piacere d’essere umiliato, vilipeso, una sorta di masochismo esaltato come ascesi. Non so se l’attuale ministro dell’istruzione e del merito (diciamolo tra parentesi, già il merito puzza di umiliazione per quelli che merito non hanno) sia un terziario francescano, certo è a digiuno, per stare nell’ascesi, di pedagogia, per lo meno di quella non nera. Di fronte all’uscita, rivelatrice, del Ministro mi è tornata immediatamente alla mente l’iniziativa del suo alleato di governo, onorevole Maurizio Lupi, che nella scorsa legislatura si fece promotore di un disegno di legge per introdurre nei programmi scolastici della Repubblica l’educazione alle competenze non cognitive. Ecco che il ministro l’ha preso in parola, pensando bene di iniziare con l’educare all’umiliazione; competenza indubbiamente non cognitiva, con i lavori socialmente utili come conseguenza punitiva. Tenere pulita e in ordine l’aula dove lavori e studi è umiliante, perché è come se fosse una punizione. Bella educazione a proposito di educazione civica, materia reintrodotta al posto di Cittadinanza e Costituzione! Continua a leggere

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A volte ritornano. Il merito 10 anni dopo. Finalmente si fa sul serio!

di Aristarco Ammazzacaffè Subito e pubblicamente: un portentoso apprezzamento per il neoministro Valditara e lo sforzo che ha fatto e sta facendo, lui e il suo governo, per fare capire a testardi e prevenuti (e ce n’è in giro) cosa effettivamente sia e significhi merito e come si debba onorare. E ancor prima, dargli atto che la scelta di aggiungere a ‘Ministero dell’Istruzione’  ‘e del merito’, è decisamente rivoluzionaria e benedetta. (Chi non ci crede è però giustificato. Siamo in democrazia) Comunque, se posso – all’interno di queste note – rivolgermi direttamente a lei, gentile signor Ministro, per dirle che io l’ho capita bene. Io leggo sempre le sue interviste e dichiarazioni. E le sue parole d’ordine: Merito come lotta al privilegio, e (addirittura) come lotta contro una visione classista della società, le trovo fulminanti, in senso letterale, mi creda. Nette al riguardo le sue affermazioni: ‘La scuola di oggi è classista’. ‘Non è la scuola dell’uguaglianza’.  (Sic, a chiare lettere, nell’intervista al Corriere del 31 ottobre). Continua a leggere

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Se 80mila abbandoni vi sembran pochi

di Raimondo Giunta La ricerca “Quanto futuro perdiamo?” promossa dall’impresa sociale “Con i Bambini”, presieduta da Marco Rossi Doria, e realizzata dall’Istituto Demopolis”, nell’ambito del Fondo per il contrasto alla povertà minorile rivela un dato sul quale si dovrebbe meditare seriamente, perché rivela un quadro di fragilità sociale, in cui può perdersi una frazione consistente delle nuove generazioni. Nell’anno scolastico passato oltre 80 mila studenti sono stati respinti per il numero delle assenze. E’ un fatto di evidente gravità che un numero così grande di studenti abbia regolato il proprio rapporto con la scuola assentandosi; un fenomeno vero e proprio di rigetto della scuola, che dovrebbe rappresentare una sfida culturale ed educativa da affrontare con energia e con le necessarie misure di contrasto. All’origine di questa emergenza educativa gli italiani, secondo questa ricerca, pongono i problemi relativi alle strutture, perché troppo vecchie (64%); la carenza di attività di recupero per i ragazzi in difficoltà (58%) e l’inadeguatezza delle strategie che vengono attivate (63%); la scarsa motivazione degli insegnanti (56%). ll fenomeno della dispersione e dell’abbandono è considerato un problema dal 53% della popolazione e viene percepito in via di peggioramento. Al centro del problema vengono collocate la fragilità del contesto familiare d’origine (74%), l’inefficacia delle istituzioni locali nel trattare il problema (58%), la vacuità del sistema di relazioni famiglia, scuola, istituzioni (57%). Continua a leggere

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Il merito non si addice alla scuola

di Mario Ambel Il dibattito. In fondo è naturale che in un paese afflitto da pratiche pervasive di nepotismo, clientele, piccoli e grandi privilegi e impunità di ogni tipo, il merito susciti un moto di interesse, assurgendo a simbolo salvifico di piccole e grandi ansie di riscatto. In un paese dove “merito” –  spesso proprio negli ambiti che se ne fanno paladini: l’accademia, la politica, il mercato del lavoro – si coniuga tendenzialmente assai più con privilegio (che sarebbe in realtà il suo contrapposto) che con equità (che gli si oppone per altri versi), il merito è l’emblema più rappresentativo del mito del contrasto ai privilegi di casta, attraverso la competizione sana e governata da regole certe e condivise e da condizioni paritetiche di partenza, così come l’eguaglianza è l’emblema più rappresentativo del mito della eguale dignità e integrità degli esseri umani, indipendentemente dalle condizioni di nascita, dai contesti di crescita e dagli esiti inevitabilmente diversificati che ne derivano. In fondo la navigazione umana nelle democrazie occidentali si muove fra questi due opposti, spesso in acque tempestose. Trovare un equilibrio soddisfacente non è certamente facile. Ma è di certo il dovere primo degli stati democratici fondati sul diritto e sull’eguaglianza della legge per tutti. Mi interessa qui solo in parte ragionare attorno a che cosa sia, a come vada intesa e giudicata la categoria generale del “merito”, ovvero se sia una garanzia o un sovvertimento dei suoi complementari e antagonisti dialettici, il privilegio e l’eguaglianza.

Al riguardo esiste una ricca bibliografia e, a onor del vero, per onestà intellettuale, anche i fautori del merito devono riconoscere che, nella letteratura sul tema, le riserve, le preoccupazioni e le perplessità, anche tra i fautori, prevalgono di gran lunga sulle propensioni e men che meno sugli entusiasmi. Non così nel dibattito politico e giornalistico, dove il merito, soprattutto dopo la vittoria del centrodestra, ha fatto rifiorire schiere di fautori, facendone persino uno strumento di lotta alle disuguaglianze sociali e “al classismo”. 

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Il merito e i diversi contesti.  Tralasciando un attimo la politica, che ha un modo inevitabilmente di parte e spesso pregiudiziale di trattare concetti e prospettive, certo è considerevole la schiera degli intellettuali, degli opinion maker e dei maitre a penser che sui maggiori quotidiani, nelle riviste, sui social si sono schierati dall’una o dall’altra parte, a difesa o a condanna (nel complesso più a favore) dell’impiego del merito come principio ispiratore e categoria interpretativa delle finalità e delle pratiche della scuola pubblica. Perché di questo si tratta o si sarebbe dovuto trattare. Può essere interessante analizzare la validità del merito come categoria giuridica, sociologica, psicologica, organizzativa, gestionale. Ma il mio è un problema diverso e potrei esprimerlo così: la categoria del merito, comunque la si intenda, è applicabile alla scuola? Direi di più: è pertinente con la scuola? Ovvero, mi chiedo se è applicabile alla scuola, ancor prima di valutare se il farlo crea vantaggi (come vorrebbero i fautori) o danni (come sostengono i detrattori). Lo dico per ricordare che all’origine del contendere c’è la denominazione del Ministero dell’Istruzione e quindi la sua identità e i suoi fini e non quelle della convivenza civile  nel suo complesso, oppure di un condominio o di una azienda o di una squadra di calcio o di una compagnia teatrale o di una gara in un qualsiasi ambito che preveda alla fine vincitori e vinti e relativi premi e retrocessioni. Lo dico anche perché, a mio parere, non è opportuno applicare la categoria del “merito” in modo eguale a questi diversi contesti, a meno che la si consideri una sorta di valore universale, come il diritto alla vita, alla salute, alla libertà personale e che quindi sia applicabile in modo efficace e coerente a ogni contesto, salva la restrizione del non recar danno ad altri. E anche qui sarebbe interessante chiedersi se la categoria del merito, anche qualora equamente applicata, ancorché sia possibile, sia tale da recare o non recare (ulteriore) danno a chi “non è giudicato meritevole”. E dunque questa è la prima questione da porre: la categoria del merito è universale e non contrattabile, non relativizzabile ai diversi contesti, oppure no? Perché talvolta si ha la sensazione che i difensori del merito ne facciano una sorta di categoria universale da cui discendano conseguenze applicabili indifferentemente a ogni contesto del consorzio umano. Ma così non è. Se, nel quadro di regole che governano il calcio professionistico, per esempio, è auspicabile che in campo scendano gli undici che in quel momento l’allenatore reputa più meritevoli di giocare e se è legittimo (o comprensibile) che quelli fra loro che rendono di più in termini economici alla società siano pagati meglio, non è detto che, nella squadra di dilettanti che giocano per il piacere di farlo e senza far molto conto sul risultato e i guadagni, non sia il caso che ogni tanto giochino anche i meno bravi e redditizi. Che magari, così, migliorano anche un po’. Dipende da che cosa ci si prefigge dallo scendere in campo. Il seguito dell’articolo nel sito della rivista Insegnare]]>

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ENTRIAMO NEL "MERITO"

di Giovanni Fioravanti Se sono povero di parole anche il mio pensiero sarà povero, se le parole sono sempre le stesse anche il mio pensiero sarà sempre lo stesso. Ci mancano le parole per immaginare un mondo nuovo e rischiamo di usare solo quelle vecchie che appartengono a un mondo che non c’è più. Per chi guarda al passato e sogna una sua restaurazione questo non costituisce un problema perché il  vocabolario che gli serve è sempre lo stesso. Contrapporre alla riproposizione di quel passato le parole che possediamo da sempre è come cadere nella trappola, oltre a rilevare la debolezza del nostro pensiero ormai usurato dal tempo. È quello che ci accade nella comunicazione pubblica per cui ci facciamo catturare dalle parole che ci sono famigliari e diffidiamo dei linguaggi che ci sembrano stranieri. E soprattutto sono lingue straniere quelle che provengono da mondi che ancora non ci sono e che non ci saranno mai se nessuno si assumerà l’ardire di iniziare a gettare le fondamenta per costruirli. Un mondo che attende di essere costruito di nuovo è quello della scuola che non c’è. Mentre tutti bombardano l’edificio vetusto d’oltre un secolo, c’è chi pensa di ricostruirlo a immagine di come era e di come è sempre stato, più forte e più robusto di prima. Allora se c’è chi pensa che la scuola deve selezionare, deve bocciare e in questo fa consistere il merito, semmai trovando d’accordo ampia parte di un pensiero pubblico immiserito dalle parole, che crede che chi non si impegna non merita di essere aiutato e quindi va sanzionato, caschiamo nell’inganno del moralismo per cui un furto è sempre un furto anche se rubi per fame. Continua a leggere

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Ministero dell'Istruzione e del Merito? Dal 1999 fino a Bianchi non ha meritato più di un 4 e mezzo

disegno di Matilde Gallo, anni 10[/caption] di Guglielmo Rispoli Dunque sarà Ministero dell’Istruzione e del merito. Sono il profilo politico guardando da destra, da sinistra o da centro si possono fare tutte le legittime ipotesi (probabilmente tutte errate) con riferimento al proprio legittimo punto di vista ma anche col rischio di incorrere nei pregiudizi tipici di una popolazione che ragiona per approssimazione e luoghi comuni e dimenticando, parlo per i presunti progressisti, che il novecento è finito. Questo mio contributo analizza il rapporto tra Scuola e Merito focalizzandosi sul ruolo e il successo delle azioni di Ministero dal 1999 ad oggi (vari governi di destra e centro destra e vari governi di centrosinistra). Senza ombra di dubbio l’Amministrazione della Scuola della Repubblica Italiana è immeritevole. Vediamo insieme perché prendendo dati conosciuti e significativi. #01_ I dati della corruzione della politica e il numero dei processi la dicono lunga sullo scarso merito degli amministratori pubblici intesi come categoria e non come singoli. Anche nel Ministero dell’istruzione ci sono stati recentissimi casi di inquinamento e di tangenti, fatti inaccettabili. Voto in decimi: 4emezzo – grazie al lavoro indefesso ed onesto di tanti. Giudizio descrittivo: si può e si deve fare di più. Diamo spazio e visibilità alla qualità del lavoro dell’onesto personale amministrativo dal Ministero agli UUSSRR, alle singole Scuole Continua a leggere

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Il discorso sul merito

di Stefano Stefanel  Merito e Meritocrazia sono due nomi che, in questi giorni, fanno discutere, da qualunque parte li si voglia considerare. Poiché il Merito è diventato il nuovo logo del Ministero dell’Istruzione e del Merito credo che, almeno in questa fase, sia meglio attenersi al mondo della scuola, visto che analogo trattamento non hanno ricevuto, ad esempio, i ministeri della Funzione Pubblica, dell’Università e delle Ricerca, degli Interni, ecc. Se ci fermiamo dunque al Ministero dell’Istruzione e del Merito sono quattro le categorie interessate alla questione:

  • gli studenti
  • i docenti
  • i dirigenti
  • il personale ATA
LA PERICOLOSA CHINA DEL MERITO COME CONTRALTARE DEL DE-MERITO Cominciamo dagli studenti che, a tutt’oggi, nel mondo della scuola sono gli unici ad essere valutati in maniere, comunque, troppo disomogenee e molto poco eque. Va immediatamente sgomberato il campo da un possibile equivoco e cioè che tutto ciò che non è de-merito, per sua stessa natura sia merito. Per dirla in modo molto semplificato: se prendo 5 de-merito, se prendo 6 merito: questo è un modo proprio perverso di ragionare. La docimologia italiana è la base strutturale della sua dispersione, perché scambia misurazioni sommarie ed arbitrarie con i processi di valutazione. Bisogna, quindi, sgomberare il campo – immediatamente – dal de-merito, categoria legata a situazioni sociali, personali, culturali, motivazionali che si vanno ad intrecciare spesso con didattiche frontali ed obsolete, ossessione per compiti in classe e interrogazioni, interesse per i risultati dei prodotti e non per quelli dei processi. Il merito deve, dunque, essere qualcosa che dimostra particolari capacità degli studenti che devono essere premiate nell’ambito di un’azione meritocratica, che parte cioè dagli oggettivi risultati di coloro che riescono a sollevarsi dalla media. Dunque, il merito dovrebbe essere la ricerca degli elementi di eccellenza in un sistema che deve, contemporaneamente, avere attenzione ai bisogni di inclusione, supporto, accompagnamento, azioni dirette sulle persone. Continua a leggere

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