di Antonio Valentino
- “La grande rivoluzione del merito”, annunciata dal Ministro a tambur battente a fine marzo, si è materializzata nelle sue linee portanti il 5 aprile col Decreto n. 63 e con la Circolare ministeriale, stessa data, con oggetto: Avvio delle iniziative propedeutiche all’attuazione delle Linee guida sull’orientamento[1] – A.S.2023-2024 (sottotitolo: Il tutor scolastico: prime indicazioni).
Dal Decreto si derivano essenzialmente queste indicazioni:
- si destinano 150 milioni di euro alle istituzioni scolastiche statali del II ciclo di istruzione e più precisamente alle ultime tre classi -, per ‘valorizzare’ l’impegno dei docenti chiamati a svolgere la funzione di tutor e di orientatore”.
- si precisano i requisiti dei docenti interessati per l’accesso alla formazione – a carico dell’Indire e per la durata di 20 ore -: condizione per svolgere le funzioni delle due figure;
- si prevede che le iniziative da mettere in campo siano destinate alle classi del secondo biennio e dell’ultimo anno del Secondo Ciclo e che le figure saranno attive a partire dal prossimo anno scolastico.
La Circolare Ministeriale definisce invece in modo particolare le cose fondamentali che c’è da sapere: gli obiettivi dell’orientamento, le attività che devono svolgere le due figure e la consistenza dei raggruppamenti di studenti destinatari delle attività proposte; la consistenza come criterio per il compenso alle due figure.
- Quanto agli obiettivi dell’operazione, si precisa che sono: (a) rafforzare il raccordo tra il primo e il secondo ciclo di istruzione e formazione, per permettere una scelta consapevole che valorizzi le potenzialità e i talenti degli studenti e, inoltre, (b) contribuire alla riduzione della dispersione scolastica e dell’insuccesso scolastico e (c) favorire l’accesso alle opportunità formative dell’istruzione terziaria”.
Obiettivi sostanzialmente condivisibili se solo non evidenziassero una vistosa incongruenza.
Praticamente si dice: obiettivo urgente e prioritario è il raccordo tra la secondaria di primo grado e il biennio successivo – per le ragioni a tutti note -, ma il decreto prevede di intervenire prioritariamente sulle ultime tre classi della secondaria. Così. Un arcano.
- Rispetto poi alle attività del docente tutor, le stesse che di fatto assorbono quelle più significative nei percorsi di orientamento, sono ricondotte alle seguenti due:
- aiutare ogni studente a rivedere su una apposita piattaforma[2] “digitale unica”…., le parti fondamentali che contraddistinguono ogni E-port-folio personale (cioè percorso di studi; sviluppo delle competenze; a sviluppare riflessioni “in chiave valutativa, auto-valutativa e orientativa sul percorso svolto e, soprattutto, sulle sue prospettive”; a provvedere alla “scelta di almeno un prodotto, riconosciuto criticamente dallo studente come il proprio ‘capolavoro’ (sic!)”. E questo, per ciascun anno scolastico e formativo,
- “costituirsi consigliere delle famiglie” nei momenti di scelta dei percorsi formativi o delle prospettive professionali dello studente.
Il docente orientatore si farà invece carico di “gestire i dati forniti dal Ministero preoccupandosi “di raffinarli [ohibò] e di integrarli con quelli specifici raccolti nelle differenti realtà economiche territoriali e metterli a disposizione di docenti, famiglie e studenti”. Una figura praticamente “a sostegno dell’orientamento”, come si legge nella Circolare più volte citata.
La cosa, anche qui, un po’ strana e misteriosa, è la denominazione delle due figure: il docente che svolge tutte le funzioni tipiche dell’orientatore/di orientamento viene chiamato tutor e chi raccoglie dati dalla piattaforma dedicata e li ‘raffina’ (!) e li integra e li diffonde tra docenti e genitori, lo si chiama orientatore. Mah!
- Però ai fini di una funzionalità sensata dell’intera operazione, l’aspetto che pone più interrogativi è il numero delle risorse professionali da mettere in campo. Il Ministro nell’ultima intervista al Corriere, dove preannunciava “la grade rivoluzione del merito”, declamava trionfalmente che “sono in arrivo 100.000 tutor”. Una cifra impressionante e sorprendente, con un sottotesto facilmente intuibile.
I dati per venirne a capo e capirne il valore ce li offre la già citata Circolare ministeriale del 5 aprile.
Questi i parametri numerici della Circolare ministeriale: 1 tutor ogni 30 studenti; studenti che possono diventare anche 50, se 30 vi sembran pochi. (Nella circolare si parla addirittura di raggruppamenti, lasciando così pensare di raccogliere ragazzi di classi diverse per arrivare ai numeri previsti: tutti con un unico tutor!).
Stiamo parlando di una funzione, come si può dedurre da quanto riportato al precedente punto 3, molto delicata e pesante per compiti, responsabilità, oltre che per numero dei soggetti con cui rapportarsi; funzione che si affianca, nella stessa persona, a quella di docente ( 3 e più classi da gestire) in nessun modo alleggerita.
Pensate solo al “dialogo costante con lo studente, la sua famiglia e i colleghi coinvolti nell’attività didattica rivolta al singolo studente, ecc. ecc.”, moltiplicato per 30, 40, 50 ragazzi, famiglie ecc..
Spiderman o lo stesso Batman, ne uscirebbero vivi?
Il tutto con un compenso accessorio annuo compreso tra i 2800 euro a 4.700 lordo stato. Da scialarci, se ci pensate. (Per il docente ‘orientatore’ – uno per ogni istituzione scolastica – il compenso va da 1.500 euro lordo Stato a 2.000 euro, sempre lordo Stato: si sciala di meno, ma si sopravvive di più).
Quelli qui sopra indicati sono gli impegni sull’orientamento delle scuole del secondo ciclo per le quali sono stati stanziati dal ministero i 150 milioni di euro di cui al Decreto del 5 aprile.
- Dal prossimo anno sono previste inoltre iniziative di formazione per gli studenti, a carico dei fondi PNRR, che interesseranno classi della Secondaria.
Consideriamole nel riquadro che segue:
- Percorsi formativi di 15 ore per ciascun studente nel corso degli ultimi 3 anni delle scuole del secondo ciclo della secondaria (5 h x anno) “da erogare con modalità curricolare ed extracurricolare”. Saranno organizzati dalle Università sulla base di accordi con le scuole. Praticamente, se ho capito bene: 5 ore per anno scolastico! Su tematiche, di tutto rispetto: dal conoscere il contesto della formazione superiore / i settori di lavoro / gli sbocchi occupazionali / i lavori del futuro; al fare esperienza di didattica disciplinare attiva, partecipativa laboratoriale; dall’autovalutare, verificare consolidare le proprie conoscenze, al consolidare competenze riflessine e trasversali, al ….. Tutto sempre in 5 ore annue per tre anni. Manca solo – se è possibile – una lezione con conseguenti esercitazioni (che sarebbe sicuramente molto apprezzata dai ragazzi, su Le fughe dalle lezioni ovvero Saltare scuola come esperienze di vita).
- Percorsi formativi previsti dalle Linee guida per l’Orientamento (Decreto n. 328 del 22 dicembre 2022), 1. per le le scuole della Secondaria di primo grado e per il primo biennio della secondaria di secondo grado, di almeno 30 ore di orientamento anche extracurricolari, per ogni anno di corso; 2. per l’ultimo triennio della Secondaria di secondo grado, altrettante ore, queste però curricolari, per ogni anno. Per questi ultimi si concede che si possono integrare, qualunque cosa ciò significhi, con le 15 ore gestite dei percorsi universitari e con i percorsi PICTO.
- Un altro punto di attenzione riguarda la natura giuridica delle ‘figure’ introdotte. Quello che si capisce è che non si tratta delle figure di sistema prefigurate dall’articolo 21 della Legge 59/1997, col quale si istituisce l’autonomia scolastica. Presumibilmente si tratterà ancora di docenti che coprono funzioni specifiche ma in modo volatile, occasionale, e spesso senza che se ne abbia adeguata preparazione e competenza.
Va anche considerato che i famosi 150 milioni previsti per ‘la valorizzazione degli insegnanti’ impegnati nelle funzioni di tutor e orientatore valgono solo per il corrente anno finanziario. Quindi, sotto questo aspetto, la prospettiva è ancora una navigazione a vista?
- L’impressione che un po’ si deriva dai dati e dalle iniziative sopra riportati è che questa ‘riforma’, è quella di una debolezza complessiva di visione e di strategie appropriate.
Alla base di una valutazione di questo tipo c’è la convinzione, molto diffusa tra docenti e dirigenti del secondo ciclo e delle ultime classi del primo, che l’orientamento – come anche l’insuccesso scolastico e la dispersione – non è un problema per la cui soluzione ci si può lavare le mani pensando di uscirne introducendo nelle scuole figure di cirenei, da formare con 20 ore di corsi, e condendo il tutto con percorsi formativi per gli studenti, che sono anch’essi un punto di domanda.
Assenti gli insegnanti come comunità professionale. Scompare il CdC a cui comunque dovrebbe essere il compito principale della formazione dei ragazzi. C’è invece il cireneo solitario che si fa carico di tutto e anche delle famiglie.
Sbarazziamo il campo da un possibile equivoco. Nessuno può ovviamente pensare che non siano necessarie, per questa come per altre operazioni dello stesso tipo, figure di coordinamento delle diverse azioni e iniziative dei percorsi formativi da prevedere nelle sedi proprie.
In una organizzazione complessa come la scuola, le figure di coordinamento sono fondamentali.
Ma che siano però figure di sistema: docenti cioè con un profilo potenziato, definito giuridicamente e contrattualmente. Non volatili e casuali.
E ancora: non è in discussione la presenza nella scuola secondaria di un counselor o un mentor, come figure professionali anche esterne (con competenze da attingere anche dalla psicologia dinamica), per le situazioni problematiche più complesse della classe.
Ma i soggetti da valorizzare in questa importante partita non sono forse i docenti tutti della classe, come gruppo professionale, sulla base di un progetto condiviso per orientamento? Non è ciò che sa qualsiasi persona che si intende un po’ di scuola?
- Interrogativi questi che riportano in primo piano due questioni – anch’esse complesse e difficili e non più rinviabili – che rappresentano altrettante risposte a due criticità della nostra scuola, che proprio una riforma dell’orientamento avrebbe dovuto prevedere nelle modalità possibili:
– la visione dell’insegnamento disciplinare capace di produrre una idea aperta della conoscenza e di sviluppare competenze di prim’ordine; come l’integrazione dei saperi, la correlazione e l’osservazione, con occhi e sguardi diversi, dei diversi oggetti di studio e apprendimento (competenze di base in ogni discorso sull’orientamento);
– la pratica di didattiche individualizzate/personalizzate[3], che, quando ‘agite’ con professionalità, possono creare ponti preziosi tra caratteristiche delle materie scolastiche e caratteristiche degli studenti (quest’ultime in termini di bisogni, attese, aspirazioni, ma anche di specifici ritmi e modalità di apprendimento, di tipo di intelligenza e capacità linguistiche, di prerequisiti cognitivi). Pratiche che, come sanno in tanti nelle scuole, diventano didattiche orientative quando guardano all’insegnamento disciplinare anche come ‘strumento’ per sviluppare capacità trasversali (soft skills); con particolare riferimento alla riflessività, alla comunicazione efficace, all’ascolto attivo, al problem setting & solving, alla flessibilità …,).
9. Ancora un’ultima considerazione. Legata alla percezione che questa ‘riforma’ dell’orientamento sembra abbia scelto di ignorare le esperienze positive e innovative di tante nostre scuole.
Il riferimento è alle pratiche, didattiche – diffuse tra l’altro nei nostri Istituti più di quanto non si creda – come il debate o lavori di gruppo opportunamente strutturati o attività di autovalutazione dello studente, esperienze di peer education: utili certamente per apprendimenti disciplinari più solidi e duraturi, ma utili anche per sviluppare competenze necessarie per orientarsi con consapevolezza e sensatezza anche nella scelta tra i diversi percorsi scolastici o professionali; o più in generale, nelle scelte di vita.
Ma il riferimento è anche
– ai Centri di Informazione e Consulenza gestiti da docenti di riferimento (tutor per l’orientamento nominati dal ds), diffusamente attivi nella secondaria di secondo grado e previste dal PTOF di istituto e
– ai percorsi formativi gestiti da insegnanti in genere di materie scientifiche o tecnologiche del secondo ciclo, per classi terminali del primo ciclo (l’ex terza media).
Che dire conclusivamente, a seguito delle analisi e riflessioni critiche di questo contributo?
Solo che all’autore è del tutto estraneo l’idea di alimentare – nei cinque o sei che in esso incappassero – tentazioni di disimpegno rispetto alle iniziative che le scuole sono chiamate a mettere in campo in base alle indicazioni del Decreto e materiali connessi.
L’intento è stato piuttosto quello di riportare in primo piano le opportunità che offre la tematica dell’orientamento per il rinnovamento della nostra scuola (la centralità del ruolo della comunità professionale e dei C.d.C come gruppo di lavoro: in primo luogo attraverso didattiche individualizzate e orientative e un coordinamento responsabile delle attività; ma anche attraverso il coinvolgimento del gruppo classe). Opportunità che non sono in alternativa o in contrapposizione a quelle previste dall’impianto ministeriale e da recuperare opportunamente, e nei tempi giusti, attraverso un eventuale, apposito Piano di Istituto.
Comunque se all’intento non corrispondono gli esiti attesi, preme qui chiarire manzonianamente che “non si è fatta apposta”.
[1]Nota ministeriale del 22 dicembre 2022
[2] Con tutte queste piattaforme si ha a volte l’impressione che l’autonomia opportunamente regolata [Piero Romei] sia sempre più declinata come autonomia uniformata.
[3]Istruzione individualizzata non significa ovviamente istruzione individuale, generalmente realizzata in un rapporto 1 ad 1. Essa, come è noto, consiste piuttosto nell’adeguare l’insegnamento alle caratteristiche individuali di ciascuno cercando di permettere al singolo di conseguire individualmente obiettivi comuni al resto della classe. Altro è l’istruzione personalizzata che tende invece a traguardi diversi e personali per ciascuno, ponendo per ognuno obiettivi differenti.