Inno a Lagioia
Antefatto
In data 28/03/20<24 il ministro dell’Istruzione e del Merito, Valditara, pubblica il seguente tweet: “Se si è d’accordo che gli stranieri si assimilino sui valori fondamentali iscritti nella Costituzione ciò avverrà più facilmente se nelle classi la maggioranza sarà di italiani, se studieranno in modo potenziato l’italiano laddove già non lo conoscano bene, se nelle scuole si insegni approfonditamente la storia, la letteratura, l’arte, la musica italiana, se i genitori saranno coinvolti pure loro nell’apprendimento della lingua e della cultura italiana e se non vivranno in comunità separate.”
Lo scrittore Nicola Lagioia critica ironicamente Valditara per le scorrettezze grammaticali che contiene il tweet. Per tutta risposta il ministro querela lo scrittore chiedendo 20 mila euro di risarcimento.
Lagioia commenta così la querela del ministro: “La mia colpa consisterebbe nell’aver criticato mesi fa, alla trasmissione “Che sarà” di Serena Bortone su Rai3, lo stile di un suo tweet, scritto a mio parere molto male sulla limitazione degli stranieri nelle classi italiane. Quel tweet fu attaccato da tantissime persone in quei giorni per la sua nebulosità, con toni ben più aspri del mio. Ma il ministro decide di querelare me. Il ministro si è sentito leso per come l’ho preso in giro in trasmissione, suggerendo che venisse sottoposto lui al test di italiano per stranieri. Nel paese in cui l’ultimo Nobel per la letteratura è andato a chi “nella tradizione dei giullari medievali fustiga il potere e riabilita la dignità degli umiliati” [il riferimento è a Dario Fo, Premio Nobel 1997 per la Letteratura] credevo fosse lecito. Ma forse non siamo più quel paese.”
Qualche riflessione
In un Paese normale un ministro dell’istruzione probabilmente occuperebbe il suo tempo innanzi tutto per cercare di risolvere i tanti problemi che presenta la scuola e la scuola italiana ne presenta non pochi e di non poco conto: il tasso di dispersione scolastica più alto in area UE, uno dei tassi di Neet più alti in Europa, una retribuzione dei docenti al di sotto della media UE, un sistema di reclutamento del personale farraginoso e poco incisivo, un appesantimento burocratico della vita scolastica che irrigidisce e ingessa il sistema, un avvio dell’anno scolastico sempre molto problematico e con frequenti perturbazioni nella vita delle istituzioni scolastiche ecc. ecc.
Insomma ci sarebbe di che rimboccarsi le maniche e darsi da fare, invece che inseguire le critiche (ancora legittime? Cfr art. 21 cost) dello scrittore di turno.
Ma si potrà eccepire che il ministro ha il diritto di difendere la propria onorabilità offesa dallo scrittore. Per la verità in questa vicenda chi è stata profondamente offesa è stata la lingua italiana, strapazzata dal ministro con un utilizzo quanto meno funambolesco del periodare, con l’uso ossessivo dell’anafora (“se… se… se…”), con qualche errore morfologico-sintattico (“se nelle scuole si insegni…”) e con un uso alquanto disinvolto della punteggiatura.
Questo per quanto riguarda la forma. Se si entra nel merito dei contenuti del tweet del Ministro, si può facilmente verificare che finora il responsabile del dicastero non ha trovato alcuna soluzione credibile per far sì che nelle classi la maggioranza degli studenti sia costituita da italiani (almeno nelle aree del Paese più interessate ai processi migratori).
Ma poi la galassia degli studenti “stranieri” è così variegata che la stessa aggettivazione di “straniero” risulta fuorviante: sotto questa etichetta, infatti, vengono ricompresi ragazzi e ragazze appena arrivati in Italia e altri che invece sono nati in Italia da genitori stranieri ma che non sono riconosciuti come cittadini italiani solo perché abbiamo una legislazione retrograda e indegna di un Paese civile, peraltro pervicacemente voluta e tenuta in essere dalla maggioranza politica di cui fa parte lo stesso ministro Valditara.
E d’altro canto, quanto dice il ministro in riferimento agli studenti stranieri sulla necessità di un insegnamento approfondito della “storia, la letteratura, l’arte, la musica italiana”, vale anche per i cittadini italiani se è vero che, da quanto emerge dalla recente indagine OCSE-PIAAC, un adulto italiano su tre è un analfabeta funzionale, ossia sa leggere e scrivere, ma incontra grandi difficoltà a comprendere, assimilare o utilizzare le informazioni lette.
Un’ultima annotazione: queste polemiche sembrano capitare a fagiolo per distogliere l’attenzione dai veri problemi della scuola, problemi che non sono costituiti dai vari Nicola Lagioia, Giulio Cavalli o Christian Raimo. Anzi, in una democrazia matura, la critica verso i responsabili politici è salutare perché sancisce in modo inequivocabile la differenza tra l’essere cittadini ed essere sudditi.