La pedagogia del bau bau e del miao miao

di Mario Maviglia

Da un punto di vista politico questo è un periodo d’oro per gli animali. Dopo la performance “canina”, a base di bau bau, dell’on. Augusta Montaruli, deputata di FdI, che nel corso di un dibattito televisivo ha esibito forme di identificazione empatica non comuni con il mondo dei canidi, si è aggiunta una nota molto ispirata della Sottosegretaria MIM, Paola Frassinetti, anche lei di FdI, dedicata questa volta al gatto, in occasione della festa nazionale di questo felino, celebrata il 17 febbraio.
È importante ricordare – dice la Sottosegretaria – che bisogna potenziare diritti e tutele di questi speciali felini. Mi riferisco per esempio ai gatti delle colonie che vivono liberi ed hanno diritto di stare nel loro habitat e di essere gestiti dai servizi dei comuni per avere garantite le cure veterinarie. Come è importante garantire l’apposizione del microchip per risolvere il problema del randagismo. Anche nelle scuole, con le nuove linee guida sull’educazione civica, abbiamo inserito l’insegnamento del rispetto verso tutti gli animali”.

Da un veloce controllo del testo delle Linee guida, occorre in effetti dare ragione alla Sottosegretaria; in quel documento si sottolinea più volte l’importanza di educare al rispetto verso gli animali: “Assumere comportamenti rispettosi e di cura verso gli animali … Curare gli ambienti, rispettare i beni pubblici e privati così come le forme di vita (piante, animali) che sono state affidate alla responsabilità delle classi … Tutela dei diritti umani, della salute, della proprietà privata, della difesa dei beni culturali e artistici, degli animali e dell’ambiente”. Continua a leggere

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Gianni Milano, quando a Torino nasceva la pedagogia cooperativa

di Gianni Giardiello

Ho conosciuto Gianni Milano, tanti, tantissimi anni fa. nei primi anni ’60, entrambi insegnanti elementari alle prime armi, entrambi frutti un po’ acerbi degli insegnamenti di Francesco De Bartolomeis. Lui più precoce di me di un paio d’anni aveva già ricercato e contattato alcuni esponenti del movimento italiano che faceva riferimento alla pedagogia popolare di Celestin Freinet, il Movimento di Cooperazione Educativa.
Aveva già capito che le idee di quel movimento pedagogico erano assai simili alle sue, al suo modo libertario di intendere il rapporto fra maestro e alunni, a cominciare dalla capacità/ necessità che il maestro si metta al servizio degli apprendimenti di tutti gli alunni a partire da quelli più deboli, alla importanza di costruire un ambiente educativo favorevole alla cooperazione, alla analisi critica degli avvenimenti e al confronto delle idee, proponendo tecniche e strumenti di lavoro in classe capaci di favorire tutto ciò. Ci ritrovammo insieme nel nascente gruppo MCE di Torino con Fiorenzo Alfieri, Daria Ridolfi, Silvana Mosca, e altri.
In quel gruppo Gianni portò subito i suoi interessi per le problematiche dei gruppi umani più indifesi per le questioni del sottosviluppo, dello sfruttamento, delle guerre. Scoprimmo subito di avere un comune interesse per la didattica della storia nella scuola elementare e media, e ci mettemmo insieme a lavorare sui problemi di quegli insegnamenti. Continua a leggere

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Gianni Milano, il “maestro capellone” non è più con noi

Gianni Milano (foto dalla sua pagina FB)

di Maria Carla Micono

La notizia della scomparsa di Gianni Milano, il maestro Gianni, mi ha trascinata sulla strada dei ricordi.
Erano gli anni ’70, insegnavo nelle classi differenziali a Ciriè, e Gianni si era trasferito in città; egli aveva ottenuto la titolarità nel plesso Bruno Ciari, appartenente alla mia stessa Direzione Didattica. Erano gli anni dell’espansione del Tempo pieno, e questo nuovo maestro, capellone, che portava i bambini a conoscere la natura e gli animali, stava “rompendo gli schemi” rispetto alla classica figura dell’insegnante, in una conservatrice cittadina di provincia. Non sempre concordavamo nelle ide e nelle programmazioni, ma piano piano mi accorsi che mi capiva quando avevo difficoltà con i bambini disabili, ed io capivo lui quando parlava di Freinet e della scuola attiva.
Ci fu sempre stima reciproca, tanto che, quando presi servizio come Direttrice Didattica a Ciriè, e Gianni ottenne il trasferimento all’Istituto Magistrale di Lanzo, portava nella scuola che io dirigevo i suoi studenti a “fare il tirocinio”.
E cosi mi incontravo spesso con lui, e parlavamo di scuola, delle nuove metodologie, e, già allora, di un rinnovamento del tempo pieno….perche, diceva, bisogna aiutare gli insegnanti altrimenti realizziamo un “doppio tempo normale!” Grande Gianni!
L’ho ritrovato circa un anno fa: era in sedia a rotelle, ma gli occhi vispi del “maestro capellone” erano ancora gli stessi. Ci siamo abbracciati ricordando le esperienze passate.
Grazie Gianni. Buon viaggio!

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Adriano Olivetti e il suo messaggio educativo

di Silvia Sartorio

Quello che proponiamo è il testo dell’intervento che Silvia Sartorio, insegnante di scuola primaria che da tempo studia il pensiero e l’opera di Adriano Olivetti, ha svolto  nella mattinata del 31 gennaio in occasione del Congresso provinciale di Cisl Scuola presso le Officine H a Ivrea.  

Siamo a Ivrea,  nel cuore delle architetture olivettiane, vita pulsante della “Fabbrica” Olivetti, come di consueto la definiva l’ingegner Olivetti (in realtà era un’industria multinazionale con consociate sparse in tutto il mondo).
La mia sarà una introduzione sintetica con brevi cenni al luogo dove oggi ci troviamo riuniti per poi condurvi attraverso alcuni concetti ricorrenti dell’etica olivettiana relativi alla formazione integrale della persona in un’ottica pedagogica e andragogica e di life long learning.

Per necessaria brevità i miei saranno solo cenni, spero significativi, e mi scuso fin da ora con coloro che già conoscono la storia di Adriano e della Olivetti perché radicati sul Territorio, o per esperienze di vita o di lavoro o per studi di interesse.

Partiamo dunque dal luogo in cui oggi si svolge il Congresso.
Siamo ospitati nel Polo Officina, cosiddetta, H, una sede che raccoglie enti formativi e culturali che sono certa Adriano avrebbe apprezzato.
L’officina H è situata nel cuore del distretto di architettura industriale olivettiana che a partire dal 2001, è diventato sede del “Museo a cielo aperto dell’architettura moderna” , MAAM, e fa parte del Quarto Ampliamento progettato dagli architetti Figini e Pollini e rimaneggiato da Eduardo Vittoria che progettò per sopravvenute esigenze di spazio la copertura del cortile interno per ospitare grandi lavorazioni con torni automatici e presse e le linee di montaggio. Continua a leggere

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La nuova educazione civica di Valditara entrerà nella storia. Statene certi.

di Aristarco Ammzzacaffè

(ricordiamo che l’ebook di Aristarco Ammazzacaffè I ministri dell’Istruzione da Moratti a Valditara citato in questo intervento viene inviato gratuitamente a tutti gli iscritti alla associazione)

L’intervista e il contesto

Finalmente in tutte le scuole italiane dal settembre scorso (2024) è approdata la Nuova Educazione Civica (N.E.C.).
Basta chiedere a insegnanti, ds e studenti per capire questo nuovo miracolo che illuminerà le nostre scuole.

A tutt’oggi – a essere obiettivi fino in fondo – c’è ancora in giro aria di scarso interesse.

– Però visibilmente festosa – annota il Ministro, rallegrandosi, ma anche pensando alla difficoltà del parto: il Decreto, con le Linee guida, elaborato in pieno ferragosto, quando anche il governo tutto era sotto l’ombrellone e affini.
Il pur primario dovere familiare di tornarsene a Milano – dove l’ aspettavano con ansia assolata, parenti ed amici – non l’ha avuta vinta. Quando uno dice: la tempra!

E quindi, in pieno periodo ferragostano (13 agosto) – così raccontano le cronache – il Ministro era ancora lì, a Roma, al suo posto, a farsi intervistare proprio sulla N.E.C. da un giornalista del Messaggero, gocciolante di sudore (povero!) dalla testa ai piedi. Lui però, il Ministro, niente. Neanche una goccia; e in giacca e cravatta. Continua a leggere

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Inno a Lagioia

di Mario Maviglia

Antefatto

In data 28/03/20<24 il ministro dell’Istruzione e del Merito, Valditara, pubblica il seguente tweet: “Se si è d’accordo che gli stranieri si assimilino sui valori fondamentali iscritti nella Costituzione ciò avverrà più facilmente se nelle classi la maggioranza sarà di italiani, se studieranno in modo potenziato l’italiano laddove già non lo conoscano bene, se nelle scuole si insegni approfonditamente la storia, la letteratura, l’arte, la musica italiana, se i genitori saranno coinvolti pure loro nell’apprendimento della lingua e della cultura italiana e se non vivranno in comunità separate.”

Lo scrittore Nicola Lagioia critica ironicamente Valditara per le scorrettezze grammaticali che contiene il tweet. Per tutta risposta il ministro querela lo scrittore chiedendo 20 mila euro di risarcimento. Continua a leggere

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Un “assalto al cielo” lungo mezzo secolo

di Carlo Firmani
dirigente scolastico del Liceo Socrate di Roma

Cari studenti,
come ogni tardo autunno, in alcune scuole “superiori” di Roma si ripetono le “occupazioni”. Stanco rito? Ennesima e ripetitiva puntata di un serial lungo almeno mezzo secolo? Sottrazione di diritti alla grande maggioranza degli studenti che non partecipano all’ “azione”? Secondo me si, come ho sempre ripetuto agli studenti, ma non ci vuole davvero molto per poterlo sostenere, come peraltro condiviso dalla grande maggioranza dei commenti che compaiono sui media o che possiamo ascoltare dai nostri interlocutori. A partire da qui e dalle rivendicazioni opposte dei favorevoli alle occupazioni si alimenta e cresce, anno dopo anno, una contrapposta retorica, la fondatezza delle cui affermazioni non appare utile approfondire ulteriormente, vista la cristallizzazione delle posizioni che ha prodotto e lo stallo cui ha condotto fin qui.

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Giocare alla guerra o educare alla pace?

Stefaneldi Mario Maviglia Nella recente Fiera del Levate di Bari l’Esercito Italiano ha allestito uno stand significativamente attrattivo, sotto lo slogan L’Esercito 4.0. Proiettati nel futuro con lo sguardo nel passato. Particolarmente suggestive (a detta della stampa) sono apparse le attrazioni pensate per i bambini e i giovani. Gli organizzatori parlano di oltre 100 mila persone che hanno visitato lo stand. Lo scopo di questa iniziativa era evidentemente quello di promuovere l’arruolamento dei giovani, anche come prospettiva di lavoro per i ragazzi e le ragazze del Mezzogiorno. Eppure queste manifestazioni appaiono quanto meno inopportune se si considera che in tante parti del mondo, anche a noi vicine, vi è una recrudescenza dei conflitti bellici e il ricorso alle armi sembra aver soppiantato la diplomazia e il dialogo quali strumenti per risolvere le controversie tra i Paesi. Il fatto che a subirne le conseguenze mortali di queste contese giocate sul piano militare siano soprattutto i civili (e in modo particolare quelli delle classi popolari), rende ancor più odiosa questa deriva bellicista e guerrafondaia. Continua a leggere

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L'etica del limite

di Cinzia Mion Sto pensando ai molti interrogativi che suscitano in questi giorni certi comportamenti violenti di adolescenti, o giovani in genere, che mettono in crisi gli adulti e la scuola. All’ interno della fenomenologia dell’adattamento sociale, preso atto di quella che qualcuno oggi chiama giustamente “emergenza educativa” compare grande come una casa il problema dell’incapacità dei genitori ad assumere il “no” che sta alla base delle regole ed appunto alla radice dell’etica del limite. Sembra quasi una banalità ma teniamo presente che, contrariamente ad un passato recente, quando erano i bambini a temere di non essere amati abbastanza dai genitori, oggi sono i genitori ad avere questa paura. Ricordiamoci poi, come ricorda Pietropolli Charmet, che oggi nella culla non viene più depositato “edipo”, bambino pulsionale, bisognoso di regole, ma viene depositato “narciso”: il cucciolo d’oro, su cui cresceranno ben presto aspettative grandiose (da ciò l’eccessiva enfasi sulle prestazioni dei figli: scolastiche, sportive, artistiche, ecc) che farà perdere il controllo ad alcuni genitori “adolescenziali a loro volta” – in fondo incapaci di contenere la rabbia violenta, scaturente dalla frustrazione- che stanno aggredendo i docenti. Genitori che probabilmente, quando il loro figlio è arrivato alla fase “dell’opposizione”, da collocarsi sempre più precocemente verso l’anno di vita che non verso i due, descritta come “bisogno di potere o affermazione di sè”, non è in grado di sopportare e “contenere” i capricci e le pretese del bambino, senza andare in tilt e senza paura di entrare in conflitto con un bambino alto un soldo di cacio. Qualcuno dovrebbe insegnare loro (ecco la necessità del sostegno alla genitorialità) che devono mantenersi tranquilli, “solidamente” dentro al loro ruolo educativo, mantenendo la posizione assunta del “no” senza urlare ed andare in pezzi, resistendo ai tentativi manipolatori del proprio figlio. Continua a leggere

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La mia generazione – professionale – ha perso…

di Marco Guastavigna La mia generazione – professionale – ha perso… … ma si ostina a non volerlo capire. Cosa voglio dire? Mi riferisco, ad esempio, all’idea della conoscenza e dell’istruzione come cooperazione. Per la mia generazione era un valore, ancora prima che un principio, e aveva una vocazione trasformativa, della realtà e dei rapporti in cui si operava, prima ancora che dell’agire didattico. Apprendimento su base mutualistica, zona di sviluppo prossimale, lavori di gruppo erano tentativi militanti di costruzione di “un mondo” diverso, alternativo, perfino conflittuale. Poi ci si è illusi che concepire la cooperazione come metodo, asettico e quindi generalizzabile “a prescindere” dal posizionamento rispetto al modello socio-economico, fosse una scelta evolutiva, progressiva, inclusiva, estensiva della democraticità dell’insegnamento e dell’apprendimento. E, in un attimo, siamo scivolati in approcci la cui matrice si colloca all’opposto delle intenzioni iniziali, perché si pone come obiettivo trasversale il potenziamento dell’efficienza individuale e – al più – del team di appartenenza: gamificazione (ottimo allenamento per il lavoro taskificato in singole prestazioni e controllato dagli algoritmi), debate (discussione competiva), pitch elevator (verso l’autoimprenditorialità), escape room (non per caso apprezzata anche dai marines). Questa accettazione poco consapevole (anzi, assai spesso negata!), di un lessico, di un campo concettuale e di una visione del mondo opposti a quelli della nostra gioventù, condita di ciò che Harari chiama la visione ingenua dell’informazione, ha avuto esiti che – a volerli cogliere – sono davvero devastanti. Da una parte continue ricadute nella nostalgia professionale, con patetiche, rituali, celebrazioni dei fasti di un pensiero passato e autodemolitosi che ci si vuole illudere possa essere invece ancora egemone. Dall’altra uno scontro violento e fratricida con i retro-attivisti, ovvero coloro che si illudono di portare la bandiera dell’equità e della scuola della Costituzione con l’asta giusta, senza accorgersi che il loro vessillo, invece, sventola con quello del conservatorismo e del rifiuto di ogni messa in discussione dell’assetto della scuola, accusata anzi di aver perso le sue caratteristiche imprescindibili: serietà, severità e selezione.]]>

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