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Inno a Lagioia

di Mario Maviglia

Antefatto

In data 28/03/20<24 il ministro dell’Istruzione e del Merito, Valditara, pubblica il seguente tweet: “Se si è d’accordo che gli stranieri si assimilino sui valori fondamentali iscritti nella Costituzione ciò avverrà più facilmente se nelle classi la maggioranza sarà di italiani, se studieranno in modo potenziato l’italiano laddove già non lo conoscano bene, se nelle scuole si insegni approfonditamente la storia, la letteratura, l’arte, la musica italiana, se i genitori saranno coinvolti pure loro nell’apprendimento della lingua e della cultura italiana e se non vivranno in comunità separate.”

Lo scrittore Nicola Lagioia critica ironicamente Valditara per le scorrettezze grammaticali che contiene il tweet. Per tutta risposta il ministro querela lo scrittore chiedendo 20 mila euro di risarcimento. Continua a leggere

Un “assalto al cielo” lungo mezzo secolo

di Carlo Firmani
dirigente scolastico del Liceo Socrate di Roma

Cari studenti,
come ogni tardo autunno, in alcune scuole “superiori” di Roma si ripetono le “occupazioni”. Stanco rito? Ennesima e ripetitiva puntata di un serial lungo almeno mezzo secolo? Sottrazione di diritti alla grande maggioranza degli studenti che non partecipano all’ “azione”? Secondo me si, come ho sempre ripetuto agli studenti, ma non ci vuole davvero molto per poterlo sostenere, come peraltro condiviso dalla grande maggioranza dei commenti che compaiono sui media o che possiamo ascoltare dai nostri interlocutori. A partire da qui e dalle rivendicazioni opposte dei favorevoli alle occupazioni si alimenta e cresce, anno dopo anno, una contrapposta retorica, la fondatezza delle cui affermazioni non appare utile approfondire ulteriormente, vista la cristallizzazione delle posizioni che ha prodotto e lo stallo cui ha condotto fin qui.

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Giocare alla guerra o educare alla pace?

Stefaneldi Mario Maviglia

Nella recente Fiera del Levate di Bari l’Esercito Italiano ha allestito uno stand significativamente attrattivo, sotto lo slogan L’Esercito 4.0. Proiettati nel futuro con lo sguardo nel passato.
Particolarmente suggestive (a detta della stampa) sono apparse le attrazioni pensate per i bambini e i giovani. Gli organizzatori parlano di oltre 100 mila persone che hanno visitato lo stand. Lo scopo di questa iniziativa era evidentemente quello di promuovere l’arruolamento dei giovani, anche come prospettiva di lavoro per i ragazzi e le ragazze del Mezzogiorno.
Eppure queste manifestazioni appaiono quanto meno inopportune se si considera che in tante parti del mondo, anche a noi vicine, vi è una recrudescenza dei conflitti bellici e il ricorso alle armi sembra aver soppiantato la diplomazia e il dialogo quali strumenti per risolvere le controversie tra i Paesi.
Il fatto che a subirne le conseguenze mortali di queste contese giocate sul piano militare siano soprattutto i civili (e in modo particolare quelli delle classi popolari), rende ancor più odiosa questa deriva bellicista e guerrafondaia. Continua a leggere

L’etica del limite

di Cinzia Mion

Sto pensando ai molti interrogativi che suscitano in questi giorni certi comportamenti violenti di adolescenti, o giovani in genere, che mettono in crisi gli adulti e la scuola. All’ interno della fenomenologia dell’adattamento sociale, preso atto di quella che qualcuno oggi chiama giustamente “emergenza educativa” compare grande come una casa il problema dell’incapacità dei genitori ad assumere il “no” che sta alla base delle regole ed appunto alla radice dell’etica del limite.

Sembra quasi una banalità ma teniamo presente che, contrariamente ad un passato recente, quando erano i bambini a temere di non essere amati abbastanza dai genitori, oggi sono i genitori ad avere questa paura. Ricordiamoci poi, come ricorda Pietropolli Charmet, che oggi nella culla non viene più depositato “edipo”, bambino pulsionale, bisognoso di regole, ma viene depositato “narciso”: il cucciolo d’oro, su cui cresceranno ben presto aspettative grandiose (da ciò l’eccessiva enfasi sulle prestazioni dei figli: scolastiche, sportive, artistiche, ecc) che farà perdere il controllo ad alcuni genitori “adolescenziali a loro volta” – in fondo incapaci di contenere la rabbia violenta, scaturente dalla frustrazione- che stanno aggredendo i docenti.
Genitori che probabilmente, quando il loro figlio è arrivato alla fase “dell’opposizione”, da collocarsi sempre più precocemente verso l’anno di vita che non verso i due, descritta come “bisogno di potere o affermazione di sè”, non è in grado di sopportare e “contenere” i capricci e le pretese del bambino, senza andare in tilt e senza paura di entrare in conflitto con un bambino alto un soldo di cacio. Qualcuno dovrebbe insegnare loro (ecco la necessità del sostegno alla genitorialità) che devono mantenersi tranquilli, “solidamente” dentro al loro ruolo educativo, mantenendo la posizione assunta del “no” senza urlare ed andare in pezzi, resistendo ai tentativi manipolatori del proprio figlio. Continua a leggere

La mia generazione – professionale – ha perso…

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di Marco Guastavigna

La mia generazione – professionale – ha perso…
… ma si ostina a non volerlo capire.

Cosa voglio dire?

Mi riferisco, ad esempio, all’idea della conoscenza e dell’istruzione come cooperazione. Per la mia generazione era un valore, ancora prima che un principio, e aveva una vocazione trasformativa, della realtà e dei rapporti in cui si operava, prima ancora che dell’agire didattico.
Apprendimento su base mutualistica, zona di sviluppo prossimale, lavori di gruppo erano tentativi militanti di costruzione di “un mondo” diverso, alternativo, perfino conflittuale.
Poi ci si è illusi che concepire la cooperazione come metodo, asettico e quindi generalizzabile “a prescindere” dal posizionamento rispetto al modello socio-economico, fosse una scelta evolutiva, progressiva, inclusiva, estensiva della democraticità dell’insegnamento e dell’apprendimento.

E, in un attimo, siamo scivolati in approcci la cui matrice si colloca all’opposto delle intenzioni iniziali, perché si pone come obiettivo trasversale il potenziamento dell’efficienza individuale e – al più – del team di appartenenza: gamificazione (ottimo allenamento per il lavoro taskificato in singole prestazioni e controllato dagli algoritmi), debate (discussione competiva), pitch elevator (verso l’autoimprenditorialità), escape room (non per caso apprezzata anche dai marines).

Questa accettazione poco consapevole (anzi, assai spesso negata!), di un lessico, di un campo concettuale e di una visione del mondo opposti a quelli della nostra gioventù, condita di ciò che Harari chiama la visione ingenua dell’informazione, ha avuto esiti che – a volerli cogliere – sono davvero devastanti.
Da una parte continue ricadute nella nostalgia professionale, con patetiche, rituali, celebrazioni dei fasti di un pensiero passato e autodemolitosi che ci si vuole illudere possa essere invece ancora egemone.
Dall’altra uno scontro violento e fratricida con i retro-attivisti, ovvero coloro che si illudono di portare la bandiera dell’equità e della scuola della Costituzione con l’asta giusta, senza accorgersi che il loro vessillo, invece, sventola con quello del conservatorismo e del rifiuto di ogni messa in discussione dell’assetto della scuola, accusata anzi di aver perso le sue caratteristiche imprescindibili: serietà, severità e selezione.

La formula magica 4+2 per l’istruzione tecnica e professionale

di Raimondo Giunta

A partire da quest’anno scolastico avrà inizio la sperimentazione dei corsi di studio quadriennali dell’Istruzione secondaria tecnica e professionale, che dovrebbero assicurare agli studenti il raggiungimento degli obiettivi specifici di apprendimento e delle competenze già previsti per i normali corsi quinquennali, garantendo il conseguimento in anticipo del diploma di istruzione secondaria di secondo grado all’esito dell’Esame di Stato.
Sono 176 gli istituti che ospiteranno questi corsi e 95 sono collocati nel Sud.

Nei 4 anni di studio avranno grande rilievo le attività di alternanza scuola lavoro, il potenziamento delle discipline STEM, il processo di internazionalizzazione, la didattica laboratoriale e l’adozione di metodologie innovative.
È previsto il coinvolgimento di docenti aziendali, che avranno il compito di adeguare la formazione degli studenti ai bisogni del territorio e alle innovazioni.

E’ tratto caratteristico e identitario dei corsi 4+2 la scelta dell’integrazione con il mondo del lavoro.
Per dare inizio alla sperimentazione le scuole, infatti, hanno dovuto sottoscrivere almeno un accordo di partenariato con un’azienda del territorio, grazie al quale potrà essere sviluppata l’alternanza scuola-lavoro, ritornata alle 400 ore complessive per quattro anni di corso. La collaborazione delle aziende potrà, inoltre, consentire lo sviluppo di corsi specifici rispondenti alle singole esigenze territoriali, ricorrendo al potenziamento di una o più materie di indirizzo.

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La scuola che vorrei

di Raimondo Giunta

L’erba voglio non cresce e non è mai cresciuta da nessuna parte e tantomeno a scuola.
La scuola che ho voluto, anche se non è stata quella che potevo fare, mi ha aiutato nei tanti anni di servizio a superare le difficoltà del momento e a rendere migliore quella che abitavo .
La scuola è oggi spesso in rotta di collisione con la vita quotidiana delle famiglie e dei giovani. Gli orari, il calendario, la struttura fisica degli istituti sono espressione di un ordinamento, compatibile con altri ritmi di vita, con altre regole sociali, con altre tendenze dei rapporti umani.
L’attuale struttura della scuola è lo specchio di una società che da tempo non esiste più. Alla radice del disagio scolastico, che può debordare in degrado, si trova questa crescente contraddizione tra quotidianità e scuola, bisogni vitali della società e organizzazione scolastica.
La scuola italiana ancora oggi è in moltissimi casi fisicamente preordinata alla sola attività didattica delle lezioni. Continua a leggere