di Stefano Stefanel
Si è avviato da poco il terzo anno scolastico toccato dalle misure per il contenimento della pandemia da Covid 19. Il sistema scolastico italiano non è più quello dell’inizio del 2020, che lottava tra innovazione e conservazione mantenendo comunque, nei confronti del digitale, un’assoluta diffidenza, unita però alla spinta verso le sperimentazioni più ardite. Quel sistema scolastico sembrava avere, comunque, tre indirizzi ben precisi che ne facevano una confusa, ma percepibile identità: lotta alla dispersione scolastica, mantenimento di tutti gli elementi conservativi del sistema (esami di stato, libri di testo cartacei, orario rigido, contratti ingessati, progetti slegati dai curricoli, insomma tutto quanto la scuola ci ha mostrato negli ultimi 50 anni), spinta verso pratiche di inclusione. Dentro quel sistema l’innovazione e la ricerca didattica vivevano per spinte avanguardistiche, esperimenti locali, progetti formativi interessanti, ma poco praticati. Invece l’impressione odierna è che il sistema scolastico italiano non abbia più un’identità, anche se confusa, e sia semplicemente un’unione scomposta di indirizzi diversi e di pulsioni contrapposte. Per dare conto di questa impressione mi avventuro in alcune questioni che mi pare siano di attualità.
LA BATTAGLIA DEL (O CONTRO IL) DIGITALE
L’e-learning ha sempre avuto un alone negativo in Italia e, infatti, penetrava poco e male nel sistema scolastico italiano. I due passaggi dalla didattica sempre e solo in presenza alla Didattica a distanza e, poi, dalla Didattica a distanza alla Didattica digitale integrata sono stati il più grande esperimento formativo della scuola italiana dalla sua creazione. Sfugge pertanto perché di questo grande esperimento formativo non si vogliano conoscere contenuti, perimetri e risultati, ma si agisca in maniera assolutamente contorta vietando la Didattica a distanza anche in forma sperimentale (e confliggendo proprio con le leggi che autorizzano azioni di innovazione e sperimentazione) addirittura attraverso una legge dello stato e contemporaneamente finanziando enormi progetti di didattica digitale (per ogni progetto dei Curricoli digitali finanziato sono garantiti 180.000 euro). Quello che pare chiaro, ma incredibile, è che non si vuole tenere conto dei passi avanti fatti dalla didattica digitale, che da un lato ha favorito molti studenti e, dall’altro, ne ha fatti sprofondare altri nel baratro delle povertà educative: questo dovrebbe essere un caso di studio non di divieto, per capire in che modo molti studenti siano stati favoriti dalla didattica digitale per continuare a favorirli e dall’altro per intervenire sugli studenti deboli, con sistemi un po’ più scientifici del “tenetene conto” ministeriale della fine dello scorso anno scolastico.
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