Archivi categoria: INCLUSIONE

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Pedagogia dell’inclusione o dell’imperfezione?

di Raffaele Iosa,  già dirigente tecnico del Miur

Il declino dell’inclusione

E’ in corso da tempo una crisi strutturale di ciò che nel sociale e nelle politiche educative abbiamo per anni chiamato inclusione. Sarà per l’ età, ma pur essendo il sottoscritto per natura ottimista, vedo fenomeni macro e micro tali da poter dire che l’inclusione sembra oggi solo un benevolo mantra ripetitivo di un quasi-nulla concreto, nonostante buone eccezioni. Ho sempre pensato che il destino delle persone con disabilità, come dei poveri, come di chi non rientra nel mainstream, dipende dalla più vasta ideologia che connota una società. Che oggi non è inclusiva.

Prendo largo il pensiero su come sta l’inclusione scolastica (pur con le azioni di qualità sempre più rare) perché mi pare che la crisi non sia organizzativa né di un buon o cattivo decreto, e neppure di finanziamenti o di leggi, ma nel clima complessivo di un’epoca. Che oggi dice chiusura e non apertura. Restando alla scuola, leggo per esempio di soloni che sgridano la scuola perché boccia poco, di accademici che fanno l’apologia della lezione frontale, di nostalgici del latino, di insegnanti intolleranti verso gli alunni, di genitori violenti verso gli insegnanti.

Dominano nel mondo i muri, la paura dell’altro, l’egocentrismo identitario. Le parole sono cattive, le invettive riempiono i social, il mondo è fatto di nemici. Non è sufficiente dire che la “crisi” di solidarietà sia un fatto solo economico, c’è di più: tornano i lupi. E anche a scuola tornano i lupi.

Un piccolo esempio. Mi occupo da anni, pur in pensione, di “bambini cattivi”, cioè quei bimbetti di 5/7 anni che menano i compagni, che non stanno mai fermi, antipatici e rumorosi. La clinica li incasella come “oppositivi provocatori” e gironzolano tecniche comportamentiste per contenerli come fossero i piccioni di Skinner. Eppure ogni bambino cattivo è diverso dagli altri e ha qualche dote. In un recente caso ho dovuto contenere l’ira dei genitori (gli altri) senza alcuna etica né pietà, capaci solo di chiedere un carceriere a tempo pieno e l’applicazione del Regio Decreto del 1928 fino all’ espulsione. Giuro: 20 anni fa non era sempre così. E’ cambiata l’aria prima che la scuola.

Nel breve di questo testo, vediamo le priorità critiche del presente, nello sguardo complessivo. Continua a leggere

Pedagogia dell’imperfezione o cultura dell’analgesico ?

L’originale contributo di Raffaele Iosa sta suscitando le riflessioni dei nostri lettori.
Pubblichiamo qui l’intervento di Tina Naccarato, docente specializzata di scuola primaria

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Ormai più di 20 anni fa, un eccellente docente universitario utilizzava in maniera reiterata e quasi provocatoria il termine cultura dell’analgesico. Chi scrive, a quel tempo studentessa molto giovane e certamente non avvezza e tantomeno propensa a ricorrere ad analgesici con frequenza, inizialmente accolse tale termine con una certa leggerezza, come un’immagine, una trama, un vezzo dell’argomentazione.
Eppure, a tanti anni di distanza, si ritrova a ricordarlo sempre più spesso, a cercarne vecchi e nuovi significati, ad imparare ancora da quanto imparato rinnovandone sensi ed accezioni alla luce dei tempi che sono.
Ogni analgesico, infatti, è come un oppio che seda e risponde alle impellenze di una diagnosi. Il dolore, l’imperfezione, il difetto devono infatti oggi trovare un farmaco, un medicamento, Se non è cura è terapia, ma non si sfugge.
Così come è vietato invecchiare e sorgono chirurgie miracolose e mirabolanti attraverso cui tutti, più o meno, possono sperare di avere per un tempo indefinito un’età indefinita. E dove non arriva il chirurgo arrivano le magiche correzioni alle immagini, per correggere rughe o capelli bianchi, così da sembrare in foto, almeno sui social media, eternamente giovani. Continua a leggere