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Il declino dell’inclusione scolastica. Cambiare radicalmente rotta? (a proposito dei dati Istat 2022/23)

di Raffaele Iosa

Come tradizione, a febbraio ISTAT pubblica il suo Rapporto annuale sull’inclusione scolastica degli alunni/studenti con disabilità.  Questo  dell’a.s. 2022/23 è da leggere con attenzione per i segnali di crisi registrati che, visti nell’arco  del primo quarto di questo secolo registrano  un declino (forse) irreversibile  dell’inclusione scolastica à l’italienne.
Un declino che pare interessare  pochi studiosi, visto che il rapporto ISTAT da anni non riesce a sollevare  un serio confronto sulla natura e le cause della crisi, tale da cambiare quasi del tutto l’ispirazione dell’inclusione nata negli anni 70 del secolo scorso. In 50 anni è cambiato quasi tutto, prevalentemente in peggio.
Queste mie note sono un allarme lanciato a tutto mondo della scuola, alla politica e alla società civile, perché ormai il declino non è più davanti a noi. E’ arrivato.

  1. L’esplosione della grande malattia

Partiamo in primis dagli alunni e studenti con disabilità presenti nell’anno scolastico 22/23.
Sono ben 338.000 dalla scuola dell’infanzia alle superiori. Ben il 7% in più in un anno scolastico. Per la prima volta nella storia dell’inclusione superiore al 4% della popolazione scolastica.

Questo aumento appare ancora più grave se si vede la progressione decennio per decennio da inizio secolo ad oggi. Vediamo gli anni “critici” e la loro progressione.
a.s. 2000/2001 alunni/studenti:  126.000 (1.3% della popolazione scolastica)
a.s. 2010/2011  alunni/studenti  208.520  (2.3% popolazione scolastica) + 165%  dei certificati
a.s. 2022/2023  alunni studenti   338.000   (4.1%  popolazione scolastica) + 300% dei certificati.
Dunque un primo dato clamoroso su cui riflettere: alunni e studenti con disabilità triplicati negli ultimi 20 anni. Un dato cui ho prestato attenzione da molto tempo e che ho chiamato in molti miei scritti “l’epoca della grande malattia”, cercando di comprendere le ragioni sociali, cliniche, antropologiche, di questa esplosione.  Un dato in continuo aumento per una perversa e poco studiata medicalizzazione dell’infanzia e dell’adolescenza. Domina il mito dell’eziologia genetica e (come spesso capita se non si hanno prove certe) dell’epigenetica. Dunque una colpa chimica e biologica, che frammenta l’umano in sintomi circoscritti, perdendone l’unitarietà olistica. Continua a leggere

La cattedra inclusiva, una proposta impossibile? Le utopie servono per cambiare

di Antonio Giacobbi

 

Ho trovato molto interessante il documento, presentato nella forma di progetto di legge, che mira ad introdurre nelle scuole di ogni ordine e grado la “cattedra inclusiva” .

È firmato da esperti da sempre impegnati per l’inclusione degli alunni con disabilità, tra i quali Dario Ianes del Centro Erikson e Raffaele Iosa, già dirigente tecnico e componente il Comitato Tecnico Scientifico di Proteo Fare Sapere.
Di cosa si tratta?
Per dirla con Ianes da una intervista su Orizzonte Scuola: “Una scuola inclusiva, una scuola dove non ci sia più la separazione netta e perversa tra insegnanti curriculari normali, cosiddetti, insegnanti di sostegno dedicati a chi ha una specialità, una disabilità. Ecco, questa non è una scuola inclusiva” e ancora “Il curricolare fa il sostegno, il sostegno fa il curricolare, si è abilitato, per cui abbiamo questo intreccio di competenze per una scuola più inclusiva per tutti e per tutte.”
Detto così può sembrare complicato da un lato e riduttivo da un altro, e probabilmente produrre una prima reazione: “impossibile”. In realtà il testo articola tempi, procedure, formazione, finanziamenti. Continua a leggere

Cattedra inclusiva: il profilo del docente specializzato ha mezzo secolo di vita

di Simonetta Fasoli

Lo scorso 25 gennaio è stato presentato, a cura dei suoi estensori (gli esperti Evelina Chiocca, Paolo Fasce, Fernanda Fazio, Dario Ianes, Raffaele Iosa, Massimo Nutini, Nicola Striano) un “Progetto di legge per l’introduzione della cattedra inclusiva nelle scuole di ogni ordine e grado”. Si tratta di un’iniziativa destinata ad avere, già nel suo primo impatto, una notevole risonanza per la natura e la rilevanza delle questioni di cui esplicitamente si occupa.

Io stessa, nel commentare un articolato e interessante intervento pubblicato su Facebook dal collega Pietro Calascibetta, auspicavo che fosse occasione per un approfondimento e un confronto aperto, per sviluppare quella cultura dell’inclusione di cui più che mai si sente il bisogno.
In quest’ottica si pone il contributo che oggi e qui intendo dare.

Ho letto con la dovuta attenzione il Progetto di legge, strutturato nella forma come una proposta destinata al dibattito parlamentare. Connotato che sottolineo per almeno due ragioni.
La prima è che un tema così rilevante deve sottrarsi a qualsiasi rischio di velleitarismo, e alla fin troppo abusata tendenza a “gettare un sasso nello stagno” per “vedere l’effetto che fa”, inevitabilmente esposta al fuoco di fila degli schieramenti opposti, che fanno aggio sui buoni argomenti.
La seconda è che la sede parlamentare, nei modi previsti, è il luogo istituzionale idoneo a dare forma a temi che riguardano i diritti e la loro esigibilità. Continua a leggere

Cattedra inclusiva, una proposta su cui discutere

di Pietro Calascibetta

Il 25 gennaio 2024 è stata presentata a Roma la proposta di legge sull’ “introduzione della cattedra inclusiva nelle scuole di ogni ordine e grado”  [clicca qui per leggere il testo]
E’ un’iniziativa importante perché è una proposta concreta che tocca aspetti strutturali del sistema scolastico ed è stata elaborata, come si suole dire dal basso, da esperti di tematiche relative all’inclusione che lavorano nel mondo della scuola e della formazione ( Evelina Chiocca, Paolo Fasce, Fernanda Fazio, Dario Ianes, Raffaele Iosa, Massimo Nutini, Nicola Striano).

La proposta di legge si pone l’obiettivo dichiarato di dare “alle studentesse e agli studenti con disabilità maggiori opportunità formative e un’effettiva inclusione scolastica e sociale.”
La proposta si fonda sulla convinzione che non possa esserci inclusione senza che tutti i docenti del consiglio di classe siano parte attiva di questo processo con piena corresponsabilità e senza deleghe ad altri, in particolare al docente di sostegno per gli studenti con disabilità.
Un presupposto su cui non si può che essere d’accordo.
Il merito della proposta è di aver posto la questione in termini strutturali perché per incidere realmente e perché funzioni effettivamente una proposta innovativa è necessario individuare la struttura organizzativa che è in grado di renderla praticabile.
Qui la soluzione individuata è quella di creare una cattedra “polivalente” in modo che, dopo un’apposita formazione iniziale e/o in servizio, nell’arco di un quinquennio “tutti i docenti incaricati sui posti comuni effettuano una parte del loro orario con incarico su posto di sostegno, mentre tutti i docenti con incarico su posto di sostegno effettuano, anche nell’ambito dell’ampliamento dell’offerta formativa dell’istituto, una parte del loro orario su posto comune”. Continua a leggere

Stare insieme. Difendiamo la scuola inclusiva

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di Daniele Ferro

Ogni giorno, per mettersi tutte in fila e andare ai servizi, Shifa si avvicina al banco di Melissa, le porge la mano, e splendente di gioia in viso la sostiene fino alla porta del bagno.
Anche Melissa s’illumina di gioia. È ipovedente. Io le osservo, queste bambine di otto anni, ma a volte devo distogliere lo sguardo: non avrei parole per spiegare la commozione dinanzi a tale meraviglia.

«Maestro, posso sedermi vicino a Waqas per aiutarlo?».
«Alessio, non me lo devi chiedere…vai!».

I bambini stanno lavorando a gruppi, in un progetto di scrittura cooperativa. Siamo al terzo incontro. Mi chiedo se Azzedine – che tra le altre ha una grande difficoltà nel tollerare la frustrazione – oggi riuscirà a non abbandonare il suo gruppo, piangendo arrabbiato.
Seguo la discussione, mentre i bambini si confrontano per inventare una favola.
A un certo punto Azzedine esclama: «Io avevo un’altra idea, ma visto che voi siete d’accordo, accetto la vostra». Scatta l’applauso dei compagni.

I nomi dei bambini sono di fantasia. I fatti sono reali, avvenuti in anni e istituti diversi. Questa è la scuola italiana, piaccia o no, e la legge stabilisce che i bambini, di qualsiasi colore e capacità fisica o intellettuale siano, per crescere debbano stare insieme.
Le norme si possono criticare e ad essere si può anche disobbedire, se si è disposti a pagarne le conseguenze (come fece Alberto Manzi, che si rifiutò di vergare giudizi sui suoi allievi).
Tuttavia la criticaanche quando è discriminatoria, va basata sulla conoscenza. Sui fatti. Se ve ne sono.

La pedagogia è una scienza, ed Ernesto Galli della Loggia, con il suo articolo sul Corriere «La falsa inclusività della scuola», ha dimostrato ancora una volta – dopo l’ideona anni fa del ritorno alla predella – di non essere un pedagogista; di non conoscere – o di ignorare volutamente – gli insegnamenti che ci hanno trasmesso i più grandi scienziati della pedagogia, da Quintiliano a John Dewey a Mario Lodi.

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Ma io ho studiato per insegnare la mia disciplina, non per insegnare agli alunni con disabilità

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di Evelina Chiocca

Nelle nostre scuole entra personale che non solo afferma quanto ho scritto nel titolo, ma lo rivendica come “suo sacrosanto diritto”.
Secondo queste persone non è possibile chiedere loro di insegnare “agli alunni con disabilità” iscritti alle loro classi.
Secondo loro gli alunni con disabilità hanno “altri insegnanti”.
Tutto questo non entra nel dibattito.
Sfugge.

 

Tutto questo sembra “ordinario”,  tanto che neppure il Ministro interviene; così come non intervengono altri ministri o ministre che sembrano essere esperti /esperte del tema.
Che cosa significa tutto ciò?
Che quando un docente (il quale afferma di voler insegnare “la sua disciplina”, ma di non voler insegnare ad alunni con disabilità) entra in una classe, allora lo studente con disabilità “esce”, allontanandosi?
Questa è la scuola dell’inclusione?
Questa è la prospettiva che dobbiamo continuare a vedere, senza “battere ciglio”? Senza dire nulla?
Eppure in molti protestano al solo pensiero di “dover insegnare ad alunni con disabilità”.
Forse non hanno letto il loro contratto di lavoro?

E mi chiedo come si possa accettare che la scuola italiana, che vanta di essere leader a livello di inclusione, accetti di far entrare nelle classi personale che dice che “non se la sente di lavorare con gli alunni con disabilità”.
Ricordo una mia collega che una volta mi disse: “Se avessi voluto fare sostegno, mi sarei specializzata. Ma io preferisco insegnare la disciplina agli altri; a lui ci pensi tu”.
Sicuri tutti che a lui ci debba pensare “solo” io, in quanto docente specializzata? Sicuri tutti che il docente con incarico sulla disciplina sia esentato dall’insegnare all’alunno con disabilità? Sicuri tutti che stiamo parlando della scuola italiana che accoglie tutti?
Tutti noi (a ragione) ci scagliamo contro chi paventa il ripristino delle scuole o delle classi speciali; ma perché nessuno dice niente di fronte a color che “le classi speciali le fanno rivivere ogni giorno”?

Professor Galli della Loggia, le racconto cos’era la scuola che lei rimpiange

di Giancarlo Cavinato

Era il 1973, nella scuola a tempo pieno di Torre di Fine Eraclea (Venezia).
Era il secondo anno di avvio del tempo pieno in provincia di Venezia terzo in Italia.
Negli incontri MCE inseguivamo lungo i corridoi Fiorenzo Alfieri e i torinesi avidi di sapere da loro che avevano iniziato per primi il tempo pieno.
Avevo una classe quinta di 24 alunni con diversi pluriripetenti provenienti da pluriclassi chiuse per l’avvio del tempo pieno in un nuovo edificio leggendo i libretti rosa e azzurri che a quei tempi accompagnavano gli alunni dalla prima alla quinta avevo rilevato che alcuni alunni avevano fatto uno o due anni alla scuola speciale di san Donà di Piave perché avevano dei fratelli maggiori già frequentanti la scuola speciale e si era pensato che avessero anche loro analoghe debolezze fisiche e mentali poi accortisi che così non era li avevano ricollocati nella scuola ‘normale’. Perdendo però uno o due anni.
C’era poi in un’altra classe G. bambino distrofico con scarsa speranza di vita. Lui non andava alla scuola speciale perché la famiglia di coloni dipendente dal proprietario terriero padrone delle terre circostanti il paese (un  vero ‘terrateniente’) non poteva lasciare i campi né trasportarlo quotidianamente a San Donà a 20 km. di distanza. Accogliemmo G. in una classe terza contro il parere della direzione didattica (’a vostra responsabilità’) e degli insegnanti locali. G. non leggeva e non scriveva ma faceva dei grandi dipinti di nuvole con un pennello. I suoi compagni lo lodavano per le forme delle nuvole. Continua a leggere