di Pietro Calascibetta
Si fa un gran parlare del fatto che la bozza del regolamento che dovrebbe disciplinare il concorso per dirigente tecnico con funzione ispettiva sia una svolta per adeguare tale figura alla scuola dell’autonomia.
I posti non saranno più suddivisi tra settori e sottosettori perché si opterà per una figura “generalista” come è stato per il dirigente scolastico.
Si tratta sicuramente di una novità positiva che giunge in ritardo, ma a mio avviso non rappresenta la vera svolta nell’utilizzo di questa figura come risorsa realmente fruibile dalle scuole come risorsa.
Ho recuperato a proposito il contributo di Mario Maviglia in questo sito
perché mette ben in evidenza due elementi che ostacolano un vero cambiamento nell’utilizzo degli ispettori: il numero esiguo a livello nazionale, direi ridicolo, rispetto al numero degli istituti scolastici e il loro impiego prevalente nella funzione di controllo che li rende più una risorsa del Ministero per attività amministrative e per le emergenze che una risorsa che le scuole possono realmente utilizzare in modo diretto e continuativo.
Apparentemente parlare di ispettori potrebbe sembrare un argomento per addetti ai lavori, invece riguarda tutti, per questo vorrei aggiungere qualche ulteriore considerazione sul ruolo che gli Ispettori possono svolgere proprio per rilanciare l’autonomia scolastica.
Io credo che gli Ispettori possano costituire uno di quei tasselli mancanti per l’attuazione dell’autonomia a patto di poterli (ripeto, poterli) utilizzare realmente come una risorsa di sistema per le scuole piuttosto che come longa manus del Ministero o come tappabuchi negli organici degli Uffici territoriali per coprire i posti dei dirigenti amministrativi man mano che vanno in pensione come è stato negli ultimi anni.
La prendo da lontano perché altrimenti è difficile capire la valenza che il corpo ispettivo può avere per il rilancio dell’ autonomia.
L’autonomia, come tutti sappiamo, non è stata varata per importare il liberismo nella scuola, né per favorire le scuole private, ma per dare la possibilità ai collegi di ciascuna scuola pubblica di costruire i percorsi più adatti e su misura ai bisogni formativi dei propri studenti e per rendere così effettivo il diritto allo studio superando la scuola come catena di montaggio con un programma uguale per tutti e con la pretesa che ogni alunno, svolto il programma, possa uscire anno dopo anno formato automaticamente. La conseguenza è che chi non ce la fa finisce come lo sfrido della catena di montaggio nel novero di quella che oggi si chiama eufemisticamente dispersione, come se il diritto allo studio sia solo il diritto alla frequenza di una scuola.
La novità dell’autonomia non sta “nell’autonomia” stessa perché esisteva ed esiste la libertà di insegnamento, ma nell’articolo 6 del Regolamento (275/99) considerato dai più un optional, ma che finalizza l’autonomia didattica e organizzativa non alla libera concorrenza, ma alla “ ricerca, sperimentazione e sviluppo” di percorsi su misura che tengono “conto delle esigenze del contesto culturale, sociale ed economico delle realtà locali ”.
Per poter adeguare l’azione didattica e formativa ai bisogni degli studenti è necessario quindi che ciascun collegio faccia non un semplice menù di offerte chiamato PTOF, ma un progetto vero e proprio con un’ipotesi pedagogica, didattica e organizzativa per adeguare il servizio scolastico ai propri utenti e si domandi periodicamente se le scelte che ha compiuto siano state efficaci, dove hanno funzionato, dove vanno migliorate e come vanno cambiate in base anche al turnover degli studenti che ovviamente non sono sempre gli stessi.
Questa perenne ricerca, sperimentazione e miglioramento/adeguamento al mutamento del contesto richiesto dall’applicazione dell’autonomia ha nella autovalutazione di istituto il vero motore. Non c’è autonomia senza autovalutazione e riprogettazione.
Vi è un altro aspetto importante. Contrariamente a quanto vorrebbe qualcuno, i singoli istituti non sono monadi vaganti in libertà, ma costituiscono un sistema vero e proprio e interdipendente.
L’attuazione del dettato costituzionale a livello di Paese, in altre parole l’efficacia della riforma, dipende dall’efficacia del processo sopra descritto in ciascun istituto e dalla capacità del sistema stesso di migliorare tale processo a livello nazionale.
E’ quindi importante che vi sia una governance di questo processo non tanto e non solo che controlli l’applicazione delle norme, ma che aiuti le scuole a migliore la qualità dei propri processi di autovalutazione e di riprogettazione perché è lì che si attua l’autonomia, non nel numero di corsi extrascolastici o dei progetti che offre o nel pedissequo rispetto formale delle norme.
Il sostegno alle scuole, l’aiuto nell’attuazione dell’autonomia sono attività che hanno un peso significativo nello sviluppo di un sistema scolastico nazionale.
E qui arriviamo al ruolo degli Ispettori.
Il Sistema Nazionale di Valutazione ( DPR 80) che avrebbe dovuto costituire l’intelaiatura portante di una governance nazionale è venuto finalmente alla luce solo nel 2013 (il che la dice lunga sul sospetto di un sistematico boicottaggio dell’attuazione dell’autonomia).
Il SNV istituisce i Nuclei di Valutazione esterni ciascuno dei quali composto da un Ispettore e due esperti con il compito di supportare gli istituti individuati dall’INVALSI con un’attività di vero e proprio tutoraggio non solo perché realizzino piani di miglioramento più efficaci di quelli utilizzati, ma anche per aiutarli ad acquisire il know-how per farlo in modo efficiente.
Il SNV attraverso gli Ispettori avrebbe dovuto svolgere un ruolo centrale nel miglioramento della qualità dei processi di autovalutazione di istituto e di formazione in situazione dei docenti. Questo è avvenuto su larga scala o si sono tappate solo le falle nei casi più gravi, visto il numero esiguo di ispettori? Conoscere questi dati sarebbe interessante visto il fatto che molte scuole invece di cercare nella propria riprogettazione le soluzioni per migliorare la situazione hanno dovuto ricorrere abbondantemente ad attività di recupero extrascolastico in collaborazione con Associazioni del terzo settore con i fondi destinati alla dispersione. .
Ciò che è importante sottolineare è che la creazione dei Nuclei in sé introduce comunque il principio di un tutoring istituzionale di sistema per le scuole dell’autonomia riconoscendo in questo processo il cuore dell’autonomia stessa.
Se non funziona bene il sostegno all’autovalutazione, non funziona la riforma.
I dati che ci fornisce Maviglia sull’attuale organico ispettivo lasciano “basiti”, come direbbe qualcuno.
Tutta questa enfasi sulla novità del concorso nasconde la messa a bando di un numero di posti ridicolo che rende questa un’operazione di facciata che non farà che costringere, per ragioni di cose, un utilizzo degli ispettori in mansioni amministrative o ispettive piuttosto che di sviluppo ricerca e sostegno ai processi di cui all’art. 6 . Non trovo altra spiegazione ad una scelta così miope.
Invece di incrementare l’organico degli Ispettori per l’attuazione del SNV dal 2013 si è lasciato che il loro numero si riducesse ai 191 attuali da cui dobbiamo togliere gli Ispettori assegnati a ruoli amministrativi d’ufficio, i prossimi pensionamenti e aggiungere ora la straordinaria cifra di 146 unità costituita dai posti che dovrebbero essere messi a bando.
E’ un bel dire che finalmente si copre per intero l’organico del corpo ispettivo, ma l’organico del corpo ispettivo è adeguato al compito?
In altre parole si è fatta la scelta ieri e si è confermata oggi indipendentemente dai governi di lasciare le scuole a cavarsela da sole interpretando ancora una volta l’autonomia come un liberi tutti e non un dispositivo didattico-strutturale per permettere ai singoli istituti di individualizzare e personalizzare i percorsi dentro un sistema nazionale unitario e solidaristico che si prende cura dei propri istituti non con la pretesa di dirigerli, ma di incentivare e sviluppare quel empowerment professionale diffuso a cui mirava l’autonomia proprio con l’art. 6, da coltivare come risorsa di sistema.
La retorica di una difesa formale dell’autonomia degli istituti, la convinzione che un istituto vale un altro e che ciascun collegio è libero e nessuno può mettere il naso in quello che fa, stride con il fatto che l’autonomia delle singole scuole è tale all’interno di un sistema nazionale.
Se leggiamo il recente decreto n. 41/2022 sulla ridefinizione della “funzione tecnico-ispettiva da parte del corpo ispettivo ministeriale” che tenta timidamente di porre le premesse di un cambiamento, ci accorgiamo che l’Ispettore è sì definito come una “risorsa professionale del Ministero dell’istruzione” (sarebbe stato meglio definirlo una risorsa del sistema delle autonomie di cui anche il Ministero fa parte , “bontà sua”), ma che il compito assegnato è di “ sostiene le scuole nel miglioramento della qualità dei processi e nel perseguimento dei traguardi”. Come?
Leggiamo che gli Ispettori offrono o dovrebbero offrire, se fossero in numero adeguato aggiungo io, “supporto, assistenza e consulenza; formulano proposte e pareri sui temi dello sviluppo dei curricoli, della progettazione didattica, delle metodologie di insegnamento, della valutazione degli apprendimenti”
Dovrebbero poi occuparsi delle “ scuole presenti in aree a rischio educativo e di marginalizzazione sociale, cui andrà indirizzato particolare sostegno”.
Dietro questo sottovalutare l’importanza degli Ispettori e il loro ruolo da parte del governo destinando risorse residuali in un compito così importante , dietro un diffuso disinteresse da parte del personale scolastico per la sorte degli ispettori, vi è troppo spesso una visione culturalmente distorta del ruolo e della figura dell’ispettore nella scuola di oggi che non è più quella deamicisiana.
Accanto alla funzione di controllo, di cui non si discute la necessità, sia con il SNV che con il decreto 41, si fa strada una funzione ben diversa di sostegno e di consulenza esperta alle scuole e ai suoi dirigenti.
Come ex preside non disdegno affatto una tale collaborazione perché non interferisce con le prerogative del dirigente né dei collegi, ma è molto utile se impostata come collaborazione professionale tra soggetti con competenze diverse per evitare il rischio sempre presente di autoreferenzialità, per facilitare le relazioni di rete con le altre scuole e per mantenere un rapporto non burocratico con il Ministero, avendo gli Ispettori una visione di insieme dei territori in cui operano.
Giancarlo Cerini non era forse un Ispettore? Probabilmente sono state più le occasioni in cui è entrato in una scuola come esperto e formatore chiamato dai collegi piuttosto delle volte in cui è entrato mandato dal Ministero per qualche incombenza burocratica. Lo stesso può dirsi per tanti altri Ispettori.
Già questo può far riflettere.
Non si capisce perché l’attività di tutoring svolta dai docenti sia considerata così essenziale nel supportare gli studenti a raggiungere i loro obiettivi e a sviluppare le loro competenze e la stesso approccio tutoriale non possa essere preso in considerazione per supportare i collegi dei docenti e/o i consigli di classe o i dipartimenti disciplinari per raggiungere i loro obiettivi di miglioramento . Per gli studenti questa si chiama valutazione formativa.
Sarebbe una svolta epocale liberarsi una volta per tutte dallo stereotipo dell’Ispettore visto solo come il controllore, come scrive Maviglia, che vidima i registri, spulcia tra le carte o che viene chiamato per dirimere controversie tra genitori, docenti e dirigenti. Oddio, arriva l’ispettore!
Poter tradurre in pratica quanto recita il decreto 41 permetterebbe di distinguere la tradizionale funzione ispettiva di controllo da quella di “ tutor” o consulente di cui l’autonomia ha bisogno come ho scritto.
Sarebbe un primo passo per farne uno degli snodi operativi di sistema in grado di contribuire a migliorare i processi di miglioramento non solo nelle scuole in difficoltà come prevede il SNV, ma più in generale nelle scuole di un dato territorio assegnando ad esempio ad un ispettore o, meglio, al Nucleo stesso di valutazione il ruolo di consulente per un numero ristretto di istituti scelti secondo criteri funzionali a permettere di svolgere adeguatamente questo ruolo, penso alle aree di povertà educativa ad esempio.
Basterebbe agire sui criteri che l’INVALSI deve adottare per individuare gli istituti da seguire trovando una modalità che possa permettere ad un numero più ampio di istituti di utilizzare il Comitato di valutazione come risorsa.
D’altronde si sottolinea nel decreto 41 che “la funzione di studio, di ricerca e consulenza tecnica costituisce asse strutturale della funzione tecnico-ispettiva”.
Un cambiamento di prospettiva nell’utilizzo degli Ispettori non può non prevedere dunque un aumento significativo nell’organico del corpo ispettivo e non un ridicolo incremento come quello che pare sia previsto dal Ministero nostrano, a fronte, come ci ricorda Maviglia, di ben 3.789 Ispettori in Francia.
Affinché il decreto 41 non sia carta straccia non basta abolire la settorializzazione della figura dell’ispettore, ci vuole ben altro con un ritocco coordinato della normativa perché gli ispettori possano svolgere quella funzione auspicata.
Come si fa ad attuare il profilo previsto con un organico siffatto. Il solito argomento dei tagli e delle difficoltà di bilancio è fin troppo abusato quando si tratta di investimenti per qualcosa di determinante per il futuro.
Vi è poi un altro elemento che trovo interessante per stabilire un rapporto più organico degli ispettori con l’autonomia.
Perché non cogliere l’occasione per cominciare a parlare di carriera dei docenti in servizio offrendo loro uno sbocco nel corpo ispettivo trasformando in crediti il curricolo di ricerca?
Ci si è dimenticati della famosa figura del “docente esperto” uscita dal cappello del PNRR senza prospettive di avanzamento neppure in funzioni di middle management all’interno del proprio istituto.
Con una revisione dei percorsi formativi speciali previsti dalla Legge 79/2022 potrebbe ben confluire almeno come esperto nel Nucleo di Valutazione.
Forse è chiedere troppo ai Ministri di avere una visione di insieme del sistema e di cercare di creare sinergie tra le risorse già presenti invece di vedere i vari segmenti come parti a sé? . Sarebbe un “merito” riuscire a vedere finalmente la scuola come un sistema e utilizzare strategie di sistema per governarla.
La proposta di Treelle, a cui fa rifermento Maviglia nel suo contributo, potrebbe costituire un’interessante base per dare a questa figura una vero e proprio ruolo strutturale e organico come proponevo nell’aiutare le scuole ad ’utilizzare in modo efficace ed efficiente la loro autonomia .
Questa proposta potrebbe essere una possibile alternativa in grado di compensare la prematura scomparsa dell’ANSAS nata allora per prendere il posto degli IRRSAE in questo compito.
Senza ANSAS e senza gli IRRSAE che un sostegno alle scuole del territorio lo stavano dando da anni soprattutto nell’innovazione, le scuole sono state lasciate sole proprio nel momento in cui sono diventate autonome e si è chiesto di basare la loro flessibilità sulla ricerca e l’innovazione.
E’ stato anche questo un caso ?