Archivi categoria: DIRIGENTI SCOLASTICI

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L’umiliazione dei licei: secondo il Ministero sono scuole poco impegnative e facili da gestire

di Stefano Stefanel

Una delle prime cose che si insegna a tutti i docenti che vogliono diventare dirigenti scolastici è che ogni provvedimento della Pubblica Amministrazione deve rispondere a canoni di efficienza, efficacia ed economicità.

Se almeno una di queste tre caratteristiche non è soddisfatta allora è meglio lasciar perdere.
Di recente, improvvisamente e a sorpresa, il MIM ha emanato una divisione degli Istituti scolastici in fasce al fine della retribuzione dei dirigenti scolastici.
La retribuzione dei dirigenti scolastici prevede una parte fissa uguale per tutti, eventuali assegni ad personam legati a situazioni del passato transitati nella dirigenza (che residua per non tantissimi casi) e due retribuzioni variabili: una “di posizione” (la complessità della scuola che si dirige) e una “di risultato” (a seguito della valutazione obbligatoria del dirigente scolastico).

Poiché anche i dirigenti scolastici non vogliono farsi valutare a fini stipendiali (come del resto in Italia praticamente tutti ad eccezione degli studenti) e in questo vengono spalleggiati sia dai sindacati generalisti (per intenderci CGIL, CISL, UIL, Snals, ecc.) sia da quelli di categoria (citerei solo ANP) dalla nascita della dirigenza scolastica (1999) nessuno è stato valutato a fini stipendiali. Continua a leggere

Concorsi scuola: istruzioni per rendere infelici

di Mario Maviglia

L’Italia è un Paese meraviglioso, vitale, ricco di creatività e di trovate genialmente concepite per complicarsi la vita, ma soprattutto per complicarla ai cittadini e a gli operatori dei vari settori. Prendiamo l’esempio del concorso per dirigenti scolastici, la cui prova preselettiva si svolgerà su tutto il territorio nazionale il prossimo 23 maggio.
Il bando (DD 2788 del 18/12/2023) all’art. 3 comma 9, con puntigliosa e leguleia precisione, ricorda che “la vigilanza durante le prove di cui al presente bando è affidata all’USR secondo quanto stabilito dall’articolo 9, comma 5 del DPR 487/1994”.
E che cosa stabilisce questo comma?
Semplice: “Nei casi in cui le prove scritte abbiano luogo in più sedi, in ognuna di esse è costituito un comitato di vigilanza, presieduto da un membro della commissione e composto almeno da due dipendenti di qualifica o categoria non inferiore a quella per la quale il concorso è stato bandito. I membri del comitato sono individuati dall’amministrazione procedente tra il proprio personale in servizio presso la sede di esame o, in caso di comprovate esigenze di servizio, anche tra quello di sedi o amministrazioni diverse.”

Ai più questo riferimento è passato inosservato, ma non a qualche USR che, in ossequio a quanto stabilito da questa norma del 1994, sta procedendo a nominare i comitati di vigilanza utilizzando i dirigenti scolastici in servizio in quanto appartenenti a “qualifica o categoria non inferiore a quella per la quale il concorso è stato bandito” (3 DS per ogni sede d’esame). Continua a leggere

Il dirigente scolastico oggi

di Stefano Stefanel 

La preparazione del dirigente scolastico, prima di essere assunto come tale tramite concorso ordinario o tramite straordinarietà varie o sentenze giudiziarie, verte su due elementi che si contrappongono:

  1. la conoscenza teorica e manualistica delle norme del sistema scolastico italiano e la loro declinazione in una struttura perfettamente funzionante dove doveri, obblighi, progetti, controlli e poteri organizzativi si armonizzano in un’idea di scuola come comunità educante coesa e ben inserita nel contesto territoriale;
  2. l’esperienza personale fatta come docente quasi sempre impegnato nella gestione della propria scuola, nello sviluppo di progetti, nella organizzazione del microcosmo autonomo che si colloca dentro il proprio istituto.

Appena assunto in ruolo il dirigente scolastico si accorge, invece, di due cose diverse:

  1. la teoria non coincide con la pratica, perché l’autonomia scolastica ha reso il sistema, in quanto tale, illeggibile e dunque ogni scuola ha una sua chiave di lettura;
  2. l’esperienza pregressa si manifesta subito come un elemento negativo, perché le procedure di una scuola difficilmente si adattano ad un’altra scuola, magari di ordine diverso.

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Dimensionamento scolastico: non esiste un numero “giusto” di alunni, ma bisogna decidere quale scuola vogliamo

di Mario Maviglia

Quando si parla di dimensionamento e razionalizzazione della rete scolastica si usano di solito parametri meramente ragionieristici finalizzati al risparmio della spesa pubblica.
Naturalmente, di per sé questo non è un male, anche se sarebbe opportuno che i medesimi parametri venissero applicati anche per altri capitoli di spesa del bilancio dello Stato (ad esempio quelle relative alle spese militari o alle spese per il funzionamento degli apparati politici del Parlamento o ancora alle spese per i contributi pubblici ai giornali, per citarne solo alcuni a titolo esemplificativo).
Raramente si fanno ragionamenti riguardanti la funzionalità dell’adozione di questi parametri e gli effetti che producono sul piano organizzativo e sul funzionamento del servizio scolastico. Com’è noto la legge finanziaria 2023 (L. 197 del 29 dicembre 2022) al comma 557 ha innalzato a 900 il numero minimo di studenti per riconoscere l’autonomia alle istituzioni scolastiche (in precedenza il numero minino era di 600), fatta eccezione per le scuole situate nelle zone di montagna o nelle piccole isole o caratterizzate da specificità linguistiche.
Questo significa che alle istituzioni scolastiche che si trovano al di sotto di questi parametri (scuole cosiddette sottodimensionate) non potranno essere assegnati dirigenti scolastici con incarico a tempo indeterminato, ma solo dirigenti con incarico di reggenza. E lo stesso vale per i DSGA. Ovviamente questo meccanismo non riguarda i plessi scolastici in sé, la cui apertura o chiusura o dislocazione è di pertinenza degli enti locali, ma il numero di “presidenze” di titolarità che vengono attivate. Continua a leggere

Ispettori e autonomia scolastica: quando diventeranno davvero una risorsa per il sistema?

Stefaneldi Pietro Calascibetta

Si fa un gran parlare del fatto che la bozza del regolamento che dovrebbe disciplinare il concorso per dirigente tecnico con funzione ispettiva sia una svolta per adeguare tale figura alla scuola dell’autonomia.
I posti non saranno più suddivisi tra settori e sottosettori perché si opterà per una figura “generalista” come è stato per il dirigente scolastico.
Si tratta sicuramente di una novità positiva che giunge in ritardo, ma a mio avviso non rappresenta la vera svolta nell’utilizzo di questa figura come risorsa realmente fruibile dalle scuole come risorsa.
Ho recuperato a proposito il contributo di Mario Maviglia in questo sito 
perché mette ben in evidenza due elementi che ostacolano un vero cambiamento nell’utilizzo degli ispettori: il numero esiguo a livello nazionale, direi ridicolo, rispetto al numero degli istituti scolastici e il loro impiego prevalente nella funzione di controllo che li rende più una risorsa del Ministero per attività amministrative e per le emergenze che una risorsa che le scuole possono realmente utilizzare in modo diretto e continuativo.
Apparentemente parlare di ispettori potrebbe sembrare un argomento per addetti ai lavori, invece riguarda tutti, per questo vorrei aggiungere qualche ulteriore considerazione sul ruolo che gli Ispettori possono svolgere proprio per rilanciare l’autonomia scolastica. Continua a leggere

E portò via anche l’origano…

di Raimondo Giunta

Non ci sono parole per esprimere il disgusto per quello di cui è stata accusata la dirigente dell’ICS GIOVANNI FALCONE, situato nel quartiere Zen a Palermo.
Il danno arrecato alla scuola e al principio di legalità in terra di mafia è incalcolabile e non sarà per nulla facile riedificare ciò che è stato distrutto, soprattutto se si considera quanti vengono colti in questioni di malaffare ,regolarmente coperte da quotidiane esternazioni contro la mafia.
Questa orribile vicenda mi spinge a fare qualche riflessione sul ruolo del dirigente in regime di autonomia scolastica,perché credo che ci siano tanti modi e tante ragioni per evitare che possano ripetersi fatti come quelli verificatisi allo Zen di Palermo.
In una scuola che vuole essere una comunità educativa l’autorità del dirigente scolastico si dovrebbe fondare sulla capacità di fare della propria scuola un modello di convivenza collegiale e culturale e non sull’esercizio arbitrario dei poteri che gli affida la legge.
Non sono pochi, purtroppo, i dirigenti scolastici che ritengono di non potere fare bene il proprio mestiere ,perché sarebbero molestati dagli insegnanti che sollevano obiezioni e perplessità sul loro operato, e perché devono tenere conto di quello che ancora si decide nei collegi degli insegnanti e nei consigli di istituto.
Ricordo ancora la dichiarazione pubblica “LASCIATECI LAVORARE”, sottoscritta da alcuni dirigenti scolastici, in piena pandemia, come se il lavoro a scuola consista nell’esecuzione dei loro ordini di servizio.

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C’era una volta il direttore didattico

di Nicola Puttilli

In una dichiarazione rilasciata qualche tempo fa al Corriere delle Sera sul previsto ulteriore taglio di autonomie scolastiche disposto dall’ultima legge di bilancio, il presidente di ANP Antonello Giannelli sottolinea il rischio di ingestibilità amministrativa degli istituti sovradimensionati. Giannelli ha ragione da vendere, anche in considerazione della condizione di perenne emergenza in cui da troppo tempo versano gli uffici amministrativi delle scuole fra carenze, precarietà e inadeguata formazione del personale. Mi ha tuttavia colpito l’assenza di argomentazioni circa la “gestibilità” didattica di tali strutture peraltro comprendenti, come nel caso degli istituti comprensivi, diversi ordini di scuole. Sarà che ho trascorso poco più di una decina di anni nel ruolo di dirigente scolastico mentre una ventina circa in quello di direttore didattico, ma sempre mi ha guidato la convinzione che una buona amministrazione e organizzazione non avessero altra finalità se non l’innalzamento della qualità del progetto formativo e della didattica.

ll passaggio alla dirigenza scolastica è stata una logica conseguenza dell’attribuzione dell’autonomia. Non che prima ci fossero sostanziali differenze fra il ruolo di preside e di direttore didattico, entrambi inquadrati nel IX livello del contratto di lavoro dividevano analoghe condizioni retributive e di stato giuridico, mentre diverse erano, di fatto, le modalità di reclutamento: sempre attraverso regolare concorso, molto selettivo, nel caso dei direttori didattici, spesso con concorso riservato, decisamente più abbordabile, nel caso dei presidi. Diversa, inoltre, la formazione di provenienza: quasi sempre laurea di natura disciplinare per i presidi, non sempre, ma molto spesso, laurea in pedagogia per i direttori didattici, provenienti dall’istituto magistrale, dove un po’ di pedagogia e di psicologia l’avevano pur masticata, e dalla facoltà di magistero. Continua a leggere