Ho virgolettato una parte del mio titolo, perché non ho coniato io quella formula, ma il professor Franco Frabboni.
E ho la buona abitudine di non appropriarmi di ciò che non è mio, ma di citare la fonte, sempre.
Parto da qui, in questo fitto discutere su come potrebbe o dovrebbe essere la scuola prossima ventura, in questo ricorrente prefigurare “patti territoriali” con l’impegnativo intento di mettere in relazione scuola e risorse del territorio sotto il medesimo orizzonte educativo.
Perché mi sembra utile riprendere quella formulazione, che trovo più che mai attuale? Perché penso che possa definire il perimetro della funzione della scuola, non in termini difensivi ma progressivi; perché “integrazione” significa concettualmente ed operativamente incontro di diversi e non con-fusione.
“Aula didattica decentrata” ci suggerisce almeno due riflessioni:
1) L’aula come spazio fisico strutturato non coincide necessariamente con un ambiente dell’edificio scolastico, come invece un consolidato immaginario collettivo, ampiamente confermato dall’esperienza, ci induce a pensare. Teniamolo ben presente, in questo particolare frangente in cui i vincoli e le restrizioni del dopo-Covid chiamano in causa uno sforzo comune di ri-progettazione e innovazione sensata.