In questa strana estate mi sento estraneo e antico e non riesco a stare dietro alle cose della scuola così come fanno molti colleghi dirigenti, molti insegnanti, molti opinionisti, molti sindacalisti, ma anche molti venditori di banchi e di strumenti per sanificare e misurare, in linea di massima anche terrorizzare.
Constato poi, con un certo orrore, che sulla didattica a distanza si è ormai scesi a dibattiti di parte, con qualcuno che vuol proibire una modalità innovativa di didattica a favore di una didattica solo in presenza, che nega il tempo che avanza, ma anche il modo di innovare e migliorare. Possiamo anche ridurre a dodici centimetri la distanza di sicurezza tra un alunno e l’altro per fare stare tutti dove stavano prima, ma non possiamo certo ridurre lo spazio del sapere e nemmeno la naturale coerenza del virus, piuttosto disinteressato – temo – dalle metrature delle nostre aule e dei nostri corridoi.
Da dirigente antico, che ama fare le cose una volta sola e quando serve, non posso non osservare con stupore molti colleghi dirigenti misurare tutto ad ogni battito di Facebook, dentro una logica geometrica e non didattica. I problemi vanno risolti pensando alla didattica non alle lampade a raggi ultravioletti. Settembre è vicino, ma non proprio alle porte e dunque ancora molto può accadere. Diciamo che non sono attratto dal dibattito in corso, sono piuttosto perplesso sulle molte linee guida, che guidano poco o nulla, sono piuttosto sconcertato da quello che viene detto sugli organici, il numero di alunni per classe e tutto quanto riporta il discorso al punto di partenza, quel 22 febbraio 2020 che mai più ritornerà.