Settembre mon amour

di Raimondo Giunta

Dopo i mesi della quarantena si è cominciato a sperare, anche contro le evidenze dei fatti, che a settembre tutto sarebbe tornato come prima.
Una speranza ed una necessità, perchè bisogna tornare tutti al lavoro; si dice sempre più spesso che si muore anche di crisi economica, e se tutti si torna al lavoro le scuole per forza devono riaprire i battenti e lavorare a pieno ritmo.
Nessuna società moderna si può permettere di tenere le scuole chiuse. Questo è un dato di fatto insuperabile e non c’è idea di scuola e di educazione che lo possa ignorare.
Il problema allora è questo: ci sono le condizioni per riprendere in sicurezza le attività didattiche?
Ho più volte detto sulla base della mia esperienza amministrativa e di preside che a settembre non sarebbe stato facile ricominciare e che ci si sarebbe trovati per forza di cose in molteplici situazioni di precarietà per la mancanza di nuove aule, per l’assenza dei piani locali dei trasporti, per l’indisponibilità immediata degli arredi che servono e perchè no, anche per la difficoltà di avere in servizio il personale scolastico necessario.
Ho detto e lo ripeto che anche lavorando notte e giorno sarebbe stato difficile riuscirci, perchè la soluzione del problema è in capo a istituzioni che hanno tempi e mezzi diversi per arrivarci.
Faccio un esempio.


Le graduatorie dei supplenti ancora non sono state pubblicate e quando lo saranno dovranno essere concessi a chi ha fatto domanda i giorni utili per avanzare reclamo, se non ha avuto riconosciuto il punteggio che gli spettava.
E’ probabile, quindi, che a ai primi settembre non possano essere fatte le nomine per sostituire gli insegnanti andati in pensione e per coprire i posti resi necessari per garantire le misure di sicurezza a scuola.
Ma a settembre non dovrebbero avere inizio le attività di recupero dedicate agli studenti che sono passati ope legis all’anno successivo?
Non essendosi adoperato il linguaggio della prudenza ,non avendo fatto conoscere le difficoltà vere che bisognava affrontare si sono alimentate speranze ingiustificate sulla riapertura delle scuole e si sono create proprio per questo le condizioni per un gioco perverso di reciproco discarico di responsabilità, quando ciò che si sperava e si è promesso sarà molto diverso da quanto nella realtà ci sarà scuola per scuola.
Si è ancora in tempo per rimediare e per rimettere nel giusto verso le cose.
Dipende dalla buona volontà di tutti i soggetti che hanno competenze sulla soluzione dei problemi della scuola e dal loro impegno a trovare i rimedi possibili caso per caso nel dovuto spirito di servizio e come generoso contributo al mantenimento degli equilibri sociali delle comunità di cui fanno parte. Credo che una condizione imprescindibile per avere questo risultato sia quella di accogliere la richiesta di discaricare i dirigenti dalle responsabilità penali per fatti relativi a casi di epidemia riscontrati nelle scuole.

Anzi e lo dico a voce alta e convinta che sarebbe l’occasione giusta per farla finita con l’idiozia di considerare il dirigente scolastico datore di lavoro.

 




Se 20mila aule vi sembran troppe

di Raimondo Giunta

Settembre è alle porte e le scuole riapriranno, sapendo tutti che il rischio di contagi non è azzerato.
La riapertura è un’esigenza sociale ed umana di prima grandezza e questo comporta da parte di tutti i soggetti interessati, alunni, genitori, personale della scuola, sindacati, enti locali, ministero un surplus di responsabilità, di pazienza, di collaborazione.
Miracoli all’orizzonte non ce ne sono.
Ci sono soluzioni che di volta in volta, di luogo in luogo, di scuola in scuola si possono trovare e adottare, perchè non sarà la stessa musica dappertutto. Gli accordi siglati, i provvedimenti presi per garantire la ripresa delle attività didattiche vanno accolti favorevolmente, ma non va nascosto che alcuni problemi non hanno trovato ancora una soluzione e questo potrebbe rivelarsi un serio inciampo.
Mi riferisco al reperimento delle aule, per garantire la misura del distanziamento e al piano trasporti per evitare assembramenti all’inizio e al termine delle lezioni.
Per quanto riguarda le aule l’ANP ritiene che ce ne vogliano ben 20.000 per stare nei termini del protocollo di sicurezza; altri affermano che sia una cifra eccessiva.
Se si pensa a quante classi sovraffollate esistevano nell’anno scolastico passato, forse di aule ce ne vorranno di più di 20.000, se si considera lo stato reale della totalità delle aule degli istituti scolastici italiani.

E allora, le scuole hanno fatto presenti le proprie necessità agli enti locali? Gli enti locali si sono premurati di predisporli in tempo utile e con le caratteristiche richieste dalle nuove norme di sicurezza?
Francamente non sarà per nulla facile e con molte probabilità si dovrà ricorrere ai doppi turni, senza dimenticare che se si dovessero sdoppiare le classi numerose a tante migliaia di alunni non si potrebbe garantire la continuità didattica.
Forse si dovrà ricorrere alla poco amata didattica a distanza e con soluzioni alquanto fantasiose…
Gli ingressi differenziati esigono un piano articolato del trasporto locale al quale le regioni non hanno intenzione di provvedere.
Basta osservare quello che è successo nei giorni passati; ma se non si garantisce il distanziamento nei trasporti locali come si può pensare di mettere la scuola al riparo dai rischi della pandemia? Ecco per quali motivi dicevo che senza la responsabilità di tutti e la collaborazione difficilmente si avrà un anno scolastico sereno.
E quello dei banchi monoposto come quello dell’organico aggiuntivo di docenti e di personale ATA si vedrà che non sono problemi difficili da affrontare.

P.S.
Se è difficile trovare 20.000 aule per la didattica in presenza e in sicurezza, sarà molto più difficile trovare i locali esterni alla scuola per collocarvi i seggi elettorali.
E’ mai possibile che il buonsenso debba sparire ogni volta che ci va di mezzo la scuola?
Non era più saggio iniziare il nuovo anno scolastico dopo le elezioni?




Onlife school. Didattica, innovazione e scuola al bivio: una proposta per non sprecare un’occasione irripetibile

di Aluisi Tosolini (***)

“Onlife” è il neologismo coniato da Luciano Floridi (padre della filosofia dell’informazione e massimo esperto della società digitale) per descrivere la continua interazione tra vita reale e vita virtuale, ovvero il fatto che noi viviamo un’esistenza ibrida, nella quale la barriera fra reale e virtuale è caduta. La parola è stata usata da Floridi come titolo dello studio The Onlife Manifesto. Being Human in a Hyperconnected Era pubblicato nel 2015 da Springer e disponibile on line.

In questi giorni e mesi tutti noi stiamo lavorando intensamente per l’avvio dell’anno scolastico 2020/21. Credo tuttavia sia doveroso tentare di indicare e precisare il senso del percorso, l’orizzonte entro cui ci muoviamo. Orizzonte che si fonda certamente sulla riapertura della scuola in sicurezza ma che non può non affrontare il tema delle didattica, dell’innovazione, dell’interazione educativa.

Riaprire in sicurezza

Riaprire in sicurezza può oggi essere definito – sulla scorta delle filosofia kantiana riletta dalla fenomenologia husserliana –  la condizione di possibilità e pensabilità della scuola che prenderà avvio a settembre 2020.  La situazione covid 19 impone regole e procedure che sono fissate – ad oggi – dal Decreto Ministeriale 39 del 22 giugno 2020 e dagli allegati documenti del Comitato Tecnico Scientifico.
Ogni scuola sta pertanto lavorando, in questi mesi estivi, per approntare le aule, gli spazi, le strutture, i processi organizzativi seguendo le indicazioni del DM 39 e del CTS. Gli uffici scolastici regionali stanno supportanto questo immane sforzo organizzativo delle singole scuole pubblicando linee guida o corposi materiali per la ripartenza (si veda ad esempio l’ USR – ER che ad oggi ha pubblicato 14 Note per la ripartenza).

Gli elementi in gioco sono molteplici e non possono essere facilmente generalizzati se non per i principi cardine

  • obbligo della distanza di 100 cm e impegno ad evitare assembramenti;
  • frequente pulizia delle mani
  • igienizzazione costante dei locali
  • obbligo della mascherina (non è ancora definito con chiarezza se solo nei momenti dinamici o anche nei momenti statici e comunque questo aspetto verrà rivalutato a fine agosto dal CTS)
  • azioni organizzative e protocolli per alunni (e per le diverse tipologie di alunni): accoglienza all’arrivo, entrate differenziate, percorsi interni, gestione ricreazione e pause, gestione utilizzo servizi igienici, protocollo utilizzo palestre, protocollo musica di insieme e lezioni di strumento,….
  • azioni organizzative e protocolli per il personale docente e Ata
  • azioni organizzative e protocolli per gestione altri ingressi a scuola (genitori, fornitori, pubblico,…)
  • azioni organizzative e protocolli per gestione emergenze sanitarie
  • ridefinizione dei patti educativi di corresponsabilità

Ogni scuola infatti è diversa dall’altra, insiste su uno specifico contesto territoriale e deve rispondere delle molteplici differenze e  peculiarità che le sono proprie. In queste settimane tutte le scuole stanno lavorando esattamente a questo: alla applicazione contestuale dei criteri indicati dal CTS e dalla CM 39 alla propria scuola, ai suoi diversi plessi e agli specifici percorsi formativi in essa presenti.
Tutto ciò, inoltre, avviene in stretta connessione con gli enti locali (conferenze di servizio previste dal DM 39), gli uffici scolastici territoriali, le figure quali RSPP, RLS e le nuove figure di professionisti quali il Covid Manager oltre, ovviamente, a genitori, docenti, personale.
Un percorso complesso, faticosissimo e pieno di insidie nel quale spesso è difficile identificare e bloccare / solidificare un elemento chiave da cui partire per organizzare l’intero sistema (ad esempio in una scuola superiore non sempre il punto chiave sono gli spazi disponibili ma può anche essere l’organizzazione dei trasporti degli studenti a partire dalle regole – spesso diverse regione per regione – sul distanziamento nel trasporto pubblico).
Comunque sia, tutta questa complessa attività non è in sé qualcosa di “educativo” (se non nella gestione delle procedure che possono essere più o meno condivise con tutti i soggetti che costituiscono la comunità scolastica) quanto è piuttosto la condizione di possibilità della scuola che riapre in sicurezza. Il suo trascendentale.

Onlife school

Ma aprire in sicurezza è solo il primo passo. Il successivo ha a che fare con l’attività educativa che avviene dentro le scuole che riaprono. Ed è qui, almeno per le scuole superiori, che occorre sgombrare il campo da alcuni fraintendimenti

  1. ascesa e caduta della dad: la didattica a distanza (termine utilizzato dal ministero per descrivere il modo con cui la scuola ha continuato ad operare dal 24 febbraio 2020 in avanti) è oggi soggetta ad aspre critiche e prese di distanza persino da parte di chi l’ha proposta. Vi sono state certo molte difficoltà, ma le uniche davvero comprensibili sono, a mio parere, quelle legate alla mancanza di device/connessione per gli alunni. Invece le difficoltà legate all’impreparazione di alcuni docenti o alla mancata organizzazione di alcune scuole non fanno null’altro che segnalare – e confermare – il colpevole ritardo nell’innovazione didattica della scuola italiana e non può certo essere utilizzato come scusa, costituendo in realtà un’aggravante.
  2. Innovazione didattica, didattica digitale integrale e dad: il documento elaborato dalla scuole di Avanguardie Educative intitolato La scuola fuori dalle mura riassume molto bene la questione. La DaD è solo il nome “emergenziale” dato alla didattica digitale integrata (termine in queste settimane è divenuto altrettanto di moda) o, meglio, alla didattica tout court. Ovvero all’interazione educativa tra soggetti entro il processo di apprendimento che può avvenire, come è ovvio, in una pluralità di contesti diversi.
  3. È stato giustamente detto che la relazione è il fondamento della didattica, ma ci si dimentica spesso di aggiungere che la relazione non è sinonimo tout court di presenza fisica. Tecnicamente anche la lettura di un libro cartaceo rientra nel novero della didattica a distanza senza relazione fisica. Lo stesso dicasi per tutti i compiti a casa che da secoli vengono assegnati agli alunni di ogni età. E’ ovvio che per i bambini piccoli della scuola d’infanzia e della scuola primaria sia fondamentale la relazione con compresenza fisica. Ma chiunque abbia davvero a che fare con bambini di 10/11 anni (quelli veri ! allevati spesso dai genitori a pane e tablet e che alla fine della quinta primaria sono in genere già in possesso di uno smartphone e trafficano su tik tok, skype e social vari ) sa benissimo quanto per loro siano cruciali le relazioni onlife dove digitale, reale, virtuale si mischiano e di con-fondono.
  4. la sfida della scuola da settembre 2020, allora, è quella di provare a osare l’impossibile.
    E’ il momento dell’audacia di cui parla Baricco (Repubblica 20 marzo 2020). E’ il momento in cui provare ad immaginare un modello scolastico diverso, post taylorista, post-industriale.
    Un modello che ridiscuta i tempi della scuola riuscendo ad andare oltre, almeno per le scuole superiori, alla dicotomia “didattica in presenza / didattica in assenza” superandola grazie alla logica onlife secondo la quale è l’intera vita di ogni soggetto ad essere oggi ibridata in modo indistinguibile.
    Un modello che vieti di stare seduti 5 ore al giorno, ogni giorno per 200 giorni, dalle 8.00 alle 13.00 al proprio banco (ora anche doverosamente distanziato dagli altri).
    Un modello che veda il territorio e la comunità non tanto come il luogo da cui supplicare nuovi spazi per realizzare nuove aule (dove stare, di nuovo, seduti 5 ore al giorno) quanto piuttosto come una finestra sul mondo inteso come aula.
    Un modello che ridiscuta i “contenuti” della formazione provando davvero a formare cittadini per questo tempo e non per il secolo scorso.  Un modello capace di valutare se stesso e gli studenti a partire dai compiti autentici e dalle competenze viste come capacità di mettere in gioco conoscenze, abilità, atteggiamenti, valori.
  5. Il digitale, in questa sfida, non è l’obiettivo: è il contesto dato.
    Possiamo far finta di aver scherzato e dire: adesso torniamo davvero alle cose che contano, alla scuola pre-covid, alla didattica in presenza, alle spiegazioni e alle interrogazioni e ai compiti in classe per file separate. Cosa oggi facilitata  al 100% dal nuovo layout delle aule.
    Oppure possiamo approfittare di questa assoluta accelerazione e da veri intellettuali tentare di salvare noi e la scuola, nel momento del massimo pericolo, con uno scatto di orgoglio e di creatività.
    Oppure possiamo fare la fine dei dinosauri: incapaci di modificarsi e di adattarsi ai  nuovi contesti si sono estinti.
  6. La scuola che conosciamo non è l’unica scuola possibile.
    La scuola che conosciamo è votata all’estinzione, foss’anche per irrilevanza e noia. Quello che possiamo fare è provare a cambiarla.
    E provare a farlo adesso, nel momento della massima difficoltà, nel momento in cui la scuola è tornata al centro del dibattito e della discussione pubblica.
  7. E con la didattica.
    Riaprire in sicurezza è il trascendentale – la condizione di possibilità – per ripetere il passato o per tentare nuove strade per il futuro. Sta a noi scegliere. E’ una scelta che dipende dal modo con cui ogni docente e ogni scuola pensa e interpreta l’innovazione didattica nel tempo dell’onlife. Una scelta da non sprecare. Magari facendoci aiutare proprio dai nostri stessi studenti immersi, spesso anche loro in modo inconsapevole, nel nuovo contesto onlife.
    Che chiede nuovi paradigmi.
    Sapremo girare pagina? Secondo Thomas Khun il passare da un paradigma all’altro implica una trasformazione nel modo di vedere le cose: i dati che si hanno a diposizione sono spesso gli stessi ma ora vengono letti e interpretati in modo diverso, sono messi tra loro in una relazione differente da rispetto alla precedente. Educazione è da sempre interazione tra soggetti: non è questo ciò che cambia quanto piuttosto il contesto, lo spazio, il tempo, le modalità, la cultura di riferimento, i valori.
    Il compito degli educatori e del sistema scuola è proprio quello che dare sempre nuovo significato al dato costante dell’interazione tra umani finalizzato all’apprendimento delle modalità con essere ancora e sempre più umani nella società che cambia.
    Quando mutano i paradigmi – scrive Khun – è il mondo stesso cambia con essi”.

(***) Aluisi Tosolini dirige il liceo Scientifico Musicale e Sportivo Attilio Bertolucci a Parma




L’erba voglio non cresce a scuola

di Raimondo Giunta

E’ stato sempre così; quasi tutti ne abbiamo dovuto fare esperienza.
La scuola che tanti di noi hanno fatto non era quella che desideravamo di fare; non era nemmeno quella che sarebbe stato giusto fare. Si è fatto con grande impegno e andando avanti con tanti ostacoli la scuola che era possibile fare.
Se questo andava per le vie ordinarie della vita del sistema scolastico, sicuramente succederà dopo il colpo durissimo che gli è stato arrecato dalla pandemia.
Un’istituzione ferita da tanti anni di saccheggio, come fa a funzionare con la rapidità che si spera e che le esigenze di ritorno alla normalità richiedono?
Come fa a disporre nel giro di poche settimane del personale, degli spazi e degli arredi che sono necessari per rispettare le norme di sicurezza previste a tutela della salute del personale e degli alunni? E gli enti locali costretti allo smart-working saranno in grado di fare la loro parte? Perchè non si dice che a scuola un ritorno alla normalità sarebbe un insperato miracolo?
Perchè continuare con pietose illusioni?
Ne faccio un esempio clamoroso: l’impegno a non installare i seggi elettorali negli edifici scolastici. Mi piacerebbe sapere quanti locali pubblici, immagino, sono disponibili paese per paese, città per città per collocarvi i seggi elettorali; credo che non ce ne siano a sufficienza e che in molti posti non ce ne siano affatto.

Non solo, ma penso che nel caso si trovassero, sarà con molta probabilità necessario riformulare il numero dei seggi e quindi anche gli elenchi degli elettori che ognuno di essi deve ospitare.
Lavoro che deve essere fatto dagli enti locali, dopo apposita delibera sindacale o della giunta comunale o del consiglio.
Quando? Esonerare la scuola dal compito di ospitare i seggi elettorali a me sembra operazione impossibile anche disponendo di tempi lunghi.
Se invece dell’ansia di prestazione ci fosse stato un po’ di buon senso, tutte le elezioni avrebbero dovuto svolgersi prima dell’apertura dell’anno scolastico, rinviandone la data.
E poi, come si fa a non sapere che in ogni tornata elettorale e soprattutto in quelle locali trovare il personale scolastico in servizio è quasi impossibile, tolti quelli che fanno i candidati, i presidenti di seggio, gli scrutinatori e i rappresentanti di lista? Pazienza.
Come da previsione ragionevole, nel mese di Settembre ci toccherà di sorbire le filippiche di quelli che non conoscono la scuola ma la usano contro l’incapacità del governo di salvaguardare l’incolumità del calendario scolastico.




Ci sono tante idee di scuola

di Raimondo Giunta

  • In giro ci sono tante idee di scuola, ognuna delle quali ha il proprio seguito di fedeli.
    C’è quella che hanno gli insegnanti, che grosso modo ricalca l’esperienza che hanno fatto anche da studenti, ma debitamente integrata con le correzioni che la diversità dei tempi reclama.
    Un’idea che finisce in genere per esaltare la scuola che “forma” e ”dà cultura”; una scuola che trova compimento nell’Università e che procura un’occupazione stabile e decorosa.
  • C’è quella di cui sono convinte tantissime famiglie; a loro interessa una scuola breve, senza tante pretese culturali, disciplinata al punto giusto anche per sovvenire alle loro difficoltà educative, tutta proiettata sulle opportunità di lavoro. Sono le famiglie che non si possono permettere lunghi percorsi di studio per i propri figli e che a volte vedono di malocchio il prolungamento dell’obbligo scolastico fino a 15 anni. Ma il mondo è vario e ricco di sorprese, perchè ci sono anche quelli che vogliono una scuola lunga, distintiva, distanziante e censitaria nella popolazione che la deve frequentare e nel curriculum; è gente che non ha problemi per l’avvenire dei propri pargoli e dalla posizione sociale inattaccabile da qualsiasi crisi economica.
  • Alla scuola che crea e alimenta distanze sociali si oppone quella ugualitaria, che dovrebbe dare a tutti una chance proporzionata ai meriti individuali, che soccorre gli alunni in difficoltà, creatrice di buoni costumi e di attiva cittadinanza; ricca di passioni umane, sociali e civiche; è la scuola degli insegnanti e dei dirigenti generosi che non si arrendono mai.
  • Per la fortuna di tutti anche i grandi opinionisti si interessano di scuola.
    Gente che sa da dove veniamo e dove dobbiamo andare, che ne ha per tutti i problemi e che vede quello che il resto dell’umano genere non vede.
    I loro discorsi sulla scuola si nutrono di rigore ,di realismo e di serietà; fanno la differenza con la Koinè pedagogico-didattica che imperversa nelle scuole e che sta creando moltitudini di idioti.
    I loro colloqui fanno curriculum anche per un Capo di Governo e per un Ministro della Pubblica Istruzione.
    Piangono sulla miseria degli stipendi degli insegnanti, ma in genere non li ritengono preparati per quello che dovrebbero fare, anche per colpa delle immissioni in ruolo ope-legis.
    Detestano quanto sa di accompagnamento e di sostegno e in genere prediligono una scuola che nella selezione, nella disciplina e nell’elevatezza del curriculum deve trovare le proprie fondamenta per risorgere dalla palude in cui sta imputridendo.
    Non guasterebbe a parere di uno dei più noti una pedana sotto la cattedra e l’obbligo per gli alunni di alzarsi in piedi quando l’insegnante entra in classe. Se fossimo in Francia potremmo definirli fautori di un’école repubblicaine et antipédagogique. Se fossimo in Francia…
  • C’è anche l’idea di scuola (e non poteva mancare) che producono e diffondono i centri studi delle consorterie aziendali; una scuola tutto fare, tutto agire; una scuola che si fa più nei locali delle fabbriche che nelle aule; una scuola che abilita ad operare, ma un po’ incurante del sapere pensare.
    Tutta immersa nel presente e sicura del futuro che ci sarà.
    In poche parole, una scuola spiccia, solerte, efficiente, efficace.
    La scuola dei tempi moderni, molto ammanicata nelle stanze ministeriali.
  • Ci saranno sicuramente altre idee di scuola, ma non è insensato distinguerle tutte in quelle che ne fanno una magistra vitae e in quelle che ne fanno una ancilla societatis.
    Per quanto le prime per i tempi che corrono siano soggette a prenderle di sana ragione e a incorrere in quotidiane e severe sconfitte, sono proprio queste idee ad appassionarmi ancora ai problemi della scuola, forse per la collaudata imperizia personale nel cogliere e comprendere le opportunità che il mondo offre.

 




La scuola e il principio di realtà

di Raimondo Giunta

Solo parlando il linguaggio della verità si possono affrontare e risolvere i problemi di una certa dimensione.
Quello della scuola lo è sotto diversi aspetti, anche per gli immediati risvolti sociali post-epidemici.
Sulla scuola si sta compiendo un grande inganno e la responsabilità non è solo di questo governo.
Per essere chiari, a scuola si potrà ritornare come prima alla sola condizione di una netta vittoria sul coronavirus o dichiarando mendacemente come vogliono fare certe regioni, certi comuni e certe associazioni che ormai non ci sono più pericoli per alunni e personale della scuola.
Se però si vuole restare ancorati alla realtà dei fatti e si deve tenere nel dovuto conto delle raccomandazioni del CTS, è evidente ad occhio nudo che a settembre difficilmente si potrà tornare alla normalità, perchè anche lavorando notte e giorno non tutti i locali e gli spazi necessari saranno pronti; non tutte le scuole potranno avere i banchi monoposti con o senza rotelle; non tutti gli insegnanti che mancano saranno nominati.
Ma è così difficile fare i conti con la realtà quando di mezzo c’è la scuola?
E se gli ingressi devono essere distanziati, è pronto un nuovo piano dei trasporti?
E se non tutti i locali necessari saranno disponibili non si dovrà per forza ricorrere ai doppi turni o alla didattica a distanza? Se non si vuole fare della scuola l’occasione di un interminabile conflitto sociale ognuno dei soggetti coinvolti nella gestione della scuola deve fare la propria parte: il Ministero, gli Ambiti territoriali, gli Enti Locali, i sindacati della scuola, i dirigenti scolastici, gli insegnanti e il personale non docente.
A nessuno è consentito moralmente di tirarsi indietro e di evocare le altrui e non le proprie responsabilità.




L’insofferenza italica per i controlli

di Raimondo Giunta

A scuola ho impiegato notevoli fondi europei per l’allestimento di un corso biennale di IFTS; per averli c’è voluto un dettagliato piano finanziario, un progetto formativo serio e articolato, una proposta gestionale accurata, la disponibiltà documentata di docenti universitari e di esperti del mondo del lavoro, la garanzia di posti di lavoro dove potere svolgere le attività di stage.
Controlli ex-ante e controlli ex-post a volontà.
Controlli dell’ispettorato del lavoro, controlli della Regione Sicilia, controlli della Comunità Europea e per farsi il palato 15 giorni di presenza a scuola della Guardia di Finanza, che voleva mettere in croce l’assessorato regionale ai Beni Culturali, per la parte che gli toccava del finanziamento, che ammontava a 800 milioni delle vecchie lire.
Una somma immensa per una scuola. Mi pare giusto che siano stati effettuati i controlli necessari per certificare la correttezza dell’impiego di quelle risorse pubbliche e non capisco tutte le fisime sulle condizioni per accedere ad un finanziamento o ad un prestito, che sia nazionale o europeo. Solo i soldi rubati sono esenti da condizioni e da controlli nello stato di diritto.