Pensieri intorno ad uno smartphone cacciato di scuola

di Giovanni Fioravanti Come volavo con la mente fuori dall’aula, oltre la finestra! Là, fuori, c’era la vita, quella vita che lì, dentro alla scuola, restava sospesa tra le mura della classe. Una vita che brulica, che vive. A scuola si va per imparare la vita, ma la vita resta sempre fuori, la vita che si impara a scuola non è quella viva, ma quella già morta da molto tempo. A scuola bisogna astrarre la mente dalla vita, concentrarsi sulla sua rappresentazione senza alcuna distrazione, se no non si impara. Eppure è strano perché prima di mettere piede a scuola quello che ci siamo imparati ce l’ha insegnato lei direttamente, la vita, semmai senza tanti riguardi, ma da lei abbiamo appreso quello che siamo. Si sa, alla scuola quello che siamo non gli va bene, la scuola deve formare, raddrizzare le storture, educare, condurci fuori da noi stessi assimilando il verbo docente, il verbo passivo delle parole ascoltate o lette per essere imparate, mandate a memoria, ritornate alle orecchie dell’insegnante così come sono state confezionate per la nostra mente, per la nostra età, che non siano indigeste e storte, che non vadano di traverso, ma ritte e perfette. Perché la scuola è per carattere riservata, non ha mai amato confondersi con il succedersi degli avvenimenti di fuori, perché il sapere a scuola ha una sua aristocrazia, tramandata di generazione in generazione e più è tramandata più il sapere è nobilitato. Non esistono i quarti di sapere, qui la nobiltà è del casato a cui il sapere appartiene, ognuno con le sue arme, sono discipline, sono materie d’antiche discendenze, già dai Trivi e dai Quadrivi. Continua a leggere

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Tommaso Campanella, il filosofo calabrese nella "lettura" di Paolo Mongiardo

Tommaso Campanella è stato uno dei più importanti filosofi italiani ed è noto soprattutto per un testo (La città del Sole) che si colloca in un filone rilevante della riflessione politica. La Città del Sole descrive infatti un modello di organizzazione sociale che consentirebbe, secondo Campanella, una vita ispirata a criteri di giustizia e libertà. Secondo Campanella  l’educazione svolge un ruolo decisivo nella costruzione della “Città” ideale e anche per questo il suo pensiero assume un rilievo pedagogico originale. Ma l’autore della Città del Sole ha esplorato uno dei temi più rilevanti della riflessionae filosofica. Di questo si è occupato per lungo tempo Paolo Mongiardo, filosofo calabrese, venuto a mancare alcune settimane fa. Ed e proprio nel libro “La dottrina della conoscenza di Tommaso Campanella” che Mongiardo propone la sua ricerca. Il libro, che stato composto e completato dall’autore poco prima di morire, è frutto di uno studio approfondito del pensiero gnoseologico di Campanella, grande filosofo di Stilo. Paolino Mongiardo, nel suo libro, ricompone come in un mosaico l’intera dottrina della conoscenza di Campanella, il quale non diede mai un’ organizzazione sistematica alle proprie originali intuizioni, che si possono cogliere soltanto leggendo le sue opere e che, per questo motivo, sono sempre state esclusivo appannaggio degli addetti ai lavori. Paolo Mongiardo ha avuto il grande merito di aver ripercorso, con uno stile fluido ed avvincente, tutte le fasi del processo conoscitivo in Tommaso Campanella, offrendo al lettore, per la prima volta nella storia della filosofia, una visione organica e unitaria dell’originale teoria del grande filosofo di Stilo. Continua a leggere

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L'educazione civica (o "cinica") a cui pensa il ministro Valditara

Composizione geometrica di Gabriella Romano[/caption] di Cinzia Mion E pensare che c’è stato un tempo della mia gioventù professionale in cui ho creduto fortemente che fosse possibile “cambiare “ il mondo in senso migliorativo, attraverso la Politica, la Democrazia, l’applicazione della partecipazione democratica a Scuola attraverso un’ Educazione cooperativa e sensibile all’attenzione per tutti, in grado veramente di realizzare quello che oggi definiamo il BENE COMUNE. Ricordo anche che più avanti, diventata direttrice didattica, trovandomi tra i fondatori dell’ ANDIS ( Associazione nazionale dirigenti scolastici) ho steso la traccia del Codice Etico della stessa associazione. Rammento di quanto abbia insistito in questo codice, ancora sopravvissuto ai giorni nostri, nel porre attenzione al rischio che l’impegno etico dei dirigenti non si traducesse nelle semplice “correttezza” dovuta all’appartenere alle figure dirigenziali del settore pubblico, dimenticando che “per dettato esplicito della legge, invece, l’Istituzione Scuola deve formare le giovani generazioni alla “cittadinanza e all’etica pubblica”. Credo allora che questa ultima espressione vada esplicitata meglio. In questo momento storico si fa un gran parlare, nuovamente, di affidare alla scuola l’educazione civica anche da parte del nuovo governo, attraverso il ministro Valditara. Non credo assolutamente che così come è stata configurata finora l’educazione civica, disciplina di 33 ore annue, con verifiche e voti conseguenti, possa risanare il Paese attraverso ‘i ragazzi’. Noi pensiamo che formare alla cittadinanza voglia dire invece diffondere quell’etica pubblica, e non solo una morale privata, che risulti fondata sui valori condivisi e costituzionali, laici e pluralisti. La difficoltà in Italia a diffondere questi valori ha radici lontane. Vediamo però ora che cosa si intende per “etica pubblica”. Continua a leggere

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Un allenatore per la scuola italiana

di Pietro Calascibetta Ho seguito come molti italiani lo straordinario percorso della pallavolo maschile ai tempi di Velasco, non solo per le vittorie, ma anche per il modo di gestire ( scrivo gestire e non solo allenare) le squadre. Il mio interesse è cresciuto per questo personaggio quando, ritiratosi dalle competizioni, ha cominciato a fare l’opinionista, il conferenziere e il consulente sulla gestione dei gruppi di lavoro e sul ruolo del coach di una squadra aziendale o sportiva che fosse. Mi ha colpito in particolare la risposta data già molti anni fa in un’inchiesta televisiva ad un giornalista preoccupato della sfrenata passione dei ragazzi per i videogiochi. Velasco, per spiegare il perché i ragazzi stanno attaccati ore e ore alla console, gli fece notare che quando sbagli in un videogioco devi tu stesso trovare il modo di capire come trovare il modo per superare l’ostacolo e così salire di livello imparando dagli errori e riprovando in un modo diverso. La soddisfazione, la parte ludica se vogliamo, sta proprio nell’ affrontare la difficoltà e nell’essere stati capaci di avercela fatta da soli da qui la voglia di continuare . Quando sbagli o il tuo avatar muore , diceva Velasco, il videogioco non ti giudica, non viene fuori una scritta lampeggiante del tipo “ sei stato incapace” o non sei stato sufficientemente bravo”, il videogioco non dice nulla , ti mette alla prova nuovamente, ti sfida continuamente. Il merito di chi gioca sta nell’aver imparato a superare gli ostacoli, di ’essere diventato capace di farcela. Continua a leggere

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Escursione estiva nell’IA: la politica come brand

di Marco Guastavigna Stavolta ci sollazziamo con Captions, giocando con la sua funzione generativa di Ads, brevi spot pubblicitari di “prodotti”. La provocazione è la richiesta propagandare un mio blog, concetticontrastivi.org: “Concetti Contrastivi è un brand che esamina criticamente i dispositivi digitali come prodotti sociali capitalistici, esponendone le ambiguità attraverso un approccio emancipato ed emancipante. Decostruisce l’inganno della “società della conoscenza sorvegliata” e dell’estrattivismo attraverso cortocircuiti concettuali, adempiendo a un dovere politico-culturale di critica radicale della “società delle piattaforme”. Il marchio mira a promuovere una comprensione più profonda dell’agenda tecno-liberista dietro i prodotti digitali.”. La traduzione è molto indicativa, perché la definizione del blog e del suo scopo ruota intorno al concetto di brand (marchio). Funzionano allo stesso modo, ovvero sono impostati secondo parametri tipici del messaggio pubblicitario, i sei micro-testi messi insieme da Captions, che riporto di seguito per permetterne una lettura agevole: Continua a leggere

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L'umiliazione dei licei: secondo il Ministero sono scuole poco impegnative e facili da gestire

di Stefano Stefanel Una delle prime cose che si insegna a tutti i docenti che vogliono diventare dirigenti scolastici è che ogni provvedimento della Pubblica Amministrazione deve rispondere a canoni di efficienza, efficacia ed economicità. Se almeno una di queste tre caratteristiche non è soddisfatta allora è meglio lasciar perdere. Di recente, improvvisamente e a sorpresa, il MIM ha emanato una divisione degli Istituti scolastici in fasce al fine della retribuzione dei dirigenti scolastici. La retribuzione dei dirigenti scolastici prevede una parte fissa uguale per tutti, eventuali assegni ad personam legati a situazioni del passato transitati nella dirigenza (che residua per non tantissimi casi) e due retribuzioni variabili: una “di posizione” (la complessità della scuola che si dirige) e una “di risultato” (a seguito della valutazione obbligatoria del dirigente scolastico). Poiché anche i dirigenti scolastici non vogliono farsi valutare a fini stipendiali (come del resto in Italia praticamente tutti ad eccezione degli studenti) e in questo vengono spalleggiati sia dai sindacati generalisti (per intenderci CGIL, CISL, UIL, Snals, ecc.) sia da quelli di categoria (citerei solo ANP) dalla nascita della dirigenza scolastica (1999) nessuno è stato valutato a fini stipendiali. Continua a leggere

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Inclusione e disabilità: il garbuglio degli educatori

di Raffaele Iosa Alcune decine di migliaia di educatori scolastici impegnati nell’ inclusione degli alunni e studenti con disabilità ai sensi dell’art. 13 della Legge 104/92, con le diverse denominazioni date dalle diverse regioni, sono alle prese in questi giorni in un’affannosa rincorsa alla loro “legittimazione formale” nel processo di costituzione del c.d. “albo degli educatori” previsto da una recentissima legge che ne istituisce un apposito albo delle diverse professioni socio-educative. Il tutto in pochissimi giorni, e con poca chiarezza su tutto. Ricapitolo a grandi linee la faccenda, di cui troppo poco si sa. La Legge 104/92 all’art. 13 prevedeva che a fianco degli insegnanti fossero attivi dei professionisti cosiddetti “assistenti all’autonomia e alla comunicazione”. Ma non solo: di questi si sarebbe dovuto costruire un “profilo professionale” e ovviamente un curriculum accademico corrispondente. In questi 32 anni (trentadue!) non è accaduto nulla di legislativo che definisse formalmente questa figura professionale nelle scuole. E questo anche per conflitti tra le associazioni che tutelerebbero la disabilità, il disinteresse dei sindacati e l’incertezza dei diversi enti regionali e locali cui è assegnata effettivamente la responsabilità gestionale di questa professione secondo il processo di autonomia regionale nato a fine del secolo (modello Bassanini). Fin qui una storia molto italiana. Col tempo il termine più utilizzato nel definire queste figure è diventato “educatori professionali”, e da una ventina d’anni esiste una laurea universitaria apposita , la L 19, che ha un curricolo molto pertinente dedicato a questa professione inclusiva. Continua a leggere

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Artificiale, Watson!

Immagine realizzata con Copilot Pro[/caption] di Marco Guastavigna Proponiamo un’attività davvero straordinaria, visti i tempi: formarsi un’opinione propria. Come? Questo articolo incorpora il file di un documento ufficiale (“Strategia italiana per l’intelligenza artificiale”) [dearpdf id=”4974″][/dearpdf] e – separatamente – un altro, contenente le sintesi del documento stesso ad opera di:

A chi legge decidere se gli esiti delle elaborazioni dei dispositivi di intelligenza artificiale sono validi e fino a che punto.]]>

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Ri-copia e incolla

Immagine realizzata con Copilot Pro[/caption] di Marco Guastavigna Non credevo alle mie orecchie quando ho avuto notizia di questa consegna di lavoro, assegnata in una prima classe di secondaria di primo grado: “Scrivi un testo descrittivo sul tuo quaderno e poi ricopialo con Google documenti”. Eppure era proprio così! Ora, al di là del fatto che il correttore ortografico del dispositivo segnala “ricopialo” come ortograficamente errato, questo approccio è indicativo di una delle molte catastrofi culturali verificatesi sotto l’egida dell’innovazione digitale. Già, perché il tutto è rubricato come “informatica”. Questa dicitura richiama, a chi ha vissuto tutte le diverse retoriche innovative  – dall’ingresso trionfale nelle aule dei Commodore 64 al respingimento degli smartphone – una visione assai diffusa negli anni ‘80: l’informatica (intesa come epopea della programmazione) era infatti considerata  il nuovo latino (ovvero le si assegnava valenza sintattica e logica universale) e quindi era necessario studiare e diffondere il Basic e, soprattutto,  il Logo, che aveva la referenza di linguaggio nato in ambito psico-pedagogico. Continua a leggere

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Cittadinanza ignorante

di Marco Guastavigna Anche sull’ultimo provvedimento del ministro (divieto assoluto di uso dei cellulari) non si riesce ad andare oltre la polarizzazione. Sono contrario per principio e storia personale e professionale a ogni divieto, ma non posso fare a meno di scrollarmi di dosso questo approccio e di riflettere sul fatto che la tendenziale complessità (che è un pregio) delle attività di apprendimento dovrebbe far propendere per una macchina ergonomicamente adeguata per dimensioni di tastiera e schermo e postura suggerita/richiesta, ovvero un PC desktop (sempre più rari) o laptop. Qualche tempo fa, anzi, avevo proposto una sommaria classificazione, che riprendo: Ricordo per altro i tempi del lockdown, in cui presso molti si diffuse l’illusione che i tablet potessero essere la soluzione più congruente con il contesto emergenziale. A quasi nessuno vennero invece in mente i personal computer a basso costo, magari con un sistema operativo non proprietario. Continua a leggere

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