Come fronteggiare le insidie della I.A.

di Cinzia Mion Progettazione a ritroso e comprensione profonda Nel panorama delle offerte che si incontrano, nelle pubblicazioni specialistiche, di esempi di progettazione di competenze, spicca per originalità la cosiddetta “progettazione a ritroso”. Quando ho scoperto Wiggins e i suoi testi a dire il vero sono rimasta molto affascinata. Mi sono detta: ”Ecco l’uovo di Colombo”. Finalmente gli insegnanti finiranno di sperare che le competenze possano scaturire come per magia alla fine del percorso tradizionale delle conoscenze come da programma. Si tratta in parole povere di rendersi conto che le “competenze” non possono scaturire dalla programmazione lineare delle conoscenze e dall’applicazione pedissequa del libro di testo. Bisogna progettarle prima. Ora invece posso affermare che questo tipo di progettazione, che pone il suo focus sulla competenza “profonda e duratura”, è l’unica che è in grado, ovviamente fino ad oggi, di poter essere considerata adatta a fronteggiare le insidie della Intelligenza Artificiale. Con il mio contributo non intendo demonizzare tale dispositivo e tanto meno analizzarlo perché non ne ho le competenze. Continua a leggere

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Ci sono saperi e saperi

Composizione geometrica di Gabriella Romano[/caption] di Raimondo Giunta Ci sono saperi che valgono in sè e sono quelli che danno un orientamento per dare un senso alla propria vita e ci sono saperi che valgono per orientarsi nel mondo del lavoro; l’approccio per competenze come spesso definito, proposto e incentivato questa distinzione tiene a non farla, tant’è che dappertutto si è visto ridurre il peso delle discipline umanistiche e delle stesse discipline teoretiche della scienza. Che esistano saperi inerti è una favola da Confindustria; che l’inerzia sia congenita a determinate discipline è un’altra fatta propria dagli apostoli delle competenze. Ogni sapere è vivido e fruttuoso se viene problematizzato; se si fa comprendere che si è costituito come risposta ai problemi che l’uomo ha dovuto affrontare nella sua storia. E per la storia è opportuno ricordare che nei tecnici e nei professionali si è sempre considerato il rapporto col mondo del lavoro come proprio principio costitutivo. Contrariamente a quel che viene detto la scuola che non si lascia trascinare nel dogmatismo dell’approccio per competenze è un scuola che dà strumenti di libertà; la scuola che predica la spendibiltà dei saperi predispone all’accettazione servile, all’adeguamento puro e semplice ai dati del mercato del lavoro. Un matematico che aveva insegnato negli Stati Uniti e in Italia disse che dal punto di vista della produttività intellettuale è meglio insegnare geometria parlando di segmenti piuttosto che di bastoncini; non c’è nulla di più produttivo di un insegnamento teorico serio, rigoroso e profondo. Un personaggio come M.Crahay, a cui si deve la realizzazione in Belgio di uno dei primi se non del primo curriculum per competenze in Europa dice della competenza che non ha fondamento e che è simile alla caverna di Alì Babà; non posso tralasciare, infine, B.Rey che delle competenze cosiddette trasversali ha mostrato tutta la loro debolezza, se non proprio l’insostenibilità. P.S. Le competenze senza conoscenze sono vuote; si è competenti perchè si sa e si sa ciò che viene appreso in materie umanistiche, scientifiche e professionali.]]>

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Elon Musk, i popoli della Amazzonia e il colonialismo tecnologico

di Rodolfo Marchisio Musk è chiaramente un personaggio egocentrico, contradditorio, anche nelle sue scelte di campo, tranne che su 2 cose: sul fatto di guadagnare soldi e che si parli di lui. La iniziativa (di cui all’articolo di M. Guastavigna) è una forma di neo colonialismo tecnologico, razzista che si basa sulla convinzione della superiorità, grazie alle tecnologie (anche da noi discusse in modo critico, soprattutto per l’oligopolio della loro gestione da parte dei Big e per la mancanza di attenzione ai problemi che creano a cittadini, lavoratori ed ecosistema) della cultura occidentale). Diversa la iniziativa di B. Gates anni fa di portare PC a manovella a popolazioni che non avevano la energia elettrica. C’è una presunzione di superiorità del ruolo delle tecnologie e della nostra cultura che va contro i diritti alla autodeterminazione dei popoli, dei cittadini e dei popoli e delle nazioni indigene[1] Come quando abbiamo portato l’alcool (e i virus e la “vera” religione) negli altri continenti. Non parliamo del buon selvaggio felice, ma del fatto che nessuno, né privato, né stato, ha il diritto di sconvolgere la evoluzione di un popolo, arrogandosi il diritto ed il potere di migliorare (deus ex machina) le sue condizioni in base alla presunta superiorità della nostra cultura occidentale esportando non solo tecnologie ma problemi (patologie e dipendenze) da noi irrisolti. Noi siamo prigionieri delle tecnologie (dei padroni delle tecnologie), che se ci servono, però ci sfruttano come cittadini e consumatori; creano assuefazione ed effetti dannosi dal punto di vista fisico, psicologico, sociale, ci cambiano profondamente. [2] Ci abbiamo messo secoli per arrivare a questa situazione, abbiamo avuto la possibilità di adattarci in modo critico (anche se non lo abbiamo fatto) e non ne siamo usciti, chiusi tra utilità, necessità, ma anche dominio, sfruttamento e problemi irrisolti. Un popolo non può essere usato come cavia. Si tratta di un esperimento che usa popoli come cavie, senza tesi da dimostrare, senza preoccuparsi delle conseguenze, per far parlare di sé. Per questo andrebbero aggiornate alla situazione attuale le varie dichiarazioni dei diritti dell’uomo e dei popoli, compresi i popoli “indigeni”, già ampiamente sfruttati: nel senso della autodeterminazione, del dialogo tra culture, dell’aiuto e della non ingerenza.[3] Aggiornate ma poi attuate.   [1] Dichiarazione Nazioni unite sui Diritti dei popoli indigeni, maggio 2008 https://www.un.org/esa/socdev/unpfii/documents/DRIPS_it.pdf https://it.wikipedia.org/wiki/Dichiarazione_dei_diritti_dei_popoli_indigeni [[2] https://www.youtube.com/watch?v=Giibp5GApVg [3]https://www.ohchr.org/sites/default/files/UDHR/Documents/UDHR_Translations/itn.pdf https://it.wikipedia.org/wiki/Carta_di_Algeri:_Dichiarazione_Universale_dei_Diritti_dei_Popoli https://unipd-centrodirittiumani.it/it/attivita/Autodeterminazione-diritti-umani-e-diritti-dei-popoli-diritti-delle-minoranze-territori-transnazionali/187]]>

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Da Amazzonici a (potenziali) Amazoniani

cdi Marco Guastavigna Ne hanno (s)parlato in molti: i satelliti Starlink hanno portato la connessione internet alla comunità Marubo, con la conseguenza di renderne gli appartenenti assimilabili agli “sdraiati”, gli adolescenti descritti qualche anno fa da Michele Serra. Al di là degli aspetti pruriginosi – accesso alla pornografia digitale – e degli “o tempora o mores!” di rito, l’evento dà l’occasione di riflettere su un tema importante e complesso. È infatti un classico caso in cui il dominio tecno-capitalista dell’Occidente si traduce non solo in supremazia cognitiva, ma anche in soperchieria morale e comportamentale. Come se non bastasse, inoltre, questi esiti vengono considerati troppo spesso effetti collaterali di processi definiti con grande leggerezza e perniciosa ostinazione “progresso”, “sviluppo”, “crescita”, a seconda della convenienza politico-lessicale del momento. Oltre che richiamo dell’epistemicidio denunciato da pensatori e attivisti non subalterni alla cultura europocentrica e fautori della pluralità delle storie, anziché della Storia così come è stata istituzionalizzata, la scelta di Musk è quella di rifiutare una visione della conoscenza come arcipelago di punti di enunciazione a favore dell’universalizzazione dell’immaginario e dell’agire di un segmento (demograficamente minoritario) dell’umanità. Questa decisione, per altro certamente ponderata sul piano mediatico e aziendale, mi spinge perciò a proporre di insignire l’ imprenditore sudafricano del settimo grado del quadro di riferimento occidentale per le competenze digitali, fino ad ora assegnabile solo a Harry S. Truman: Colono. ]]>

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Chat-tanooga Choo Choo 4.0

di Marco Guastavigna Se non fosse una tragedia professionale e culturale, sarebbe divertente. Da una parte l’accademia giunge alla geniale conclusione che con un dispositivo che simula un dialogo si può praticare nientepopodimeno che la didattica conversazionale. Dall’altra, sinergicamente, una rete di scuole definisce criteri e parametri per un’introduzione dell’intelligenza artificiale nell’istruzione primaria e secondaria, producendo un documento molto limitato nell’approccio, discutibile nel contenuto e sciatto nella forma. Immediati però complimenti e adesioni, in genere avendo letto solo il titolo e l’annuncio “social”. In parallelo, i teorici dei massimi sistemi continuano a discutere in termini generali ed estremamente astratti di etica e AI, IA e apprendimento, lavoro e AI, IA e informazione e così via. Il tutto proiettato sul lungo termine, in modo da non dover fare i conti con il presente, dalla disumanizzante robotizzazione dei lavoratori della logistica globale, alla dicotomia tra sud globale, addetto all’addestramento e alla verifica dei dispositivi di intelligenza artificiale mediante prestazioni taskificate e retribuite in modo vergognoso, e nord globale, destinatario dei – forse presunti, certamente discriminanti – vantaggi delle tecnologie emergenti. Continua a leggere

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Perché le IA vengono proposte alle scuole?

PremessaIn teoria dalla dispersione scolastica alle prove Invalsi sono sempre di più e sempre più efficaci, gli strumenti di AI al servizio di docenti e studenti. Ma c’è bisogno di più cultura sul tema ed impegno pubblico.” Sostiene Chiara Panciroli. R: Sulla mancanza di cultura siamo d’accordo. La IA non può essere integrata nell’istruzione senza un grande impegno pubblico e le necessarie garanzie e normative da parte dei governi. Azoulay. Unesco. R: Vero. Per fare cosa? Il modo più chiacchierato è l’uso di Chat GPT e simili (da parte degli allievi) per “barare” nelle esercitazioni o nei compiti in classe. Poi? Le varie forme di IA possono aiutare la didattica come si vorrebbe? A quale prezzo? L’intelligenza artificiale generativa può automatizzare l’elaborazione delle informazioni e la presentazione dei risultati finali attraverso tutte le principali rappresentazioni simboliche del pensiero umano. Consente di consegnare i risultati finali fornendo prodotti di conoscenza semi-lavorati. Liberando gli esseri umani da attività appartenenti a livelli di pensiero di ordine inferiore. Panciroli R: quali sono le attività “inferiori” a scuola? Compilare registri e atti? Nelle attuali condizioni di bassa motivazione e ristrettezza dei tempi, non sarebbe utile anche concentrarsi e confrontarsi per valutare un alunno in base non solo a dati, ma a osservazioni, relazioni, episodi, informazioni? Liberare tempo per parlarsi in queste condizioni strutturali e di risorse? Ma per fare questo occorre passare dalle IA? questa nuova generazione di strumenti d’intelligenza artificiale potrebbe avere profonde implicazioni nella nostra comprensione d’intelligenza umana e apprendimento.   R: O meglio potrebbe intanto essere un’occasione per riflettere su come funzionano intelligenza umana e apprendimento, e se esiste l’IA e come funzionano le sue varie applicazioni prima di comprarle o di farcele imporre. Continua a leggere

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Ancora sulla cattedra inclusiva: quando l'inclusione è reale

di Evelina Chiocca Corresponsabilità e continuità educativo-didattica: le parole-chiave per scrivere / leggere “inclusione” Le attività di sostegno, promosse dal docente “con incarico sul sostegno” (docente assegnato alla classe a favore degli alunni con disabilità e del processo inclusivo – che è un processo culturale, e questo aspetto, rilevante, non va sottovalutato), hanno ragion d’essere e possono affermarsi “efficaci” se l’alunno apprende e se impara ad apprendere insieme ai coetanei. Se invece l’alunno si rapporta unicamente con un docente e non interagisce con gli altri (docenti) o rifiuta di interagire con altri, allora si è creata una “dipendenza” tale da impedire sia l’autonomia personale e sociale, fondamentale per la socializzazione, che la relazione, la comunicazione e l’interazione (in altri termini si preclude quegli aspetti vincolanti per l’attuazione del suo personale Progetto di Vita). Continua a leggere

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Lo spoil system dei curricoli

di Pietro Calascibetta Non c’è di peggio che distruggere ciò che si vorrebbe valorizzare imponendo delle scelte di parte invece di prendere atto della realtà. E’ il caso del curricolo di storia che il ministro Valditara vorrebbe rivedere per salvare la scuola valorizzando l’identità italiana. Mentre le vacche italiane sono minacciate da quelle francesi e gli artigiani italiani da quelli olandesi, non si capisce da chi sia minacciata la storia nazionale. Il ministro non si è accorto che nonostante i proclami reiterati per anni e le leggi che alcune forze politiche sono riuscite ad introdurre, l’Italia è un Paese ormai multietnico e lo sarà ancor di più anche solo con le quote legali di ingressi decise dal governo. La realtà in cui vivono i nostri studenti italiani e i nostri docenti italiani nelle aule non solo delle grandi città è una realtà multietnica. Mentre i dinosauri vivono nei libri, nei film e nei fumetti, i compagni ucraini, siriani, filippini, cinesi, somali, palestinesi, ecc. sono accanto a loro tutti i giorni e con loro condividono non solo l’aula, ma le emozioni, i ricordi, la cultura. Ciascun docente è consapevole che se vuole che l’apprendimento sia efficace deve creare un gruppo classe coeso e una cultura del gruppo e non delle fazioni contrapposte. Maschi e femmine, italiani e stranieri, con e senza bisogni speciali. Il problema quindi non è valorizzare “l’identità italiana” con un lavaggio del cervello agli stranieri e contemporaneamente iniettare una siringa di italianità agli studenti italiani che magari hanno il nonno emigrato in Argentina, ma semmai capire come fare a valorizzare l’italianità come cultura tra le culture in una realtà già multietnica. Continua a leggere

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Cara Giorgia, le scrivo (e le spiego qualcosa sulla "teoria gender")

Composizione geometrica di Gabriella Romano[/caption] di Cinzia Mion LETTERA APERTA ALLA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, alias GIORGIA. Da tempo volevo scriverLe, Onorevole Presidente, ma ora penso che sia arrivato il momento in cui non posso veramente più stare zitta. Anche perché non mi si addice! La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la Sua dichiarazione “urlata” al congresso organizzato a Madrid recentemente da Vox, alla presenza di tutti i rappresentanti della destra estrema, prossimi al voto europeo. Dichiarazione da Lei urlata in spagnolo (chissà perché quando deve parlare spagnolo Le scappa sempre di urlare…forse ha interpretato “vox” in questo modo?) in cui dichiara, tra le altre boutade ad effetto, anche che, in osservanza delle radici cristiane, Lei non accetterà mai che nelle scuole si parli della “teoria gender”. Ora mettiamo le cose in chiaro, carissima Presidente, non si faccia cogliere “in castagna” pure lei come gli altri “gaffeurs” del suo governo che in genere, a dire il vero, si stanno dimostrando spesso piuttosto claudicanti, rispetto alla competenza culturale ma anche politico-amministrativa che sarebbe giustamente loro richiesta. Dia l’esempio Lei, Presidente, e prima di aprire bocca si informi bene, come si conviene alla leader del Governo, i cui membri in teoria dovrebbero amministrare la “cosa pubblica” verso il BENE COMUNE e non verso la ricerca di facile consenso popolare, come sta invece accadendo nel caso di specie. Continua a leggere

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Revisione delle Indicazioni nazionali. Il partito dei programmi

di Nicola Puttilli Sul wikidizionario alla voce partito si legge: “raggruppamento politico di cittadini che professano idee comuni per la gestione dello stato e delle amministrazioni pubbliche”. Il ministro Valditara esibisce orgogliosamente sul bavero della giacca il distintivo della Lega, lo stesso partito che nell’Italia centrale presenta capolista alle elezioni europee il generale Vannacci, quello che vuole le classi separate per i disabili, considera anormali gli omosessuali e da ultimo anche le persone con i capelli rossi. Il ministro si è limitato a dichiarare che “nessuno ha fatto più della Lega per l’integrazione dei disabili” (ipse dixit) ma non ha ritenuto di dissociarsi apertamente da simili deliranti affermazioni, né risulta abbia manifestato difficoltà o imbarazzo nel farsi rappresentare in Europa da tale personaggio. Del resto lo dice anche il dizionario pop “cittadini che professano idee comuni”. All’ombra di questo ameno paesaggio culturale il ministro in questione annuncia la nomina di una commissione incaricata di formulare proposte per la revisione delle Indicazioni nazionali e  delle Linee guida per tutti i cicli scolastici. Sembra che sia quasi un dovere d’ufficio per ogni buon ministro dell’istruzione tentare, dopo qualche mese dal proprio insediamento, di lasciare un segno indelebile del proprio passaggio a viale Trastevere e riformare i programmi scolastici è una di quelle imprese che può assicurare un passaggio nella storia. Possono ben aspettare i controsoffitti che crollano, gli stipendi degli insegnanti e gli abbandoni precoci, la revisione dei programmi viene prima. Per fortuna ben pochi ci riescono. Continua a leggere

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