Per gentile concessione della rivista specializzata BABELE mettiamo a disposizione dei nostri lettori uno stimolante intervento di Magda Di Renzo
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Nel 1947 la Montessori diceva: «Non è un metodo di educazione che bisogna conoscere, ma è la difesa del bambino, il riconoscimento scientifico della sua natura, la proclamazione sociale dei suoi diritti che deve sostituire gli spezzettati modi di concepire l’educazione».
Mi sembra che oggi più che mai queste parole costituiscano un monito fondamentale per il recupero di una metodologia educativa che sappia essere rispettosa dei tempi e dei modi
dello sviluppo e che sappia guardare il bambino come portatore di potenzialità e limiti, anziché vederlo solo come una sommatoria di performance e deficit.
L’eccesso di medicalizzazione che ha colpito epidemicamente il nostro scenario collettivo sull’infanzia ha contagiato anche il contesto scolastico e il raggiungimento delle prestazioni ha messo in secondo piano, se non addirittura occultato, il benessere del bambino e la sua motivazione ad apprendere per crescere.
Sicuramente possiamo affermare che ai bambini viene richiesto molto presto un ritmo stressante che non tiene in considerazione, nel modo dovuto, i suoi bisogni e le sue necessità di
accudimento. Ma, accanto ai tempi spesso troppo prolungati, si inserisce troppo spesso un atteggiamento educativo volto unicamente alla performance, senza che siano tenute nel debito conto le necessità maturative in termini affettivi.
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