La scuola “del futuro” secondo Valditara

di Dario Missaglia

Il documento ufficiale non c’è ma il dibattito è già iniziato, volutamente sollecitato dalle dichiarazioni del Ministro. Giusto ed opportuno intervenire dunque sulle sue dichiarazioni e sui silenzi che non sono meno eloquenti delle parole.
Il Ministro preannuncia le nuove indicazioni per la scuola elementare e media: neppure più scuola primaria né tanto meno scuola di base, come sarebbe necessario per una scuola “ che guardi al futuro”.
Insomma Valditara, quando non costruisce barriere, conserva gelosamente quelle esistenti.
Che questo non venga colto da “associazioni di presidi” che non sanno neppure cosa sia una scuola elementare e cosa siano bambini e bambine dai sei agli undici anni, ci fa capire molte cose.
Un clamoroso silenzio del Ministro riguarda la scuola nella sua struttura materiale.
Il Ministro preannuncia una scuola più ricca di attività e contenuti: più arte, più musica, più attività fisica e sportiva, più storia d’Italia, più grammatica e lingua italiana ed altro ancora. Vedremo (sui contenuti diremo a tempo debito).
Ci preannuncia dunque una scuola a tempo pieno per tutti, dai sei ai 14 anni ?
Perchè o un arricchimento del curricolo si traduce in un tempo più lungo per tutti, un tempo pieno (spazi, laboratori, saperi formali ed informali, attività con il territorio, ecc) con il necessario incremento di organico, oppure stiamo affermando propositi lasciati al vento. Il silenzio su questo punto è determinante: se non ci sarà una scuola di base a tempo pieno, non avremo nessuna scuola del futuro.
Il tempo infatti, certo non esclusivamente, è una variabile fondamentale per misurare la potenzialità inclusiva dell’istituzione scolastica. E’ la base necessaria su cui costruire l’intero edificio. Non a caso, dagli anni 70 in poi, il tempo scuola è progressivamente aumentato grazie alle lotte del movimento sindacale e di un forte movimento per la riforma. .
Senza questa base, avremo una scuola che torna pesantemente selettiva, fin dalla scuola media . Non dico che il latino, come materia opzionale, sia immediatamente il simbolo conservatore di questo approccio.
Aggiungo che abbiamo interessanti esperienze di scuole in cui il latino si apprende con il metodo “natura” (esperienze sulle quali non posso dilungarmi in questa sede) e vengono persino proposte, con successo inaspettato, anche agli adulti. Queste attività ad oggi sono in orario aggiuntivo (oppure nella quota flessibile del curricolo prevista come opportunità dal Regolamento sull’autonomia).
Se la proposta è quella di istituire il latino facoltativo per tutti dal secondo anno di frequenza della scuola media, bisogna contestualmente affermare che tale insegnamento avverrà per gruppi di alunni anche di classi diverse, in orario aggiuntivo, perché l’alternativa sarebbe il ritorno alle classi con il latino e quelle senza il latino; alle classi per i ceti colti e quelle per i ceti popolari.
Alle classi di scuola media che orientano al liceo e alle classi che orientano alla formazione professionale.
Un ritorno inaccettabile alla scuola di classe che forse è proprio la scuola del merito cara al Ministro.
Sui contenuti ripeto, attendiamo di leggere, Ma certo alcune cose colpiscono; nella società della complessità, della ricerca delle connessioni, il Ministro preferisce tornare al disciplinarismo. Nel mondo della globalizzazione, Valditara propone di rinchiuderci nel nostro orto di casa (l’Italia e al più, l’Occidente) quando la nostra crescita culturale deve inevitabilmente passare dal “borgo natio” alla regione, al nostro Paese, all’Europa, al mondo, alla Terra come patria di tutta l’umanità.
Anche il Censis, nel suo ultimo rapporto, ha scritto che questo è un Paese che “non conosce la storia”. E non intendeva, solo quella “italica”.
In realtà proprio in questi accenni ai temi di contenuto, “appare evidente la coerenza con l’idea di una scuola il cui primo compito è quello di formare un’identità collettiva, e in particolare un’identità nazionale italiana” come ben sottolinea il documento-appello a firma Massimo Baldacci (Presidente nazionale Proteo Fare Sapere) e Antonio Brusa (già docente dell’Università di Bari), che sta riscontrando una significativa adesione da parte dei docenti universitari.
Insomma la vera novità di Valditara è il timbro ideologico che ne sorregge l’impianto e apre a uno scenario preoccupante,
Per questo è necessaria una mobilitazione, civile e culturale, per affrontare le grandi questioni educative che riguardano il futuro e sostenere la difficile impresa che attende il mondo della scuola nella responsabilità educativa verso i piccoli e i giovani.
Nelle dichiarazioni del Ministro, neppure un cenno al fatto che ogni intervento sulla scuola debba essere mirato a realizzare quanto disposto dall’articolo 3 della Costituzione. E del resto, anche questo silenzio non è inspiegabile perchè per il Ministro, ciò che conta, come ha scritto anche Massimo Baldacci, è la scuola dei talenti e non la migliore formazione possibile per tutti i cittadini . E’ la scuola che registra e accentua le diseguaglianze.
E intanto avanzano questioni anche angoscianti: il tema delle nuove tecnologie e il loro effetto quando sono scaricate sui più piccoli senza cogliere i rischi; il tema dell’IA che costringerà a cambiamenti profondi dei contenuti, dei modi di insegnare e di apprendere.
Tutte questioni che richiederebbero un investimento massiccio nella ricerca accademica, nel rapporto tra le scuole e le università, nelle sperimentazioni da realizzare con l’autonomia delle scuole. Il Ministro su tutto questo tace perché lui e il suo governo ha già deciso di abbandonare il campo e regalarlo , letteralmente, alle Università telematiche che proliferano nel nostro Paese con un’ampiezza che non ha riscontri in Europa.
Una previsione però possiamo farla: le scuole, gli insegnanti, i genitori, gli studenti, non saranno lasciati soli. Sono certo che tra loro non mancherà chi, con passione e pensiero critico, con il sostegno delle organizzazioni sindacali e e delle associazioni professionali, non tacerà.
Faranno sentire forte la loro voce, rivendicando la loro domanda di autonomia e partecipazione: parole non a caso assenti nelle dichiarazioni ufficiali perché estranee alla logica autoritaria che segna questa politica della destra.
Una logica che ignora che la scuola è della Repubblica e non del Ministro e della maggioranza di turno che governa.

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