Il disastro della finta inclusione: bambini cattivi e note disciplinari

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disegno di Matilde Gallo, anni 10

di Raffaele Iosa

 Riprendo e copio qui  queste due lettere di aiuto su brutte esperienza scolastiche di alunni e studenti con disabilità, riprese da un sito FB molto frequentato da insegnanti e genitori.
Sui siti specializzati in consulenza sull’inclusione scolastica ne arrivano di questo tipo continuamente.

 

Lettera 1
“….. Vorrei chiedervi se è normale che l’insegnante di sostegno di mio  figlio gli faccia  ogni giorno  note disciplinari, piuttosto che seguire la tecnica  di gestione dei comportamenti-problema.   Mio figlio è art. 3 comma 3 Legge 104, ADHD+ DOP + disregolazione emotiva, situazione familiare difficile.  Esiste una normativa in merito?”

Lettera 2
“ Buon giorno, sono una docente di sostegno, il mio collega curricolare mette diverse note disciplinari al mio alunno ADHD e DOP. Io lo trovo controproducente in quanto dopo ogni nota lui smette di lavorare. Cosa devo fare?”

A proposito di questo mio breve commento sull’argomento ADHD e DOP,  i quotidiani di oggi raccontano di una sospensione di ben 15 giorni a Ladispoli  per un ragazzino con queste disabilità,  che è stata soppressa dal TAR Lazio e con una scuola che riceverà da Roma “una visita ispettiva”. Servirà a qualcosa? Mah.

Dunque. Nel forte aumento  certificativo in corso da 20 anni, in cui gli studenti con disabilità sono triplicati, tre disabilità sono esplose nel panorama clinico: l’autismo (un terzo dei certificati 104), l’ ADHD (disturbo dell’attenzione e iperattività , e il DOP (disturbo oppositivo provocatorio).
Si tratta di sindromi certo complesse e molto discusse  (anche criticamente) sul piano scientifico,  emerse con forza negli ultimi anni, e a volte compresenti nella stessa persona. Tutte con una caratteristica  precipua: la presenza di diffusi “comportamenti problema” cui spesso si lega la “querelle disciplinare”, intesa non come materia scolastica, ovviamente, ma come modi umani dell’agire “anomali, spesso aggressivi e fortemente reattivi”. Che creano nelle classi situazioni sofferenti anche per gli altri alunni e studenti.

L’esplosione ha seguito la diffusione del DSM V, il classico manuale statunitense di psichiatria del 2012  che viene seguito dalle pratiche diagnostiche dei paesi europei.
Autismo, ADHD, DOP sono da questo manuale particolarmente “medicalizzati”, ed hanno ottenuto un gradimento diagnostico prima del tutto assente.

Meriterebbe, prima di analizzare le due lettere qui presentate, chiedersi  se questa esplosione segnali una “epidemia inedita prima”,  oppure una diversa attenzione e lettura dei comportamenti dei bambini e dei ragazzi a scuola, oppure una nuova epidemia psichiatrica a largo spettro. Oppure una qualche “crisi ideale e sociale”  che tocca l’educazione e la  terapeutica.
Ho chiamato quest’epoca  della “medicalizzazione” e  una specie di “grande malattia” sta pervadendo le nostre scuole e mette in crisi l’esperienza inclusiva italiana.

Il fatto è che anche le basi scientifiche di queste diagnosi sono  discusse. Non esiste una certezza genetica, ad esempio, se non alcune tracce e alcune spinte epigenetiche. Non esistono “cure” farmacologiche particolarmente condivise,  i farmaci  psichiatrici  sono ancora  osteggiati per il rischio di “intontimento”. Piuttosto è curioso che nella letteratura clinica  di queste tre disabilità manchino del tutto alcune parole classiche della psicologia quali “carattere, personalità, relazione”.
Siamo invece oggi nell’epoca del comportamentismo spinto, prevalentemente di base skinneriana, ed  è esplosa parallelamente una neo-clinica (con molte strutture private agguerrite nel mercato della cura) con “tecnici terapeutiche” e “tecniche comportamentiste” che hanno una discreta efficacia nei comportamenti problemi, ma anche queste oggetto di discussione. E soprattutto un costo pesante per le famiglie.

E’ soprattutto su queste tre disabilità che si sta giocando, in Italia come in Europa, la possibilità di proseguire e qualificare l’inclusione nella normalità come noi abbiamo fatto fin dagli anni 70. Il rischio è invece la tendenza ad “isolare” questi bambini e ragazzi anche perché “pericolosi” per i compagni di classe. Si tenga conto che per loro in genere domina la cd “copertura totale” (docente di sostegno + educatore comunale) in modo che mai siano lasciati “soli”  in mezzo alla classe e ai docenti (diciamo così) “normali”. Siamo cioè già verso un declino separativo, in cui si diffondono aule ha e spazi separati.
Ma il dibattito scientifico e pedagogico è scarso, e quando si prova a farlo spesso accadono scontri.

E qui veniamo alle due lettere pubblicate all’inizio. In entrambe è in discussione se la “nota disciplinare” per un qualche comportamento non “corretto” sia utile o se, invece, non peggiori il quadro comportamentale del nostro studente con disabilità ADH, DOP o autistico. D’altra parte le “note disciplinari” possono avere in gran parte lo stesso effetto anche nei ragazzi diciamo così non disabili: e cioè piuttosto che “aiutare a comprendere” il sé alunno/studente ed essere stimolato  per  comportamenti virtuosi, produrre uno stigma che aumenta le crisi e con questo più difficile l’inclusione personale. Disgraziatamente per una pedagogia del merito di destra strisciante che entra dalle fessure delle nostre aule “punire non è mai curare”.

Ebbene: queste due lettere riguardano i comportamenti “punitivi” che adottano sia docenti di cattedra che docenti di sostegno, che dovrebbero secondo il dire comune avere invece “competenze” ben diverse.
Dunque  un tema centrale per l’epoca presente: la necessità di sviluppare competenze più raffinate e serie di capacità inclusive per tutti i docenti coinvolti, sia per quelli di sostegno che per i curricolari.
Non per nulla, come già anticipato in altri mei scritti, sto lavorando  con amici e colleghi sensibili  al tema a proporre quella che abbiamo chiamato “cattedra inclusiva”, che nasce dalla necessità di formare intensamente tutti i docenti italiani anche e soprattutto a fronte dalle nuove sfide che la profonda mutazione socio-culturale e scientifica delle disabilità sta producendo nelle nostre scuole. La questione delle “note disciplinari” è un piccolo cattivo esempio prodotto sia da docenti curricolari che di sostegno.
Non c’è alternativa: è necessario un cambio di passo con competenze diffuse ben diverse da quelle di oggi. Altrimenti meglio le scuole speciali: quelle non imbrogliano nelle finalità.