di Giancarlo Cavinato (Movimento di Cooperazione Educativa)
I gruppi brasiliani della Fimem fanno riferimento per l’impostazione pedagogica del primo apprendimento della scrittura e della lettura alle ‘3 F’ (Freinet, Freire, Ferreiro) a cui noi italiani aggiungemmo Foucambert (Foucambert, studioso francese, si è occupato dell’’atto di lettura’ e della lettura come ricostruzione del significato).
Il bagaglio di riflessioni e di proposte offerto da questa impostazione è vasto e fornisce agli/alle insegnanti disponibili a mettersi in ricerca un materiale di osservazione ricchissimo.
Il momento del primo apprendimento della lettura e della scrittura, si dice nel manifesto ‘Educare alla parola’ è un momento delicato, da curare con grande attenzione.
Si tratta di partire con il piede giusto, considerando il/la bambino/a un soggetto competente, assumendolo nella sua interezza, valorizzando i processi che spontaneamente mette in atto: processi di pensiero, tentativi sperimentali, formulazione di ipotesi, anticipazioni, … Sono processi che il bambino ha iniziato a compiere ben prima dell’arrivo a scuola e che è compito dell’insegnante conoscere e valorizzare.
E’ importante riconoscere al/la bambino/a la dignità di lettore da subito, ossia di soggetto che cerca di ricavare un significato dai segni scritti. Immettendolo, da subito, in situazioni funzionali di lettura. Il percorso di apprendimento non va scisso in un ‘prima’ (imparare sotto la guida di un insegnamento sistematico la corrispondenza segni-suoni) e un ‘dopo’ (la lettura autentica per ricavare significati e informazioni, per incontrare emozioni, per soddisfare un bisogno estetico, …).
Dice Freinet che un buon metodo non è né analitico né globale, ma procede per strategie diverse in relazione ai processi personali di ciascun allievo/a.
Ciascuno/a, infatti, si costruisce dei punti di riferimento personali in seguito alla scoperta di ricorrenze, corrispondenze, … punti di riferimento che possono essere percettivi, sonori, spaziali, … Sta a noi osservare e stimolare i processi aiutando i bambini/e a diventare consapevoli delle loro scoperte e dei loro percorsi. La percezione visiva gioca un ruolo molto importante, i testi scritti vengono ‘esplorati’ visivamente (la ‘traduzione’ dello scritto in significato procede direttamente dall’occhio al cervello, la ‘sonorizzazione’ ha un ruolo marginale).
Occorre rendersi conto che la mente non può rispondere a eccessive richieste nello stesso momento: se la richiesta è di concentrarsi sul rapporto suoni-segni, non si è liberi di interrogarsi sui significati (e, fin dalla nascita, è il significato l’aspetto su cui l’essere umano si interroga).
Quindi non si tratta, da parte dell’insegnante, di scegliere un metodo o un altro, ma di sostenere e stimolare i processi costruendo un ambiente di apprendimento favorevole: in cui la lingua – orale e scritta- sia usata per comunicare; in cui sia possibile un incontro positivo con i libri; in cui per ciascuno/a ci sia la possibilità di mettere in gioco le competenze individualmente e in gruppo; in cui la proposta di attività ludiche aiuti ad acquisire consapevolezza sulle ‘regole’ del codice; in cui i tentativi sperimentali non vengano considerati ‘errori’ e sanzionati spegnendo la spinta alla ricerca.
E questo è il ‘metodo naturale’, un ‘non-metodo’ che si preoccupa di stimolare i processi e di guidare le scoperte, non di imporre un unico percorso uguale per tutti. I francesi lo hanno rinominato ‘metodo relazionale’, perché i processi non si svolgono solo in solitudine ma soprattutto nello scambio, nel confronto, nella negoziazione con gli altri. Il significato, dice Eco, non sta nel testo, ma nella testa che lo costruisce confrontando ciò che ha elaborato con quanto hanno capito gli altri.
Una classe contenitore di tante attività cui sono legate tante scritture è un luogo favorevole alla ricerca e dell’apprendimento: le strisce personali, i giornali scolastici, i giornali murali, le lettere dei corrispondenti, i verbali delle uscite e delle visite, le storie co-costruite e trascritte dall’insegnante, le storie illustrate, i regolamenti, i ‘vocabolari’ figurati, …sono materiali importanti per la ricerca e l’esplorazione.
Un analogo discorso si può fare per la matematica, che può essere appresa secondo un metodo naturale.
Anche in questo caso, se la matematica è formazione di pensiero logico, di capacità di verifica di dati, di loro messa in relazione, in un sistema interrelato, non si può pensare che ‘prima’ si apprendono gli elementi base, ‘poi’ si ragionerà. Si tratta di portare a pensare per relazioni, funzioni, elementi interconnessi, cioè di immettere in un sistema.
La matematica può essere inventata, facendo spazio a processi creativi, all’immaginazione, costruendo via via un sistema di pensiero elastico, probabilistico, non delle certezze immobili, non acquisizioni tecniche slegate le une dalle altre. Ci vuole tempo, ad esrmpio, per costruire il concetto di numero correlando aspetti ordinali e aspetti cardinali.
Anche in questo caso sono le preconoscenze e le competenze già presenti ed i tentativi spontanei, da incoraggiare e stimolare, al centro dell’attenzione dell’insegnante.