Non ci sono parole per esprimere il disgusto per quello di cui è stata accusata la dirigente dell’ICS GIOVANNI FALCONE, situato nel quartiere Zen a Palermo.
Il danno arrecato alla scuola e al principio di legalità in terra di mafia è incalcolabile e non sarà per nulla facile riedificare ciò che è stato distrutto, soprattutto se si considera quanti vengono colti in questioni di malaffare ,regolarmente coperte da quotidiane esternazioni contro la mafia.
Questa orribile vicenda mi spinge a fare qualche riflessione sul ruolo del dirigente in regime di autonomia scolastica,perché credo che ci siano tanti modi e tante ragioni per evitare che possano ripetersi fatti come quelli verificatisi allo Zen di Palermo.
In una scuola che vuole essere una comunità educativa l’autorità del dirigente scolastico si dovrebbe fondare sulla capacità di fare della propria scuola un modello di convivenza collegiale e culturale e non sull’esercizio arbitrario dei poteri che gli affida la legge.
Non sono pochi, purtroppo, i dirigenti scolastici che ritengono di non potere fare bene il proprio mestiere ,perché sarebbero molestati dagli insegnanti che sollevano obiezioni e perplessità sul loro operato, e perché devono tenere conto di quello che ancora si decide nei collegi degli insegnanti e nei consigli di istituto.
Ricordo ancora la dichiarazione pubblica “LASCIATECI LAVORARE”, sottoscritta da alcuni dirigenti scolastici, in piena pandemia, come se il lavoro a scuola consista nell’esecuzione dei loro ordini di servizio.
Il prestigio di un dirigente non deriva dall’esercizio incontrastato dei suoi poteri, ma dalla capacità di spiegare e giustificare le proprie decisioni in termini pedagogici, professionali e anche morali e dalla capacità di interpretare e affermare i principi costitutivi di una istituzione che è e deve restare democratica nel suo assetto e nelle sue procedure.
Si parla di management delle risorse umane, scimmiottando il mondo aziendale, mentre invece si dovrebbe capire che a scuola il problema più serio è oggi e sarà domani il management dei significati.
Il problema vero è sempre quello di impegnarsi in favore di valori educativi da condividere con tutto il personale, con gli alunni, con le famiglie, con la comunità di riferimento, per trovare il senso delle cose che si fanno e dello stare insieme, per trovare passione, entusiasmo, motivazioni profonde nel lavoro a scuola, soprattutto nelle scuole collocate nelle cosiddette zone a rischio.
Il problema quotidiano che si deve affrontare è quello di trovare ragioni e significato dell’educare e dell’essere educati.
Chi conosce la fatica del fare istruzione ed educazione sa che non c’è alcun bisogno di padroni a scuola , ma di professionisti riflessivi ,dotati di scienza , di esperienza e di intuizione creativa.
C’è bisogno, proprio in regime di autonomia, di professionisti che sappiano integrare valori e culture, non semplici risorse umane; che abbiano strategie motivazionali e che rifuggano da qualsiasi forma di prevaricazione.
L’autonomia ha un senso se viene pensata e gestita per dare diritto di parola, per consentire la partecipazione a tutte le scelte; per valorizzare tutte le professionalità esistenti in ogni singolo istituto. L’autonomia scolastica funziona efficacemente e dà buoni frutti solo se c’è cooperazione, dialogo tra le componenti professionali .Senza un reale potere sul proprio lavoro, senza autonomia intellettuale non c’è professionalità e senza professionalità dei docenti non c’è autonomia.
I dirigenti che vogliono comandare e solo comandare devono ricordare che scuole che funzionano, senza gli insegnanti che vi lavorano con il loro sapere, con la loro cultura, con la loro professionalità, con il loro spirito di sacrificio e con la loro dedizione non ne esistono.Solo
all’interno di istituzioni autoritarie o che pretendono di diventarlo se ne fanno e se ne vogliono fare dei docili esecutori delle direttive dell’amministrazione.Il lavoro dell’insegnante appartiene alla categoria delle attività intellettuali,alle quali togliere libertà e autonomia è togliere l’aria che serve per vivere .
Non credo che la dirigente della scuola GIOVANNI FALCONE dello Zen a Palermo si sia attenuta a qualcuna di queste regole di buonsenso.Non è un caso che tutta l’inchiesta sia partita dalla denuncia di un’insegnante che vi lavorava .