Istruzione: un nuovo contratto sociale

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di Giovanni Fioravanti

La vulnerabilità era un sentimento privato frutto delle nostre fragilità biografiche, ora, dopo la pandemia e con la guerra alle porte di casa, è divenuto un sentimento collettivo che insieme all’incertezza per il futuro ha investito sempre più il nostro presente.

L’UNESCO ne ha fatto il tema dominante del suo ultimo rapporto: Reimagining our futures together: A new social contract for education”.
Reimmaginare il futuro e per questo è necessario un nuovo contratto sociale per l’istruzione, un’istruzione che è ancora troppo fragile come ha dimostrato la pandemia, durante la quale 1,6 miliardi di studenti in tutto il mondo è stato privato della scuola.

Sono 75 anni, da quando è stata fondata, che l’UNESCO produce i suoi rapporti per ripensare il ruolo dell’istruzione nei momenti chiave della trasformazione della società.
Dal rapporto della Commissione Faure del 1972 Learning to Be: The World of Education Today and Tomorrow, al rapporto della Commissione Delors nel 1996, Learning: The Treasure Within.
Di fronte a gruppi di insegnanti e associazioni che ancora sfornano manifesti per rivendicare il passato anziché il futuro, per difendere cattedre e discipline, viene da chiedersi quanto i professionisti dell’istruzione nel nostro paese possano essere culturalmente sensibili agli stimoli che il nuovo rapporto dell’Unesco fornisce, siano disponibili a ridiscutere le presunte certezze fin qui accumulate.

Il sistema va rivisto, ed è urgente, perché l’istruzione è questione che non riguarda più solo la nostra classe, il nostro paese, è questione mondiale e quando saliamo in cattedra non è che la porta dell’aula si chiude al mondo, al contrario si apre al mondo e di questo come insegnanti portiamo la responsabilità. Ma non sembra esserci sintonia tra tanta parte degli insegnanti delle nostre scuole e la necessità per il futuro che le nostre aule e le nostre scuole non solo siano costruite, ma soprattutto vissute in modo diverso.

Si parla di istruzione come se i paradigmi non fossero cambiati, come se l’istruzione permanente praticata come richiesto dai documenti dell’Unesco non avesse dovuto rimettere  in discussione tutto l’assetto dei nostri sistemi formativi e il ruolo professionale dei docenti.
Ora l’Unesco suggerisce di fondare l’istruzione su un nuovo contratto sociale il cui punto di partenza sia una visione condivisa degli scopi pubblici dell’educazione a partire dai principi fondamentali e organizzativi che strutturano i sistemi formativi, il lavoro per costruirli, mantenerli e perfezionarli.

Nel corso del XX secolo, l’istruzione pubblica è stata essenzialmente finalizzata a sostenere la cittadinanza nazionale e lo sviluppo della scolarizzazione di massa attraverso l’istituzione della scuola dell’obbligo. Oggi, tuttavia, mentre affrontiamo gravi rischi per il futuro dell’umanità e per lo stesso pianeta, dobbiamo reinventare urgentemente l’istruzione per poter affrontare le sfide comuni. Il diritto all’istruzione, come sancito dall’articolo 26 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo non è più sufficiente. Deve continuare ad essere il fondamento del nuovo contratto sociale per l’istruzione ma occorre arricchirlo, ampliarlo al diritto all’informazione, alla cultura e alla scienza, nonché al diritto di accedere  alla conoscenza, alle risorse del patrimonio di conoscenza collettiva dell’umanità accumulato nel corso delle generazioni che si sta trasformando continuamente.

Sostenibilità, conoscenza, apprendimento, insegnanti e insegnamento, lavoro, abilità e competenze, cittadinanza, democrazia e inclusione sociale, istruzione pubblica, istruzione superiore, ricerca e innovazione costituiscono le voci vertiginose della lista, i temi critici che richiedono di essere profondamente ripensati per il futuro.

Il rapporto dell’Unesco guarda al 2050 ponendo tre domande essenziali relative all’istruzione: Cosa continuare a fare? Cosa abbandonare? Cosa inventare di nuovo in modo creativo?

Non dà risposte, ma fornisce le coordinate per pensare in modo diverso all’apprendimento, alle relazioni tra studenti e insegnanti, alla conoscenza e al mondo.
Didattica, curricoli, valutazione, insegnanti e insegnamento, scuole, opportunità educative, ricerca e innovazione.
Nulla di nuovo, ma dovremmo metterli nero su bianco, dare loro la consistenza di un nuovo contratto sociale, un riconoscimento normativo da cui non è possibile prescindere per chi mette piede nelle nostre scuole, nelle scuole di un nuovo contratto per l’istruzione.
Deve essere prescritto che a scuola istruzione e apprendimento si praticano attraverso la cooperazione, la collaborazione e la solidarietà, attraverso la compassione e l’empatia, la capacità di lavorare insieme, di immaginare e di trasformare il mondo, la cultura e il sapere per promuovere le capacità intellettuali, morali e sociali di ragazze e ragazzi. Deve essere prescritto che a scuola si va anche per disimparare, disimparare pregiudizi e divisioni, disimparare le lezioni ex cattedra, i compiti e i voti, per apprendere invece a valutare come promuovere la crescita  e l’apprendimento significativo per ogni studente.

Curricoli per contrastare la diffusione della disinformazione attraverso alfabetizzazioni scientifiche, digitali e umanistiche che sviluppino la capacità di distinguere la falsità dalla verità. Enfatizzare l’apprendimento ecologico, interculturale e interdisciplinare in modo da supportare gli studenti nell’accedere e nel produrre conoscenza, sviluppando allo stesso tempo la loro capacità di critica e di applicazione. I programmi di studio devono abbracciare una comprensione ecologica dell’umanità (già Edgar Morin ci invitava a questo) che riequilibri il modo in cui ci relazioniamo con la Terra come pianeta vivente e nostra casa. Cittadinanza attiva e partecipazione democratica devono essere promossi e praticati nei contenuti, nei metodi e nelle politiche educative.

Reimagining our futures dell’Unesco propone un profilo professionale dell’insegnante come produttore di conoscenza e figura chiave della trasformazione educativa e sociale.
Ma l’insegnante reimmaginato per il futuro non è quello che siede in cattedra e chiude la porta dell’aula. Al contrario la collaborazione e il lavoro di squadra devono caratterizzare la professione docente, la riflessione, la ricerca e la creazione di conoscenze e nuove pratiche pedagogiche debbono diventare parte integrante dell’insegnamento.

Occorre valorizzare pienamente l’autonomia e la libertà dei professionisti dell’istruzione,  che non possono continuare ad essere muti spettatori, ma farsi attori pienamente protagonisti partecipando al dibattito pubblico e al dialogo per il futuro dell’istruzione.
Le architetture scolastiche, gli spazi, gli orari, i gruppi di studenti devono essere riprogettati per incoraggiare e consentire alle persone di lavorare insieme, per affrontare sfide ed esperienze non possibili altrove, le tecnologie digitali devono mirare a supportare e non sostituire le scuole.

Scuole come siti educativi protetti, grazie all’inclusione, all’equità e al benessere individuale e collettivo che ne costituiscono la ragione d’essere. Scuole reinventate per promuovere al meglio la trasformazione del mondo verso un futuro più giusto, equo e sostenibile.
Il diritto all’istruzione deve essere ampliato per durare tutta la vita e comprendere il diritto all’informazione, alla cultura, alla scienza e alla connettività.

Un invito alla ricerca e all’innovazione. Le università e gli istituti di istruzione superiore devono essere attivi in ​​ogni aspetto della costruzione del nuovo contratto sociale per l’istruzione nelle loro comunità e in tutto il mondo. Università creative, innovative, impegnate a rafforzare l’istruzione come bene comune hanno un ruolo chiave da svolgere nel futuro dell’istruzione, dal sostegno alla ricerca, al progresso della scienza, all’essere  partner che contribuiscono all’arricchimento e all’aggiornamento dei programmi educativi nelle loro comunità.

È essenziale che tutti possano partecipare alla costruzione del futuro dell’istruzione: bambini, giovani, genitori, insegnanti, ricercatori, attivisti, datori di lavoro, leader culturali e religiosi. Abbiamo tradizioni culturali profonde, ricche e diversificate su cui costruire. Gli esseri umani hanno una grande capacità di azione collettiva, intelligenza e creatività da spendere. Ora ci troviamo di fronte a una scelta seria: continuare su una strada insostenibile o cambiare radicalmente rotta.

Tornando alla scuola di casa nostra, ce n’è quanto basta per reimmaginare il nostro futuro e scrivere un nuovo contratto sociale per l’istruzione, ma a guardarci attorno mancano le parti che sembrano guardare altrove o comunque incapaci di trovare la rotta da seguire. L’Unesco ce ne offre una. La speranza è che da qualche parte non ci si limiti a procacciarsi l’etichetta di patrimonio dell’umanità, ma si leggano anche i rapporti dell’Unesco che suggeriscono come far crescere per il futuro il patrimonio umano di cui portiamo la responsabilità.