Devo ricordare a me stesso che fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce, quindi leggere questi post ideologici contro la scuola estiva che ci vincola al ruolo di badantato perché “la scuola seria istruisce e non diverte” mi infastidisce e non poco.
Detto questo, corre l’obbligo precisare alcune cose.
Una parte delle obiezioni focalizza l’attenzione sulle cifre nette percepite da ciascuno che, naturalmente, vengono ridicolizzate. E’ certo vero che vedere 70 euro l’ora trasformarsi in 34,98 netti (per chi ha un’aliquota del 27%, perché con quella del 38 diventano un pelo meno) e quella di 30, per i tutor, diventare 14,99, fa impressione. Ma occorre parimenti ricordare almeno due cose: in tale potatura, una parte contribuisce a tenere in piedi i servizi dello Stato (“pagare le tasse è bellissimo” diceva qualcuno e io sono d’accordo!), un’altra supporta la propria pensione, giacché vige un sistema contributivo (“bisogna pensarci prima” diceva mio nonno!).
Chi si lamenta, legittimamente, di buchi pensionistici per i contratti al 30 giugno dovrebbe pensarci. Chi è così fortunato da non averli, dovrebbe comunque pensarci (la mia generazione NON avrà le ricche pensioni che hanno avuto i nostri genitori!).
Ciò che fa male è pensare che ci sia chi fa queste affermazioni (le cifre guadagnate sono risibili) dall’alto delle cifre nette guadagnate con le ripetizioni private che sono un cancro della scuola che non si fa carico delle debolezze e una vergogna della categoria, quando non sono dichiarate all’erario (oltre allo scrivente, conosco solo un’altra persona che in vita sua l’abbia fatto).
Sempre sull’esiguità della cifra, io farei fare un giro nel mondo reale a queste persone. Regalerei una partita IVA per sei mesi, per fare capire quanto tali cifre siano preziose. Nessuno dà niente per niente e questo scherno per l’esiguità della cifra si traduce in un assunto: chi la esprime sta bene di suo.
Non conosco persona con mutuo, figli da sfamare, monoreddito e senza le spalle scoperte che disdegnerebbe tale salario accessorio. Certo, se hai genitori/nonni che ti foraggiano, consorte che guadagna quanto o più di te, mezzi di altra natura, allora tutto ti fa schifo e ti puoi consentire di disdegnarlo. Ma in questo caso, il tuo non è un mestiere, ma un hobby. Sarebbe dignitoso tacere. Poi, naturalmente, c’è chi fa legittimi bilanci: una baby sitter mi può costare quanto quello che guadagno. Non ne vale la pena. Ma allora scrivi: “per me, nel mio caso, non ne vale la pena”.
Larga è la schiera dei critici che legittimamente fanno bilanci. Un giorno, questi signori, ci spiegano che gli/le insegnanti hanno 32 giorni di ferie l’anno, come tutti gli altri, un altro giorno ci spiegano che non vale la pena per quattro lire rinunciare ad andarsene al mare, mostrando palesemente quanto penoso sia il bluff della prima versione. A questi raccomanderei moderazione, perché il resto del mondo che non gode né di uno stipendio fisso (e quando c’è è spesso più basso), né di una certezza di entrata (e in questi ultimi quindici mesi vediamo bene cosa può voler dire), e sfoggiare “due mesi di ferie di fatto” non è elegante. Di certo non aiuta a costruire un’immagine di credito sociale.
Queste persone non fanno un favore alla maggioranza silenziosa dei docenti dell’ora et labora. Vabbé, magari non sempre maggioranza, ma gruppi numerosi di questo tipo ci sono in ogni scuola e le fanno funzionare. Mi fermo qui perché devo lavorare.