Freinet parla di autovalutazione piuttosto che di valutazione. Il che non significa che non sia consapevole della complessità del problema e della sua centralità nella pedagogia dell’educazione. Di come il cosiddetto profitto scolastico accompagni per tutto l’arco della carriera scolastica un ragazzo e possa incidere sull’orientamento per il suo futuro. [1]
Preoccupato per il successo scolastico dei suoi alunni e di tutti i ‘figli del popolo’, di stabilire con loro un dialogo basato sul riconoscimento della dignità dei loro tentativi e delle loro esplorazioni, accanto alle sue tecniche e a quello che definisce il ‘complesso di interessi’ per l’organizzazione della vita della classe [2], egli sperimenta e propone una serie di strumenti il cui presupposto è l’autocontrollo attraverso il piano di lavoro per l’alunno, il ‘profilo vitale che l’insegnante viene via via compilando sulla falsariga del diario in cui l’alunno registra i suoi progressi. [3]
La dimostrazione dell’avvenuta acquisizione di capacità viene effettuata attraverso il brevetto, strumento di riconoscimento mutuato da un lato dall’apprendistato artigianale (la cosiddetta ‘prova d’uso’ che il garzone doveva dimostrare di essere in grado di produrre) , dall’altro dal mondo dello scoutismo, da un altro ancora dall’attestazione da parte di un ente statale della proprietà di un’invenzione.
La valutazione non concerne cioè il complesso di un impianto disciplinare, ma singoli passaggi e tecniche nel percorso di individualizzazione. Il brevetto viene riconosciuto in base a una prova pratica che mostra cosa l’alunno sa e sa fare.
Non è una prova standardizzata, la prova non è lo stessa per tutti ma risponde alle specifiche capacità, esigenze, proposte di ciascuno. A volte si tratta di oggetti, tecniche, schede, ricerche, procedure funzionali al lavoro che sta facendo la classe.
E’ la classe (insegnante incluso) che lo valida. Il ‘prodotto’ viene esposto e diviene oggetto di osservazioni. in determinati momenti il ragazzo lo presenta attraverso una esposizione, la cosiddetta ‘conferenza’. Può essere mostrato a genitori e autorità scolastiche. Al termine dell’anno scolastico viene restituito all’autore. Con il sistema dei brevetti Freinet offre un’alternativa al sistema di emulazione e competizione tipico del voto, ai rischi di demotivazione e frustrazione che esso determina in molti. . ‘Non esistono primi e ultimi. Ognuno può e deve acquistare capacità nelle attività manuali o intellettuali di sua scelta. Ognuno ha così successo a suo modo e secondo le sue attitudini, e ciò è perfettamente conforme alla psicologia del bambino e alle complesse possibilità sociali attuali.’ [4]
Un’esperienza di uso di brevetti al termine di un’attività come il ‘mercato delle conoscenze’ che coinvolge alunni di più classi in forme di insegnamento e apprendimento reciproco si trova nel quaderno MCE ‘Narrare la scuola’ [5].
In questo caso si trattava di far sperimentare agli alunni la necessità e l’efficacia di una messa a disposizione in forme democratiche dei saperi presenti in una comunità.
[1] Redazione Quaderni cooperazione educativa ‘Freinet: dialoghi a distanza’, La Nuova Italia, Firenze, 1997 P. 96
[2] C. Freinet ‘La scuola del popolo’ Ed. Riuniti, Roma, 1973
[3] op. cit. p. 144-146
[4] op. cit. p. 146
[5] P. Scotto, G. Caavinato, A. Busato, ‘Al mercato delle conoscenze. Dare visibilità ai saperi dei bambini’ in, S. Nicolli ( a cura di) ‘Narrare la scuola. insegnanti riflessivi e documentazione didattica’ ed. Asterios, Trieste, 2018, pp. 123-140