Ma davvero l’Europa ha radici cristiane?

di Raimondo Giunta

Non ho voluto ascoltare nessun intervento di quanti hanno partecipato al raduno organizzato da un giornale, il cui editore fa buoni affari con le industrie militari, disgustato e preoccupato per gli 800 miliardi previsti per le armi, che in gran parte saranno pagate con la devastazione di quel poco che ancora esiste di stato sociale nelle nazioni europee. Non so quindi se hanno affrontato il tema delle radici cristiane dell’Europa, che di tanto in tanto viene richiamato e riproposto per designare una delle differenze più significative rispetto ad altre culture e ad altre civiltà.
Differenze in meglio per intenderci…Considerato che prima o poi verrà ripreso in vario modo anche a scuola, provo a dire qualcosa con gli strumenti a mia disposizione, chiedendomi innanzitutto se abbia ancora un senso nel terzo millennio parlare di Europa cristiana e in che cosa consista questa sua specifica connotazione.
Finora la riflessione che si è svolta su questo tema impegnativo è oscillata tra nostalgia, rifiuto e tentativi di imposizione. Alcuni ne hanno parlato come se non ci potessero essere valori senza Cristianesimo.
Se appare immotivata la riduzione della civiltà europea alla storia e ai valori del Cristianesimo, tuttavia non è ragionevole pensare che si possa cancellare ciò che ad ogni piè sospinto ci ricorda la sua continua, millenaria presenza tra gli uomini che hanno abitato la terra d’Europa.
La ricerca di valori identitari e comuni nell’ aggrovigliata e sempre più incerta vicenda della costruzione dell’Europa è comprensibile; anzi è necessaria, soprattutto se si considera che cosa è stata la storia europea: una sequenza ininterrotta di guerre fratricide, in cui hanno avuto, spesso ma non sempre, un ruolo importante le divisioni religiose dopo il lungo periodo della ” Res Publica Christiana” del Medioevo.
Ancora oggi i veri confini culturali degli stati europei sono quelli segnati dalle diverse confessioni cristiane professate e praticate (cattolici, ortodossi, protestanti).
Le radici cristiane hanno fruttificato in modo diverso nelle nazioni europee e non consentono un’unica e condivisa lettura; né tantomeno possono oscurare altri contributi, o più antichi o più recenti, che hanno costituito la particolare fisionomia di quella che si vuole chiamare civiltà europea.
I corifei accaniti delle radici cristiane dovrebbero pensare con qualche gesto di umiltà ad alcune vicende della storia europea, a fatti e tragedie che ne hanno segnato il percorso: le persecuzioni contro gli eretici, le guerre di religione, la lotta delle chiese contro la scienza e la libera ricerca di pensiero, il contrasto con le idee di democrazia e di libertà, il connubio col potere e i ceti possidenti, l’antisemitismo, la benevolenza verso il colonialismo e verso le guerre.
Nella situazione attuale e non ancora definitivamente stabilizzata il patto di convivenza tra gli inquilini della casa europea si può fare, a rigore di logica, anche a prescindere da quello che si è stati; e forse converrebbe, se si pensa che la storia passata è stata anche storia di sopraffazione, di intolleranza, di violenza e di genocidio. Non sono solo le “radici” a costituire comunità forti e stabili, anche se non se ne può fare a meno; sono indispensabili profondi, sentiti interessi comuni a sostegno delle regole e dei principi che dovrebbero consentire il funzionamento della nuova realtà comunitaria.
E’ importante stabilire ciò che si deve per forza volere e accettare; ciò che è utile e buono per tutti.
Non è importante da dove derivino i principi e le regole che bisogna adottare: è importante che siano voluti, accettati e rispettati.
Si dovrebbe capirlo.
I valori non sono deboli o forti se c’è o non c’è il Cristianesimo alla loro radice, ma solo se sono condivisi, imprescindibili, universali, generalizzabili, inconfutabili.
Tra l’altro credo che ci siano dei rischi nel pensare il Cristianesimo come luogo di formazione dell’identità politica di una comunità e non come messaggio di speranza e di salvezza.Non è la forza delle baionette o quella coercitiva dello Stato a dare posizioni di primato nel mondo dei valori.
L’Occidente non è solo tecnologia e razionalizzazione; dovrebbe essere anche quel mondo di valori, di cui si proclama indecentemente la superiorità indiscussa rispetto al mondo di valori di altre civiltà, a cui hanno contribuito il mondo laico, la cultura greco-romana, la cultura ebraica e perchè no, qualche rivolo di cultura islamica.
La civiltà europea non comincia col Rinascimento e non si nutre solo di Illuminismo.
Non è solo figlia del Cristianesimo.
Lo strato superiore dello “Spirito” occidentale è costituito dai paradigmi critico-razionalistici elaborati dalla filosofia greca e dalla scienza greca, sperimentale o no che fosse (matematica-medicina in primis). In quel tempo viene dichiarata e “fondata” la superiorità della razionalità su ogni altra sfera cognitiva e psicologica e questa da subito comincia a esercitarsi sull’universo mondo: Dio, uomo, cosmos, polis.
Questa cultura squisitamente intellettualistica e tendenzialmente manipolatoria si sviluppa impetuosamente nelle mutate condizioni socio-economiche del Cinquecento Europeo, nel Rinascimento Italiano, accompagnandosi e confliggendo con le diverse confessioni della religione Cristiana.
Nel corso del tempo si è privata della tensione della ricerca dell’assoluto, del senso, del significato delle cose e proprio per questo è diventata procedura universale, accettata da popoli con civiltà millenarie alquanto diverse dalla nostra.
Di fatto si è costituita e diffusa in tutto il mondo una razionalità senza valori .
Ciò nondimeno l’intreccio complesso di storie e di valori che ha originato l’alto livello di civiltà dell’Europa non può essere sciolto per essere piegato a indicibili e impossibili progetti di egemonia culturale;anzi è arrivato il momento, forti ed umili per le severe lezioni riservateci dalla storia, di goderci la ricchezza e la bellezza di questo coro polifonico di sensibilità, di tradizioni, di valori etici e spirituali.
Il tempo che viviamo è quello successivo ai fallimenti tragici di ogni forma di messianismo terrestre con cui si pensava di imbastire ordini nuovi e di creare nuovi uomini. Fallimenti che nessuna religione è stata capace di impedire. Proprio per questo bisogna mettersi alle spalle ogni tentazione integralistica e fondamentalista, per potere affrontare con cautela e prudenza e con grande spirito dialogico i grandi problemi del momento: l’indifferenza verso le minacce dell’impiego di armi nucleari nelle guerre esistenti, la dissoluzione degli equilibri dell’eco-sistema, le migrazioni di masse di sventurati, la crescente povertà di molte nazioni e l’aggravarsi delle disuguaglianze sociali in ogni angolo della terra.

 

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