Vogliono cancellare il paradigma della complessità per sostituirlo con il paradigma della linearità


di Cinzia Mion

Vogliono annullare il paradigma culturale della complessità, asse portante del testo “Nuove indicazioni” precedenti!!!
A proposito di tale allarme desidero iniziare con un aneddoto.
Correva l’anno 2001 ed era appena successo un fatto molto grave ad opera di due adolescenti di Novi Ligure. Ricordo cosa ebbe a dire Massimo Picozzi, famoso neuropsichiatra interpellato su questi fatti (nei quali due adolescenti, Erika ed Omar, uccisero la madre di lei e il fratellino soltanto perché intralciavano con la loro presenza gli incontri tra loro): “Oggi ne’ la famiglia ne’ la scuola insegnano a pensare pensieri difficili!”
Da allora questa affermazione mi aveva sempre fatto rimuginare e ricordo che più volte avevo sottolineato la necessità che la scuola sollecitasse di più il pensiero critico fino a “predicare” la necessità di dare molto più spazio al “pensiero riflessivo” invece che al semplice pensiero “riflettente”, di pedissequa restituzione della lezione del docente o dello studio del libro di testo.
Avevo già scoperto il fascino della complessità acquistando il saggio “La sfida della complessità” a cura di Ceruti e Bocchi, che mi ha aperto la mente e dato una visione sul mondo molto più adeguata ai tempi.
Parto da questo per tessere allora le lodi del “paradigma culturale della complessità” che, essendo stato recepito dalle prime Indicazioni Nazionali del Ministro Fioroni del 2007, alla stesura delle quali c’era stato come presidente appunto Mauro Ceruti, ricordo di aver giubilato.
Alla presentazione del primo testo (la stesura del 2012 ha lasciato intatti tutti i fondamenti) era stato giustamente invitato Edgar Morin ed io mi sono fiondata a Roma per andare a vederlo e a sentirlo.
Questa impostazione possiamo dire, se volete, che è incarnata nel testo ma è rimasta “implicita” nella sua denominazione, perché in tutte le Ordinanze precedenti nella presentazione i firmatari dei vari documenti programmatici si premuravano di dire che il Ministero non poteva avere una pedagogia di Stato, per cui non si poteva adottare ufficialmente nessun orientamento specifico, facendo con ciò riferimento a eventuali psicopedagogisti o pensatori o fondatori di particolari metodologie…
Ma un paradigma culturale, vale a dire le lenti con cui guardiamo il mondo e lo interpretiamo, è altro dal segnalare nomi di personaggi. (Come mai oggi questa accortezza è saltata?… ingenuità o arroganza?)
Aggiungo che optare per questo paradigma significa andare oltre al paradigma precedente, definito anche della “linearità”, caratterizzato dalla logica binaria che risponde alla “o” disgiuntiva in modo sbrigativo: o questo o quello, o giusto o sbagliato, o vero o falso, senza nessuna analisi approfondita, con una semplificazione inaccettabile al giorno d’oggi.
Oggi diventa anche indispensabile uscire dal proprio “etnocentrismo culturale” perché la società è diventata multietnica, multiculturale e multireligiosa, complessa appunto.
Alla luce della complessità dovremo allora, per esempio, imparare e insegnare a coniugare il valore freddo del diritto che parla di “uguaglianza” con il valore caldo dell’identità e dell’appartenenza che parla di “differenza”, come afferma Alain Touraine e come viene richiesto sia dall’Interculturalità che dalla Parità di Genere.
Coniugare le logiche diverse addirittura contrapposte richiede la “riflessività”, pensiero appunto difficile.
Noi, persone di scuola, sappiamo anche che le giovani e nuove generazioni abiteranno sempre più la complessità.
Ma il pensiero riflessivo è faticoso e difficile, contrariamente a quello “riflettente”, che si limita a restituire il pensiero degli altri o addirittura a considerare augurabile il “non pensiero”, quando siamo di fronte ad un riflesso condizionato.
Bisogna esserne però allenati, avere assaporato il sottile “piacere funzionale” di scoprire la capacità di cogliere nessi e relazioni tra i dati – anche quando sembrano sconnessi – avere colto i brividi mentali della sua “fermentatività” e considerare la fatica che ciò comporta nutrimento della mente, non scotto da pagare
Questa è la premessa.
E’ accettabile ora che le recenti Indicazioni di Valditara ci facciano tornare al “Paradigma della Linearità” e al più banale pensiero riflettente?
Due fili rossi attraversavano le Indicazioni 2012: la riflessività e la competenza a decentrare il punto di vista.
Sparito tutto…ecco perché il mio accorato S.O.S.

 

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