Indicazioni Nazionali: ma cos’è la persona?

di Stefano Penge

Leggo nella Premessa culturale generale delle Nuove Indicazioni, al paragrafo “PERSONA, SCUOLA, FAMIGLIA”:   “Il termine ‘persona’ ha radici storico-culturali occidentali. Esso si ritrova già nel lessico latino ed ha un particolare rilievo nel campo del diritto romano. Persona è anche un termine presente, oltre che negli artt. 2 e 3 della Costituzione italiana, anche in un testo fondamentale del nostro tempo, la Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, che definisce la persona come titolare di diritti universali, inviolabili, inalienabili: “Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona” (art.3)”

Questa premessa serve a dare le basi della concezione di scuola espressa più sotto, che usa il termine ‘persona’ in maniera intensiva:
“Da questi riferimenti si ricava un concetto chiave della formazione scolastica: la persona è una realtà che si costituisce attraverso la possibilità di dire ‘io’. […] Ed è nell’identità personale e culturale di ciascun allievo che si riconosce la sostanza e la dignità della persona, la sua dinamicità perfettibile alla quale la scuola concorre con tutta la ricchezza delle sue sollecitazioni. Tale identità non può essere naturalmente disgiunta dalla relazione. Non si può avere consapevolezza di sé al di fuori della differenza con gli altri io e con il mondo. Ogni identità si oppone necessariamente ad una alterità ma l’incontro fra un io e un tu è un bisogno strutturale. E il privilegio della nostra civiltà è nel confronto. L’altro, infatti, non limita la persona ma è costitutivo del suo svilupparsi e completarsi. Le comunità, la società,i gruppi, le collettività non sostituiscono mai la persona, ma hanno il compito di preparare le condizioni del suo divenire e completarsi, ‘suscitandola’. La persona è, oltre che identità e relazione, anche partecipazione: ossia apertura intenzionale su tutta la realtà, una realtà non scelta, ma all’interno della quale è possibile costruire il proprio progetto di umanità. Di qui la fondamentale azione della scuola nel promuovere l’identità personale, culturale, relazionale e partecipativa della persona umana.”

Devo dire che non ritrovo molto della Costituzione e della Dichiarazione Universale in questo testo. L’identità culturale, la civiltà privilegiata, la collettività che non deve sostituire: sono espressioni abbastanza lontane da quelle matrici.
Eppure l’uso del termine non è casuale. Il paragrafo iniziale è dedicato all’analisi della specificità del concetto di persona, con una nota (2) che approfondisce l’etimologia del termine e le sua radici nelle lingue greca, etrusca e latina. Si cita Cicerone (De Officiis:107), per dire che il termine “persona” è attribuito ad ogni individuo.

Ora confesso che non ho mai letto il De Officiis e non mi ricordo a memoria il testo della Dichiarazione Universale e quindi sono andato a vedere.
Questo è quello che ho trovato.

1. La via latina
Cicerone dice (più o meno) che la Natura ci ha dato due “persone”: una universale, in comune con tutti gli altri uomini che ci differenza dagli animali, e l’altra particolare, che ci differenzia l’uno dall’altro. Quindi qui persona sta per “caratteristica”, insieme degli attributi.
In effetti questa interpretazione è allineata con il significato “maschera, faccia” che sembra essere quello originario.
Il passaggio semantico a “individuo dotato di diritti” è avvenuto in qualche altro momento. Volendo fare qualche ricerca sulle occorrenze del termine “persona” nei testi latini, c’è questo meraviglioso motore specializzato:

Fino a qui, il testo della nota 2 ricalca quasi letteralmente la pagina di Wikipedia
“Il termine persona proviene dal latino persōna (corpo/maschera dell’attore), e questo probabilmente dall’etrusco phersum (corpo/‘maschera dell’attore’, ‘personaggio’), il quale procede dal greco πρóσωπον [prósôpon]. Il concetto di persona è un concetto principalmente filosofico, che esprime la singolarità di ogni individuo della specie umana in contrapposizione al concetto filosofico di “natura umana” che esprime ciò che hanno in comune.”

Nel cercare di definire l’etimologia del termine, gli estensori della pagina di Wikipedia fanno riferimento a due diverse linee:
le opere dello stoico Panezio di Rodi (II secolo a.C)
le dipute cristologiche del IV e V secolo d.C intorno alla conciliazione di monoteismo e trinità

Il testo del De Officiis sembra essere una ripresa del pensiero di Panezio. Nella traduzione di Dario Arfelli:  “In verità a quei due caratteri (personis), di cui ho parlato più sopra, se ne aggiunge un terzo, che ci è imposto dal caso o dalle circostanze; e ancora un quarto, che noi stessi ci assegniamo di nostro libero arbitrio.”
Insomma qui persona sta per “faccetta”, cioè aspetto pubblico multiplo.

Seconda linea: il concetto di persona è stato usato e definito esplicitamente all’interno della patristica cristiana, da Paolo di Tarso a Giovanni Damasceno, da Tertulliano fino a Tommaso d’Aquino. Anche qui, almeno inizialmente, “Un solo Dio in tre persone” è un’espressione che serve a legare l’identità unica e gli aspetti molteplici, cioè le possibilità di relazione.
Dopo di ché, il testo della pagina di Wikipedia procede nel tempo fino al personalismo cattolico francese: Emmanuel Mounier (1895-1950), ma anche Maritain, Ricoeur.
E infatti, proprio Mounier è citato nella nota 3 dello stesso capitolo.

2. La via costituzionale
Sulla Costituzione italiana, da ignorante in materia ma curioso, ho scritto un capitolo di un libro (“Le parole della costituzione”, in Dati, coding e cittadinanza; ma lo potete leggere qui), in cui cerco di far vedere come si possa analizzarne il testo e capirne il significato anche usando strumenti digitali.
Ma qui basta anche andarsi a prendere il testo originale: “2. La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”
Qui si parla dell’essere umano come soggetto. La personalità è la potenzialità dell’uomo, che si “svolge” all’interno dei gruppi.
“3. Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”

Anche qui il soggetto sono i cittadini (quindi un soggetto non naturale) e la persona è intesa come potenzialità da sviluppare.
A me questi due verbi (svolgere e sviluppare) piacciono molto, e capisco che vanno usati così: il cittadino – svolge/sviluppa – la sua persona.

3. La via universale
La stessa impostazione si può trovare nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo”, che segue la Costituzione italiana di circa un anno. Come tutti sanno, è stata pubblicata dall’Assemblea dell’ONU il 10 Dicembre 1948, dopo una genesi non semplice. Dieci dei 58 membri dell’ONU di astennero e due non parteciparno al voto, accusandola di essere troppo legata ai valori occidentali.

 

La traduzione ufficiale in Italiano può essere letta sul sito del Senato della Repubblica Italiana, insieme alle versioni in Inglese, Francese e Spagnolo.
L’articolo 1 definisce il dominio di cui si parla, ovvero gli esseri umani:
“Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti.”
Da quel momento in poi, si usa il termine “individuo” per indicare un qualsiasi elemento di quel dominio. Significa “essere umano”, a prescindere da genere, lingua etc.
La situazione è completamente diverse nelle altre lingue, per quel che posso capire. In francese e in spagnolo, al posto di individuo si usa “Toute personne” e “Toda persona”, che significa semplicemente “ognuno”. Anche in Inglese, al posto di individuo si usa in maniera costante “everyone”, con due sole eccezioni.
Non ho idea del perché di questa scelta particolare dei traduttori italiani.
In ogni caso, nella versione Italiana le parole con radice “person*” sono utilizzate in 7 articoli ma con significati diversi:
Art. 3: “sicurezza della propria persona”
Qui si intende il corpo dell’individuo. Questo è l’articolo citato nel paragrafo delle Indicazioni.
Art. 6. “riconoscimento della sua personalità giuridica”
Qui si intende il diritto ad essere soggetto di fronte alla legge
Art. 17 “proprietà sua personale o in comune”
Qui si intende distinguere tra proprietà dell’individuo e proprietà del gruppo
Art. 22 “al libero sviluppo della sua personalità.”
Qui si intende parlare delle differenze tra individui dal punto di vista psicologico
Art. 26 “sviluppo della personalità umana”
Sembra lo stesso significato del precedente articolo
Art. 29 “sviluppo della sua personalità “
Idem
Art. 30 “Stato, gruppo o persona”
Qui persona è inteso come soggetto giuridico

Insomma mi pare chiaro che nella versione Italiana della Dichiarazione persona è distinta da individuo.

In conclusione
Sembra di poter dire che l’ispirazione per tutto il paragrafo (e, vista la sua importanza, per tutto il testo delle Indicazioni) non sia il concetto di cittadino nella Costituzione Italiana, di individuo della Dichiarazione Universale, né quello stoico (ripreso da Cicerone) di faccette plurime o quello patristico di aspetti di un mistero unico, ma il concetto di persona al centro della riflessione del filosofo cattolico Mounier.
“Una persona è un essere spirituale costituito come tale da un modo di sussistenza e di indipendenza del suo essere; essa mantiene questa sussistenza mediante la sua adesione a una gerarchia di valori liberamente eletti, assimilati e vissuti con un impegno responsabile e una costante conversione; la persona unifica così tutta la sua attività nella libertà e sviluppa nella crescita, attraverso atti creativi, la singolarità della sua vocazione” (Manifesto al servizio del personalismo comunitario, Ecumenica, Bari, 1975).

Massimo rispetto per Mounier e per il suo personalismo comunitario, ma perché non dichiararlo? Probabilmente non si poteva, in una scuola laica.

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