Indicazioni Nazionali: documento da respingere al mitttente

di Mario Ambel

Sapevamo che la lettura e le valutazioni delle “indicazioni nazionali” avrebbero potuto essere fatte a livelli diversi, tra loro intrecciati, ma anche specifici: istituzionale, culturale, didattico e politico. Ricordo, a mo’ di premessa, che le indicazioni nazionali tali sono, non perché devono rispondere all’idea di Nazione della maggioranza, ma perché riguardano l’intero paese.
Ebbene. Rifacciamo il punto, a testo aperto.

a. In ottica istituzionale lo Stato “ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie”: “m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; n) norme generali sull’istruzione; e comunque “salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche” ex art. 117 della Costituzione. Ed è invece palese che una parte assai consistente di questo testo deborda da tale limite costituzionale, sia per quanto riguarda l’invasività su terreni che competono alla libertà professionale, all’autonomia delle scuole in quanto organismi istituzionali, dotati di autonomia di ricerca, di sperimentazione, al confronto e alla crescita culturale della e nella scuola, sia per quanto riguarda l’interpretazione e le linee di indirizzo su argomenti specifici, se elaborati con eccessivo ed evidente posizionamento di parte.

b. Dal punto di vista culturale, ovvero delle peculiarità e degli intrecci fra impostazioni disciplinari e psicopedagogiche (che giustamente e opportunamente l’operazione stessa rivendica) il testo si pone in netto contrasto con la storia della scuola pubblica e le linee di indirizzo su cui si è mossa nel dopoguerra, soprattutto sui documenti istituzionali e programmatici.
Si può argomentare sulla reale consistenza di riferimenti anche lessicali a norme e pratiche precedenti e sulla coerenza di questi riferimenti con l’insieme, ma l’impianto complessivo, il senso di quanto scritto, le direttrici cui tende vanno totalmente in un’altra direzione, che per molti aspetti appare in rotta di collisione e di alternativa minoritaria rispetto al dibattito e alle elaborazioni in campo psicopedagogico e in non pochi degli ambiti disciplinari interessati. Vale per l’idea di scuola, di allievo, di docente; per programmi come quello di storia, per la presenza del “latino per l’educazione linguistica”, così come per la matematica e altro che sta emergendo nei commenti di settore. Per non parlare della volontà di rescindere la geostoria (opzione che può anche essere suffragata dal modo con cui quella ipotesi di per sé tutt’altro che opinabile è stata realizzata per esempio nei libri del Bienno) risolta in due programmi in palese contraddizione fra loro, che se adottati trasformerebbero il loro insegnamento nella scuola di base in un inedito contesto schizofrenico, per altro su tematiche di estrema attualità, rilevanza e delicatezza.
c. Sul fronte didattico, ancorché non tocchi a questo livello normativo occuparsene, se non in senso assai generale e di indirizzo (e quindi vanno stralciati tutti i suggerimenti, gli esempi, gli elenchi di contenuto, gli incisi, i si potrebbe anche o forse…) il testo rivela una sostanziale conflittualità con la consistenza reale delle scuole e delle classi attuali, cui ai docenti tocca per dovere e non per diritto commisurare il progetto educativo. Se vale ancora l’idea (e la norma) che le indicazioni nazionali vanno rapportate alla realtà in cui si opera (come per altro anche detto nel testo e non potrebbe essere altrimenti) una quantità consistente delle cose scritte è semplicemente inapplicabile o apparirebbe totalmente in conflitto con le realtà esistenti. E le scuole che volessero applicarle andrebbero incontro a seri problemi e fallimenti educativi.
d. Dal punto di vista politico, infine, il testo è certamente coerente con le idee e il programma di questo governo e delle forze politiche e associative che lo sostengono e vi si riconoscono, ma non è tra le prerogative attuali del governo redigere un programma palesemente e smaccatamente di parte. La scuola pubblica appartiene alla Repubblica, non alla coalizione che vince le elezioni. E queste “Indicazioni” non possono essere imposte all’intero paese e alle scuole.
Per l’insieme di questi motivi, in sintesi, l’operazione complessiva appare sostanzialmente irricevibile e va respinta al mittente.

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