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Il ministro dell’Istruzione Valditara ha firmato la Direttiva sulla valutazione dei dirigenti scolastici (n. 28 del 21 febbraio 2025).
Sul sito del MIM il ministro non ha mancato di sottolineare, in modo alquanto enfatico, che “si tratta di un momento storico per il comparto scuola perché il sistema di valutazione ora introdotto, che partirà già da quest’anno, arriva dopo 25 anni di assenza normativa, segnalata più volte a livello istituzionale e dovuta anche ad una forte ostilità culturale. Il nuovo sistema di valutazione consentirà di verificare e accompagnare il raggiungimento dei risultati, al servizio degli studenti e delle famiglie, anche nella prospettiva di una crescita professionale dei dirigenti scolastici, che svolgono una funzione fondamentale per un sistema scolastico sempre più efficiente”.
Una prima domanda da porre al sig. ministro è la seguente: visto che è da 25 anni che si attende il varo di questo provvedimento, che fretta c’era di avviare l’operazione a metà anno scolastico e non attendere, più ragionevolmente, l’inizio del prossimo, dando modo, nel frattempo, di avviare qualche azione formativa e informativa sul nuovo sistema? Quali gravi e imprescindibili ragioni hanno determinato questa impaziente decisione, prevedendo addirittura una procedura più semplificata per il corrente anno scolastico, ormai giunto a metà del suo percorso?
Analogo tentativo è stato fatto subito dopo l’emanazione della legge 107/2015, con la Direttiva 36 del 18 agosto 2016, che prevedeva l’individuazione di obiettivi a carattere nazionale e regionali (a cura dei Direttori generali degli USR) e locali (desunti dal RAV della scuola). Inoltre, appositi nuclei di valutazione provvedevano a valutare i DS attraverso l’analisi della documentazione della scuola (PTOF, RAV, PdM) e mediante visite in loco e interlocuzioni non solo con il DS interessato, ma anche con gli altri protagonisti dell’istituzione scolastica.
Rispetto alla gerarchia verticistica disegnata da questo impianto, c’è da chiedersi quale conoscenza abbiano i Capi dei Dipartimenti rispetto alla concreta dinamica della vita delle istituzioni scolastiche che consenta loro di fissare degli obiettivi sulla base dei quali valutare l’azione dirigenziale in termini di “trasparenza, efficienza ed efficacia” e “tenendo conto della specificità delle funzioni caratterizzanti i Dirigenti scolastici delle istituzioni scolastiche”.
Ma davvero si ritiene che dei burocrati non in grado neppure di garantire il regolare avvio dell’anno scolastico abbiano le competenze tecniche per individuare gli obiettivi per i circa 7000 dirigenti scolastici in servizio nelle istituzioni scolastiche italiane? Tutta l’operazione trasuda di verticismo burocratico, sganciato da una reale conoscenza empirica dell’operato del DS. È vero che la Direttiva prevede che a supporto dell’attività istruttoria dei DG degli USR possano essere utilizzati i Dirigenti amministrativi degli ambiti territoriali e/o i dirigenti tecnici con funzioni ispettive, ma anche in questo caso si tratta di considerare: a) nel caso dei Dirigenti amministrativi quale conoscenza concreta hanno dei DS in servizio nelle rispettive province tenendo conto che appaiono oberati ed interessati alla gestione di pratiche e processi burocratici solo latamente riferibili ai risultati di apprendimento degli studenti (vera ragione di esistere della scuola); b) nel caso dei Dirigenti tecnici con funzioni ispettive il loro numero è talmente ridotto che appare velleitario (o demagogico) immaginare un loro utilizzo in questa delicata partita.
In questo “nuovo” sistema sembra invece trasparire la preoccupazione di avere un controllo diretto sui DS affinché applichino in modo fedele le direttive ministeriali.Più che di un “momento storico”, come afferma il ministro con scarso senso del valore della storia, qui si tratta della conferma di una politica orientata al controllo e al disconoscimento dei DS come professionisti a supporto dell’autonomia delle scuole e, soprattutto, dei processi di apprendimento degli studenti. E non è un caso, infatti, che lo stesso CSPI, nel suo parere negativo, sottolinea l’assenza in questa procedura valutativa della dimensione pedagogico-didattica che dovrebbe caratterizzare l’azione del DS.