Insegnare storia: la “rivoluzione” delle “nuove” Indicazioni Nazionali

di Antonio Brusa

Giovanni Belardelli, componente della sottocommissione per le Indicazioni nazionali sulla storia, pensa che sia un’idea balzana quella di far lavorare gli allievi con la cassetta degli attrezzi storici, e che la storia non sia altro che un insieme di fatti e personaggi [in calce un piccolo stralcio del suo articolo uscito su Il Foglio qualche giorno fa].Ernesto Galli della Loggia pensa che ai bambini della seconda primaria si debba insegnare “a mo’ di favola” (parole sue) la Bibbia, l’Eneide e altri testi classici. Loredana Perla spiega che il mondo è troppo lontano perché i bambini lo capiscano e che, perciò, a loro vada spiegata solo l’Italia. Tutti costoro, poi, sono d’accordo sul fatto che tutte le discipline non abbiano altro scopo che quello di far diventare italiani i bambini stranieri che avete in classe, e convincere quelli nati in Italia che la loro nazione ha un grande passato.

Questi sono alcuni dei membri della Commissione che sta riformando le indicazioni nazionali, che loro preferiscono chiamare programmi, lasciando capire il grado di prescrittività che vorrebbero assegnare al testo che stanno scrivendo. Le Società storiche si sono già mobilitate. Io e Massimo Baldacci, presidente di Proteo, abbiamo scritto un breve comunicato, giusto per raccogliere storici e insegnanti sotto la bandiera di quelli che non ci stanno.
Se anche voi non ci state, firmate al link allegato. Sarete in buona compagnia.
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Le parole di Giovanni Berardelli
“Chi ha seguito la deriva pedagogistica imposta all’insegnamento scolastico dagli “esperti” di didattica della storia conosce l’idea balzana recepita in passato dalle indicazioni ministeriali, secondo la quale il docente dovrebbe insegnare a bambini e ragazzi a maneggiare la cassetta degli attrezzi dello storico e non già trasmettere nozioni (cosa che viene bollata come “didattica trasmissiva”). Ebbene i nuovi programmi sono partiti proprio dal rifiuto di una prospettiva del genere, nella convinzione che bisognasse tornare a insegnare storia, dunque fatti, date, personaggi”.

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