Le emissioni segrete

Le emissioni segrete è un interessante testo di Giovanna Sissa, studiosa che da tempo si occupa della cosiddetta rivoluzione digitale.
In questa intervista curata da Marco Guastavigna Giovanna Sissa ci spiega molte cose e chiarisce anche i molti equivoci che ancora ci sono sull’argomento.

 

Come si sviluppa il tuo libro?

Il legame fra rivoluzione digitale e transizione ecologica è spesso considerato inscindibile, nella convinzione diffusa che la prima trainerà la seconda: da dove nasce il grande equivoco che digitale e ambiente siano sempre un connubio perfetto?

Nel mio libro “Le emissioni segrete” (Il Mulino, 2024) ho cercato di spiegare come l’universo digitale, apparentemente del tutto immateriale, non sia fatto solo di bit ma abbia uno stretto legame fisico con la materia, consumi tanta energia e lasci un’impronta di carbonio complessiva comparabile con quella di altre ben più materiali attività dell’umanità moderna.

Nel primo capitolo “Dagli atomi ai bit” descrivo come costruire ogni singolo dispositivo sfrutti risorse naturali non rinnovabili e sia responsabile di una impronta di carbonio a partire dai processi di estrazione delle materie prime fino alla produzione dei componenti e all’assemblaggio dei dispositivi.
Cerco qui di evidenziare alcune peculiarità nella filiera del settore industriale digitale, fra i più interconnessi e globalizzati che esistano.

Nel secondo capitolo “Da bit a bit” prendo in esame i servizi digitali e la loro impronta di carbonio. Dietro alle opportunità offerte dalle tecnologie digitali ci sono infrastrutture di rete – Internet e data center – che hanno bisogno di enormi quantità di energia elettrica per funzionare e che si inseriscono a tutti gli effetti nella catena di produzione della CO2. Con un impatto ambientale spesso sconosciuto o ampiamente sottovalutato dai suoi utenti finali e, persino, dalle varie figure professionali coinvolte. Vedremo che il cloud computing non è affatto impalpabile, ma molto materiale.

Nel terzo capitolo “Dai bit agli atomi” parlo dell’impatto ambientale dei rifiuti generati dall’universo digitale, detti e-waste, particolarmente difficili da trattare e in continua crescita: le fasi del trattamento dei rifiuti digitali sono complesse, globali e il riciclo delle materie prime molto limitato quantitativamente. Il fine vita dei dispositivi provoca un forte impatto ambientale in termini di inquinamento, di ulteriori emissioni che vanno ad aggiungersi a quelle già prodotte nella costruzione e, soprattutto, di spreco di materie prime non rinnovabili a causa del loro mancato riciclo.

Con il quarto capitolo descrivo invece a quanto ammontino globalmente le emissioni prodotte dall’universo digitale. Tento qui di ricostruire la complessità delle quantificazioni e le ragioni alla base di importanti controversie relative alle stime dell’impronta di carbonio dell’universo digitale.

Uno sguardo alle future prospettive digitali, quali ad esempio l’Intelligenza Artificiale, e ai relativi nuovi impatti conclude il libro, con qualche considerazione su alcuni risvolti inaspettati.

Fanno da sfondo a tutto il volume gli accordi internazionali per combattere il riscaldamento globale e le tempistiche necessarie affinché le soluzioni indicate possano essere efficaci. Se anche l’universo digitale, come tutti i settori, deve abbattere le proprie emissioni, deve farlo coerentemente con i tempi richiesti e con scelte tecnologiche adeguate, senza scorciatoie o vie di fuga, come l’uso spregiudicato dei meccanismi di compensazione delle emissioni o agli artifici contabili nei farraginosi mercati energetici. Il rischio di greenwashing esiste anche nell’universo digitale.

Ci ha molto colpito l’idea che Google immagini di utilizzare il nucleare
https://www.wired.it/article/google-nucleare-intelligenza-artificiale/

Cosa ne pensi?

Non è solo Google: tutte le Big Tech hanno progetti di intelligenza artificiale generativa che si pensa di supportare con la produzione di energia elettrica mediante il nucleare.
La relazione fra mondo fisico e mondo virtuale, fra atomi e bit, è stata a lungo ignorata dal grande pubblico e trascurata dagli addetti ai lavori, in nome dei potenziali benefici per l’ambiente che avrebbero ampiamente controbilanciato eventuali impatti negativi. Oggi però, a fronte dell’enorme richiesta di energia elettrica da parte dell’intelligenza artificiale generativa, non si cerca più di minimizzare l’impatto di carbonio dell’ICT. Anzi, paradossalmente, lo si accetta come un dato di fatto impossibile da contrastare o contenere. La crescente richiesta di elettricità dell’IA generativa viene considerata inevitabile. Invece di preoccuparsi di trovare sistemi intelligenti per ridurre i bisogni elettrici dell’ICT, si cercano soluzioni “salvifiche” per continuare sempre sulla stessa strada. Poiché l’energia elettrica prodotta da fonte nucleare è a bassa intensità di carbonio – anche se non è affatto rinnovabile – viene proposta come la soluzione.

Un uso crescente dei combustibili fossili richiesto per l’IA è un paradosso concettuale rispetto agli impegni a favore della sostenibilità presi da aziende come Microsoft, Google, Amazon e Meta, che hanno promesso di cancellare le loro emissioni già dal 2030.

Tutte le big Tech hanno imboccato la strada del nucleare: si va dalla riapertura di vecchie centrali dismesse all’introduzione di nuove soluzioni tecnologiche.
Le industrie del settore predicano, ancora una volta, quello che si definisce soluzionismo tecnologico: oggi guardano al settore nucleare per non doversi preoccupare (e investire) in un digitale green, più efficiente e meglio progettato per avere una minore impronta di carbonio. In tale approccio soluzionista improvvisamente – dimenticandosi di tutte le problematiche connesse, a partire dai rischi – il nucleare diventa la panacea. Il punto è che, al di là della validità delle scelte tecnologiche e delle loro implicazioni, l’applicabilità industriale effettiva in tempi rapidi è discutibile. Si tratta spesso di promesse che, al di là della validità delle scelte tecnologiche e delle loro implicazioni, non sembrano dotate di realismo temporale, rispetto alle stringenti necessità. Nella comunicazione delle big tech sul soddisfare la richiesta energetica dell’IA mediante il nucleare si tendono a confondere studi di fattibilità e ipotesi prototipali con la disponibilità massiccia di elettricità per l’industria ICT.
Il rischio è, paradossalmente, che la fiducia sul nucleare basata su presupposti temporali sbagliati produca l’effetto di ritardare l’uscita dai combustibili fossili.

Ci sono soluzioni credibili nella direzione della sostenibilità?

Per produrre meno emissioni di carbonio l’elettricità deve essere prodotta da fonti primarie a basse emissioni di carbonio. Le fonti rinnovabili, come acqua, sole e vento, hanno basse emissioni e si rinnovano naturalmente in continuazione. Tutta l’efficacia dell’elettrificazione di interi settori – si pensi ad esempio al trasporto su gomma – deve avere come presupposto che l’elettricità non provenga da fonti fossili – altrimenti si perde completamente di vista l’obiettivo finale che è la riduzione delle emissioni di carbonio.

Usare fonti rinnovabili è una prima risposta, dunque, anche per ridurre l’impatto dell’ICT perché, a parità di consumo energetico, le emissioni di carbonio sono inferiori. Questa è una risposta efficace che, però, va operata con buon senso. L’approccio complementare consiste nel realizzare soluzioni digitali più efficienti energeticamente. Ed è utile un atteggiamento di sobrietà, anche digitale, in cui si usa solo ciò che effettivamente serve e non ciò che ci viene offerto gratuitamente, senza riflettere sul perché tanti servizi digitali, più o meno, intelligenti, ci vengano regalati.
Non esiste un modo di produrre energia totalmente privo di emissioni: l’unica elettricità davvero totalmente green è quella che risparmiamo, non quella che utilizziamo.
La progettazione e adozione massiccia di architetture hardware/software che vedano by design i requisiti di riduzione dei consumi elettrici e delle emissioni di carbonio è sempre stato scartato come troppo costoso dal mondo ICT. Tale approccio rischia invece di essere l’unica possibilità realistica di riduzione delle emissioni del settore.

Quali condizioni politiche ed economiche sono necessarie per modificare l’indirizzo attuale?

Prendere atto del fatto che il riscaldamento globale esiste, che la curva di crescita è rapida e che se non la si modifica in fretta le conseguenze su tutto il pianeta saranno enormi.
Di solito le giustificazioni o le tecniche dilatorie hanno motivazioni economiche, attribuendo sempre all’economia una sorta di primato. Purtroppo tali motivazioni sono frutto solo di una logica miope e distorta: ritardare, o non fare, gli interventi necessari per ridurre le emissioni è sbagliato anche dal punto di vista economico: i costi che il riscaldamento globale comporta sono altissimi e sono costi per tutti e ovunque. Dai premi delle assicurazioni ai costi per gli eventi climatici estremi, dalle migrazioni causate cambiamenti dai cambiamenti climatici ai danni agli ecosistemi, i costi che individui, comunità e istituzioni sono costretti a sostenere a posteriori sono di gran lunga superiori a quelli di un attento e responsabile insieme di azioni preventive atte a ridurre le emissioni di carbonio globali.

Fai un appello all’agire ai nostri lettori.

Informatevi ed aggiornatevi sull’andamento reale del riscaldamento climatico e sui suoi effetti sulla vita delle persone. Informatevi sull’andamento temporale del fenomeno: è sotto gli occhi di tutti l’accelerazione nel verificarsi di eventi estremi.

Certamente la tecnologia digitale può aiutare a ridurre le emissioni in altri settori e attività ed è indispensabile per realizzare le «smart grid», le reti elettriche «intelligenti» capaci di gestire l’energia prodotta da varie fonti rinnovabili. Ma la tecnologia digitale è anche parte del problema: il suo ruolo abilitante non implica che essa stessa sia intrinsecamente priva di una sua impronta ambientale, né tantomeno che possa godere di una sorta di passaporto diplomatico che la esenta da ogni verifica o da ogni intervento di riduzione.

E’ urgente contrastare il riscaldamento globale e l’urgenza va tradotta in termini quantitativi, ossia in quali siano le tempistiche per potervi porre rimedio. Questi tempi sono molto stretti. Sacrifici, spese, sforzi collettivi per ridurre il riscaldamento globale vanno fatti subito: questi dovrebbero costituire il nocciolo dell’innovazione. E gli sforzi vanno fatti da tutti, in ogni zona del mondo e in ogni settore e attività. Anche digitale. Chi adduce scuse per non fare quanto necessario per fermare il riscaldamento globale, non rispettando i tempi indispensabili affinché gli interventi producano effetto, fa semplicemente, del male a tutti. E, altrettanto semplicemente, va non ascoltato.

Chi è Giovanna Sissa?
Questa la sua scheda ripresa dal sito della casa editrice Il Mulino

Fisica con dottorato di ricerca in informatica, è stata ricercatrice a Ingegneria all’Università degli studi di Genova. Studia da anni la dimensione interdisciplinare dell’innovazione digitale e ha pubblicato libri e articoli, sia scientifici che divulgativi, sulle ricadute ambientali, sociali, culturali e politiche di Internet.