di Rodolfo Marchisio
Le linee guida 2024 del MIM per la Ed. civica hanno, nella loro impostazione ideologica, tra le altre cose rovesciato l’attenzione dall’ambiente, i suoi problemi ormai forse irreversibili, la sostenibilità dello sviluppo economico allo sviluppo economico in primis.
Cfr. linee guida DM 35 2020. Il secondo filone di lavoro e riflessione è passato da
Sviluppo sostenibile, educazione ambientale, conoscenza e tutela del patrimonio e del territorio
a 2. Sviluppo economico e sostenibilità. Lo sviluppo economico è il focus in tutto il documento: “parlo del lavoro perché il lavoro è bello” proclama il ministro – ovviamente per chi ce l’ha, chi non è precario, sottopagato o non ci muore- e conclude “con buona pace delle sinistre e delle ideologie marxiste-leniniste”. (?) E la sostenibilità diventa una appendice, una precauzione sempre meno rispettata.
Il discorso è coerente col documento che insiste sulle responsabilità individuali e sottace quelle sociali, di cittadinanza e politiche. Diciamo un documento allineato con le posizioni del governo, dove la responsabilità non è mai di chi governa ma di tutti gli altri (individui, magistratura, media etc…). Molto “di governo” e niente di “lotta”, di critica, di cittadinanza attiva.
Siamo rimasti ai diritti individuali, quelli della borghesia e del 700 (illuminismo, Riv. Francese ed americana). I diritti di prima generazione secondo Bobbio. Sono sempre più carenti i diritti sociali, quelli conquistati nell’800 dal movimento operaio, contadino contro la borghesia. I diritti di seconda generazione: lavoro, salute, istruzione. [1]
Un imprescindibile motore dello sviluppo economico attuale è il web, dominato dagli oligopoli e da una decina di persone più ricche e potenti di uno stato. Quelli che oggi investono, puntano e ci impongono la IA che vogliono loro. Che però è in fase sperimentale, non rende quanto deve, si basa sullo sfruttamento di lavoratori (e docenti) sottopagati.[2]Sostenibilità e iperconsumo[3]
Zagrebelsky insiste da tempo sul fatto che noi viviamo in una epoca di egocentrismo, di individualismo (lo stesso che si ritrova nelle linee guida): che consumiamo “come se non ci fosse un domani e come se non avessimo figli”. Questa realtà fa parte della aggressiva azione di marketing degli oligopoli e della moda che non solo subiamo, ma di cui siamo ormai sudditi.Gli strumenti di intelligenza artificiale generativa sono ormai parte della nostra vita quotidiana online, ma il prezzo in termini di stress sulle reti elettriche e impatto idrico è sempre più salato. Wired
È noto da tempo che il web è il quarto consumatore al mondo, dopo USA, Cina e India di energia elettrica e quindi produttore di CO2. Gira da tempo nel web questo semplice calcolosu Google. Ogni minuto una tonnellata di CO2. Dipende da quanto lo usiamo, ma ormai ne siamo dipendenti.
Ma Google non è ancora la IA, qualunque cosa voglia dire questa sigla e quindi i padroni della rete stanno chiedendo la costruzione di nuove centrali nucleari per sostenere il consumo degli enormi apparecchi che dovranno lanciare lo sviluppo delle varie forme di IA.[4]Questa corsa ad aggiungere l’intelligenza artificiale al maggior numero possibile di interazioni online può essere fatta risalire al lancio di ChatGPT da parte di OpenAI alla fine del 2022. Per la Silicon Valley l’intelligenza artificialegenerativa è presto diventata un’ossessione e, quasi due anni dopo, gli strumenti di AI alimentati da modelli linguistici di grandi dimensioni permeano l’esperienza di qualsiasi utente online. Wired
Consumo di acqua [5]
Per produrre energia in quasi tutte le sue forme sostenibili si consuma acqua. Una enorme quantità di acqua dolce (milioni di litri), bene sempre più prezioso, anche per la sopravvivenza della umanità.
E mentre l’acqua che usiamo noi privilegiati che ce l’abbiamo è un prelievo che ritorna subito in circolo, l’acqua bruciata per produrre energia può metterci un anno per rinnovarsi.[6]Una fase nuovaGli algoritmi che sostengono qualsiasi modello di intelligenza artificiale generativa sono fondamentalmente molto, molto diversi da quelli tradizionali che si usano per la ricerca su Google o per le email – afferma Sajjad Moazeni, ricercatore dell’Università di Washington –. I servizi di base erano molto leggeri dal punto di vista della quantità di dati che dovevano fare avanti e indietro tra i processori“. Per fare un raffronto, Moazeni stima che dal punto di vista computazionale le applicazioni di AI generativa siano da 100 a 1000 volte più esigenti.
L’impronta di CO2 e il consumo di energia andranno di pari passo con la potenza di calcolo, perché fondamentalmente questi data center vengono alimentati in modo proporzionale alla quantità di calcoli effettuati“, afferma Junchen Jiang, ricercatore dell’Università di Chicago. In sostanza, più un modello di intelligenza artificiale è grande, più avrà bisogno di potenza di calcolo. E i nuovi modelli di frontiera stanno diventando giganteschi.[7]
E si sommano come consumo sempre più agli altri settori economici già onnivori.
Per chi ci crede per la fine del decennio Microsoft punta a raggiungere l’obiettivo di diventare carbon negative (eliminare più emissioni di quante ne produca) water positive (ripristinare risorse idriche) e minimizzare i rifiuti (zero waste). Meta e Open AI significativamente non rispondono neanche agli studi.
Primi rischi black out
Al di là delle preoccupazioni ambientali, i data center rischiano anche di sovraccaricare le reti elettriche locali: “Nello stato di Washington, a Quincy, c’è un data center di Microsoft – racconta Moazeni –. So che ci sono molti timori che stiano risucchiando tutta l’energia della zona”.
Se da una parte l’intelligenza artificiale è già onnipresente e continuerà a insinuarsi in un numero sempre maggiore di attività online, insomma, resta ancora da capire quando il settore raggiungerà il picco in termini di consumo energetico.[8]Conclusione
Il problema non è rifiutare la IA ma il dominio oligopolistico di pochi capitalisti che non rispettano gli Stati, l’UE e gli organismi politici che dovrebbero regolare lo sviluppo economico rendendolo compatibile coi nostri diritti di cittadini e sostenibile da un punto di vista sociale ed ecologico da un lato.
Dall’altro l’egocentrismo della maggioranza dei cittadini che, prigionieri delle mode, pensano in modo individuale e non di responsabilità sociale, internazionale, generazionale.
Il problema è lo sviluppo economico incontrollato del grande capitale.
La domanda chiave è sempre: è questo, privato e oligopolistico, l’unico modello di IA pensabile e realizzabile?
Perché un diverso uso della IA potrebbe aiutarci anche a risparmiare energia a livello individuale e sociale. [9]
Senza una presa d’atto del problema ambientale, senza l’acquisizione della consapevolezza della necessità di affrontare in modo sistematico e scientifico il complesso intreccio di ICT e ambiente, ma soprattutto senza un preciso impegno ambientale da parte di tutti i soggetti coinvolti – dai produttori di hardware ai gestori di servizi in cloudfino agli utenti finali – è difficile che si verifichino sensibili miglioramenti. Sissa