Sto pensando ai molti interrogativi che suscitano in questi giorni certi comportamenti violenti di adolescenti, o giovani in genere, che mettono in crisi gli adulti e la scuola. All’ interno della fenomenologia dell’adattamento sociale, preso atto di quella che qualcuno oggi chiama giustamente “emergenza educativa” compare grande come una casa il problema dell’incapacità dei genitori ad assumere il “no” che sta alla base delle regole ed appunto alla radice dell’etica del limite.
Sembra quasi una banalità ma teniamo presente che, contrariamente ad un passato recente, quando erano i bambini a temere di non essere amati abbastanza dai genitori, oggi sono i genitori ad avere questa paura. Ricordiamoci poi, come ricorda Pietropolli Charmet, che oggi nella culla non viene più depositato “edipo”, bambino pulsionale, bisognoso di regole, ma viene depositato “narciso”: il cucciolo d’oro, su cui cresceranno ben presto aspettative grandiose (da ciò l’eccessiva enfasi sulle prestazioni dei figli: scolastiche, sportive, artistiche, ecc) che farà perdere il controllo ad alcuni genitori “adolescenziali a loro volta” – in fondo incapaci di contenere la rabbia violenta, scaturente dalla frustrazione- che stanno aggredendo i docenti.
Genitori che probabilmente, quando il loro figlio è arrivato alla fase “dell’opposizione”, da collocarsi sempre più precocemente verso l’anno di vita che non verso i due, descritta come “bisogno di potere o affermazione di sè”, non è in grado di sopportare e “contenere” i capricci e le pretese del bambino, senza andare in tilt e senza paura di entrare in conflitto con un bambino alto un soldo di cacio. Qualcuno dovrebbe insegnare loro (ecco la necessità del sostegno alla genitorialità) che devono mantenersi tranquilli, “solidamente” dentro al loro ruolo educativo, mantenendo la posizione assunta del “no” senza urlare ed andare in pezzi, resistendo ai tentativi manipolatori del proprio figlio.
Dovranno convincere se stessi che lo fanno per il bene del piccolo, delineando in questo modo i confini, i limiti, in altre parole “il contenimento”. I no, o meglio i divieti, devono esser pochi ma fermi. Niente oscillazioni tra permissivismo e urla esasperate e rabbiose.
Un bambino che si sarà sentito contenuto nella “mente” del genitore si sentirà al sicuro e imparerà a sopportare la frustrazione.
Inizierà il difficile cammino verso la resilienza.
Con ogni probabilità diventerà un adolescente che al tempo delle “naturali trasgressioni”, ineludibili anzi opportune, sarà in grado di “autocontenersi”, di non mettere a repentaglio la propria ed altrui incolumità, perchè avrà interiorizzato l’etica del limite.
Qui naturalmente dovremmo oggi interrogarci tutti: gli adulti in genere e la cosiddetta società civile. Un altro discorso altrettanto spinoso è lo schema “amico-nemico” che sempre più frequentemente i giovani oggi applicano nella vita sociale nei confronti del “diverso”. Da affrontare un’altra volta…
Il neonato evolve verso il riconoscimento di sé nella misura in cui impara a separarsi dalla madre. Nella misura in cui, attraverso un processo di separazione-individuazione, comincia a percepire se stesso ed i suoi confini, che all’inizio saranno solo corporei, poi un po’ alla volta saranno sempre più riconducibili al sé vero e proprio, tale perché diverso dall’altro da sé.
Tutte le relazioni interpersonali dovranno poi, pena il rischio della simbiosi, deleteria e minacciosa per il sé, essere contraddistinte da questi famosi confini tra sé e l’altro. Confini che non dovranno essere impermeabili o troppo rigidi altrimenti è in agguato una qualche forma di autismo o l’indifferenza verso l’altro oppure, speciale malattia dei nostri tempi, il narcisismo patologico. Mi riferisco al sé grandioso che si autoesalta e perde di vista non solo l’altro ma anche la realtà (come sta accadendo a livello apicale della politica…)
Siamo di fronte anche in questo caso pur sempre ad un problema di mancanza di confini o di assenza di limiti.
Questo per quanto attiene l’aspetto soggettivo, individuale. Accennavo prima all’ autocontenimento, mi riferisco a quello mentale.
Per esempio anche l’adolescente che non rileva i limiti della sua trasgressione, (quale trasgressione può essere accettabile quale invece va oltre i limiti) non è in grado di attivare un autocontenimento mentale il più delle volte perché i genitori a loro volta non lo hanno contenuto mentalmente quando, nella fase dell’opposizione (dai 18 mesi in poi) sono andati loro in tilt, incapaci di offrire un solido e valido contenimento mentale alla rabbia del piccolo…. Temono il conflitto con un bambino di meno di due anni…
I protagonisti dei conflitti politici alla ribalta oggi sono però tutti adulti, vaccinati e responsabili più della gente comune perché quasi sempre ricoprono cariche pubbliche. L’etica del limite è completamente assente dal loro repertorio comportamentale.
Oltre a non avere il SENSO delle Istituzioni, qualcuno addirittura lascia affiorare una “ciarlataneria” che ha radici profonde perché rinforzata dai social, a gara per essere volgari e arroganti ma che sembrano suscitare quel CONSENSO diffuso, difficile da scardinare perché “aprioristico e irrazionale”. Cosa possiamo fare se questo terreno di coltura garantisce applausi facili, superficiali e a volte indegni di un Pese democratico?
Abbiamo raggiunto il fondo.
L’ultimo episodio raggelante: l’aggressione verbale della Presidente del Consiglio alla Magistratura, sulla spinosa questione dell’apertura costosa (ma flop) dei centri in Albania, cui ha retto subito lo strascico il Ministro Nordio, cosa che gli riesce sempre molto bene.
Mi verrebbe da raccomandare a Mattarella di assumere il ruolo genitoriale rispetto a questi “adultescenti” che hanno perso l’Etica del limite. Prima che diventino una “baby gang” e rischino di produrre al Paese e alla Democrazia danni irreparabili.