Il prestigio dei docenti e le sanzioni contro gli studenti: era davvero necessario cambiare?

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di Raimondo Giunta

Con 154 voti a favore, 97 contrari e 7 astensioni la riforma Valditara sul voto di condotta e sulla valutazione degli studenti è stata approvata in via definitiva dalla Camera dei Deputati. Con uno o più regolamenti, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, si dovrà provvedere alla revisione della materia, formulata nel decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249, nel decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2009, n. 122 e nel Dlvo n.62 del 2017.

 

I regolamenti devono tenere conto dell’autonomia scolastica.
La motivazione di fondo della revisione delle norme relative alla valutazione del comportamento e del profitto delle studentesse e degli studenti è quella di restituire prestigio e autorevolezza agli insegnanti. Intenzione lodevole, ma è difficile credere che a scuola siano molti gli insegnanti convinti che per difendere la loro autorevolezza e il loro prestigio si debbano aggravare nei confronti degli studenti le sanzioni disciplinari esistenti e si debbano modificare le norme sulla valutazione scolastica.

I momenti di difficoltà della vita scolastica potrebbero essere riassunti solo in quelli che a volte si verificano nelle relazioni alunni/docenti, se ogni scuola fosse ingestibile, oltreché inefficace nello svolgimento ordinario delle attività didattiche; se ogni scuola fosse un inferno da cui non si potrebbe ricavare nulla di buono. Solo l’enfasi spregiudicata dei mezzi di informazione su alcuni spiacevoli fatti di cronaca può farlo credere, come se si trattasse di ciò che succede quotidianamente in un’istituzione con migliaia di sedi, con milioni di utenti e con centinaia di migliaia di operatori scolastici. E’, invece, noto a molti che l’autorevolezza degli insegnanti è stata ed è in atto gravemente incrinata dall’incuria delle condizioni del loro lavoro, dall’erosione continua della loro autonomia professionale, dalla modestia del loro stipendio e dalle continue campagne di diffamazione, anziché dall’indisciplina degli studenti.

Per l’amministrazione la restituzione di potere all’asimmetria dei docenti nei confronti degli alunni sarebbe il rimedio per tornare a fare bene il lavoro a scuola, rimettendo magari la pedana sotto la cattedra e imponendo il saluto in piedi all’ingresso in aula di qualsiasi insegnante…

La riforma Valditara con il pretesto delle insidie all’autorevolezza dei docenti ha inteso dare un colpo duro, e speriamo non definitivo, a tutta la cultura pedagogica che nei decenni passati aveva contribuito a scrivere le relazioni all’interno di ogni istituto, pensando che dovesse essere vissuto come comunità educativa.

E’ di fatto la rivincita rancorosa di chi, non riuscendo a pensare le relazioni se non nella fattispecie della disciplina e della gerarchia, ricorre al rimedio facile e consentaneo alla propria cultura, quello del regime delle pene e dei premi, incardinato nell’uso strumentale del voto in condotta e dei voti in ogni singola disciplina. Un capovolgimento dell’idea che la crescita delle nuove generazioni debba essere costruita a scuola sul rispetto reciproco, sulla

fiducia, sul consenso e sulla corresponsabilità educativa, ma in linea con il disegno di legge sulla sicurezza, varato recentemente dal governo.

LA FUNZIONE EDUCATIVA DELLA SCUOLA

Il peso assegnato al voto di condotta nel curriculum di ogni studente rinvia direttamente al problema della funzione educativa della scuola. Il sistema scolastico non può non avere delle finalità educative, se vuole orientare, motivare e promuovere nei giovani comportamenti positivi, sviluppare le loro capacità, guidarli alla conquista di significati per la loro vita.
Si sa che scuola e mondo giovanile da molto tempo sono in rotta di collisione, che la situazione è difficile, ma non irrimediabile, e che su di essa sarebbe necessario lavorare con passione e intelligenza e non con le minacce di sanzioni, riducendo semplicisticamente una questione sociale in un problema di ordine e disciplina.

Con la riforma Valditara la funzione educativa della scuola rischia di esplicarsi principalmente nella regolamentazione e nel contenimento dei comportamenti e degli atteggiamenti che intralcerebbero il regolare svolgimento del processo di insegnamento/apprendimento.
Diventerebbe un momento di una strategia di normalizzazione sociale e di controllo di parte del mondo giovanile, insofferente all’ordine costituito a scuola e fuori della scuola.

Tutto questo non vuol dire che la scuola non debba avere propri principi di condotta, cui riferirsi per definire le regole che devono governare la vita quotidiana e la convivenza dei giovani che la frequentano. La scuola può avere un significato particolare per i giovani, se si riesce intorno agli aspetti della vita scolastica a sviluppare una adeguata attività educativa, che li renda consapevoli come siano importanti per la loro crescita valori come puntualità, responsabilità, rispetto delle cose e delle persone, ascolto, trasparenza ed equità, collaborazione, primato del sapere e della cultura, sensibilità artistica, spirito critico.

In questo caso la testimonianza, l’esempio e la pratica corrente sono gli strumenti più efficaci per farli accettare e per raggiungere qualche risultato.

Se gli alunni non vedono e non sperimentano nella comunità in cui sono inseriti pratiche di libertà e di giustizia; se non vedono insegnanti impegnati, attenti e dediti agli altri difficilmente aderiranno alle loro sollecitazioni morali e difficilmente li porterà sulla buona via il rischio di sanzioni disciplinari. I buoni valori si apprendono praticandoli e vedendoli praticare per esperienza diretta. (M.Pellerey)

Ciò nonostante, non è detto che siano immediati ed estesi i risultati. Le resistenze dell’alunno alle intenzioni e ai progetti dell’insegnante e della scuola sono intralci da superare per garantire la regolarità dei processi educativi, ma possono essere anche occasioni di ripensamento delle prassi e della responsabilità educativa, una sollecitazione a cercare di comprendere e di aiutare.

UNUM CASTIGABIS, CENTUM EMENDABIS

Quello che si vorrebbe dire è che né le motivazioni utilitaristiche del voto, né le minacce delle sanzioni possono indurre facilmente le nuove generazioni a impegnarsi in un percorso di vita che richiede comunque sacrifici e rinunce, se l’insieme delle condizioni della vita scolastica non dà assicurazioni di accoglienza, di rispetto e di dedizione.
Leggendo le nuove norme sulla valutazione ci si convince che non si sia andati molto lontani dall’antico adagio “unum castigabis,centum emendabis”, molto congeniale al tenore culturale dell’attuale amministrazione della scuola.

Servirà a qualcosa la revisione delle norme disciplinari?
Le scuole hanno vissuto momenti più turbolenti rispetto a quelli odierni. Basta risalire agli anni 60/70, quando non c’era scuola media superiore che non procedesse ad occupazioni e ad autogestioni studentesche, con relativo corredo di violenze e di danni agli edifici, sebbene fossero in vigore sanzioni disciplinari estreme, che avrebbero dovuto dissuadere gli studenti dal farle.
Era prevista, allora, l’espulsione dell’alunno dal proprio istituto e anche quella da tutti gli istituti dell’Italia, se le infrazioni al regolamento interno erano di una certa gravità.
Non sarà il rigore delle sanzioni, quindi, a spingere gli studenti indisciplinati a migliore consiglio, se hanno intenzione di non volerlo seguire.

ANALIZZIAMO ALLORA LE INNOVAZIONI VALDITARA

  • Nelle scuole secondarie di I grado la valutazione del comportamento dovrà essere espressa in decimi e avrà un impatto sulla media generale dello studente, modificando così la riforma del 2017. La valutazione del comportamento influenzerà anche i crediti per l’ammissione all’Esame di Stato conclusivo della scuola secondaria di secondo grado e per avere diritto al punteggio più alto bisognerà avere al meno nove decimi in condotta. Si torna, quindi, all’indigeribile commistione tra profitto scolastico e comportamento dell’alunno, che invece andrebbero rigorosamente e laicamente separati. Un provvedimento questo che avrà come effetto certo la crescita della dissimulazione e dell’ipocrisia degli alunni, ma non dell’adesione convinta alle regole che tutelano la convivenza in una scuola.
  • A seguito di un voto insufficiente in condotta non solo per casi di violenza o di commissione di reati, ma anche per comportamenti che costituiscono gravi e reiterate violazioni del Regolamento di Istituto non si è promossi alla classe successiva e non si è ammessi agli esami di Stato.
  • Per gli studenti che abbiano riportato una valutazione pari a sei decimi nel comportamento il Consiglio di classe, in sede di scrutinio finale, sospende il giudizio di promozione e assegna loro un elaborato critico in materia di cittadinanza attiva e solidale. La mancata presentazione dell’elaborato prima dell’inizio dell’anno successivo o una sua valutazione insufficiente, da parte del consiglio di classe, determinano la non ammissione degli studenti all’anno scolastico successivo.

4) L’insufficienza in condotta in fase di valutazione periodica comporterà il coinvolgimento degli studenti in attività di approfondimento in materia di cittadinanza attiva e solidale, finalizzate alla comprensione delle ragioni e delle conseguenze dei comportamenti che hanno determinato tale voto.

5) Cambia il regime delle sospensioni, coniugando come da manuale, autoritarismo e benevolenza; sanzione, penitenza e redenzione. Le sospensioni fino a 2 giorni richiederanno più impegno scolastico e coinvolgeranno lo studente sospeso in attività di riflessione e di approfondimento sui comportamenti che hanno condotto alla sanzione disciplinare.
Tali attività saranno assegnate dal consiglio di classe e culmineranno nella produzione di un elaborato critico da parte dello studente, che sarà poi oggetto di valutazione da parte del consiglio di classe. L’alunno indisciplinato avrà, quindi, un compito scritto in più rispetto ai propri compagni, stabilendo in questo modo la regola che scrivere è proprio una penitenza…
In caso di sospensioni superiori ai 2 giorni, lo studente sarà chiamato a svolgere attività di cittadinanza solidale presso strutture convenzionate, ammesso che esistano e siano disposte a svolgere questo compito di rieducazione. Sempre nel caso di sospensione superiore ai 2 giorni, se verrà ritenuto opportuno dal consiglio di classe, l’attività di cittadinanza solidale potrà proseguire oltre la durata della sospensione, e dunque anche dopo il rientro in classe dello studente, secondo principi di temporaneità, gradualità e proporzionalità. Ciò al fine di stimolare ulteriormente e verificare l’effettiva maturazione e responsabilizzazione del giovane rispetto all’accaduto.
Se quindi, una volta l’indisciplina di un alunno era un fatto interno alla scuola, con questi rimedi diventa un fatto di pubblica risonanza, con tanti saluti al diritto alla privacy ed è legittimo chiedersi se ancora vige il diritto alla riservatezza dello studente.

6) Alla scuola primaria, il giudizio descrittivo sarà semplificato e affiancato da una valutazione sintetica con aggettivi come “ottimo”, “buono”, “sufficiente” e “insufficiente”.

7) Una novità degna di rilievo, ma congruente con l’egemonia del denaro nella nostra società, sono le sanzioni pecuniarie (multe che vanno dai 500 ai 10 mila euro) per reati commessi ai danni del dirigente scolastico e del personale della scuola a causa o nell’esercizio delle proprie funzioni.

I COMPITI DELLE SCUOLE

Alle scuole ora toccherà di riscrivere il codice interno delle sanzioni disciplinari e tutti i criteri di valutazione del comportamento e del profitto scolastico degli studenti.
Dovranno farlo con molta attenzione e con molto equilibrio, perché alcune decisioni potrebbero essere ritenute sotto diversi profili lesive degli interessi e dei diritti di ogni singolo alunno.
Ampia e dettagliata deve essere la definizione di ogni mancanza disciplinare e chiara e comprensibile la sanzione, come chiare e comprensibili devono essere le procedure da rispettare da parte degli organi competenti a irrogare le punizioni.
E proprio adesso con l’aggravamento delle pene si rende necessario rispettare il diritto di ogni studente ad una valutazione trasparente e tempestiva, incardinata su criteri pubblici e congruenti sia con il tenore delle sanzioni, sia con il residuo significato educativo che potrebbero ancora avere.

E’ giusto chiedersi, infine, se con queste nuove norme l’educazione a scuola potrà essere ancora educazione alla libertà e all’autonomia e potrà aiutare le nuove generazioni ad essere cittadini consapevoli dei propri diritti e dei propri doveri. E’ difficile crederlo, perché solo una scuola che consente alle persone che la frequentano di esserne protagonisti e di godere di ampi spazi d’azione, di pensiero e di ricerca può ottenere questo risultato