Come fronteggiare le insidie della I.A.

di Cinzia Mion

Progettazione a ritroso e comprensione profonda

Nel panorama delle offerte che si incontrano, nelle pubblicazioni specialistiche, di esempi di progettazione di competenze, spicca per originalità la cosiddetta “progettazione a ritroso”.

Quando ho scoperto Wiggins e i suoi testi a dire il vero sono rimasta molto affascinata. Mi sono detta: ”Ecco l’uovo di Colombo”.
Finalmente gli insegnanti finiranno di sperare che le competenze possano scaturire come per magia alla fine del percorso tradizionale delle conoscenze come da programma. Si tratta in parole povere di rendersi conto che le “competenze” non possono scaturire dalla programmazione lineare delle conoscenze e dall’applicazione pedissequa del libro di testo.
Bisogna progettarle prima.

Ora invece posso affermare che questo tipo di progettazione, che pone il suo focus sulla competenza “profonda e duratura”, è l’unica che è in grado, ovviamente fino ad oggi, di poter essere considerata adatta a fronteggiare le insidie della Intelligenza Artificiale.
Con il mio contributo non intendo demonizzare tale dispositivo e tanto meno analizzarlo perché non ne ho le competenze.

Dal punto di vista di persona di scuola intendo però evitare che possa inaridire o minimamente compromettere la facoltà più fulgida che appartiene al genere umano, che dovrebbe connotarci sempre anche se negli ultimi tempi è venuto un po’ meno: il pensiero autonomo e riflessivo.
La competenza individuata come importante da far raggiungere agli alunni dovrà essere focalizzata all’inizio del percorso, dovranno poi essere identificate le conoscenze e i “saperi” ineludibili (fatti, concetti e principi), le abilità indispensabili (processi, strategie e metodi).
Inoltre andranno pianificate esperienze di apprendimento da far vivere direttamente in applicazione dell’aspetto teorico, per rendere attuabile il raggiungimento della competenza in questione. Bisogna però sottolineare che le pubblicazioni di Wiggins fanno riferimento alla “teoria” e alla “pratica” di un percorso didattico per la “comprensione profonda e significativa”.

Strada facendo si chiarirà anche il termine “duratura”, vale a dire inserita nella memoria semantica e non solo episodica, quindi in grado di illuminare di “senso” i contenuti in essa depositati. Un senso che va oltre l’occasionalità ma invece in grado di mettere in connessione altri contenuti successivi anche se apparentemente “sconnessi”.

LE DOMANDE ESSENZIALI

Il docente perciò dovrà farsi delle domande molto pregnanti, acquisendo la mentalità del progettista. Insegnare a partire dalle domande significa chiedere retoricamente “se le conoscenze sono fatte di risposte, allora quali erano le domande che hanno dato vita ai libri di testo o che hanno causato le risposte dell’insegnante e le risposte dei contenuti di queste discipline”?
Oppure le rielaborazioni dell’IA?
Questo tipo di domande è molto diverso da quello che normalmente il docente fa per controllare le conoscenze fattuali, per guidare gli allievi verso le risposte esatte. Dovrà infatti chiedersi innanzitutto: cosa è meritevole e degno di essere compreso in profondità? Si capisce immediatamente che il docente che decide di sperimentare questa interessante progettazione accetta di avere un buon rapporto con la fatica di pensare e con la riflessività che ne consegue. Fa parte di questa intensa riflessività la ricerca all’interno dei vari contenuti di “una grande idea” che dovrà avere un interesse durevole anche oltre l’ambito scolastico.

Se mi chiedessero a bruciapelo quale profilo finale vorrei che la scuola italiana si prefigurasse alla fine del corso di studi dalla scuola dell’infanzia fino all’uscita dalla scuola secondaria, direi subito: vorrei dei ragazzi riflessivi e dei cittadini formati all’etica pubblica. Naturalmente non significa “ignoranti” nelle conoscenze fondamentali delle discipline ma che queste siano state strumentali alla formazione delle caratteristiche suddette.

Vi sembra poco? Ragazzi, e ragazze, naturalmente, in grado di pensare con la propria testa, vale a dire curiosi e “problematizzanti” e desiderosi di autointerrogarsi sulle questioni più vitali del mondo, del futuro, della loro vita e della vita degli altri.
Che hanno sviluppato una intelligenza vivace, fertile, connettiva. Vale a dire ragazzi e ragazze che hanno appreso il valore profondo e duraturo delle idee portanti dei saperi e che inoltre hanno appreso e praticano coerentemente i valori del “cosiddetto Bene Comune”, caposaldo dell’educazione alla cittadinanza, evitando i trabocchetti dati dal famigerato “familismo amorale” che, da moltissimo tempo, contraddistingue il popolo italiano, legittimando i “tornacontismi” e gli incredibili livelli di corruzione e ipocrisia, scambiandoli con “furbizia”, considerata un valore al posto dell’intelligenza.

In altre parole che sono in grado non solo di affrontare con buoni risultati il “problem solving”, su cui può essere di valido aiuto anche l’I.A., ma soprattutto in grado di autointerrogarsi sui dilemmi, le questioni, le difficoltà della realtà, in altre parole l’attitudine al “problem posing”.

COMPRENSIONE PROFONDA E DUREVOLE

Quando Wiggins parla di grande idea il suo riferimento è ad una idea “perno”, essenziale per interpretare la realtà ed essenziale anche per costruire i famosi “compiti di realtà”, funzionali a cogliere quanto la competenza auspicata e realizzata si è incarnata nel repertorio delle acquisizioni degli allievi.
Una volta individuata l’idea perno, risposta desunta da una serie di domande essenziali di “senso”, si procede con il percorso. Una domanda di senso potrebbe essere: quanto questa idea perno può coinvolgere l’alunno dentro al nucleo centrale della competenza e quanto questa idea può essere determinante per fare chiarezza e sciogliere gli equivoci?
Vediamo ora cosa si intende per comprensione profonda. Significa che se una conoscenza o un’abilità non diventa lettura e comprensione della realtà, difficilmente si trasforma in significativa o flessibile o in comprensione profonda. Al contrario è molto probabile che rimanga astratta, disincarnata, scolastica.

I SEI ASPETTI DELLA COMPRENSIONE

Il primo aspetto è “la spiegazione”. L’allievo deve essere in grado di presentare resoconti di fenomeni, fatti e dati. Si tratta di dimostrare di essere in grado di rispondere alle famose cinque domande, tipiche fra l’altro del giornalismo: chi, cosa, dove e quando. Si richiede pertanto non solo la risposta esatta ma la spiegazione, si sollecita il collegamento di fatti specifici e la capacità di sostenere tali collegamenti e le loro conclusioni.

Il secondo aspetto è “l’interpretazione”. Si tratta di affrontare l’argomento attraverso esempi, aneddoti, narrazioni, ecc che possono costituire contenuti di testi, poesie, filmati, ecc. L’allievo deve saper rispondere a domande del tipo: quello che hai letto o scritto cosa significa? Cosa spiega dell’esperienza umana? In che modo ha a che fare con te?(es. i flussi migratori cosa ti rivelano del genere umano?)

Il terzo aspetto è “l’applicazione”. Questa dimensione verifica la possibilità di affrontare i famosi compiti autentici, che , proprio per essere autentici, non devono essere scollegati completamente dalla realtà dell’allievo e dalle sue esperienze, tanto da apparire stravaganti e bizzarri, come qualche volta capita di incontrare. Senz’altro il livello dell’applicazione richiede di usare le conoscenze in nuove situazioni e in vari contesti. Bisognerebbe che l’allievo potesse rispondere alla domanda : In quali modi le persone applicano questa comprensione nel mondo fuori dalla scuola? Come dovrei modificare il mio modo di pensare e il mio agire per rispondere alle esigenze di questa particolare situazione?

Il quarto aspetto è “la prospettiva”. Avere prospettiva prevede la competenza del decentramento e della “lungimiranza” e la capacità di rispondere alla domanda: questo argomento da quale punto di vista è stato affrontato? Capire il punto di vista significa possedere lo spirito critico per riuscire a smascherare assunzioni e conclusioni che non sono state sottoposte a controllo. Le Indicazioni per il curricolo, che hanno sostituito i programmi, chiedono più volte la competenza di essere in grado di cambiare punto di vista, anzi considerano questo obiettivo, in questa società multiculturale e multireligiosa, fondamentale e peculiare dei tempi.
Chissà se l’I.A. è in grado di indurre la flessibilità che richiede il “decentramento del punto di vista” come competenza personale consolidata, non come soluzione ad un quesito del momento. Faccio riferimento alla competenza interculturale e all’assunzione del paradigma della complessità come vera e propria forma mentis.

Il quinto aspetto è “l’empatia”. Questa dimensione viene definita come la capacità di entrare nei sentimenti e nella visione del mondo di un’altra persona. Significa saper mettersi nei panni degli altri, si tratta di sviluppare le intelligenze personali di cui parla Gardner, quella “intrapersonale” ma soprattutto quella “interpersonale”. Oltre che a sviluppare questo importante tipo di intelligenza si tratta anche di correggere la deriva sociale dell’indifferenza o “noncuranza”. L’aspetto più degno di nota dal punto di vista cognitivo è che il mutar d’animo può essere l’inizio del cambiamento di opinione e del superamento di eventuali pregiudizi.
Dubito molto che l’I.A. possa incidere sul “sentire” cosa prova l’altro, avvertirne la portata emotiva, le vibrazioni che ciò comporta. Può essere che io abbia una visione parziale e distorta di questo tipo di intelligenza perché nel mio immaginario la assimilo ad una “macchina pensante” ma non “senziente”!

Il sesto aspetto è “l’autoconoscenza”. Si tratta di riuscire alla fine a cogliere il nostro modo di conoscere, lo stile apprenditivo, quali sono i nostri schemi di pensiero, i nostri meccanismi di difesa che possono compromettere la nostra comprensione. Gli allievi dovrebbero essere in grado di risponder alla domanda “ quali sono i limiti della mia comprensione? Cosa tendo a comprendere erroneamente a causa dei miei pregiudizi, abitudini e stili mentali? “
Ovviamente questo aspetto deve riguardare prima di tutto i docenti sia per quanto attiene la loro “comprensione profonda“ delle conoscenze più significative; dei nuclei fondanti delle discipline che hanno il compito di insegnare, ovviamente dopo averli padroneggiati; del modo più accessibile e chiaro di tradurre tali concetti sostanziali e validati, in una didattica abbordabile e facilitante la comprensione da parte degli allievi. Speriamo così di solleticare la curiosità professionale di molti docenti, stimolati in questo modo all’ “autointerrogazione”: una delle strategie più sane per la Scuola ma anche per la Vita.

E alla fine si tratta di interrogarsi su come utilizzare l’Intelligenza Artificiale, di quali vantaggi può offrire ma soprattutto di quali conseguenze anche negative possono scaturirne e di come poterle minimizzare. Di come, per esempio, riprogettare il proprio lavoro come ho provato a fare io con il presente contributo