Lo spoil system dei curricoli

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di Pietro Calascibetta

Non c’è di peggio che distruggere ciò che si vorrebbe valorizzare imponendo delle scelte di parte invece di prendere atto della realtà.
E’ il caso del curricolo di storia che il ministro Valditara vorrebbe rivedere per salvare la scuola valorizzando l’identità italiana.
Mentre le vacche italiane sono minacciate da quelle francesi e gli artigiani italiani da quelli olandesi, non si capisce da chi sia minacciata la storia nazionale.
Il ministro non si è accorto che nonostante i proclami reiterati per anni e le leggi che alcune forze politiche sono riuscite ad introdurre, l’Italia è un Paese ormai multietnico e lo sarà ancor di più anche solo con le quote legali di ingressi decise dal governo.
La realtà in cui vivono i nostri studenti italiani e i nostri docenti italiani nelle aule non solo delle grandi città è una realtà multietnica.
Mentre i dinosauri vivono nei libri, nei film e nei fumetti, i compagni ucraini, siriani, filippini, cinesi, somali, palestinesi, ecc. sono accanto a loro tutti i giorni e con loro condividono non solo l’aula, ma le emozioni, i ricordi, la cultura.
Ciascun docente è consapevole che se vuole che l’apprendimento sia efficace deve creare un gruppo classe coeso e una cultura del gruppo e non delle fazioni contrapposte.
Maschi e femmine, italiani e stranieri, con e senza bisogni speciali.
Il problema quindi non è valorizzare “l’identità italiana” con un lavaggio del cervello agli stranieri e contemporaneamente iniettare una siringa di italianità agli studenti italiani che magari hanno il nonno emigrato in Argentina, ma semmai capire come fare a valorizzare l’italianità come cultura tra le culture in una realtà già multietnica.
Lavorare per problemi non è purtroppo nella prassi di una nuova politica che si è fatta da sé.
La coordinatrice della commissione fantasma che Valditara ha costituito per questa operazione di spoil system è la professoressa Loredana Perla e uno dei membri Ernesto Galli della Loggia.
Dimmi con chi vai ti dirò chi sei recita un detto popolare.
Per capire quali saranno le “linee guida” che seguirà la commissione nel suo lavoro è molto facile, basta leggere il volumetto di 128 pagine, pubblicato nel settembre dello scorso anno e scritto a due mani da entrambi i membri della commissione, dal titolo “Insegnare l’Italia. Una proposta per la scuola dell’obbligo”.
Qui possiamo trovare tutto quanto occorre per un commento ex ante senza paura di essere smentiti.
Lo farò attraverso una recensione di questo volumetto scritta da Luigi Cajani su Historia Ludens “L’Identità colpisce ancora. Un libro sul curricolo scolastico di Ernesto Galli della Loggia e Loredana Perla “.
Una recensione molto interessante perché riapre una discussione mai conclusa su come debba essere impostato un curricolo di storia per i nostri studenti di oggi e di cui il ministro pare non interessarsi, interessato com’è nel seguire le indicazioni direttamente dal suo segretario di partito.
E’ bene ricordare a tutti che da tempo è in atto una “battaglia dei curricoli” , come la definisce Cajani, tra i sostenitori di un insegnamento identitario e quelli di un insegnamento scientifico della storia, una questione apparentemente burocratica e formale, ma che non va sottovalutata soprattutto in questa fase in cui ciascuna parte politica è alla ricerca della propria individualità perduta e la destra è desiderosa di affermare la propria a suon di decreti.
Non si tratta di una questione di “lana caprina” né riservata ai soli esperti, ma dovrebbe riguardare l’intera collettività perché un’’impostazione non è uguale ad un’altra nell’effetto che produce perché se la proposta di Galli della Loggia e di Perla dovesse tradursi realmente in indicazione nazionale influenzerà la cultura e il modo di pensare di un intero Paese nei prossimi anni.
Ecco perché l’interesse elettorale ha preso il posto dell’interesse alla coesione sociale che un sistema democratico dovrebbe avere a cuore.

Non si sa se il ministro coinvolgerà soprattutto le scuole e le associazioni professionali dei docenti nella discussione del testo che sicuramente verrà alla luce, cioè coloro che vivono sulla loro pelle la questione della coesione sociale e della tenuta delle loro classi.
Ciò che si vuole introdurre è quel curricolo identitario che Galli della Loggia prefigura nel volume e che ha sicuramente dei limiti, ma anche degli aspetti originali che Luigi Cajani pur evidenzia nella sua recensione.
Ciò che mi interessa mettere in evidenza qui, in relazione ai lavori della commissione, è la contraddizione che un tale approccio sottende e di cui lo stesso Galli della Loggia si accorge senza però trarne le dovute conseguenze.
Scrive l’autore della recensione che Galli della Loggia si trova di fronte a una spinosa contraddizione che dichiara candidamente, da una parte si domanda “se sia lecita l’acculturazione forzata all’«italianità» che in qualche modo verrebbe così imposta a giovani provenienti da culture diverse, anzi per lo più diversissime, da quella italiana” dall’altra afferma con disappunto che oggi “ siamo convinti che ogni persona abbia una sorta di diritto naturale a mantenere integri la propria identità antropologica, la propria storia, i propri costumi, la propria religione, e ci sembra che ogni aspetto della nostra civiltà il quale tenda a mettere in discussione queste cose costituisca un’insopportabile manifestazione di arroganza eurocentrica” (pp. 42-43 del volume).
A queste considerazioni Galli della Loggia risponde da sé dicendo che “se la scuola deve perseguire l’obiettivo dell’inclusione, in che cosa mai dovranno essere inclusi i giovani immigrati o figli di immigrati se non in un ambiente italiano e per ciò stesso necessariamente in buona misura italocentrico?” (pp. 44).»
Uno strano ragionamento. Ammette che l’operazione sarebbe una “acculturazione forzata” , ma poi afferma implicitamente che l’uso della forza è giustificato come conseguenza di questa convinzione diffusa e dura da sradicare che gli stranieri abbiano un diritto naturale a mantenere integra la propria identità, mentre il diritto deve essere garantito agli autoctoni.

Si tratta di un escamotage per giustificare una scelta tutta ideologica. Tutti sanno che in un qualsiasi immigrato le identità si mescolano e si integrano senza la necessità di eliminare l’identità di origine come se potesse inquinare la purezza del contesto in cui si trova. Vale per i pugliesi a Milano piuttosto che per gli italiani a New York o in Argentina.
La perdita o soprattutto la paura di perdere quel pezzo della propria identità più preziosa, che è quella di origine, porta i figli di seconda e terza generazione a rivendicare le proprie origini con una conflittualità esasperata spesso come accade spesso nella banlieue parigina ed è questo il vero pericolo per l’italianità. E’ questo che si vuole? Rompere la coesione nelle nostre aule?
Una politica dell’istruzione che favorisca un’integrazione basata sul rispetto delle identità di origine e il rispetto dei valori della comunità in cui si vive è la vera garanzia per valorizzare l’italianità culturale del paese.

A questo punto vengono spontanee due considerazioni e alcune domande per me cruciali sulla questione che rivolgerei alla neonata commissione ministeriale.

1) Se marcare la propria identità di origine di noi italiani è così importante tanto da ricorrere ad un’acculturazione forzata degli stranieri, perché non deve essere altrettanto importante almeno riconoscere il valore che ha per un immigrato la propria identità di origine?
L’inclusione degli immigrati non può avvenire attraverso altre strade ad esempio potenziando con un apprendimento laboratoriale l’insegnamento dell’educazione civica che, basandosi sulla Costituzione scritta da esponenti di culture diverse, dovrebbe insegnare i valori e i principi di un’italianità condivisa forse più della storia di Roma ?
Oppure la conoscenza degli usi, delle tradizioni e dei costumi degli italiani del Nord come del Sud non è forse valorizzare l’italianità ? (Ricordo un manuale molto usato a scuola negli anni ’70 sui dialetti e le realtà regionali di Tullio De Mauro quando la difesa dell’italianità era finalizzato alla coesione sociale ) .
Sono gli immigrati coloro ai quali spetta l’onere di inserirsi acculturandosi all’italianità o il processo di inclusione riguarda anche gli italiani a cui spetta l’onere di accettare gli immigrati in quanto persone, magari conoscendo qualcosa di più della loro identità di origine?
Gli studenti lo fanno già sia parlando nei corridoi e aiutandosi vicendevolmente, sia in attività che i docenti svolgono proprio per fare della classe un gruppo di lavoro.
Non abbiamo pensato che forse può favorire meglio l’inclusione uno studio curricolare della storia, soprattutto nella scuola di base, in grado di dare ad entrambi gli studenti italiani e immigrati una formazione comune in grado di permettere agli immigrati di capire cosa sia l’italianità e agli italiani di capire il mondo e le diverse identità ? Insomma un curricolo basato sul “pensiero critico, ……sull’epistemologia della storia, sull’approccio multi-prospettico e sulle più recenti acquisizioni della ricerca” come scrive Cajani.

2) Alla viglia delle elezioni europee il ministro per sorreggere la campagna elettorale del suo partito preferisce l’approccio identitario di Galli della Loggia e di Perla dell’ “Insegnare l’Italia”.
Invece di domandarsi in che modo incentivare l’identità europea senza perdere quella italiana. Ancora una volta è Galli della Loggia a dire la sua. In un articolo del Corriere della Sera del 3 aprile 2024 scrive: «L’Ue insomma ha mancato a quello che avrebbe dovuto essere invece il suo primo compito: fare gli europei. Nel solo modo in cui ciò è sempre avvenuto: dando agli abitanti del continente il senso della loro storia dei valori (anche religiosi) cui essa ha dato vita, dell’unicità e, se è permesso dirlo, della grandezza e dell’importanza dell’una e degli altri.»
A questo punto mi domando, cosa intenda Galli della Loggia per “fare gli europei” e quale Europa voglia un ministro dell’istruzione che rappresenta tutti gli italiani e non solo gli italiani che hanno votato il suo partito.
Se fare gli europei vuol dire favorire, valorizzare, creare un’identità europea, mi sarei aspettato una commissione diversa e un approccio diverso al problema dell’inclusione che oggi non può che essere strettamente legato ad un’inclusione tra gli abitanti dell’Europa.
Un curricolo identitario alla vigilia delle elezioni europee dovrebbe essere almeno sull’identità europea. Di questo si ha bisogno oggi.
Forse potrebbe valer la pena di cambiare prospettiva per affrontare gli aspetti culturali legati all’immigrazione. guardando non solo all’Italia, ma all’Europa..
Anche gli immigrati potrebbero trarne beneficio perché è in Europa che vogliono andare, che sognano come loro futuro e forse hanno più di noi il seme per un’identità europea.
Un curricolo di storia realmente europeo non può non raccontare come le storie dei popoli che nelle diverse epoche hanno abitato e abitano il continente si siano intrecciate tra loro continuamente, dalla preistoria ai Romani, dall’Impero alle invasioni, dagli Stati nazionali a Napoleone. alle guerre mondiali.

Una storia comune tra i popoli che hanno abitato l’Europa scritta insieme nel bene e nel male che ha prodotto e che ha lasciato segni molto profondi anche nelle cosiddette identità nazionali odierne che si vorrebbero esaltare come se fossero fiorite dal nulla.
Chi più dei Romani, tanto citati dai puristi dell’”etnia” , ha costruito una società multietnica!
Immaginare una proposta identitaria sull’Europa innovativa rispetto ai curricolo già esistente sarebbe stato troppo per Galli della Loggia e per il ministro .

E’ sempre Galli della Loggia nell’articolo citato del Corriere a darsi la risposta sul perché l’Europa ha fallito nel fare gli europei, diventando così il campione delle contraddizioni.
«Certo, per tutto ciò sarebbe stato necessario sfidare qualche luogo comune del politicamente corretto e soprattutto decidere che cosa si è: che cosa si vuole essere o non essere. Dunque compiere qualche scelta ideale, forse addirittura qualche scelta coraggiosa, indicare un passato e a partire da esso avere un progetto un sogno.»
Si affretta a concludere che questo dovrebbe essere compito della politica che purtroppo non c’è, ma aggiungo io può anche essere compito dell’insegnamento della storia e di un ministro dell’istruzione che voglia superare la contrapposizione politica a tutti i costi per fare l’interesse non di un partito ma di chi frequenta le scuole della Repubblica che a guardar bene sono italiani e stranieri in altre parole sono quelli che si chiamano STUDENTI , studenti che hanno tutti diritto all’istruzione e ad un’educazione ad una cittadinanza democratica come vuole la Costituzione.