Non è una buona notizia l’intenzione annunciata dal ministro Valditara di procedere a un restyling delle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo dell’istruzione.
Pare che, dopo l’epoca dei Programmi, il restyling sia la condanna a cui sono destinate le Indicazioni nazionali. Già nel 2007 il cacciavite del ministro Fioroni aveva provveduto a traghettare le Indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati del 2004 di Bertagna e Victor Hoz, a firma della ministra Moratti, da un progetto di scuola a domanda a una scuola impegnata a partire dai bisogni di ciascuno, licenziate poi definitivamente nel 2012 dal ministro Profumo.
Al ministro dell’Istruzione e del Merito però non vanno bene, sembra che gli stiano strette.
Dice che a scuola si studia troppo, soprattutto i bambini studiano roba inutile come ad esempio i dinosauri. Sostiene che dobbiamo dare più spazio ai nostri valori, quelli del Paese e dell’Occidente, che la scuola deve assicurare una prospettiva di inserimento lavorativo.
Se poi si prende in mano il programma elettorale delle destre che formano l’attuale governo dovremmo evitare di stupirci, perché al primo punto del capitolo scuola, che è al quattordicesimo posto su quindici punti programmatici, sta scritto: “Rivedere in senso meritocratico e professionalizzante il percorso scolastico”.
E poiché il ruolo delle Indicazioni nazionali è quello di comunicare l’idea di scuola che ha questo paese, l’attuale governo, dal paventato pericolo della “sostituzione etnica” è passato a procedere sempre più speditamente verso la “sostituzione culturale”, a partire dalla scuola, promuovendo Dio, patria, famiglia, che sarebbero gli autentici valori dell’Occidente secondo il ministro dell’istruzione e del merito e i suoi compagni.
Tutto questo, quando, trascorsi poco più di due lustri dal 2012, il paese è ben lontano dal possedere una propria idea di scuola ed è, senza alcun dubbio, ancora estraneo circa quella espressa in premessa alle Indicazioni del 2012.
Neppure si è accorto, e con lui anche buona parte di chi lavora nella scuola, ad esempio, del passaggio dai programmi scolastici, retaggio della riforma Gentile, alle Indicazioni.
Non so quanti insegnanti oggi saprebbero spiegare perché lo stato fornisce Indicazioni nazionali e non più programmi scolastici. Forse sarebbe una domanda da porre anche all’editoria scolastica.
La prima risposta sta nel DPR n. 275 dell’8 marzo 1999 che sancisce l’autonomia delle istituzioni scolastiche, ribadita dall’art. 117 del Titolo V della Costituzione che al II° comma recita: Sono materia di legislazione concorrente quelle relative […] all’istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche.
Salva l’autonoma delle scuole che si esercita attraverso gli strumenti dell’offerta formativa, dell’autonomia didattica, dell’autonomia organizzativa, dell’autonomia di ricerca, di sperimentazione e di sviluppo, con la costituzione di reti di scuole.
Nessun programma, ma curricoli di cui sono titolari e responsabili le autonomie scolastiche attraverso quell’organo autonomo di professionisti che è il Collegio dei docenti.
Non spetta dunque al ministro stabilire cosa sia utile o non utile studiare a scuola, perché l’autonomia scolastica è lo strumento che integra la scuola al proprio territorio e permette di partire dai bisogni della persona, come affermano appunto le Indicazioni che il ministro vorrebbe rivedere.
Lì sta scritto che le finalità della scuola devono essere definite a partire dalla persona che apprende, con l’originalità del suo percorso individuale. La definizione e la realizzazione delle strategie educative e didattiche devono sempre tener conto della singolarità e complessità di ogni persona, della sua articolata identità […]. In questa prospettiva, i docenti dovranno pensare e realizzare i loro progetti educativi e didattici non per individui astratti, ma per persone che vivono qui e ora, che sollevano precise domande esistenziali, che vanno alla ricerca di orizzonti di significato.
Non c’è dunque commissione, neppure di pedagogisti prestigiosi, che possa sostituirsi alla persona che apprende e al docente che esercita la sua professione.§
A meno che le intenzioni del ministro siano ben altre, ad esempio avere come mira di colpire l’autonomia scolastica, che lascia troppa libertà alle scuole, tornare alla piramide verticistica che sempre ha dominato la gestione dell’istruzione nel paese, per cui il nuovo non ha mai potuto farsi strada ostacolato dalla burocrazia ministeriale e dalla cultura politica dei ministri che si sono avvicendati di volta in volta alla guida del dicastero di viale Trastevere.
E se pensiamo alle esternazioni del ministro a proposito dei fatti relativi alla scuola di Pioltello, oltre all’autonomia, l’inclusione scolastica potrebbe essere l’altra vittima del restyling che ha in mente.
Del resto il sospetto non può che sorgere a leggere i candidati alla commissione di esperti che nutre di nominare.
Intanto il maître a penser, elogiatore delle predelle, professor Ernesto Galli della Loggia reduce dall’ultima esternazione sulla necessità di abbattere idoli e miti come l’inclusione di tutti nella scuola di tutti, a suo dire oggetto della “scuola menzogna” che copre lo scandalo – caso unico al mondo – scrive il nostro professore, per cui nelle nostre aule convivono regolarmente, accanto ad allievi cosiddetti normali, ragazze e ragazzi disabili, alunni con bisogni educativi speciali, ragazze e ragazzi stranieri. Il professore tralascia di scrivere che questo scandalo ci è invidiato da tutto il mondo.
Un made in Italy di quelli che non rendono quattrini e che semmai turba alcune coscienze, comunque un made in Italy che non piace al professore e non è certo quello che intende promuovere questo governo.
La presidente in pectore di questa commissione, professoressa Loredana Perla, ha scritto con il professore Insegnare Italia. Una proposta per la scuola dell’obbligo, uscito nelle librerie a settembre dello scorso anno. Gli autori sostengono che la scuola per essere pedagogicamente efficace, deve insegnare ai bambini e agli adolescenti l’Italia, la sua storia, la sua geografia, la sua cultura. In una parola, la sua identità.
Mi sembra che il restyling che ha in mente il ministro sia, almeno da questo punto di vista abbastanza chiaro, essendo pienamente allineato con le politiche del made in Italy di questo governo.
Dietro alle attuali Indicazioni nazionali c’è il pensiero del grande Edgar Morin, la visione di un nuovo umanesimo alle soglie del terzo millennio, come promessa di rinascita della scuola che attende ancora di essere compiuta, ma ora, se queste sono le intenzioni del ministro, siamo alla vigilia della sua distruzione.