E’ da un po’ che lo diciamo: le classi speciali stanno tornando!
Sto lavorando con alcuni amici allo sviluppo di quella che abbiamo chiamato “cattedra inclusiva”.
Le ragioni pedagogiche nascono dal fatto che l’inclusione scolastica è in crisi sia per l’esplosione di migliaia diagnosi e certificazioni che hanno moltiplicato a dismisura i posti di sostegno, sia per una tendenza patologica a centrare nel solo “insegnante di sostegno”, eventualmente supportato dall’assistente comunale, la scolarità fino al termine “copertura totale” per intendere più che un’inclusione una paradossale “isolazione” di tanti bambini e ragazzi; tanto che più che di comunità di coetanei si dovrebbe parlare di guardiania pedagogica.
Per queste ragioni, tutte dolorose, proponiamo un cambio di rotta con una formazione dedicata e obbligatoria per tutti i docenti curricolari, per coinvolgere tutti nel processo attivo di inclusione.
Ma c’è anche una ragione più grave per cui ci siamo mossi ad allargare la partecipazione di tutti i docenti all’inclusione.
Il fatto é che numerosi segnali ci indicano una tendenza in atto volta a ripristinare “scuole speciali” separate tra i cd “normodotati” e i cd “neurospecifici”. A chi ci ha dato dei “pessimisti catastrofici” segnalo la scoperta di una nuova fantasiosa forma di scolarizzazione detta delle “sezioni di potenziamento”.
Lasciate perdere il termine che parrebbe positivo: si tratta invece di vere e proprie “classi speciali” composte da 4 a 7 alunni con un programma “isolante” e nel quale insegnanti (tutti di sostegno ovviamente), educatori e specialisti lavorano insieme tutti i giorni per tutte le ore di scuola.
Con trucchi amministrativi e una strana idea di autonomia scolastica si producono così “isole separate di fatto” dalla vasta ed eterogenea comunità di bambini e ragazzi.
I primi casi di questa bizzarra pedagogia vengono dal nord, da paesi piccoli (dove forse salverebbero le piccole scuole dalla crisi demografica). E vengono soprattutto nel mondo dell’autismo, sempre più spinto a didattiche unicamente speciali.
Ma la tendenza alla medicalizzazione diffusa in forme sempre più bizzarre, potrebbe favorire la nascita di sezioni di studenti iperdotati (altra moda del momento) oppure ragazzini “nervosi”, oppure ancora a identità di genere complessa.
Ognuno potrebbe avere la sua cura separata, con una scuola come reparto para-clinico, per la gioia dei tanti “nuovi santoni” che praticano terapie le più varie. Tutte centrate sul sintomo e nulla sulla persona.
Come temevo da tempo, la rottura é vicina. E dunque merita alzare il livello dell’attenzione e dello scontro verso tendenze isolazioniste pericolose per tutti i nostri scolari/studenti, verso una società sempre meno comunità e sempre più clinica manicomiale.