Sulla recensione di Galli della Loggia del volume di Giorgio Ragazzini, “Una scuola esigente”, pubblicata sul CdS del 13/1/23 si è abbattuta una valanga di commenti a volte sarcastici e ironici, a volte molto aspri per usare un eufemismo.
Nel trafiletto di cui parliamo Galli della Loggia si occupa dell’inclusione.
La scelleratezza perpetrata dalla normativa consisterebbe nella scelta di inserire nella stessa classe “unici al mondo” sia i ragazzi con delle difficoltà nella loro completa gamma di situazioni sia quelli che definisce “cosiddetti normali”, diciamo alla Vannucci, con un risultato a suo dire disastroso.
Un’affermazione senz’altro forte e provocatoria.
Non voglio aggiungere nulla, per chiarezza posso dire di condividere pienamente gran parte dei commenti critici che ho letto.
Detto questo vorrei tentare di affrontare invece la polemica che ne è nata toccando un altro aspetto della questione che mi sembra non meno importante dei valori su cui gran parte dei commentatori hanno puntato.
OLTRE AI VALORI C’E’ DELL’ALTRO
Approfittando dell’assist fornito dalla recensione, a me pare che a Galli della Loggia non sia sembrato vero di poter aggiungere un nuovo tassello al suo teorema che la scuola è stata rovinata con le sciagurate riforme fatte per motivi politici e opportunistici dall’allora PCI e dai suoi complici, i fiancheggiatori del compromesso storico e del neoliberismo.
Non è una mia malevola interpretazione, ma è una tesi da lui compendiata addirittura in un saggio per dare supporto scientifico alle sue “opinioni” in merito, espresse a puntate in vari articoli sul Corriere.
Non a caso Galli della Loggia è molto vicino al “benemerito”, come lui lo definisce, “ Gruppo di Firenze” di cui Giorgio Ragazzini è un esponente di spicco da sempre in prima linea su questo fronte.
Sono convinto che Galli della Loggia non sia razzista e non sia Vannacci, ma utilizza l’argomentazione del mondo alla rovescia perché è abbastanza diffusa in quella parte di cittadini convinti come lui che ci sia stata una macchinazione della cosiddetta cultura di sinistra per realizzare una società al contrario, come dimostrano i numerosi lettori dell’ormai famoso generale.
Così facendo sdogana la vulgata popolare secondo la quale per cominciare a risolvere il problema del far funzionare la scuola bisogna liberare i “cosiddetti normali” dalla palla al piede degli altri studenti che, detto tra noi, potrebbero poi essere la maggioranza della classe.
E’ lo stesso ragionamento che lo porta a dire che bisogna liberarsi delle ore di programmazione, dei progetti, delle compresenze, di tutto ciò che non è “lezione” dove c’è un discente che ascolta e un docente che insegna, insomma dell’autonomia.
Parlare dei “cosiddetti normali” è un modo probabilmente strumentale per raggiungere una platea di persone che possano condividere con lui la battaglia contro l’autonomia scolastica, la pedagogia e i pedagogisti, le riforme ecc. il vero cancro a suo parere della scuola italiana che va, possiamo dire parafrasando, “normalizzata”, riportandola dove non si sa, ma è dato intuire, se tutto ciò che è stato fatto dagli anni sessanta in poi non va bene.
IL MORALISTA
Accesa così la fiamma dell’empatia, passa nella sua recensione a giocare la carta “Selvaggia Lucarelli” e afferma di voler smascherare il falso “mito” della scuola inclusiva denunciando che quella che viene esaltata come una scelta di civiltà è “una menzogna” perché non corrisponde alla realtà di una scuola allo sfascio qual è secondo lui la scuola italiana oggi.
Sono sicuro che Galli della Loggia se interrogato sulla questione dirà che lui ha il massimo rispetto per tutti gli studenti con BES, DSA , disabilità ecc. ed è proprio per questo che usa volutamente il termine “menzogna” facendosi così paladino non solo dei “cosiddetti normali”, ma anche di questi studenti fragili che sono stati ingannati e che non riescono ad avere i benefici promessi da questa scuola forgiata dalle riforme facendosi così portavoce di un disagio sicuramente presente e di alcuni problemi che effettivamente esistono nell’inclusione.
È per questo motivo che oltre ad una risposta sui valori è necessaria a mio avviso una risposta chiara e netta sule cause del problema del disagio che lui solleva.
CHI MENTE?
Galli della Loggia mente sapendo di mentire non solo sulla reale dimensioni del problema, ma sulle cause delle difficoltà che l’inclusione incontra effettivamente.
L’autonomia permettendo la flessibilità nella costruzione dei percorsi e nella gestione del gruppo classe è lo strumento più adatto in grado di permettere una didattica inclusiva in un scuola di massa aperta a tutti e non solo alle élite selezionate come era nella visione della scuola superiore di Gentile.
L’autonomia come risposta al problema dell’inclusione.
Perché tutto questo non si è avverato? Per Galli della Loggai perché le premesse erano sbagliate, i “normali” non devono convivere con chi non lo è! I soliti buonisti!
NEL “REGNO DELLA REALTA'”
Nel “Regno della realtà” c’è un’altra spiegazione. Va detto con determinazione che le difficoltà non derivano dalla convivenza di studenti “normali” e di studenti con bisogni speciali, ma dal fatto che l’autonomia scolastica che oggi vediamo, non è l’autonomia quale sarebbe dovuta essere se non fosse stata boicotta fin dal suo esordio e successivamente negli anni non dando le risorse necessarie al suo funzionamento sia finanziarie che normative.
Il fatto che Galli della Loggia dovrebbe conoscere è che l’autonomia la si è fatta con i fichi secchi (passata la festa, gabbato lo santo!) senza mettere a disposizione quanto indispensabile ad attuarla per come era stata concepita, a cominciare da quell’organico necessario a permettere quella flessibilità della lezione, del gruppo classe, delle attività che doveva servire proprio per dare tempi e modalità di apprendere in base ai bisogni differenti degli studenti. Il nocciolo dell’inclusione.
Qualcuno ricorderà sicuramente la sperimentazione dell’organico funzionale subito fatta abortire. Bisogna aspettare la Buona Scuola per trovare finalmente la possibilità di ampliare l’organico in base ai bisogni progettuali di ciascun istituto anche se in modo contraddittorio e molto parziale. Non a caso Berlinguer e Renzi sono considerati da questi signori la coppia che ha rovinato la scuola.
Ma le cause delle difficoltà non stanno solo nell’ organico.
Si è fatta l’autonomia senza modificare la struttura delle cattedre con insegnanti con 8-6 classi che si può immaginare come possano prendersi cura non solo dei ragazzi in difficoltà, ma anche dei “normali”.
Non si è definito il ruolo del coordinatore di classe ora ridotto ad assistente tuttofare, che sulla normativa neppure esiste, che invece dovrebbe essere il project leader dell’équipe di lavoro ; non si è adeguato lo stato giuridico dei docenti alla nuova organizzazione richiesta dalla flessibilità, lo stesso dicasi per il contratto.
Galli della Loggia dovrebbe chiedersi come opinionista il perché di tutta questa resistenza a considerare sullo stesso piano sia l’insegnamento in aula sia l’attività di coordinamento e di progettazione e monitoraggio necessarie a sostenere sul piano pedagogico e didattico la flessibilità del gruppo classe, le attività di scuola attiva e il lavoro di gruppo intorno ai quali ruota la scommessa dell’autonomia e dell’inclusione. Non fanno parte entrambe della professionalità docente? Quale cultura li tiene separate come se fossero due lavori diversi, un lavoro di serie A ed uno di serie B?
L’autonomia prevedeva di cambiare il modo di lavorare dei docenti. Dalla progettazione individuale del singolo docente a casa propria a quella collegiale inserita come parte integrante dell’orario di lavoro nel luogo di lavoro. Viene il dubbio di credere che se questo lavoro è svolto a casa individualmente è professionale, se svolto a scuola con i colleghi è un impaccio burocratico?
L’inclusione in una scuola di massa non è una questione che può affrontare individualmente il singolo docente, ma riguarda il consiglio di classe e l’intera comunità scolastica con tutte le sue componenti.
IL “REGNO DELL’AMNESIA”
Più che il “regno della menzogna” la scuola sembra essere il “regno dell’amnesia” .
Ci si è dimenticati che la stessa piattaforma unitaria dei sindacati confederali della scuola del 2002-2005 sottolineava la necessità nella nuova scuola dell’autonomia di “un’attività organizzata su modelli di lavoro differenziati, professionalità articolate, itinerari di ricerca continui in un contesto relazionale che, oltre a valorizzare l’impegno individuale dell’insegnante, si connoti con una dimensione cooperativa.”
Quali sono stati gli interventi contrattuali e normativi per dare all’autonomia quello che era necessario per poter funzionare?
E’ ovvio che se l’autonomia fonda le sue basi nell’art. 6 del Regolamento e nel lavoro cooperativo dei docenti e poi non c’è uno spazio e dei tempi adeguati per lavorare con questa modalità, i numerosissimi compiti collegiali che le riforme e l’autonomia stessa richiedono ai consigli di classe e ai docenti con un lavoro collegiale finiscono per essere ridotti ad adempimenti burocratici per necessità pratica e per sopravvivenza.
Tolta l’elaborazione creativa, rimane il verbale taglia e incolla.
E’ facile poi mettere in evidenza la burocratizzazione della scuola e lo svilimento professionale.
Insomma con un’espressione non elegante la scuola dell’autonomia è “cornuta e mazziata”.
Se tutte le attività non di insegnamento sono considerate attività aggiuntive, alcune di queste svolte su base volontaria, pagate con un compenso chiamato accessorio prelevato da un fondo da contendersi gli uni con gli altri, come si può chiamare ancora autonomia questa umiliante condizione di lavoro? E’ comprensibile il disagio dei docenti.
Galli della Loggia dovrebbe scrivere che se la scuola è in difficoltà non è per le riforme e per l’autonomia, ma perché in Italia si fanno le riforme, ma poi non ci si preoccupa di renderle realmente operative. Nella scuola e altrove.
Pensiamo al ruolo previsto dalle riforme per i GLI, Gruppo di Lavoro per l’Inclusione, in cui dovrebbero essere presenti anche i referenti delle strutture sanitarie che per i tagli alla sanità sono invece assenti; pensiamo alla mancanza di finanziamenti per la psicologia scolastica in una società dove la scuola dovrebbe rappresentare un presidio per affrontare i disagi sempre più diffusi negli adolescenti come i disturbi alimentari , l’ansia, gli attacchi di panico, ecc, pensiamo alla scomparsa del medico scolastico dalle scuole facendo mancare anche un suo ruolo nell’educazione alla salute tanto che durante il Covid si è dovuti ricorrere ad un docente come referente con mansioni, queste si, che non avevano nessun rapporto con la funzione docente; , pensiamo ai docenti e ai supplenti nominati in ritardo , al cambio dei docenti ogni anno, tutto imputabile ad una cattiva gestione dell’amministrazione e non alle riforme.
Mi sembra che ci siano sufficienti argomenti per dire che la convivenza di studenti “normali” e di studenti non “normali” è un’opportunità e una ricchezza non utilizzata come si dovrebbe e non valorizzata per l’indifferenza che ormai da tempo connota l’azione politica e il regno dei “cosiddetti normali” verso i ragazzi e i giovani..
Sarebbe il caso che gli opinionisti si assumessero la responsabilità di cominciare a dire il vero separando, quando scrivono sui media, i fatti nella loro complessità dalle opinioni strettamente personali soprattutto se ideologiche.