Sono felicemente sorpreso dalla valanga di critiche, a volte persino feroci, che il vecchio guru Ernesto Galli della Loggia (detto da più parti EGDL) si è preso per via di un suo pezzo sull’inclusione scolastica.
In questo assurdo pezzo il vecchio EGDL sostiene con una violenza da bar sport che l’inclusione scolastica è solo un “mito” finto democratico, che non solo non funziona, ma fa del male a chi è disabile, dislessico, straniero, povero, e così via. E, ovviamente, fa del male e rallenta i “normali” costretti a subire un pernicioso caos educativo.
Mi occupo di disabilità da quasi 50 anni, sia come insegnante poi via via da dirigente e ispettore anche con ruoli apicali ministeriali ed internazionali.
Qualcosa so.
Dunque: sono molto sorpreso per le reazioni di centinaia di insegnanti, persone di scuola e cittadini. Per moltissimi di questi le dichiarazioni di EGDL sono offensive, ridicole, false, pur con tutte le difficoltà che l’inclusione scolastica ha ancora in Italia.
Sono felicemente sorpreso perché nei tanti “bar scolastici” che ancora frequento (anche se in pensione) ho più volte incontrato presidi, insegnanti e genitori ostili all’inclusione scolastica con toni e argomentari simili a quelli del nostro EGDL.
Non solo: credo che il caos organizzativo, l’assenza di una seria formazione di tutti gli insegnanti (non solo quelli di sostegno), il mito dell’insegnante di sostegno come “soluzione dell’inclusione” siano oggi troppo diffusi e segno di una crisi che rischia (questa sì) di produrre un calo qualitativo e valoriale dell’inclusione come paradigma educativo necessario per tutti gli alunni e gli studenti, qualsiasi sia la loro condizione.
Per questo motivo, paradossalmente, la levata di scudi contro il poco competente (ma potente) EGDL con la sua sponsorizzazione di un sistema scolastico separato per categorie di “normalità” e di “non normalità”, fa ben sperare al successo di una proposta che un gruppo di noi (di cui mi onoro di far parte) ha preparato in questi mesi, e che presenta una coraggiosa proposta di qualità: quella di una formazione professionale del tutto diversa dall’ attuale e di tutti gli insegnanti attorno al tema del successo formativo e dell’inclusione di tutti. L’abbiamo chiamata “cattedra inclusiva”, cioè una competenza fine e diffusa di tutti i docenti, senza specialismi separativi e medicalizzazioni dannose. L’inclusione tocca ed è di tutti, nessuno escluso. Perché l’inclusione italiana torni ad essere quell’ispirazione pedagogica che l’ha resa la migliore in Europa.
Qualche volta i soloni da bar sport fanno aprire gli occhi anche ai dubbiosi. La nostra risposta dunque è quella di agire con coraggio, non solo quella di polemizzare per battute non solo fuori luogo, ma del tutto dilettantesche e figlia di pregiudizi antichi,