Taskificazione e monetizzazione dell’intelligenza prestazionale

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di Marco Guastavigna

La discussione di primo livello sull’IA – come è usanza degli intellettuali organici al mercato – è lenta e, of course, sui massimi sistemi.
Al secondo livello, quello della pacata divulgazione, si muore e si provocano morti per asfissia culturale, malattia tipica della citazione subordinata e subordinante, che riconosce e naturalizza la gerarchizzazione della supply chain della conoscenza.

Laddove si decide, si progetta e si fa, invece, si agisce. E così si dispiega sempre più l’aziendalizzazione del mondo 4.0 per via digitale.
Già i software “tradizionali” e successivamente le applicazioni per dispositivi mobili avevano consentito di scomporre il “lavoro” in micro-attività distinte e misurabili, incrementandone – in nome dell’utilitarismo razionale a matrice capitalistica, per cui la priorità è il profitto – l’alienazione e minimizzandone per contro la capacità contrattuale.

Ora tocca ai dispositivi di intelligenza artificiale.
Se (anche solo per pochi istanti) ci si astiene dal praticare l’onanismo autogratificante a proposito di chatbot conversazionali generalisti e applicativi text2image e ci si avventura su portali di accesso a “servizi” articolati e monetizzati, ci si accorge che l’imitazione computazionale degli esiti dei processi cognitivi umani si sta configurando in modo sempre più esteso e solido anche come loro classificazione utilitaristica, misurabile secondo crediti e pagamenti e quindi verso ontologia ed epistemologia della mercificazione.

Chiunque può verificare questa affermazione accedendo, per esempio, a Poe.com, dove potrà realizzare chatbot personalizzati, ovvero “addestrati” su materiali forniti in proprio, ma anche fruire di assistenti che vengono presentati come specificamente esperti, per esempio, in:

  • Dottrina cristiana;
  • IA nella didattica;
  • Emoji natalizi;
  • Riepilogo/sommario di video di Youtube;
  • Autopromozione su Linkedin;
  • Redazione di libri a partire da spunti;
  • Allenamento al debate;
  • Preparazione di slide;
  • Supporto alla ricerca;
  • Public Speaking;
  • Medicina militare durante la II guerra mondiale
  • Previsioni in campo sportivo;
  • Generatori di QRcode creativi;
  • Redattori di tesi;
  • Libri da colorare;
  • Lettori di libri lunghi, facenti le veci dell’utente…

… l’elenco completo è troppo lungo per riportarlo tutto.

Più importante è comprendere che siamo di fronte a proposte che si possono provare gratuitamente. Se si è ingolositi dalla vastità delle opportunità operative, si può decidere di acquistare l’abbonamento.

In chiusura, pertanto, mi permetto di ricordare che le diffusissime chiacchiere intorno all’ingresso dei dispositivi di intelligenza artificiale nella scuola prescindono nella loro quasi totalità da una questione che è invece cruciale: chi si farebbe carico delle licenze, di fatto necessarie per un uso intensivo di tutte le applicazioni?