Ciao maschio …
Il recente femminicidio che ha visto come vittima una ragazza di 29 anni incinta di sette mesi, di nome Giulia, ha sconvolto il Paese e non solo. Al di là dell’attenzione morbosa che ha suscitato questo evento, dobbiamo sapere che dopo ne sono successi altri e che le statistiche affermano che per mano di un uomo muore una donna ogni tre giorni.
Il femminicidio è un termine specifico che definisce in maniera non neutra gli omicidi contro le donne, in tutte le loro manifestazioni, per motivi legati al genere. Quasi sempre ad opera dei compagni o da parte soprattutto degli ex. Quante volte abbiamo sentito dire: lei lo lascia e lui l’ammazza!
Il termine “genere” sta ad indicare l’identità di genere su cui sarà necessario dare qualche delucidazione perché su questa definizione sono sorte moltissime deformazioni informative, quasi tutte in malafede. Lasciamo da parte per ora il tema dell’orientamento sessuale e quello della “disforia di genere” altrimenti mettiamo troppa carne al fuoco. Ne riparleremo se vi interessa. E tralasciamo anche il problema orripilante degli stupri che richiede un capitolo a parte.
Simone de Beauvoir aveva detto che “femmine” si nasce e “donne” si diventa, ovviamente anche “maschi” si nasce e “uomini “ si diventa. Il passaggio dall’identità sessuale, biologica, all’identità di genere che è invece culturale è lento e dipende dal contesto socio-storico-culturale di appartenenza. Tutti noi sappiamo infatti che per una donna è diversa l’identità di genere in un paese occidentale o, per esempio, in Arabia Saudita.
E’ un’identità che matura, processo che va costruito e accompagnato, al fine di raggiungere delle identità il più possibile rinnovate e lontane dai vecchi stereotipi ma anche critiche nei confronti dei modelli offerti dai media che rischiosamente vengono assorbiti acriticamente dai bambini e dalle bambine se non ci sono i filtri offerti dai genitori o dalla scuola.
Le discriminazioni di genere e gli stereotipi sessisti sono duri a morire anche se l’emancipazione femminile, cominciata lentamente in Italia negli anni sessanta ad opera del movimento femminista, ha permesso di fare notevolissimi passi avanti.
Il fenomeno del maschilismo rimane però ancora fortemente sullo sfondo.
Stereotipi sessisti
Maschio: razionalità, iniziativa, responsabilità, protagonismo, decisionalità, forza (non solo fisica: sesso forte, non aver paura), competitività, machismo, ecc
Femmina: sentimento, emotività, dolcezza, adattamento, accettazione, sensibilità, sottomissione, arrendevolezza, acquiescenza, angelo del focolare, ecc
Questi stereotipi di genere vengono assunti inconsapevolmente fin dalla nascita. Le pratiche di accudimento, i giochi e i giocattoli messi a disposizione, i primi divieti e i permessi, le emozioni legittimate e quelle tacitamente interdette, sono tutte variabili intrise di stereotipi.
Ci sono delle frasi che un tempo, ma secondo me qualche volta anche adesso, vengono pronunciate in famiglia e che vengono recepite dai soggetti in crescita come vere e proprie “ingiunzioni”:
– non piangere, non sei una femminuccia…
– non devi aver paura, solo le femmine hanno paura (in un colpo solo così si svaluta il genere femminile e si costruisce una “gabbia” per quello maschile)…
– gli uomini non chiedono mai…
– eppoi tutta la retorica sulle “brave bambine” che non si arrabbiano e non pestano i piedi…
Oggi i ruoli sociali sono però cambiati: la donna uscendo di casa e andando a lavorare ha scoperto la sua capacità di assumere responsabilità, prendere decisioni, essere protagonista della propria vita, ecc.
In altre parole ha legittimato la sua parte “maschile”.
Ovviamente ora ci aspettiamo che anche l’uomo accetti e legittimi la sua parte “femminile”.
La via, per ora, della nuova virilità è quella della nuova paternità, con la legittimazione della parte tenera.
I nuovi padri, infatti, stanno rifiutando il ruolo storico del padre “autoritario” e punitivo, desiderano assumere il ruolo fin da quando il figlio è neonato: hanno così imparato a prendersi cura di lui e il contatto con il corpo tenero del “cucciolo” fa emergere la loro tenerezza, nascosta da anni all’interno dello stereotipo della “rudezza”.
L’identità di genere e la preadolescenza.
Le ragazzine hanno oggi accanto una madre che comunque rappresenta di fatto un’emancipazione rispetto agli stereotipi storici, sono molto sicure di sé.
A volte forse anche un po’ troppo…
I ragazzini invece, messi in crisi i vecchi stereotipi, appaiono spaesati e disorientati…
Spesso si chiedono: – Sono un vero uomo?
Cosa significa oggi essere veri uomini?
Per non restare nel disagio e nella paura di essere inadeguati alcuni intraprendono la strada del bullismo (in questa tipologia rientrano anche gli stupri di gruppo ostentati nei social) perché la prepotenza dà loro l’illusione di contare, di essere protagonisti, di essere considerati.
Inoltre il tono muscolare contratto, indotto dalla violenza e dalla rabbia, dà loro la sensazione di controllare e dominare la “paura” soggiacente.
Ma i nostri preadolescenti non possono aspettare di diventare padri…allora sono i giovani uomini (25-45 anni) che devono fare delle riflessioni sulla nuova identità maschile, come abbiamo fatto noi mezzo secolo fa (o anche più), ed offrirle come esempi e riferimenti ai ragazzini che stanno crescendo.
A dire il vero l’identità maschile è più difficile da sempre da realizzare.
Infatti Stoller, per affermare questa convinzione, poggia le sue argomentazioni sulla “protofemminilità”.
Questo concetto sottolinea come l’ovulo fecondato, che inizia il suo percorso verso la maturazione biologica, se è XY, quindi destinato ad evolvere verso la mascolinità, per 5/6 settimane risulta però essere femminile. Poi subentrerà l’ormone del testosterone a deviare la formazione delle gonadi embrionali da ovaie a testicoli. In altre parole l’identità femminile è un binario diritto, quello maschile invece “deviato”. Inoltre nato da un grembo femminile, cullato da una voce femminile, impregnato perciò da una gestalt femminile ad un certo momento avverte e ascolta la spinta a differenziarsi. Quasi sempre per caratteristiche declinate però al negativo…non devi, non puoi perché tu sei un maschio, ecc
Inoltre le statistiche dicono che su 10 aborti naturali 7 sono maschili e 3 femminili. Tutte queste considerazioni sostengono perciò la tesi, come dicevo, che l’identità maschile è biologicamente più fragile.
Le donne invece incontrano più difficoltà durante il corso dell’esistenza: doppio lavoro, (in casa e fuori casa), donne storicamente destinate al lavoro di cura; la ricerca dell’occupazione; la maternità e il mantenimento del posto di lavoro; dover sopportare spesso molestie nel lavoro; “soffitto di cristallo” sulla la propria testa – sopra il quale camminano gli uomini – rendendo difficile per le donne stesse raggiungere posizioni apicali!
Il virilismo
Sandro Bellassai, il fondatore del sito www.maschileplurale.it, afferma che il genere maschile non ha ancora però elaborato fino in fondo il lutto per il potere perduto, di quel potere trionfale, indiscusso.
“In qualche modo siamo rimasti in mezzo al guado. Dobbiamo fare i conti con un mondo che è cambiato”.
Afferma però anche che nello stesso tempo non c’è ancora una vera uguaglianza, una vera parità, perché quelle ragioni che spingevano gli uomini a difendere la gerarchia, il dominio, il piedistallo del potere nei confronti della donne, sono ancora tutte lì….
E riguardano la paura maschile delle donne, l’incapacità di pensarsi in un ordine “repubblicano e non monarchico”
Per questo ogni tanto la frustrazione, l’angoscia, la paura maschile, buttate fuori dalla porta rientrano dalla finestra. E pare che l’uomo si senta rassicurato solo se riconosciuto superiore!
In tutti questi anni di emancipazione lenta ma costante le donne infatti hanno acquistato consapevolezza di sé, del loro valore, attraverso anche l’autorealizzazione. Gli uomini, protetti dal patriarcato invece non hanno lavorato su di sé, sulla loro posizione identitaria. Sono vissuti di rendita.
Ad un certo momento però è come se si fossero svegliati, abbiano preso coscienza della crescita femminile e sono entrati in crisi.
L’esperienza della crisi, mai sperimentata prima, ha disorientato e in alcuni di loro ha fatto aumentare l’arroganza per farvi fronte.
Recalcati dice, a proposito dell’uomo femminicida: “la sua fatica è data dalla difficoltà a riconoscere la libertà della donna…Si tratta di eliminare una esistenza differente, eccedente, irriducibile al potere fallico della ragione maschile”.
Elisabeth Badinter
Badinter si è interessata dell’”identità maschile” (XY L’identità Maschile) con la casa editrice Longanesi nei primi anni 90! E’ abbastanza singolare ma significativo che abbia affrontato questa tematica per prima una donna.
Alla fine del suo intrigante saggio la Badinter scrive: “Fino a quando le donne partoriranno gli uomini, e XY si svilupperà in seno a XX, sarà sempre più lungo e un po’ più difficile fare un uomo che fare una donna. Per convincersene, basta pensare all’ipotesi inversa: se le donne nascessero da un grembo maschile, cosa sarebbe del destino femminile?
Quando gli uomini presero coscienza di questo svantaggio naturale, crearono un palliativo culturale e di grande portata: il sistema patriarcale.
Oggi, costretti a dire addio al patriarca, devono reinventare il padre e la virilità che ne consegue.
Le donne, che osservano questi mutanti con tenerezza, trattengono il respiro….”