Benvenuto (si fa per dire) Google Bard!

di Marco Guastavigna

Da ieri, il dispositivo di conversazione simulata a scopo estrattivo di Alphabet è disponibile anche nell’Europa comunitaria e di conseguenza in Italia, per tutti coloro che hanno compiuto i 18 anni.
È necessario un account Google e sono esclusi quelli gestiti tramite Family Link o quelli di Google Workspace for Education che risultino appartenere a qualcuno che ha meno di 18 anni.

Al primo accesso veniamo avvisati che le nostre conversazioni con Google Bard potrebbero essere elaborate dai revisori “a fini qualitativi”.
Approfondendo, scopriamo quali sono le misure per la protezione dei dati personali adottate, presumibilmente per evitare osservazioni come quelle fatte dal Garante della privacy, cui a suo tempo ChatGPT rispose bloccando l’accesso agli indirizzi IP provenienti dall’Italia, provvedimento che ancora adesso fior di intellettuali laureati interpretano come un blocco diretto di matrice istituzionale, senza minimamente porsi il problema (che noja, la tecnica!) di come fosse e sia (im)possibile attuarlo.

A leggerlo, il documento sulla privacy è trasparente, in piena coerenza con quanto messo in atto per gli altri servizi a vocazione profilante ed estrattiva: “Google raccoglie le tue conversazioni con Bard, le informazioni relative all’utilizzo del prodotto, le informazioni sulla tua posizione e il tuo feedback. Google utilizza questi dati, in conformità con le sue Norme sulla privacy, per fornire, migliorare e sviluppare prodotti e servizi e tecnologie di machine learning di Google, inclusi i prodotti aziendali di Google come Google Cloud”. Per partecipare alla sperimentazione, insomma, dobbiamo accettare anche in questo caso uno scambio – ineguale – tra servizi ricevuti e lavoro prestato ai fini del raffinamento dei dispositivi.

Per quanto riguarda i singoli utenti, apprendiamo che “Per impostazione predefinita Google memorizza le tue attività di Bard sul tuo Account Google per un massimo di 18 mesi, un periodo che puoi cambiare in 3 o 36 mesi all’indirizzo myactivity.google.com/product/bard.
Anche le informazioni sulla tua posizione, compresa l’area generale del dispositivo, l’indirizzo IP o gli indirizzi di casa o di lavoro nel tuo Account Google, vengono memorizzate nell’attività di Bard. Scopri di più all’indirizzo
g.co/privacypolicy/location”. Il costante tracciamento individuale è dichiarato e verificabile, insomma.

Tornando ai revisori, “Per contribuire alla qualità e migliorare i nostri prodotti, (…) [essi] leggono, annotano ed elaborano le tue conversazioni con Bard. Nell’ambito di questa procedura, adottiamo misure volte a proteggere la tua privacy. Ciò include la disconnessione delle conversazioni con Bard dal tuo Account Google prima che i revisori possano visualizzarle o annotarle. Non includere informazioni che possano essere utilizzate per identificare te o altri utenti nelle conversazioni su Bard”.
La piena protezione dal riconoscimento dei soggetti impegnati nelle conversazioni è quindi a carico degli utenti dei servizi.

Consigliamo di leggere con attenzione tutto il documento da cui abbiamo estrapolato le citazioni e di riflettere su ogni singolo passaggio, limitandoci qui a richiamare ancora la più interessante tra le precauzioni a scarico di responsabilità elencate tra le cose da sapere: “Non considerare le risposte di Bard al pari di consigli medici, legali, finanziari o di altro tipo.”
Abbiamo una sola speranza: che si smetta di appiattire la discussione sulla cosiddetta intelligenza artificiale su ChatGPT, come è avvenuto in modo ingenuo, sensazionalistico e irritante in questi ultimi mesi.