disegno di Matilde Gallo, anni 10[/caption] di Antonio Valentino La percezione In questi ultimi mesi l’attenzione di dirigenti scolastici, insegnanti, personale tutto è apparsa rivolta essenzialmente alla gestione dei fondi previsti per il Piano, agli adempimenti a cui si è chiamati, all’uso della piattaforma messa a disposizione per facilitarne le operazioni. Sono tuttora abbastanza rari gli incontri in presenza in cui socializzare dubbi, perplessità, limiti. Poco e male finora sono entrate nel dibattito – anche in quello pubblico in generale – le ragioni per cui l’Unione Europea[1] ha previsto investimenti – in misura come mai prima era successo – su settori strategici della vita pubblica e, tra questi, quelli di Scuola e Università. La stessa Amministrazione centrale – a partire dal Ministro – e quella periferica hanno finora dimostrato scarsa consapevolezza della dimensione strategica e della centralità e rilevanza della problematica dei divari territoriali anche in fatto di istruzione; e quindi dell’importanza di strategie di contrasto agli insuccessi e agli abbandoni precoci da mal di scuola che, nel nostro Paese, risultano tra i più alti d’Europa. Anche altri due progetti del Piano Scuola del PNRR – ‘Zero-Sei’ e ‘Ambienti di apprendimento (‘Aule’ e ‘Laboratori’) – possono ben essere visti come occasioni importanti per contrastare alla base i fenomeni di inadeguatezza del nostro sistema di istruzione, cause non secondaria della dispersione. A questi è ancora da aggiungere il progetto sull’orientamento (le Linee Guida nel Decreto Ministeriale sono del 22 dicembre 2022), perché anche Orientamento è parola chiave nelle misure previste dal DM 170 sul contrasto alla dispersione[2]. All’interno di questo quadro complessivo, il progetto sulla dispersione andrebbe considerato – a ragione – come l’anima dell’intera operazione del Piano Scuola, in quanto le azioni di contrasto in esso previste investono aspetti ‘vitali’ del fare scuola: – cultura professionale e didattica, organizzazione e leadership, ambienti apprendimento, … – che attraversano anche gli altri progetti. Investire su di essi significa investire sul ‘motore’ dell’intera macchina del sistema di istruzione.
Novità (parziali) e interrogativi
È in questa ottica che andrebbero pertanto considerate azioni e percorsi previsti nei documenti di accompagnamento ai Decreti ministeriali citati e soprattutto in “Istruzioni operative” del 30 dicembre 2022 – a cui va aggiunto la Piattaforma “Futura PNRR – Gestione Progetti”: che, in realtà, è parecchio più di uno ‘strumento’ operativo. Di questi documenti vanno certamente segnalati in positivo – perché prefigurano differenze promettenti rispetto a iniziative analoghe già sperimentate nelle nostre scuole – quelle parti che- indicano come strategie importanti un insieme di azioni: dal mentoring[3] all’orientamento[4]; dai percorsi di potenziamento delle competenze di base[5] (visti anche come occasione di motivazione e di accompagnamento) ai percorsi di orientamento per le famiglie;
- prevedono percorsi formativi e laboratoriali co-curriculari che includono progetti speciali di scuola (dalle attività teatrali a quelle sportive, dai laboratori di musica ai percorsi di educazione emotiva-affettiva ….), visti come momenti di aggregazione volti non solo a sviluppare socialità e favorire inclusione, ma anche integrazione (che include normalmente anche ricadute sul rendimento scolastico in termini di apprendimenti).
Un nodo centrale: fruizione individuale dei percorsi o individualizzazione dell’offerta formativa?
In tale quadro complessivamente positivo, pone però seri interrogativi la scelta di intervenire su fragilità e insuccessi attraverso i percorsi di cui al precedente punto b., per le quali si prevede una modalità che sembra ignorare strategie che la ricerca pedagogica e didattica raccomanda da tempo. Per i percorsi di mentoring e di orientamento, destinati soprattutto agli studenti a rischio dispersione, si prevedono infatti:- una fruizione ‘individuale’ degli stessi (rapporto studente-docente / esperto esterno: 1 a 1);
- una loro collocazione di norma al di fuori dell’orario scolastico e degli spazi delle lezioni[6].
- la non previsione di incentivi significativi per il surplus di lavoro delle scuole che la nuova progettualità del piano di contrasto inevitabilmente porterà (per i docenti, le segreterie, le figure di sistema, per i ruoli intermedi di raccordo e accompagnamento). Si è dimenticato infatti nelle Istruzioni operative che il cambiamento passa dal lavoro quotidiano, sempre più complesso e gravoso sulle spalle dei docenti e delle scuole;
- la scarsa attenzione ad un principio guida per l’operazione in corso: è difficile aspettarsi cambiamenti duraturi e significativi se la scuola nel suo insieme non si sentirà parte essenziale dei processi attivati e non se ne farà carico. La lotta contro la dispersione non è affare di singoli insegnanti o esperti esterni che operano dentro protocolli indicati dai pochi docenti del team di scuola e dal gruppo di co-progettazione: o è impegno dell’insieme dei docenti della scuola che, nelle loro articolazioni, lavorano collegialmente per individuare problemi e possibili soluzioni o sarà molto difficile che si producano esiti positivi e duraturi.
La vera sfida del progetto dispersione e i principali terreni su cui giocarla
Quello che in conclusione si vuole soprattutto sottolineare è che la scuola, per essere la risorsa giusta contro insuccessi e rischi di abbandono – e saper fare al meglio la propria parte -, dovrebbe prioritariamente sviluppare consapevolezza autocritica che, in molti casi, è essa stessa parte del problema dispersione[12]. Che si crea sempre quando – al netto delle responsabilità del sistema, che sono comunque enormi e condizionanti – si sottovaluta (anche se per fortuna sempre di meno) l’incidenza, fra gli studenti, di fattori non secondari del mal di scuola; che se bene riconosciuti e analizzati possono suggerire una mappa di comportamenti professionali competenti e mirati di cui soprattutto c’è necessità se si vuole, come sarebbe opportuno e prioritario, trasformare l’esperienza scolastica degli studenti in una avventura che li veda partecipi e interessati; e prevenire così le diverse manifestazioni di abbandono, sapendone capire i sintomi. La lista di tali comportamenti è la stessa che gira da sempre e che vede in primo piano soprattutto:- la padronanza riflessiva di pratiche didattiche partecipative e coinvolgenti,
- una cultura professionale, e relative pratiche, che sappia alimentarsi di esperienze condivise che si fanno occasioni di formazione ‘situata’,
- la pratica attiva del lavoro di squadra, vincendo individualismi e autoreferenzialità,
- la cura degli ambienti di apprendimento; che significa impegno a trasformarli da non-luoghi a spazi accoglienti, stimolanti, polifunzionali,
- una leadership che coltivi l’idea di scuola come comunità professionale e dimostri attenzione costante al funzionamento delle diverse articolazioni funzionali del Collegio e al loro coordinamento interno.