Fascismo sì/fascismo no? Il vero problema è il ruolo del Ministero

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di Pietro Calascibetta

L’esternazione di questi giorni del Ministro Valditara nei confronti della preside di Firenze è sicuramente un intervento inopportuno perché invece di stigmatizzare comunque la violenza davanti a una scuola tira fuori una sua personale valutazione storica della contemporaneità dandone un imprimatur istituzionale, una valutazione che se non compete, come lui dice alla preside, meno che mai compete ad un ministro anche se è un docente di diritto (romano) in più è un atto di per sé diseducativo nei confronti dei ragazzi da parte di un adulto gerarchicamente superiore che sconfessa un altro adulto che nel suo ruolo ha deciso di fare un intervento sui propri studenti per dare un segnale che almeno nell’istituzione scolastica che frequentano, vivaddio, c’è una figura istituzionale che si preoccupa di loro e non se ne lava le mani lasciandoli nella convinzione che se la devono cavare da soli.
Spero che non si cada nella solita polemica fascismo sì, fascismo no perché la vera questione che spero emerga in questo caso non è il pericolo fascista dove molti della destra vorrebbero portare il discorso per meglio controbatterlo, ma il ruolo del Ministro e del Ministero nell’insegnamento della storia nella nostra scuola. Perché di questo si tratta.

Giorni fa commentavo un articolo di Mario Maviglia su Nuovo Pavone Risorse che stigmatizzava l’intervento della Sottosegretaria Paola Frassinetti che contestava ufficialmente la partecipazione dello storico Eric Gobetti ad un incontro dedicato alle foibe con gli studenti di una quinta ( secondaria di secondo grado e non della primaria !) di un istituto superiore calabrese etichettando lo storico come negazionista, quando in realtà lo storico non nega affatto le foibe, ma cerca di collocarle nel contesto storico di quegli anni individuando le co- responsabilità di quanto è avvenuto prima e dopo quegli avvenimenti.
Un Ministero che dà la linea sull’interpretazione autentica dei fatti storici e che dà la patente agli storici che di mestiere fanno ricerca, mi sembrava di per sé eccessivo.
A questo punto mi sono detto che bisogna guardare più a fondo ciò che sta avvenendo in una prospettiva più ampia che va oltre Valditara.
E’ il Ministero ( cioè la politica) che deve fornire ai docenti l’interpretazione autentica dei fatti storici da insegnare in aula? E’ una questione più delicata di quanto si immagini perché non riguarda l’oggi.
Mi sono ricordato allora che cominciano ad essere sfornate dal Ministero nel silenzio generale “Linee guida” su argomenti diciamo storico-culturali. Mi sembra di capire che un’entità “politica e amministrativa” qual è di fatto il Ministero abbia cominciato a spiegare ai docenti come devono trattare i contenuti di alcuni specifici argomenti. Posso capire (ma fino ad un certo punto) le Linee guida metodologiche per trattare la dislessia o su come declinare in obiettivi le finalità disciplinari stabilite per legge. Si tratta di indicazioni operative su come applicare le norme ordinamentali, sono indicazioni “tecniche”, ma non capisco questo nuovo filone di Linee guida.
Che siano “Linee Guida per la didattica della Frontiera Adriatica” firmate da Bianchi oppure “Linee guida nazionali per una didattica della Shoah a scuola” o, chissà fra poco “Linee guida sulla guerra in Ucraina” o su una presunta “Guerra civile in Italia” non mi interessa proprio, non mi interessa l’argomento, né mi interessa che le abbia prodotte un governo di sinistra o di destra.
Spero che non ci sia uno spoil system rispetto agli argomenti di storia.
E’ il principio che trovo sconvolgente e un pericoloso precedente. E’ proprio sulla scia di questa nuova tipologia di Linee guida, la sottosegretaria Frassinetti solo per dare un segnale che la destra “vigila” sulla memoria delle foibe, si permette di sanzionare pubblicamente una libera decisione di una scuola di incontrare uno storico, decisione che attiene all’ambito della famosa libertà di insegnamento a cui tutti si appellano anche a sproposito.
La trappola in cui si può cadere è quella di lasciare che passi la narrazione che c’è una storia di sinistra e una storia di destra che ciascuna parte politica difenda la sua storia. In mezzo ci sarebbero non solo i docenti con i loro studenti, ma anche la democrazia perché in democrazia c’una storia anche travagliata, ma sempre condivisa.
Questo è un messaggio per la sinistra a congresso che è alla ricerca della sua identità. Chi va con lo zoppo comincia a zoppicare. La Costituzione non garantisce forse la libertà di pensiero e la libertà di insegnamento?
Trovo questo atteggiamento ministeriale di oggi come quello di ieri umiliante anche per i docenti che dovrebbero avere la professionalità per saper scegliere le fonti e i percorsi più adatti per formare nei propri studenti quella competenza critica prevista dalla normativa soprattutto per la storia contemporanea.
Ricordiamo sempre su questo sfondo il caso della professoressa di Palermo che aveva osato affrontare il tema della discriminazione con i suoi studenti sempre delle superiori parlando delle leggi razziali di ieri e del decreto sicurezza di Salvini di oggi e che si è trovata sospesa e senza stipendio, sanzione annullata poi solo dal tribunale del lavoro, ma non rivista dal Ministero anche dopo il cambio di governo .
A questo punto mi viene alla mente tutta le discussione frettolosamente archiviata nata intorno all’introduzione nell’ordinamento penale dell’aggravante delle affermazioni negazioniste della Shoah, dei fatti di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra, come definiti rispettivamente dagli artt. 6, 7 e 8 dello Statuto di Roma, istitutivo della Corte penale internazionale.
Allora vi fu un acceso dibattito tra chi riteneva un segnale importante sanzionare le affermazioni negazioniste e chi invece affermava che l’idea di una verità storica di stato non solo sarebbe stata aberrante, ma avrebbe sancito l’impotenza di tutta una società a combattere il negazionismo sul terreno dell’educazione, dell’informazione e della cultura.
Qual è quindi il ruolo della scuola oggi nell’insegnamento della storia, soprattutto quando è contemporanea? Come si può insegnare storia quando se dici una cosa sei di sinistra e se ne dici un’altra sei di destra? Vogliamo fare della scuola una palestra di scontro politico? E’ questa l’educazione civica ?